martedì 30 giugno 2009

seconda puntata de IL SEGRETO

=Pronto chi parla?
=No, pronto chi parla lo dico io e non chi mi chiama!
=Aldo ma che fai, non mi riconosci? Sono padre Ferdinando
=Ti riconosco benissimo ma quando chiami te, sei tu che devi dire chi parla e no chiederlo a chi risponde al telefono…Devi dire: “Pronto? Sono Tizio, parlo con Caio?"
=Con Sempronio no? Ma non farmi ridere, a volte sei proprio scocciante! Possibile che devi essere sempre così pignolo?
=E te allora? Possibile che quando vuoi parlare con me devi chiamarmi di prima mattina?
=Perché? Hai gli orari stabiliti, di apertura e chiusura, come uffici e negozi?
=Sentimi bene padre Ferdina’, ci conosciamo da più di mezzo secolo, hai celebrato il mio matrimonio con Luisa…
=Proprio così, quella santa donna adesso starà senz’altro accanto al Padre Eterno a godersi la vita eterna
=Ma dico io!Il Padreterno avrà accanto a sé miliardi di sante donne, una in meno che danno poteva fargli? Non poteva aspettare ancora un altro po’ di tempo prima di chiamare accanto a sé anche Luisa e lasciarle godere intanto la vita terrena?
=Aldo non dire stupidaggini, tu sai benissimo che le vie del Signore sono…
=Padre Ferdina’ se per una volta Lui si scordava una di queste vie e cioè la nostra, non credo che sarebbe sopraggiunto il giudizio universale, che ne dici?
=Ho capito, è meglio cambiare discorso
=Ecco sì,è proprio meglio e poi come mai questa telefonata all’alba?
=Giusto veniamo al sodo! Due giorni fa mi ha chiamato tua figlia Lucia
=Ma come? Mimì appena rientra a Leverkusen si precipita a telefonarti? Adesso ci si può confessare anche via cavo?
=Non dire scemate, lei invece mi ha chiamato per una faccenda che interessa te!
=Ma guarda un po’,state più in contatto voi due che io con il giornalaio che vedo tutti i giorni
=Lei quando mi chiama lo fa per sapere notizie aggiornate su di te…io le do ascolto mentre tu invece non rispondi al telefono
=E invece no, perché lei non mi chiama al telefono ma insiste a farlo con i telefonini: voleva persino che me ne mettessi uno al collo per sentirmi quando esco di casa che è infestata da quegli aggeggi
=Lo capisci quanto sei ingrato verso quella tua carissima figliola che si preoccupa tanto per te e ti vuole un bene da non credere? E poi?. L’ho vista nascere, l’ho battezzata, l’ho cresimata , ho officiato il suo matrimonio con
=Il vichingo
=Si chiama Fritz ed è tanto bravo
=Ma sempre “vichingo” è!
=Perché è un reato essere nato nel Nord Europa?
=E chi dice niente,lo sai che scherzo,anche Fritz ci ride sopra.
=Senti io devo andare a dire messa, vuoi ascoltare quello che mi ha riferito Lucia?
=Sono tutt’orecchi:quali novità sono arrivate dal Nord Europa?
=Lucia mi ha detto che, quando ultimamente è stata qui a casa vostra, ha preso contatti con alcune vecchie conoscenze allo scopo di trovare una brava persona per poter accudire te e la tua casa:una sorta di assistente familiare…
=Padre Ferdinà,scusa se t’interrompo ma dobbiamo parlare chiaro. Punto primo: Mimì sa benissimo che non mi occorre nessun tipo di assistente almeno per ora! Punto secondo: io ho le mie abitudini e fino a che riesco ad andare avanti da solo preferisco, o meglio, io e Tosca preferiamo che nessuno ci giri intorno! Punto terzo: non ho alcuna possibilità finanziaria che mi possa consentire di assumere chicchessia anche perché non sono mai stato né voglio essere considerato “un padrone”.Punto quarto: casa mia è quella che è, non un albergo!
=Aldo? Hai finito? Adesso lascia parlare me. E’ inutile che io ti rammenti le tue condizioni di salute non proprio buone e tralascio più esatte considerazioni che sarebbe invece opportuno tenere bene a mente. La persona che è stata raccomandata a Lucia la conosco da parecchio tempo e che sia te che Tosca saprete apprezzare per le sue ottime qualità. Lucia ha anche affermato categoricamente che ogni gravame di qualsiasi natura - assicurativo, economico e previdenziale - non deve essere assolutamente a tuo carico, se ne occuperà lei, con il mio aiuto per il disbrigo di ogni questione burocratica. Infine ha aggiunto che potrai mettere a disposizione di questa persona la sua camera quella cioè dove ha vissuto fino a che non si è sposata e si è trasferita con Fritz. Tutto chiaro?
=In definitiva, tu, Mimì e “l’Amico Fritz”(non spaventarti è solo melomania), avete organizzato tutto così dettagliatamente che io e Tosca non dobbiamo fare altro che dire sì, magari con tanto entusiasmo!
=Scusami Aldo ma Tosca - che se non sbaglio è una gatta - prende la parola pure lei sulle tue decisioni?
=Non la parola ma il miagolìo sì! E a volte conta di più!
=Ho l’impressione che dovresti consultare uno specialista, tu e anche Tosca!
=Padre Ferdinà andiamo avanti o la conversazione è finita?
=No, non è finita: allora…la persona che verrà da te è una capoverdiana…
=Una che?
=E’ nata nelle Isole di Capo Verde…una volta erano un possedimento del Portogallo
=Allora come faremo a capirci? Io non parlo portoghese…
=Non preoccuparti, lei parla italiano meglio di noi.Vive in Italia da oltre trent’anni e si chiama Cesaria
=Sarà un po’ vecchiotta, no? Che ne dici? Non sarà mica la moglie di Giulio Cesare?
=Non dire stupidaggini…certo giovane non è: avrà tra i 47 e i 48 anni ma è una donna forte, capace, fidata
=Calma, calma, ho capito: a me e a Tosca ci deve andar bene comunque
=Ed è da quasi sempre cittadina italiana: una diecina di anni fa è stata anche sposata con un italiano, un operaio edile che però è morto a causa di un incidente sul lavoro appena un anno dopo il loro matrimonio, pensa un po’…non hanno avuto figli e lei non ha voluto più risposarsi
=Certo che anche lei ne ha avuto di dispiaceri
=Come vedi non sei il solo: tuttavia si è ripresa bene, ha lavorato per molti anni come collaboratrice domestica presso una famiglia che le voleva molto bene ma che poi ha lasciato poco tempo fa perché non se la sentiva più di doversi occupare di sette persone: quattro tra bambini e ragazzi, i due genitori e una nonna
=Con noi due qui sarà senz’altro meno pesante
=Ed è per questo che lei ha subito accettato la nostra proposta. Però c’è un problema
=Poteva mai andare tutto liscio? Sentiamo:quale è il problema?
=E’ di colore
=Giallo, verde, azzurro: che colore?
=Piuttosto scura…nera direi…
=Dove sarebbe il problema, scusa
=Vedi! Avevo ragione io! Gliel’ho detto a Lucia:tuo papà è un bravo cristiano, non si opporrà minimamente
=Va be’,va bè, piuttosto adesso dobbiamo decidere quando farla venire qui per scambiare quattro chiacchiere e capire se si andrà d’accordo oppure no
=Perché non è ancora arrivata?
=Chi?
=Come chi? Sto parlando di Cesaria
=Andiamo proprio bene! Scusa ma se Cesaria era arrivata c’era bisogno di farti tutte queste domande?
=Sarà questione di pochissimo, ormai =
(fine della seconda puntata)

sabato 27 giugno 2009

IL SEGRETO - Prima puntata

Sono le sei del mattino, minuto più minuto meno, lo sferragliare del tram, simile ad una scampanellata - si sente quando lungo i binari sotto casa mia affronta la curva per poi proseguire verso il vialone principale - mi comunica che è giunta l’ora di alzarsi dal letto. Non è che dormivo, ma stavo disteso a riflettere su come organizzare la giornata.La mia casa, posta al primo piano di un fabbricato che avrà un’ottantina d’anni, mi dà la facoltà - o la scocciatura - di ascoltare tutto ciò che avviene giù nella strada, specialmente la mattina presto o a notte inoltrata. Come al solito, mentre rimango seduto ai bordi del letto soltanto un po’, per cercare di svegliarmi meglio,mi sento spingere dietro, proprio dove “alloggiano” le reni e allora scocciato mi volto e…
=Ho capito, ho capito, è inutile che spingi perché so benissimo che devo alzarmi e tu non senti ragione: vuoi fare colazione! Però te lo ricordi che prima debbo fare la mia mezz’oretta al bagno? quindi stattene tranquilla e abbi pazienza tanto lo sai che si colaziona sempre assieme.Tutto tace!L’approvazione silenziosa sta pertanto a significare che posso procedere .E’ inutile Tosca non cambierà mai malgrado siano anni che dorme nel mio letto, torna e ritorna a ripetere gli stessi gesti
Ah!… Dimenticavo di dire che Tosca è un gatto! O meglio una gatta, tigrata, credo di razza europea, molto mansueta, affettuosa ma sempre gatta è. Siamo in rapporti molto amichevoli, dialoghiamo spesso, ma la sua passione principale è quella di dormire nel mio letto. Questa abitudine gliel’ha concessa Luisa, mia moglie, la quale se ne andata cinque anni fa, nel senso che purtroppo è deceduta appena subito dopo essere andata in pensione. Continuo a pensare a lei di continuo: dopo quarant’anni di insegnamento ha finito col non potersi godere ciò che le spettava. Il solito “brutto male”: un eufemismo, il cancro l’ha come divorata. Comunque debbo farmi forza e continuare a rassegnarmi così come ha fatto la nostra unica figlia Lucia (che io ho sempre chiamato Mimì per via dell’opera “La Bohème” di Giacomo Puccini). Sì, sono un pucciniano incallito! E anche un melòmane ma tutto questo si spiega con il fatto che quando lavoravo facevo parte della banda musicale dell’azienda tranviaria; già perchè sono anche un ex-tranviere in pensione, settantacinquenne, molto cardiopatico, mi chiamo Aldo, sono nato da queste parti e…ah! Ecco, forse sto facendo un po’ di confusione ma dimenticavo di dire che nella banda suonavo il corno inglese e che da circa due mesi sono diventato nonno. Non è che queste due ultime cose hanno un nesso qualsiasi che le unisce tra loro ma tutto fa brodo.Stavo dicendo appunto di mia figlia Mimì: ha trentadue anni, sposata da tre con Fritz,un “vichingo” (lo chiamo cosi perché sembra che sia un incrocio di nazionalità: un terzo danese, un terzo svedese,un terzo norvegese ed invece è tedesco, insomma sempre un simpatico nordico vichingo che mi è molto affezionato ), entrambi brillantemente laureati in chimica (hanno frequentato la stessa università) e quindi si sono trasferiti a Leverkusen perché assunti da una famosa ditta di medicinali.Quasi ogni anno vengono a trascorrere le vacanze qui da me ed anzi in questi ultimi due mesi e mezzo Mimì ha dimorato in questa casa perchè era in stato interessante ed ha voluto partorire qui. Io ne sono stato particolarmente felice anche se ho dovuto sopportare tutte le sue raccomandazioni: attento a questo, occhio a quest’altro, controlla qui, fai attenzione a…uffa! I figli saranno pure una benedizione ma quando è troppo è troppo! Prima di trasferirsi a Leverkusen, poiché io ero rimasto solo dopo il decesso di mia moglie Luisa, la “dura” Mimì (forse è una vichinga anche lei) ha pensato bene di riempirmi casa con quegli invadenti telefonini o cellulari: uno in soggiorno-pranzo, uno nella mia camera da letto sul comodino e uno persino nel bagno!. Non li degno neppure di uno sguardo e neppure di un orecchio; quando qualcuno mi vuole chiamare o quando ho voglia di farlo io, mi affido al mio caro vecchio telefono appeso al muro nel corridoio d’ingresso. Lo feci installare lì, non ricordo neppure quanti anni sono trascorsi ma devono essere parecchi, pregando l’operaio che lo installò di metterlo in alto per evitare che Mimì,quando era piccolissima, ci si avvicinasse per “esaminarne il contenuto”. Già sin da allora fece capire urbi et orbi di che pasta era fatta Oggi è il quattro marzo e dal primo del mese Mimì è ritornata da suo marito a Leverkusen, naturalmente con l’erede. Mi mancano tantissimo come se fossero partiti chissà da quanto tempo. Non mi sono dimenticato di Tosca: le ho preparato le sue due ciotole, io mi sono fatto la solita colazione con un occhio al regime dietetico che debbo seguire; ogni tanto la guardo mentre si nutre e lei, come se sapesse di essere osservata, si volta, mi scruta socchiudendo un poco gli occhi e mi… ringrazia con un particolare miagolìo che io ormai, dopo questi anni di…convivenza, riesco a distinguere dagli altri tipi di miagolii. Li cambia a seconda delle circostanze. Intendiamoci non è un fenomeno da baraccone anzi, si comporta e si è sempre comportata come gli altri esemplari simili a lei. Ricordo che Luisa, mia moglie, tornando dalla scuola dove insegnava, tra l’altro a pochi passi dalla nostra casa, raccolse Tosca piccolissima e la fece entrare a far parte della famiglia malgrado il mio parere contrario. Col tempo invece siamo riusciti ad andare d’accordo: io lasciavo in pace lei e lei lasciava in pace me. Naturalmente venne il periodo del suo primo amore o meglio, dei suoi due “primi amori”, perché Tosca ebbe la sua unica relazione con due suoi pari del vicinato: Mario Cavaradossi e il Barone Scarpia (li ho soprannominàti così in quanto personaggi della stessa opera “TOSCA” sempre di Giacomo Puccini). E vennero alla luce cinque micetti: tre grigi (figli di Mario?) e due neri (figli del Barone?). Terminato l’allattamento riuscimmo a trovare alcune persone felici di adottarli e rimanemmo soli con Tosca che venne però portata - dopo qualche tempo - da un veterinario di nostra conoscenza il quale si occupò di renderla meno “appetibile”, nel suo radioso (?) futuro ad altri “personaggi famosi”.Ecco perché a me e a Tosca, dato che siamo entrambi rimasti soli, piace farci reciproca compagnia.
=Tosca, scusa, adesso mi preparo per uscire: vado a prendere il giornale ed a comprare qualcosa qui al mercato. Piuttosto controlliamo se la tua provvista è a posto oppure c’è bisogno di integrarla. Ecco vedi: queste confezioni sono pesce con piselli, queste altre pollo e coniglio e poi croccantini…Che ne dici?…(le ho letto le etichette perché credo –ma non ne sono tanto sicuro – che non sappia leggere)
=(un miào di attento controllo)
=Allora? Che c’è, manca qualcosa?
=(un miào di richiesta)
=Vediamo un po’, manca, manca…ecco,hai ragione, sono finiti salmone e vitella eh! A te piacciono soltanto le migliori specialità: Luisa e Mimì ti hanno abituato troppo bene!
=(due miào: uno di rimpianto ed uno di approvazione)
=Ti capisco,mancano anche a te ma stai tranquilla che Luisa ci controlla pure da lassù e Mimì perfino da Leverkusen: non ci perdono di vista
=(un miao soddisfatto)=
Mi accorgo che il tempo sta trascorrendo velocemente e quindi vado a vestirmi ma suona il telefono nel corridoio: chi sarà a quest’ora mattutina? E poi non sono chiamate ai telefonini e allora deve essere qualcuno che sa come la penso in proposito
(fine della prima puntata)

martedì 23 giugno 2009

IL VIOLONCELLO

La forma di questo strumento musicale, presente soprattutto nelle orchestre sinfoniche, gli tornò spesso in mente e credeva di averne compreso il motivo per un collegamento fatto più volte. Erano trascorsi molti anni, certamente, ma ricordava ancora quando a 58 anni, in pensione da pochi giorni e in anticipo rispetto all’età - usufruendo di una particolare legge al riguardo - aveva deciso di trascorrere parte del proprio tempo libero nel bellissimo parco vicino casa seduto ad uno dei tavolini del chiosco-bar. Per i primi giorni la lettura di un libro gli consentiva una buona dose di relax poi, durante qualche pausa, si guardava intorno e lo spettacolo non mancava: bambini, mamme, baby-sitter, gruppetti di adolescenti, anziani e meno anziani occupati in animate conversazioni...insomma una meravigliosa umanità tutta da osservare minuziosamente, almeno per lui. L’incuriosiva soprattutto quanto si svolgeva in un punto accanto al chiosco dove, un gruppo di signore di una certa età, a prima vista più avanti della sua, conversavano allegramente sedute attorno a due tavolini. Con il trascorrere dei giorni, frequentando quotidianamente il parco, lui ed il gruppo di quelle signore, finirono inevitabilmente con lo scambiarsi alcuni cortesi cenni di saluto e fare reciproca conoscenza. In particolare strinse una simpatica amicizia con una di loro, un tipo estroverso, dall’eloquio facile e semplice la quale volle subito metterlo al corrente di chi fosse lei: una vedova di 73 anni, tre figli in età adulta che avevano la loro vita e non vivevano con lei. Aggiunse anche che aveva un compagno, anche lui vedovo, ma vivevano separati, ognuno a casa propria. Con il passare del tempo, gli presentò le sue amiche, il suo compagno ed una volta persino due dei suoi tre figli. Allora le raccontò quasi tutto di lui: che abitava vicinissimo al parco, che aveva due figli maschi sposati e con prole, che sua moglie preferiva - ultimate le faccende casalinghe - trascorrere tutti i pomeriggi con tre o quattro sue amiche vicine di casa giocando a canasta. Un giorno la signora gli chiese se gli avrebbe fatto piacere andare con lei, il suo compagno e le amiche in un circolo privato dove era loro abitudine recarsi due volte la settimana e partecipare ad alcuni pomeriggi danzanti. Le confessò subito che sarebbe stato un pessimo cavaliere in quanto sapeva appena muoversi al ritmo di musiche lente ma lei e gli altri insistettero perché oltre a ballare si trascorreva il tempo scambiandosi idee ed opinioni di vario genere in un ambiente gradevole. Fu convinto un po’da tutti e così il sabato successivo si recò con loro. L’atmosfera ed il posto erano effettivamente abbastanza piacevoli ed anche le persone non erano poi tanto male e mostravano di trovarsi a loro agio. Ad un tratto, mentre era intento ad osservare un po’ tutto l’ambiente, la simpatica signora lo chiamò dicendogli che desiderava fargli conoscere una sua giovane amica e gliela presentò. Fu così, infatti, che ebbe l’occasione di conoscere una persona speciale. Certo, paragonata a loro, giovane lo era davvero in quanto aveva da poco superato la cinquantina, così gli disse lei stessa tra un ballo e l’altro. Entrarono quasi subito in confidenza ed entrambi si confidarono reciprocamente molte cose su di loro. Si scambiarono i rispettivi numeri telefonici e naturalmente decisero che si sarebbero rivisti ancora. Avvenne tutto troppo velocemente ma entrambi non ci rinunciarono. La sera stessa ma anche nei giorni a seguire si chiese spesso cosa gli stava capitando e perché. Si mise a riflettere molto prima di provare a telefonarle ma poi decise di farlo ed allora ebbe inizio una storia. Le prime risposte che diede alle proprie domande furono quelle sulla persona che aveva conosciuto. Che cosa l’aveva indotto a comportarsi in quel modo? Ripensò a quando gli fu presentata. Ciò che maggiormente l’aveva colpito in lei erano gli occhi: accattivanti, di un colore celeste molto chiaro ed un’aria sincera, quasi interrogativa, lesti nel volgersi in ogni direzione, penetranti, come fossero allarmati. Uno sguardo strano ma piacevole. E poi la sua figura, attraente e non procace, molto femminile e delicata. Per non parlare poi del suo modo d’essere: cordiale, gentile, premuroso. Gli confidò che era divorziata ma che preferiva non parlare del marito e del periodo trascorso insieme e che comunque non avevano avuto figli. Aggiunse di essere in procinto di andare in pensione anticipatamente e abbandonare un lavoro che ormai non la soddisfaceva più e le impediva di occuparsi di più di sé stessa e della sua attività nel volontariato. Continuarono a telefonarsi e a vedersi più spesso, sempre di nascosto però, poiché ognuno di loro aveva i suoi validi motivi. Quello di lui era principalmente fare in modo che la propria famiglia ne rimanesse all’oscuro. Lei voleva evitare ad ogni costo che comuni conoscenti venissero a sapere delle loro frequentazioni. Gli ammiccamenti ed i pettegolezzi le davano molto fastidio anche se era perfettamente consapevole del fatto che non stava tenendo un comportamento corretto verso il prossimo. I loro incontri segreti li tenevano nei luoghi più disparati e nell’abitacolo della sua piccola auto. Sembravamo due adolescenti alle prime armi anziché due persone più che mature ma, dato che erano infatuati l’uno dell’altra, non gli importava nulla. Non raggiungevano mai il culmine, ma si accontentavano delle carezze e dei baci. Un giorno però accadde qualcosa. Evidentemente lei si sentì eccitata a tal punto che raggiunse la massima vetta del piacere ma lo fece in un modo particolare perché, quando accadde ciò che più desiderava, esplose in un’esclamazione soffocata dicendo “grazie!”. Lui, che non aveva ancora raggiunto lo stesso limite, rimase un po’ scombussolato da quell’insolita reazione ma soltanto per un attimo perché prese subito il suo viso tra le proprie mani e la guardò: aveva gli occhi che le brillavano di felicità ed un dolce sorriso le illuminava il volto. Non si dissero una parola…Si strinsero tra le braccia per un po’ e, con lei al volante, tornarono verso le loro rispettive case. Due o tre giorni dopo le telefonò e lei gli chiese se poteva recarsi a casa sua, quello stesso giorno, verso le 18, dopo il suo rientro dal lavoro. Naturalmente ne fu felice e rispose in modo affermativo. L’indomani, puntualmente, citofonò al suo interno, salì e, al quarto piano, appena aperta la porta dell’ascensore la trovò sul pianerottolo dinanzi al suo appartamento. Sorrideva e lo guardava con quei suoi occhi celesti che parevano interrogarlo. La prese sottobraccio…lei lo lasciò entrare e gli fece visitare tutta l’abitazione. Dopo aver preso un caffè si accomodarono in soggiorno sedendo su di un comodo divano. Si parlarono per qualche momento ed erano talmente vicini l’uno all’altra che si potevano sentire le vibrazioni che emanavano i loro corpi. Lui le prese una mano, la fece alzare e la condusse in quella che lei aveva detto essere la sua camera personale. Nonostante una lieve penombra potevano vedersi benissimo. Cominciò a toglierle gli abiti di dosso: prima una leggera camicetta, poi la gonna, le scarpe… rimase con due soli indumenti intimi. Le chiese di infilarsi nel proprio letto, le tirò su un lenzuolo sin sotto il mento e si accinse a togliersi i suoi di vestiti. Tutti… e si distese accanto a lei che nel frattempo aveva eliminato anche gli ultimi due indumenti intimi. Furono momenti meravigliosi. Si guardavano negli occhi senza alcuna rèmora e nello stesso tempo si carezzavano con voluta lentezza quasi a voler assaporare con le mani ogni minima parte dei loro corpi e prolungare al massimo quelle piacevoli sensazioni. Poi lui, completamente disteso, le prese le braccia e la fece salire sul proprio corpo in posizione quasi eretta. Era nuda sopra di lui ed i suoi seni, nonostante l’età, erano piccoli ma meravigliosamente ancora sodi. Dalla vita stretta si allargavano fianchi invitanti. Con le sue mani lo fece entrare dentro di lei. Durante tutto l’atto d’amore volle che lei evitasse di poggiarsi perché nella penombra lui potesse ammirarla in tutto lo splendore delle sue forme straordinariamente sinuose…per l’appunto come un violoncello! Non smisero mai di fissarsi negli occhi come se fra loro fosse in corso una sfida che durò fino al momento culminante per entrambi. Lei infine si adagiò sul suo corpo e lui sentì il suo profumo che sapeva di sesso…un profumo sensuale. Non potè fare a meno di baciarla ancora dappertutto. Sazi ma sfiniti, senza fare commenti, si alzarono, si rivestirono, si dettero ancora un tenero bacio ed uscirono insieme. Lo accompagnò con la propria auto fin verso casa. Il loro rapporto durò per parecchio tempo. Un giorno però commisero un grosso errore: iniziarono a ragionare. Chi lo fece per primo non aveva alcun’importanza. Continuavano a dichiararsi innamorati l’uno dell’altro e non interruppero né le conversazioni telefoniche né i loro incontri ma entrambi comprendevano che il loro rapporto stesse scricchiolando. Avvenne così che lentamente ma inesorabilmente ebbe fine la loro storia. Né lei né lui si sentirono più neppure telefonicamente e non ebbero mai alcuna notizia l’uno dell’altra. Erano come spariti dalla faccia della terra. Che amarezza! Però molte volte, pensando a lei, gli tornava in mente quello strumento musicale e la rotondità delle sue forme. Piacevoli pensieri che riaffioravano frequentemente. Spesso, camminando, si voltava verso ogni lato delle strade che percorreva con la speranza d’incontrarla. Non accadde mai.
Breve precisazione.
Benché gli altri tre strumenti che compongono un quartetto d’archi, vale a dire il violino, la viola ed il contrabbasso sembrano simboleggiare una sinuosa figura femminile pur essendo di diversa grandezza, questi si suonano in modo diverso: il violino e la viola poggiati sulla spalla, il contrabbasso stando in piedi .La differenza sta nel fatto che occorre tenere il quarto strumento tra le gambe e “abbracciarlo” se si vuole ottenere l’effetto sperato: parlo del “VIOLONCELLO”!

sabato 20 giugno 2009

IL MISTERO DEL BATTILARDO

OVVERO IL NATALE DEL 2007 IN CASA DEL SECONDO DEI 4 FRATELLI
L’antefatto – La vicenda ebbe i suoi inizi circa quindici giorni prima di Natale.
Si stava paventando, con mio sommo dispiacere, la discesa in campo di tre dei quattro eserciti in ordine sparso ed in diverse direzioni quando, con mio sommo piacere, fu deciso all’unanimità che il campo di battaglia doveva essere quello del secondo di quei tre eserciti, in pratica il mio.
Per organizzare l’armamento ed il vettovagliamento, sempre all’unanimità, fu conferito il comando supremo a mia nuora la quale, con piglio deciso, prese in mano sia le redini della situazione sia i marchingegni telefonici, dopo di che le truppe si misero in movimento.
Ognuno dei tre eserciti si era assunto un compito ben definito perché nulla doveva essere lasciato alla ventura.
Poiché io mi trovavo già sul campo di battaglia, mio compito era quello di compilare un preciso inventario di quanto in mio possesso ed eventualmente denunziarne la penuria al centro di comando nel più breve tempo possibile.
Cosa che feci immantinènte.
Il luogo – In ossequio alle decisioni prese, il “campo” fu predisposto nella mia fortezza adatta all’opra.
I partecipanti – Quindici, dagli oltre i 30 ai circa 80 (anni s’intende), più una prossima ai 20 ed una vicina ai 12 (la somma me la evito), così suddivisi: il primo esercito - quello del fratello maggiore composto di sei membri; il secondo - quello del secondo fratello ugualmente di sei membri ed il terzo - quello del terzo fratello di cinque membri.
Un vero peccato l’assenza del quarto esercito guidato dal fratello numero 4 in missione su di un altro campo. Località Germania, fortezza dei suoceri.
L’occasione - Era il pranzo di Natale!
Qualcosa però non deve aver funzionato troppo bene perché nel momento della discesa in campo dei tre eserciti abbiamo avuto tutti la netta sensazione, considerata l’enorme quantità d’armamenti e vettovaglie da ciascun esercito apportata che, anziché una battaglia, si doveva affrontare la guerra dei trent’anni.
Al termine dell’incruènta tenzone (ora d’inizio 14 circa – ora finale 17,30 circa) tutti abbastanza satolli e moderatamente euforici abbiamo dato il là a canti e cori d’esultanza per la vittoria da noi riportata su acciacchi, guai, malinconie e tristezze d’ogni sorta.
Abbiamo sopperito alla mancanza di strumenti musicali con l’impensabile potenza delle nostre corde vocali (e della memoria!).
La tombola e il mercante in fiera si godevano il sonno dei giusti in un comodo cassetto.
Il campo di battaglia…pardon, volevo dire la fortezza dove abito da circa 40 anni non aveva mai vissuto una tale felice giornata. Purtroppo però verso le 21 ha avuto inizio la ritirata dei due eserciti in missione.
Il terzo, il mio, è rimasto in loco.
Nonostante le mie sollecitazioni le truppe in ritirata hanno lasciato sul “campo” vettovaglie in quantità tali da satollare tre persone per un bel po’ di giorni.
Il fatto - La sera del giorno seguente e l’intero giorno successivo numerose telefonate si sono rincorse nell’etere alla ricerca di un BATTILARDO ! (secondo l’edizione Zanichelli del nuovo dizionario Zingarelli: tagliere in legno di piccole dimensioni su cui si battono carne, lardo, verdure e sim.).
L’oggetto, di proprietà di mia nuora, era scomparso. Sebbene io ne possedessi uno lei ha preferito portarsi da casa il suo. D’altronde lei era al comando e io sono uso ad obbedir tacendo) .
Due giorni sono durate le mie affannose ricerche per tutto il campo di battaglia e, finalmente, trovo il fetente ben acquattato e celato sotto le mentite spoglie di alcune buste del fornaio.
Con mio enorme sollievo ho subito provveduto a tranquillizzare gli eserciti collegati via radio-telefono da campo i comandanti dei quali erano in attesa di conoscere l’esito delle ricerche.

martedì 16 giugno 2009

DIALOGO

=Ecco qua. Che ne dici?…
=mmm…
=No vero? Ho capito, c’è qualcosa che non va.
=mmm…
=Deve essere la cravatta…non è adatta eh?
=mmm…
=Dici che stona un po’ con questo vestito?
=mmm…
=D’altra parte non è che devo andare chissà dove
=mmm…
=In ufficio non si mettono mica ad esprimere giudizi su quello che indosso
=mmm…
=Con la confusione che c’è credo non si accorgano nemmeno se ci sono oppure no
=mmm…
=Eh, ormai li conosco i miei colleghi. Hanno altro da guardare
=mmm…
=Effettivamente è meglio che provi un’altra cravatta. Vediamo un po’
=mmm…
=Sono talmente tante che…Guarda, guarda
=mmm…
=Sì, lo so che sono passate di moda ma alcune di queste hanno un valore particolare per me
=mmm…
=Ecco…Questa per esempio me la regalò un fratello di mia madre molti anni fa
=mmm…
=No, no è vero.Non ci sta bene
=mmm…
=Sì, in effetti, non s’intona col vestito
=mmm…
=Allora, vediamo un po’. Vestito grigio, cravatta…
=mmm…
=Bè ,secondo me questa è proprio quella che ci vuole
=mmm…
=Siamo d’accordo. Vestito grigio tinta unita, cravatta blu a palline
=mmm…
=Scarpe e calzini sono intonati quindi…
=mmm…
=Sono a posto, vado…Ma prima chiudo.
= Miche’…
= che c’è?…
= ‘sto botto che d’è?…
= lo specchio Carme’…
= lo sai nun va be’…
= me dici perché?…
= perché due nun fa tre…
= se vedemo Carme’…
= te saluto Miche’…
=specchio delle mie brame chi è il più scocciato del reàme?
=so’ io Miche’ sto a parla’ da du’ settimane.

venerdì 12 giugno 2009

LA PATENTE, UNA 600 e tutto il resto, prima, durante e dopo.

La patente d’auto ai miei tempi si poteva ottenere a 18 anni compiuti.
Io fino ai 36 non ci pensavo proprio ma accaddero alcuni fatti che mi costrinsero ad aggiungermi al numero dei circolanti a 4 ruote.
Correva l’anno 1966 (secondo me troppo velocemente) ed io ero impiegato in uno studio professionale piuttosto lontano dal posto in cui abitavo però questo fatto non mi creava alcun problema. Mezzi pubblici a profusione e abbastanza celeri dato il traffico di allora . Fino a quando…

Sono felicemente sposato da circa 10 anni ed abbiamo un figlio di 7 anni. Lui ha preso da me e, come si usa dire “tale padre, tale figlio”. Mi somiglia infatti per quanto riguarda le fughe. Lui però è più precoce di me, ma fortunatamente le sue mini-fughe si sono interrotte all’età di 9 anni. La prima mini-fuga la esegue a poco più di 4 anni. Un giorno mia moglie va a prenderlo all’uscita dalla scuola materna quando lui, improvvisamente, si divincola dalla sua mano e corre velocemente incontro a chissà quali avventure. La scena è questa: mamma urlante a perdifiato cerca d’inseguire il pargolo ormai distante. Un brav’uomo, captato l’ SOS, blocca il fuggitivo mentre lo stesso sta scendendo dal lungo marciapiede diretto verso il traffico cittadino. Madre disperata, brav’uomo consolante, bimbetto sghignazzante. Rientrano a casa e che fa la madre? Informa subito il figlio che telefonerà al genitore in ufficio per informarlo di tutto l’accaduto e gli dice queste precise parole: “adesso telefono a papà così viene a casa e vedrai quello che ti succede”. Questa frase, scolpita a chiare lettere sia nella mente della mamma, sia in quella del pargolo, sia infine negli annali della storia, verrà ripetuta credo fino alla maggiore età del bimbo. In definitiva io sono il bau-bau, l’orco nero, il mangiabambini e invece lei che cosè se non la mammina adorata che non ha mai rimproverato o sgridato la sua creatura?. All’età di 7 anni il pargolo frequenta la II^ elementare di una scuola distante oltre un chilometro da casa. Andata e ritorno, all’entrata (ore 8) e all’uscita (ore 16), lui e un suo compagno di scuola abitante nella nostra stessa via - amici per la pelle - vengono accompagnati dalle rispettive mammine. Un giorno alle 15.10 circa ricevo una telefonata in ufficio. E’ la mammina la quale, quasi piangendo, mi dice - “sai che ha fatto TUO FIGLIO?” - A questo proposito io ho sempre saputo che: “la madre è certa, il padre non si sa”. Perché allora in certi casi è mio figlio ed in altri è nostro ed in altri ancora è suo? Misteri della psiche. Comunque il misfatto compiuto dai due amiconi è stato quello di fuggire dalla scuola alle 15 anzichè attendere l’arrivo delle mamme alle 16, di prendere armi e bagagli e, saltellando allegramente, di tornarsene ognuno a casa propria. Anzi no - mio, tuo, suo, insomma nostro figlio ci ha messo il carico da undici. Se ne va a casa dall’amico, fanno prendere anche alla di lui mamma uno spavento che levati e, giocando con la sorellina dell’amico, vedendole sul visetto due guanciotte rosse e molto paffute, esclama "la pesca”! e le dà un morso sulla guancia. Eccolo chi è il mangiabambini!. Fortuna che padre e madre sono nostri amici e, bontà loro, perdonano. Quindi l’ultima mini-fuga. La mammina e il pargoletto sono soliti trascorrere i pomeriggi all’aria aperta, tempo permettendo, nei parchi che distano poco da casa. Questa volta tocca al Parco del Colle Oppio sovrastante la Domus Aurea – Casa di Nerone di fronte al Colosseo. Camminano entrambi, mano nella mano, lungo il vialone che arriva fino al Largo della Polveriera, mia moglie distraendosi nell’ammirare il panorama, mio figlio rovinando le scarpe per prendere a calci i sassolini della ghiàia che copre i vialetti del giardino. Improvvisamente uno di questi sassolini, calciato in aria dal pargolo, nel ricadere va a colpire esattamente un puntino qualsiasi del parabrezza di un’auto che passa proprio nello stesso istante e, scheggiandolo, lo fa diventare una ragnatela. In quest’ulteriore scena, descrittami in seguito, i personaggi si muovono così: l’automobilista infuriato frena bruscamente e scende dall’auto, si avvia verso la mammina che con le mani nei capelli sta quasi per piangere mentre del pargolo-colpevole non c’è traccia alcuna. I due si mettono alla ricerca del fuggitivo, lo scovano nascosto chissà dove – forse a casa Nerone – parlano del fatto che il danno va riparato (e pagato), decidono prima di passare da un meccanico per conoscerne l’entità e poi, dato che la mammina esce da casa sempre con poche lire, di venire da me in ufficio poco distante dal luogo del misfatto. Durante il tragitto il pargolo assilla l’automobilista con la descrizione che fa del proprio genitore, forse gli avrà anche detto che se mi girano posso anche uccidere, chi lo sa. Quello che io vedo quando mi appaiono in ufficio i tre…beh diciamo i due e qualcosa perché il pargolo è completamente nascosto dalla gonna della madre, è una scena da film lacrimevole. Compunti e quasi silènti riescono a stento a dirmi dell’accaduto. Prendo atto, dico poche parole e mollo le lire. I conti con l’automobilista li ho regolati, quelli con i demolitori di macchine altrui lo farò a casa.
Questi furono alcuni degli episodi che mi indùssero a prendere la patente d’auto e fanno parte del “prima” in quanto ogni volta che il bimbo fuggiva, la mamma chiamava e io con la macchina accorrevo. Dovevo dire e fare qualcosa e invece lo guardavo soltanto. L’episodio però più convincente quello cioè della famosa goccia che fece traboccare il famoso vaso fu il seguente
Oggi, 10 luglio 1966, è una caldissima giornata d’estate ed io, il pargolo e la mammina dovremmo iniziare a pranzare ma lei è ancora indaffarata con qualcosa che improvvisamente le cade di mano e si va ad infrangere sulla parte superiore del suo piede destro. Una caraffa di vetro colma d’acqua le produce un brutto taglio. Perde sangue. Non so perché non mi viene in testa di chiamare l’ambulanza. Cerco qualcuno nel palazzo che ha la macchina e che ci possa portare me e mia moglie al più vicino pronto soccorso. Non trovo nessuno. Mi ricordo di quel nostro amico, il padre della “pesca”. Di corsa vado su, loro pure stanno mangiando ma lui smette subito ed esce con me. Lascio lì mio figlio sperando che non si mangi la “pesca”. Di corsa all’ospedale ed in poco tempo tutto sistemato. Prendo l’estrema decisione. L’indomani m’iscrivo ad una vicinissima scuola guida e seguo tutte le lezioni teoriche con molta attenzione. Un istruttore mi fa fare anche ore di pratica e arriva il giorno dell’esame alla presenza, nella macchina da me guidata, di un funzionario credo della Prefettura. Accanto a me siede l’istruttore. Via, si parte, magari a singhiozzo ma si parte. Dopo una buona mezz’ora di varie grattate nel cambiare le marce, di fanali e marciapiedi evitati per puro miracolo, di inutili tentativi di parcheggio - avanti e indrè non ricordo per quante volte – il funzionario, lui sudatissimo, noi pure, esplode e mi ordina di fermarmi. Tre giorni dopo mi telefona l’istruttore e m’informa che posso andare a ritirare il foglio rosa, anteprima della patente. Ancora oggi mi chiedo: se le patenti vengono concesse ad un incapace come me chissà se è meglio non girare tanto per le strade. Il giorno stesso del “rosa” parlo con un cliente dello studio proprietario di una società di vendita d’auto usate e a rate, prendo appuntamento per l’indomani e ci vado accompagnato da mio fratello più piccolo (di 7 anni) lui sì patentato doc. Col “rosa” si può guidare col patentato accanto. Acquisto una 600 che sembra abbastanza in forma e mio fratello mi dice che devo guidare io. Da lì a casa sono circa 10 chilometri e, quando finalmente arriviamo, lui scende mi augura buona fortuna e se ne va credo maledicendo il giorno in cui m’ha detto che m’avrebbe accompagnato. Tutte le sere, verso mezzanotte, quando in giro non circola nessuno, io mi esercito alla guida della 600 con un amico accanto prendendo in pieno alberi, fanali e marciapiedi di un lungo viale vicino casa. Ma il giorno fatidico arriva. Precisamente il 19 agosto 1966 mi viene consegnata dalla Prefettura di Roma la Patente con la P maiuscola, quella vera.. Domenica prossima si va a Genzano, da Pistamentuccia, passando per Albano prima e per Ariccia poi. Le pappardelle al sugo di lepre ci attendono. Partiamo verso le 10 a.m., non si sa mai. Allegri come una Pasqua, mammina e il rampollo, tetro come il 2 novembre io. Sto attentissimo a non superare i 20 Km.l’ora benchè i cartelli indichino un numero maggiore, ma non mi riguarda. Riguarda però chi si azzarda a starmi dietro. Tre ore di viaggio senza alcun incidente. Per un percorso di un’ora e non di più credo sia un record, negativo forse. Tutti felici e contenti, meno io che già sto pensando al ritorno.
Negli anni a seguire non è che la mia guida cambiò di molto. Certo camminavo molto più veloce ma osservavo scrupolosamente il codice della strada come, ad esempio, cedere il passo ai pedoni sulle loro strisce, fermarsi ai semafori quando inizia il giallo e attendere scrupolosamente il riapparire del rosso, non investire animali di qualsiasi tipo e cose del genere. Solo che io frenavo bruscamente tanto che colui o colei che mi seguiva inevitabilmente mi tamponava. Sono stato per un lungo periodo l’incubo degli automobilisti, delle loro case assicuratrici, ma il più apprezzato dai carrozzieri. Almeno una volta ogni 15 giorni ero da loro a rifarmi il paraurti posteriore nuovo o un’altra riparazione qualsiasi. Prima che mandassi la mia cara 600 in pensione, dopo tre anni, nel 1969 ebbi anch’io il mio momento di celebrità tamponando una macchina. Solo che era quella di mio fratello più grande che guidava la sua davanti a me in una strada provinciale. Ci mettemmo tutti a ridere per la stranezza del caso. Lui si era diligentemente fermato allo stop. E gli agenti delle due nostre rispettive società assicuratrici si resero conto della nostra assoluta buona fede e ci rimborsarono il costo delle riparazioni. Sorridendo: chissà perché?
Ne avrei altre da raccontare sulle mie doti da automobilista, ma non le rammento più così dettagliatamente come quelle sopradescritte.

martedì 9 giugno 2009

terza ed ultima puntata de LO SPUMANTE

Verso mezzanotte e trenta Fabio, supino sul letto, non riesce a prendere sonno e rimugina sulla serata appena trascorsa. Passano soltanto pochi minuti…Improvvisamente uno squillo del telefono lo scuote dai suoi pensieri. Al buio corre a rispondere così veloce tanto da inciampare in qualcosa, ma non se ne cura minimamente…
=Pronto Fabio?…sono Sa…
=So chi sei…riconoscerei la tua voce tra migliaia di altre…
=Bene…ti è possibile venire da me?…vorrei dirti che…
=Sara…non aggiungere nulla…prendo la macchina e tra venti minuti mi troverai sotto casa tua…
=No…è che non riuscivo ad addormentarmi e allora…
=Nemmeno io…Sto arrivando.
Un quarto d’ora dopo Fabio si ferma con la macchina davanti al portone di Sara, scende, sta per suonare al citofono ma…
=Ti ho visto arrivare dalla finestra e allora ho preferito venirti incontro
=I tuoi sanno che sei uscita?
=Sono andati a dormire da circa mezz’ora ma li avevo avvertiti che dovevo uscire
=Difficoltà?
=No e perché mai?…Entro in macchina…posso?
=Accomodati…Dove ti va di andare?
=Possiamo restare fermi qui?…Ti dispiace?…
=Per niente…
=Prima che noi si faccia il…passo più lungo della gamba…come si usa dire, desidero che tu sappia alcune cose di me,quelle che non puoi conoscere e poi decidi tu se continuare a vederci oppure no
=Ma…Sara, qui non si tratta soltanto di continuare a vederci o meno…
=L’ho capito! E tu forse lo hai capito meglio di me quindi è inutile girarci intorno…Voglio soltanto
aggiungere che puoi omettere di raccontarmi quello che vuoi della tua vita prima di oggi perché, da ora in avanti, avrà valore soltanto quello che noi saremo e faremo…
=Ma io invece voglio che tu sappia tutto di me…
=A suo tempo…Per ora preferisco così. Io ho trent’anni e questo tu lo sai, non mi vedo né sono impegnata con qualcuno ma, quando avevo circa diciotto anni, ho avuto…sì,diciamolo pure, una bella storia d’amore con un mio coetaneo. Avevamo entrambi perso la testa, ma un giorno, dopo poco più di un anno, senza che noi ci sapessimo spiegare il perché, l’abbiamo bruscamente
interrotta. Adesso, dopo tutto questo tempo, dico, e ne sono convinta, che avevamo commesso
un grosso errore solo per averla cominciata. Così come sono convinta di non avere sbagliato quando, due anni fa, ho troncato una lunga relazione che ho avuto con un’altra persona. Ci volevamo bene ma evidentemente c’era qualcosa tra noi che non funzionava. Ci siamo lasciati di comune accordo e senza alcun rancore. Non giudicarmi una donna cinica ma non ho rimpianti e sarei stata benissimo fino a qualche mese fa se, beh!, se non mi fossi presentata al supermercato per essere assunta… mettiamola così!…
=Sara…guardami, ti prego…Avrai notato che non ti ho mai interrotta e aggiungo che ritengo di non avere alcun diritto di esprimere giudizi di qualsiasi genere sul tuo operato né tanto meno sul tuo passato. Cercherò, con tutto me stesso, di essere la persona che non potrai né vorrai mai lasciare e sono certo che tu non sei e né sarai mai una persona da lasciare facilmente
=Allora proviamoci…
Fabio rimane in silenzio soltanto un momento…Poi, con tenerezza, abbraccia e bacia dolcemente Sara che ricambia nello stesso modo e poi…
=Sembriamo due innamorati di fine ottocento…
=Secondo te Sara, se così fosse, ci dovremmo vergognare?
=No…assolutamente…perché anche se non siamo più degli adolescenti ci aspetta, io spero, una vita da vivere felicemente insieme e chissà per quanto tempo
=Io ne sono più che convinto, ma intanto pensiamo a domani…Siamo d’accordo sull’idea del festeggiamento di cui abbiamo parlato poco fa anche se lo celebriamo noi due da soli?
=Pensi sempre al brindisi con lo spumante?
=Certo…e ci aggiungo, per domani sera, una cena a casa mia…Organizziamoci così…domattina
quando ci vedremo al lavoro ti porto un mazzo di chiavi di casa mia. Questo è l’indirizzo: al termine del tuo turno mattutino ci vai…
=Prima però devo fare un salto alla mia di casa…
=Già hai ragione…Comunque quando arrivi a casa mia guarda nel frigorifero dovrebbe esserci quanto necessario per noi due, ma tu aspettami per preparare, se manca qualcosa mi telefoni. Dovresti trovare tutto in ordine perché un’anziana vicina di casa, molto gentile, provvede lei al disbrigo di quasi tutte le faccende domestiche. Per te sarà molto facile orientarti…Puoi, anzi devi, curiosare dappertutto, così comincerai a conoscermi meglio…che ne dici?
=Mi sembra tutto ben organizzato…
=Allora a domani…buonanotte Sara…
=Anche per te Fabio e…grazie per…
=Per che cosa?…Se non fosse così tardi mi metterei a gridare e fare salti di gioia…Grazie a te e…
No basta…fermiamoci qui, è meglio che vada…ciao…
L’indomani, l’atmosfera del supermercato sembra irreale; circola una strana eccitazione tra il personale del turno mattutino che quasi di continuo bisbiglia sottovoce e sorride, ma anche la maggior parte dei clienti abituali che conoscono ed apprezzano tutti i dipendenti, pur non comprendendone il perché, si sente coinvolta e partecipa. Fabio, quasi in stato di grazia, guarda spesso verso Sara la quale, con un bellissimo sorriso sulle labbra questa volta non rivolge lo sguardo altrove, anzi… In alcuni momenti lei ed i suoi colleghi parlottano tra di loro sorridendo, senza per questo trascurare il lavoro. Arriva l’ora del cambio di turno. Il personale di quello mattutino scambia alcune battute con quello del pomeriggio e si accinge ad uscire dal supermercato: Sara davanti ed i colleghi dietro, come se volessero formare un corteo regale. Si fermano prima di oltrepassare l’uscita. Sara, senza preoccuparsi della presenza di clienti e colleghi, con un tono di voce nient’affatto sommesso si volta e…
=Fabio…non preoccuparti dello spumante per brindare, l’ho già acquistato io così appena arrivo a casa tua lo metto in frigorifero per poterlo bere ghiacciato, ciao…a stasera!
Un fragore di applausi ed uno scoppio di risate accompagnano il “corteo” verso l’uscita. Naturalmente prendono parte all’avvenimento anche i clienti abituali presenti al supermercato in quel frangente e, tra di loro, una simpatica vecchietta di circa novant’anni che ha la curiosa abitudine di presentarsi tutti i santi giorni, sia di mattina sia di pomeriggio; gira intorno a tutti gli scaffali che espongono le merci e procede all’acquisto di una sola cosa per volta. E’ in confidenza con tutti e tutti la chiamano affettuosamente “nonna Ninetta” anche se questo, forse, non è neppure il suo vero nome, ma lei non ci fa caso. Nonna Ninetta sentendo tutto quel clamore si avvicina al banco della direzione e…
=Fabio?…ma che succede?…perché tutto questo chiasso?…per lo spumante?
E lui, con un fare furbesco, sorridendo, le risponde:
=Beh!…veramente non è per lo spumante ma per il…”dopo”…comprì madam?.
Nonna Ninetta scuotendo la testa si avvia verso gli scaffali borbottando fra sé:
=Il dopo…lo spumante!... Io questi giovani non riesco proprio a capirli…Forse un giorno ci riuscirò…chissà.

sabato 6 giugno 2009

seconda puntata de LO SPUMANTE

=Perché ho la netta impressione di non esserti simpatico, o forse il contrario?
=Perché invece non pensi che ti sbagli e perché non riesci a vedere al di là del tuo naso?
=D’accordo…colpito e affondato!!!
=Allora…eccoti la ciambella di salvataggio…andiamo a gustarci il gelato
=Certamente…Bene siamo arrivati. Lo conosci questo posto?
=Sì, ci sono già venuta altre volte…e non chiedermi se da sola o in compagnia
=Non ci provo neppure…Posso almeno complimentarmi con te?
=Per cosa?
=Per il tuo caratterino niente male
=Beh, sai com’è…per sopravvivere nella giungla
=Ho capito…Cambiamo discorso entriamo…Prego, dopo di te…
=Ci sediamo a quel tavolino?
=E’ piccolo ma per noi due va bene…Quale tipo di gelato ti piace?
=Al gusto di frutta e con poca panna
=Così anche per me…Vado a prenderli…
=Mmm…buono veramente…
=Sì…Finito il gelato ti accompagno a casa
=Non sei obbligato, posso andarci anche da sola
=Per andare a casa tua da sola, e a quest’ora non è prudente, devi camminare per strade che potrebbero essere poco sicure
=Ma tu come fai a sapere dove abito?
=Dimentichi che hai consegnato a me il tuo modulo per l’assunzione,lì ci sono tutti i dati,anagrafici e non…
=E’ vero…Quindi sai molte cose di me
=Alcune…Vogliamo andare? Strada facendo dovremo parlare del motivo per cui ti ho invitata questa sera…
=Già…mi stavo chiedendo quando l’avresti fatto
=Tra poco…Va bene per te se andiamo a piedi anziché prendere l’autobus o un taxi?
=Se camminare ti fa sciogliere la lingua, andiamo pure
=Ti andrebbe di prendermi sottobraccio
=Perché?
=Per non sentirci come due estranei
=E non lo siamo?
=Io credo di no
=Non essere presuntuoso
=Con te non me lo permetterei mai
=Fai bene!…Allora di cosa dovevamo parlare?
=Domani è il giorno in cui sei mesi fa venne inaugurato il nostro supermercato…nostro si fa per dire…quello comunque dove entrambi lavoriamo
=Sì, sì, capisco vai avanti
=Mi era venuta l’idea, ed è per questo che volevo il tuo parere, di organizzare un piccolo rinfresco, un brindisi con lo spumante, così, per festeggiare…che ne pensi?
=L’idea non sarebbe brutta ma come si fa perché possano partecipare tutti i colleghi sia quelli del turno pomeridiano sia soprattutto quelli del turno di mattina?…Ehi! a proposito, quasi dimenticavo, domani ho anch’io il turno mattutino
=Effettivamente è un po’ complicato organizzare qualcosa in così breve tempo, ci potrebbe essere senz’altro qualcuno che ha già altri impegni prefissati
=Sì…mi pare ovvio che occorre rinviare
=D’accordo…e allora sai cosa facciamo?…Si rinvia ma soltanto fino a domani perché intanto potremmo festeggiare noi due se per te non ci sono problemi. Ce lo meritiamo. Che ne dici?
=Sai che dico io?…che oltre a peccare di egoismo e la cosa non mi sta troppo bene, mi hai fatto sorgere uno strano presentimento
=Quale?
=Lo chiedi con una tale ingenuità che mi conferma quanto devo aver supposto e cioè che hai organizzato tutto in modo che le cose prendessero questo verso
=Vuoi che sia sincero?
=Te ne sarei grata
=Ho fatto il tentativo, forse un po’ goffo, per ottenere un appuntamento con te
=Che tipo di appuntamento?
=Quello che anche tu immaginavi
=Come puoi sapere quello che io immaginavo?
=Me lo hanno fatto capire gli sguardi che ci siamo scambiati, volendo o non volendo, sin dal primo giorno e che spesso cercavamo di evitare senza peraltro riuscirci…Erano piuttosto eloquenti…E’ proprio vero che gli occhi, a volte, esprimono meglio…
=Scusa Fabio se ti interrompo…ma ritengo che a questo punto sia giunto il momento del mio rientro a casa
=Stai con qualcuno?
=Sto con i miei genitori…e non sto con nessun altro!
=Ti ho rivolto una semplice domanda
=E io ti ho fornito una risposta ancora più semplice…Tu piuttosto con chi stai!
=Non sto con i miei genitori…vivo da solo in un piccolo appartamento
=Un’ottima soluzione per…certe occasioni!…Sei figlio unico anche tu?
=No, ho una sorella poco più grande di me, sposata con un uomo un po’ troppo serioso ed hanno due splendide bambine, più precisamente due gemelle di sette anni: Flavia e Veronica con le quali, quando ci vediamo, trascorro delle ore bellissime e spassose
=Possiamo fermarci Fabio, sono arrivata a casa…
=E’ vero…il numero del portone è proprio questo…
=Ricordi il numero sul portone di casa mia?…
=Sì e non solo quello, anche il tuo numero di telefono che è precisamente 45319260
=Dimmi un po’…vuoi dimostrarmi che hai una memoria di ferro oppure c’è qualche altro recondito motivo?
=Voglio soltanto metterti a conoscenza del fatto che ricordo benissimo il tuo numero telefonico perché sono sei mesi che, quasi ogni giorno, provo a chiamarti, prendo il telefono e poi…Niente,
ci rinuncio perché non so bene quale risposta riceverò da te…ed ho il timore di riceverne qualcuna che non vorrei ascoltare
=Penso che dovremmo fare una pausa di riflessione,,,sei d’accordo?
=Va bene…come vuoi…si è fatto tardi ed è meglio che ognuno di noi torni a casa propria…Io lo faccio a malincuore…Comunque prima di salutarci volevo lasciarti il mio recapito telefonico…
=Per quale motivo?
=Non si sa mai…e poi lo considero come il gesto di un’amicizia più profonda…Se mi presti un attimo qualcosa per scrivere ti appunto sia il numero di casa che quello del telefonino
=Ecco…Questo mi scombussola un po’…Comunque tieni, ho soltanto un piccolo pennarello
=Fatto.…Non smarrire questi numeri…Per adesso, ciao…Ci vediamo domattina
=Sai dov’è la fermata dell’autobus?
=Vado a piedi…
=Abiti vicino?
=No, anzi.Ne avrò almeno per un’ora ma preferisco camminare.Devopensare,riflettere,insomma devo capire bene cosa sta succedendo…
=Mi devo preoccupare?
=No, stai tranquilla…vai pure a casa, è tardi sono quasi le undici. Ciao ancora…
=Mi fai sapere qualcosa?
=Ci vediamo domani…
(fine della seconda puntata)

giovedì 4 giugno 2009

LO SPUMANTE - (Prima di tre puntate)

L’attività andava a gonfie vele. Non che fosse soltanto merito di Fabio, anche se, la multinazionale che aveva avuto la brillante idea di aprire il supermercato in quel suggestivo e frequentatissimo luogo della città, era stata, in effetti, previdente e fortunata. Ma lui, quale direttore e gerente responsabile dell’esercizio, era il principale artefice di quella specie di piccolo boom. Per la verità era anche socio, sia pure per una piccola quota, della società proprietaria, ma ciò non influiva per niente sugli indiscussi meriti di Fabio in quello che era stato realizzato. E tutti, proprietari, clienti e personale ne erano assolutamente convinti. Specialmente il personale poichè i dipendenti che erano stati selezionati esclusivamente da Fabio e che lui aveva fatto assumere, lo apprezzavano e rispettavano. Meglio ancora, la parte preponderante, quella femminile cioè, quasi lo adorava. I motivi? Molti e tutti validi e semplici da spiegare. Trentacinque anni, capelli e occhi scuri, lineamenti regolari e piacevoli, circa 190 cm. di altezza, single, laureato in economia aziendale, Fabio rappresentava l’ideale dell’uomo da avere accanto e non per poco tempo. Se a tutto ciò si aggiungevano le sue doti di cortesia e gentilezza, non disgiunte però da autorevolezza, severità e rispetto verso chiunque, veniva da pensare di trovarsi quasi davanti ad un…mito. Ma tale era la realtà. Inizialmente molti avevano pensato che fosse gay dato che non si era mai permesso alcun tipo di “avance” verso nessuna delle clienti abituali o delle dipendenti. Eppure tra loro ve n’erano di molto carine e graziose ed anche …disponibili, ma poi tutti si dovettero ricredere. Infatti, almeno un paio di sere la settimana, quelli che effettuavano il turno pomeridiano, nel lasciare il lavoro la sera, avevano potuto notare presenze femminili di notevole avvenenza, e non sempre le stesse, che attendevano Fabio fino al momento della chiusura, per poi andarsene insieme sottobraccio. E allora?…perché, si chiedevano le più intraprendenti, nessuna di loro veniva, almeno notata dal mito?. Vennero fatte altre congetture, così come accade in non pochi altri posti di lavoro: qualcuno
disse che era troppo compreso del ruolo che ricopriva,che si atteggiava e si dava delle arie da“capo”
dando l’impressione di voler mantenere certe distanze, ma col tempo si resero conto che non era affatto così. Il mistero, se così si poteva definire, si svelò da solo circa sei mesi dopo che il supermercato era stato inaugurato. Nessuno si era mai accorto di nulla…o meglio…qualcuno c’era e…immaginava…In realtà tutto aveva avuto inizio la mattina in cui Fabio, dovendo procedere all’assunzione dei primi dipendenti, aveva conosciuto Sara, trentenne, capelli e occhi castani, non molto alta, magrolina, all’infuori dei punti giusti, con un viso quasi completamente invaso da simpatiche efelidi ed un naso piccolo ed affilato. Fu come se avesse ricevuto una scossa. Lei si era presentata insieme ad altre tre giovani amiche per essere assunte in quel supermercato. Aveva compilato un modulo come già avevano fatto gli altri e, nel presentarlo a Fabio, anche Sara aveva percepito qualcosa di particolare che lì per lì non era riuscita a comprendere bene. Che le capitava, le venne da chiedersi?.Nel frattempo Fabio,dopo aver letto attentamente il modulo da lei compilato, le domandò, considerata la sua età e la sua precedente esperienza nel campo dei supermercati, se voleva fungere da supervisore o meglio da “chioccia”sul resto del personale che era composto da giovani(30 donne e 10 uomini, fascia d’età dai 16 ai 22 anni), tra i quali ce n’erano molti alle prime armi. Sara ci pensò sopra per un po’ e Fabio, vista la sua titubanza, insistette ancora, tanto che lei alla fine accettò, sia pure a malincuore. Ma con il passare del tempo tutto andò per il meglio perché Sara si comportava con tutti come una sorella maggiore, comprensiva e paziente: Fabio aveva visto giusto anzi, l’atmosfera che si era venuta a creare nell’ambiente favoriva l’incremento dell’attività del supermercato che andava affermandosi sempre di più in quel settore, anche grazie al fatto che rimaneva aperto per dodici ore consecutive, tutti i giorni compresi i festivi, ad eccezione delle più importanti festività religiose. Fabio e Sara, considerate le rispettive mansioni, avevano spesso l’esigenza di dover interloquire tra loro per discutere di acquisti, forniture, prezzi, periodi per campagne di offerte promozionali, esigenze del personale, turni e così via, ma era come se si parlassero a chilometri di distanza o per telefono. Cercavano di evitare di guardarsi negli occhi quasi che, se lo avessero fatto, ciascuno di loro avrebbe potuto leggere nella mente dell’altro chissà quali pensieri. Quale poteva essere il motivo di tanto gelido distacco tra loro?. Molti, osservandoli, se lo chiedevano e per la verità anche i due protagonisti. Quando e se si sarebbe sbloccata quella strana situazione? Un giorno però, come capita spesso in molti ambienti di lavoro dove si sa perfettamente che commenti, confidenze, motivi per incontrarsi, paragoni e pettegolezzi, circolano con facilità tra i dipendenti e non solo, e che “tutti sanno tutto di tutti”, Fabio venne a sapere che la sera del giorno dopo, cioè al termine del turno pomeridiano, alcuni dipendenti e tra loro Sara, si sarebbero recati a mangiare una pizza in un locale della zona. Fabio rimuginò per un po’ su questa notizia che aveva involontariamente appreso e quindi, fattosi coraggio…decise!
Quando il giorno dopo arrivò il momento della chiusura dell’esercizio e quella dei saluti, il gruppo della “pizza” venne fermato da Fabio che, già pronto con le chiavi in mano, si rivolse verso Sara e la interpellò dicendole:
=Un momento Sara, vorrei discutere con te di un certo problema
=Ma…scusa Fabio…non ne possiamo parlare domani? Adesso sto andando con gli altri a…
=Si…si…lo so…ma è piuttosto importante
=Capisco ma è necessario farlo proprio in questo momento? (Gli altri colleghi nel frattempo si erano allontanati commentando fra loro)
=Il fatto è che ti volevo invitare a mangiare una pizza con me e cogliere l’occasione per discuterne noi due da soli
=Stai insistendo, per cui ritengo che sarà per un problema serio…Ragazzi voi intanto andate..penso di potervi raggiungere più tardi…ci vediamo.
I ragazzi del gruppo “pizza” che la stavano aspettando se ne andarono salutando, seguiti subito dopo da Sara e Fabio i quali, chiuso il locale, si avviarono insieme. Per qualche minuto nessuno dei due prese l’iniziativa di imbastire un qualsiasi tipo di conversazione. Procedevano a passo lento in un silenzio imbarazzante. Poi, improvvisamente, Fabio poggiò delicatamente la propria mano sul braccio di Sara e le chiese:
=Preferisci una cena, una pizza o qualche altra cosa?
=Per come hai impostato questa faccenda preferirei andarmene a casa ma…poiché hai detto che dovevamo discutere di un problema decidi tu. Comunque ci tengo a farti sapere che mi hai messo molto in imbarazzo davanti agli altri colleghi
=L’ho fatto intenzionalmente!
=Come?…ma…
=Voglio dire che la mia intenzione non era quella di metterti in imbarazzo ma quella di invitarti come dire?…alla luce del sole e non di nascosto…senza sotterfugi…Così si evita il solito parlottare
sommesso, non sei d’accordo?
=A parte il fatto che essendo sera il sole non mi pare ci possa essere, sarebbe stato meglio che so…fare annunci sui giornali, alla radio, in TV…Che ne dici?…Sei d’accordo anche tu?
=Sara ti prego…prendiamo le cose con più serenità…siamo abbastanza adulti per comprendere…
=Ecco, esattamente, siamo adulti e allora comportiamoci come tali, senza bisogno di tante buffe
elucubrazioni…
=Va bene…ti chiedo scusa…quindi adesso possiamo decidere dove andare…non lontano però perché non ho la macchina
=Come mai?…si è guastata oppure è riservata per altre…vogliamo chiamarle occasioni?
=Certo che quando vuoi colpire usi colpi veramente bassi. Ed invece l’ho lasciata in garage di proposito…non volevo dare, nell’invitarti, una impressione sbagliata
=Un vero e proprio cavaliere senza macchia…ma con tanta paura!
=Credo sia meglio cambiare discorso…ti andrebbe un gelato?…C’è un locale abbastanza vicino nel quale si possono gustare i migliori gelati di tutta la città
=Il gelato va benissimo anche perché mi è passato l’appetito. Voglio però avvertirti che non ci sarà un dopo!!!…comprì messiè?…E scusa per il francese maccheronico
=Ho compreso benissimo…non era necessario puntualizzare.
=Ho voluto mettere le cose in chiaro anticipatamente…Non si sa mai…
(fine della prima puntata)

lunedì 1 giugno 2009

HO INCONTRATO UNA CINESE...

Nato a Roma nel Rione I – Monti, da oltre 40 anni abito nel Rione XV - Esquilino ed ho assistito a numerosi mutamenti sia della città sia dei Quartieri e dei Rioni dove ho vissuto ma principalmente in quello dove vivo adesso.
In questo stesso luogo convivo, ormai da anni, con persone di diverse etnie che a me non creano alcun problema anzi, in occasione delle mie quotidiane passeggiate, l’assistere a certi episodi mi diverte e mi spinge a descrivere, per come posso e a me stesso, le persone che incrocio camminando.
Cittadini del Bangladesh, dell’India, del Pakistan e di chissà quanti altri Paesi di questo nostro mondo vivono qui all’Esquilino ma, soprattutto, della Cina tanto che fra poco tempo avremo, probabilmente, una Chinatown molto simile a quella di New York.
Intorno all’edificio in cui abito ma anche in molte altre vie circostanti, è tutto un pullulare di attività cinesi: bar, ristoranti, erboristerie, microscopici supermercati di generi alimentari e oggetti vari “Made in China” ed infine, ciò che m’incuriosisce di più, i numerosissimi negozi di abbigliamento, in misura maggiore, femminile.
Presumo ci sia una ragione nel moltiplicarsi di quest’ultima attività ma non sta a me fare un’analisi per trarne poi chissà quali conclusioni.
Osservo con curiosità ma anche con discrezione i commessi, i gestori o i proprietari di questi esercizi nonchè i loro famigliari presenti in gran numero e noto in loro, forse un po’ superficialmente, alcune caratteristiche che hanno in comune:
1) Dialogano tra loro continuamente, sembra, così mi è stato detto, non nella stessa lingua perché usano l’idioma del luogo dove sono nati (come facciamo noi in Italia con i nostri diversi dialetti);
2) Possiedono auto estere al 99%…nessuna cinese, più che rare quelle italiane;
3) Sorridono facilmente in special modo quando, venendo a portare o a prendere i loro figli alla scuola che confina con il fabbricato dove io abito al primo piano, parlottano con i propri pargoli usando il sistema “bilinguistico” che fa sorridere anche me perché, con le finestre aperte, si sentono i genitori che parlano in italiano usando la “elle” al posto della “erre” mentre i figlioli, parlano sì in italiano ma con l’inflessione tipica del dialetto “romanesco”;
4) Camminano e parlano così velocemente che sembrano loquaci api operaie, ove queste parlassero, sempre in attività;
5) Osservano una dieta rigorosa, almeno credo, perché sono talmente agili e snelli da far invidia, per le appartenenti al gentil sesso, a qualsiasi top-model del mondo fatta eccezione per molte di loro in quanto: “Le mamme dei cinesi sono sempre incìnta
Questa mattina però sono rimasto letteralmente stupito…A bocca aperta.
Esco di casa e mi accingo ad attraversare l’incrocio di una strada stretta ma molto frequentata da auto, moto e furgoni d’ogni tipo data la vicinanza del mercato quando, dai semafori sistemati agli angoli, scatta il segnale rosso e allora io, insieme a due anziane signore, ci fermiamo per attendere quello verde che ci consente di passare tranquillamente in quanto pedoni.
Nel frattempo mi capita di rivolgere lo sguardo al lato opposto della strada distante pochissimo e vedo una ragazza cinese, sola, ferma anche lei, in attesa del semaforo verde.
Mi colpisce subito il suo aspetto e, il prolungarsi dello scattare del segnale verde forse dovuto ad un guasto, mi consente di guardarla con molta attenzione. I suoi occhi a mandorla sono puntati esclusivamente verso il semaforo ed io ho la possibilità di osservarla dettagliatamente.
Giovanissima (suppongo, con gli orientali chi lo sa?), alta non più di un metro e cinquanta, capelli nerissimi lunghi fino alle spalle divisi al centro del capo da una perfetta scriminatura, nessun trucco, pelle come l’alabastro, viso bellissimo, lineamenti dolci, minigonna cortissima che copre molto poco due gambe avvolte in un collant dello stesso colore sia della minigonna che della giacchetta leggerissima che le svolazza intorno la parte superiore del corpo e.. .in carne!…rotonda!…non obesa no, assolutamente…Il ventre completamente piatto mentre tutto il resto perfettamente degno di essere dipinto in uno di quegli originalissimi quadri del famoso pittore colombiano Botero.
E’ proprio vero: “Il buon giorno si vede dall’incrocio”. Si dice così o sbaglio?