domenica 30 agosto 2009

BIRILLA

Mi piacerebbe molto se questo mio messaggio ti raggiungesse in qualunque luogo tu ti trovi oggi. Vedi, sono passati, credo, circa sedici anni da quando ti ho conosciuto e la mia memoria a quest’ età fa dei brutti scherzi quindi ti chiedo scusa se interpreto in modo inesatto, soggettivo e parziale qualche aspetto della tua vita tra noi (mi sono incluso anch’io nella tua famiglia forse indebitamente).
Tu ricordi vero quando ne sei entrata a farne parte a casa di Fenni, Massimo e della tua “sorellina” Lorenza?…Quartiere Torre Angela!
Eri bellissima sin da allora.
A quei tempi venivo spesso da voi perché ero addetto a fare da baby-sitter alla tua sorellina ed ho potuto così assistere ad alcune delle tue imprese.
Più crescevi e più diventavi bella. Quando con la tua famiglia andasti in vacanza a Capalbio, in quel campeggio e in roulotte tu devi aver trascorso uno tra i più felici periodi della tua vita. Sì perché fu allora che cedesti alle lusinghe di qualcuno dei tuoi corteggiatori e il risultato fu che qualche tempo dopo vennero alla luce cinque piccolini, di colore diverso l’uno dall’altro ma tutti belli come te. Non potevano rimanere con te, ma sono andati a rallegrare altre persone che sono state ben felici di accoglierli.
Poi, tu e i tuoi famigliari vi siete trasferiti in un altro quartiere, Quarto Miglio ed anche lì io, sempre per le stesse mansioni, ti vedevo e ti lasciavi coccolare anche da me. La mia presenza ti era ormai divenuta familiare e diventammo amici. Molte volte abbiamo avuto uno scambio d’idee.
In quel periodo però tu hai fatto venire un grosso spavento ai tuoi perché dal terzo piano dove abitavate, chissà per quale motivo, sei caduta nel cortiletto che circondava la palazzina. Per fortuna te la sei cavata senza un graffio.
Nel ’96-’97, altro trasferimento nel nuovo quartiere Roma 70 ma la tua famiglia si era già arricchita della nascita di un’altra “sorellina”, Laura e per te sono aumentate le coccole.
Devi darmi atto che neppure io te le ho fatte mancare tutte le volte che i tuoi andavano in vacanza e tu venivi a “villeggiare” a casa mia. Certo, la prima volta ne combinasti una grossa perché dal momento che non conoscevi l’ambiente, sin dal mattino del giorno in cui arrivasti da me, ti andasti a nascondere chissà dove. Ancora oggi, dopo tanti anni, non ho ancora scoperto dove ti eri rifugiata.
Per tutto il giorno ti ho cercato in ogni più piccolo posto possibile, niente. Sono persino sceso in strada a vedere se ti eri nascosta chissà dove. Telefonai anche ai tuoi i quali erano già arrivati a destinazione ma, mentre lo facevo, ti vidi spuntare da una stanza in tutta tranquillità e dalla porta mi guardavi come per dirmi “ma che stai facendo? Io sono qui lasciali in pace loro, tranquillizzali”. Da allora però questo episodio non si è più ripetuto. Hai accettato sempre, magari un po’ rassegnata, che ogni anno dovevi sacrificarti, fare a meno dei baci e delle carezze dei tuoi quattro cari e accontentarti di quanto potevo offrirti io. Tu d’altronde sei sempre stata generosa con me perché al calare della sera preferivi venire ad accoccolarti sulle mie ginocchia o, addirittura, se io ero sdraiato in un divano, sul mio torace e volgevi il tuo sguardo verso il programma televisivo.
Hai conservato il tuo carattere dolce, mansueto e tenero anche quando i tuoi hanno portato in casa una fragile piccolissima creatura, Milla! L’accogliesti come se fosse nata da te e la trattasti come una madre deve trattare la propria figlia. Col passare del tempo Milla crebbe e, non avendo il tuo bellissimo carattere, c’è stato qualche piccolo scontro che, però, terminava appena veniva il momento di riposare. Vi ricordo, cara Birilla, te e Milla quasi abbracciate, con lei che ti dormiva nel grembo. Sono certo che quando Milla è volata via tu hai provato un grosso dispiacere e ne hai sentito la mancanza.
Durante le ultime volte che sei venuta a casa mia, sempre in occasione della vacanza dei tuoi, ho potuto notare che quando andavo a dormire, anziché venire ad accoccolarti nel mio letto preferivi un altro posto, ma all’avvicinarsi dell’ora in cui io solitamente mi svegliavo, ti trovavo dinanzi la porta della camera, che peraltro lasciavo aperta, nell’attesa del tuo primo pasto. Te ne stavi lì paziente e silente e mi venivi dietro in cucina dove, insieme, si faceva colazione.
Sin da giovanottello ho avuto la gioia di “convivere” con tre gatte - combinazione tutte femmine -. La prima, Mucci, l’ho trovata piccolissima, accucciata sotto il sedile in cui mi trovavo nel tram che mi riportava nella mia casa natale. Era sì una mite pacioccona, ma un po’ ladruncola (riusciva non so come ad intrufolarsi persino tra gli sportelli superiori della credenza di cucina e mangiarsi tutto ciò che trovava di commestibile) ed anche “libertina”. Era spesso in dolce attesa. E’ scomparsa a causa di una di queste attese. La seconda, Micia, intrufolata in casa da mio figlio dodicenne, raccolta tra le vestigia archeologiche del Colle Oppio, nei pressi della mia abitazione. Aveva quattro atteggiamenti diversi: battagliero con mio figlio, dolce con mia moglie - gliele dava tutte vinte per quanto riguardava il vitto - socievole con me, scontroso con chiunque osasse entrare in casa nostra all’infuori di noi tre (e con lei quattro). Quindici anni è stata con noi poi, quando è venuta a mancare, bè non sono stati momenti piacevoli.
Di te Birilla, affettuosamente chiamata Bibi, che sei la terza, ho cercato di descriverti meglio possibile e forse non ci sono riuscito ma, anche se sei stata con me ad intervalli, non credo riuscirò a dimenticarti.
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Ieri, già sofferente da un po’ di tempo, mi è stato detto che delicatamente, serenamente e teneramente, così come era in vita, Birilla ci ha lasciato.
Mi si dirà: in fondo è soltanto una gatta. Già “soltanto” una gatta! Andatelo a raccontare a Fenni, Massimo, Lorenza e Laura ed anche a me, se non dispiace, perché forse a causa della mia veneranda età, quando mi è stata data la triste notizia, ho pianto come se avessi perduto chissà chi.
SCRITTO IL 1°OTTOBRE 2007 IL GIORNO SUCCESSIVO ALLA SCOMPARSA DI BIRILLA

giovedì 27 agosto 2009

LA NINA...

…la Pinta e la Santa Maria. No, no, non è la storia di Colombo e della sua impresa è che quando ho voglia di parlare con Nina e la chiamo be’ subito mi tornano in mente, come un ritornello, i nomi anche delle altre due delle tre famose caravelle. Sarà buffo, ma è così. Se non ricordo male da molto tempo mi capita di associare nella mente qualsiasi cosa ad un’altra dello stesso ambito. E’ una logica conseguenza di come e dove vivo ora? Può darsi. D’altronde dopo oltre 50 anni di lavoro nella marina mercantile e dopo aver vagato per tutti i continenti di questo nostro mondo credo di avere il diritto di godermi lo spazio di vita che mi rimane. Quando iniziai quel lavoro avevo meno di 18 anni e facevo il mozzo. Poi naturalmente col passare degli anni ho fatto carriera se così si può definire. Adesso sto tranquillamente in pensione. Insieme alla mia dolce e cara Nina. Viviamo in un piccolo locale a livello strada composto di un unico stanzone di circa 45 metri quadri con annessi due microscopici servizi: angolo cottura e gabinetto. Era un ex bar che non ha avuto molta fortuna ed il proprietario delle mura, mio vecchio ed ottimo amico, lo ha concesso gratuitamente a me e Nina in cambio di piccole faccende che gli sbrigo quotidianamente. Lui d’altra parte è proprietario sia dell’intero palazzo sia di uno limitrofo entrambi antistanti un viale alberato e che, insieme con altri sei palazzi, formano un quadrilatero di circa trenta metri per lato. Quando non sono impegnato con le faccende, mi siedo su di una comoda sedia a sdraio, leggo qualcosa o ascolto musica di qualsiasi genere e guardo di sottecchi la mia Nina (anche lei non scherza con l’età) che, immancabilmente tutti i giorni, con o senza sole, freddo, pioggia, vento, ecc. se ne sta seduta sulla soglia della nostra dimora osservando attentamente tutto ciò che gli passa davanti, senza battere ciglio. Mi diverto un mondo a guardarla e mi sono sempre chiesto cosa le passi per la testa perché sembra che nulla la smuove, la stupisce o la interessa. Sembra! Perché invece non è così. La raccolsi in strada che era appena più grande delle mie mani, un ciuffetto di peli bianchi, rossi e marrone. Il risultato di chissà quanti incroci di chi l’ha messa al mondo. Mi è stato detto, da chi se ne intende, che dovrebbe essere un’ottima cacciatrice, ma io, che non amo la caccia, ho sempre pensato che Nina, la mia adorata cagnolina, avesse invece un’altra indole. Lei, sin da piccola, ha avuto il fortissimo desiderio di essere carezzata, di sentire accanto a sé la mia continua presenza tanto che, ormai non posso più evitarlo, quando la sera mi metto a letto per dormire lo trovo già occupato poiché gradisce molto i miei piedi sulla sua pancia e me lo ha fatto capire, da sempre, con il suo uggiolio dal tono soddisfatto. D’inverno non che la faccenda mi dispiaccia anche perché in casa non c’è riscaldamento, ma d’estate diventa un problema ed allora abbiamo raggiunto un accordo: lei si sdraia sempre sul mio letto però fuori del lenzuolo ed il più lontano possibile dalle mie estremità. La sua indifferenza a tutto ciò che la circonda è soltanto apparente. Ho avuto numerose prove circa le sue straordinarie doti d’intelligenza, d’intuito, d’udito e di chissà quanto altro ancora perché io, malgrado tutti questi anni trascorsi insieme, non la conosco così bene così come lei conosce me. Si accorge persino di che umore sono in qualsiasi momento della giornata perché non mi perde mai di vista. Salvo quando, due volte il giorno, di primo mattino e all’imbrunire, si alza da dove sta seduta immobile tutto il giorno, mi rivolge uno sguardo d’intesa per farmi capire che starà via soltanto per poco tempo e se ne va trotterellando per il suo giro intorno al complesso del quale fa parte il nostro palazzo, annusando tutti gli alberelli posti sul marciapiede del viale di casa e di quelli dei palazzi vicini. Non porta museruola e non le ho mai messo il guinzaglio, ha soltanto un collare con una piastrina identificativa. Ho tentato varie volte di farla venire con me nel vicino parco pubblico dove esiste un ampio spazio proprio per i suoi simili, ma lei preferisce starsene in casa e quando io mi allontano sento il suo sguardo sulla mia nuca: non mi perde di vista neppure per un attimo. Nina non è alta, non credo che superi i 50 centimetri da terra. In verità non l’ho mai misurata, è un po’ grassottella e non l’ho mai vista digrignare i denti né sentito il suo abbaiare. L’ho sentita lamentarsi soltanto una volta, credo sette od otto anni fa, quando rimase incinta e partorì tre cuccioletti che io dovetti affidare ad un ente preposto. L’ho fatto però con il suo tacito benestare. Da allora non è più successo: non dà e non desidera alcuna confidenza da parte di nessuno dei suoi simili. Forse si è adeguata al mio carattere. Io non sono sposato non perché non l’abbia voluto, ma il mio mestiere mi ha sempre costretto fuori casa ed anche se è stato bello, divertente ed interessante girovagare in lungo e in largo, ora ne subisco le conseguenze. In certi momenti mi tornano in mente alcuni versi di “Piazza Grande” una canzone di Lucio Dalla uno dei miei cantanti preferiti che fa proprio al caso mio: “Una famiglia non ce l’ho e la mia casa” (è questa qua) “con me di donne generose non ce né” ”ho rubato l’amore” (in tutti i porti in cui hanno attraccato le navi dove ho lavorato) ”a modo mio avrei bisogno di carezze anch’io” ”a modo mio avrei bisogno di sognare anch’io” (d’altra parte) “quello che sono l’ho voluto io” ”ma la mia vita non la cambierò mai”. Anche perché di tempo non che n’è rimasto molto sia per me sia per Nina. Nel caso io dovessi lasciarla per primo, devo pensare ad una soluzione favorevole per lei. Chiederò l’aiuto a qualcuna delle numerose persone che transitano quasi tutti i giorni dinanzi la nostra casa e non ci fanno mai mancare i loro buongiorno-buonasera e le domande sullo stato delle nostre condizioni di salute e di vita (forse siamo considerati dagli altri una sorta d’istituzione se non del rione almeno della strada, tipo San Rocco e il cane). Per fortuna con la mia pensione possiamo andare avanti abbastanza bene e non abbiamo grosse spese da affrontare salvo quelle per il sostentamento giornaliero. Ormai conosco perfettamente i desideri ed i gusti di Nina e lei conosce i miei. Quando qualche volta cambio volutamente il menù del giorno, lo faccio solo per divertirmi osservando la sua espressione interrogativa come se mi chiedesse se può fidarsi di quello che preparo. Siccome però non è stupida prima di mangiare aspetta che lo faccia io e… non credo che sia per una questione d’educazione o di rispetto per la precedenza che secondo lei mi sarebbe dovuta non capisco secondo che cosa. Molto spesso parlo con lei commentando gli articoli che leggo sui quotidiani o quelli che ascolto dalla radio (per fortuna non possiedo televisori, computer, telefoni di nessun tipo). Quello di cui veniamo a conoscenza attraverso quei mezzi, ci basta ed avanza. Mi chiedo come la pensa Nina politicamente. Può sembrare una domanda cretina ma quando noto le sue espressioni nei momenti in cui leggo ad alta voce gli articoli mi viene da pensare che anche lei riflette sul contenuto di quello che riporta la stampa. Deve avere senz’altro la sua personalissima opinione al riguardo. Non la esprime perché potrebbe essere diversa dalla mia e quindi preferisce tenersela per sé. A volte, seguendo il filo di questi ragionamenti mi chiedo se io non stia per “dare i numeri”, ma poi ci penso su bene e mi dico che c’è in giro di molto peggio. Ogni tanto quando provo un po’ di nostalgia, racconto a Nina il mio peregrinare per i mari e gli oceani. Ho avuto sin da bambino la passione per il mare…da qui, credo, mi è balenata l’idea di “battezzare” Nina col nome di una delle famose tre caravelle. Di episodi ancora ne ricordo parecchi e quando mi viene voglia chiamo Nina, le premetto che sto per raccontargliene qualcuno. Lei si mette a pancia in giù sul pavimento in una strana posizione come se stesse per nuotare, poi mi guarda fisso con quel suo musetto appuntito rivolto verso di me e strizza gli occhi in continuazione. Sembra che mi dica di sbrigarmi a raccontare, non vuole stare troppo nell’attesa che io comincio. Gli episodi che più gradisce sono quelli in cui racconto le vicissitudini mie e di altri degli equipaggi di cui ho fatto parte per riuscire a pescare qualcosa durante la navigazione. Ho tanto l’impressione che anziché da caccia Nina è un cane da pesca. In fondo io e Nina formiamo una coppia - vecchia e forse un po’ strana dato che io ho due gambe e lei quattro zampe - ma ci vogliamo bene e per i giorni che ci restano ci faremo sempre compagnia. Quando poi lasceremo questa terra chi può dire che non ci si riveda?
Nina ne è sicura, io un po’meno.
RACCONTO DI PURA FANTASIA ISPIRATO DA UN VERO INCONTRO QUOTIDIANO

lunedì 24 agosto 2009

SUPERSTITI METROPOLITANI

La giornata di mercoledì 12/8 la devo proprio raccontare perché ha dell’incredibile, ma è la pura verità. Nei 22 appartamenti in sette piani che fanno parte del fabbricato in cui abito devo ritenere di essere rimasto l’unico superstite o quasi visto quanto è accaduto. La categoria custodi-portieri è estinta.
Sono le 9.00 a.m. qualcuno suona alla porta, domando chi è e mi sento rispondere che è la figlia del vicino la quale viene a portarmi le chiavi di casa sua. Già, l’avevo dimenticato, come ogni estate mi danno le loro chiavi perché io pensi al loro gatto di casa, durante l’assenza di tutta la famiglia. Io questo gatto non l’ho mai visto. Ogni giorno che sono entrato per le sue necessità lui non c’è. Ma esiste oppure no? Invece esiste e me n’accorgo dal fatto che mangia quello che gli preparo aprendo varie scatolette, beve l’acqua e lascia nella sua sabbietta parte di quello che ha mangiato e bevuto. Chicco – così si chiama – si nasconde, oppure dorme, oppure è un fantasma che finge di essere un gatto.
Verso le 11 a.m. suona il citofono, domando chi è e mi rispondono “la postaaa”. Quindi apro il portone e tutto sembra sistemato salvo il fatto che per me non c’è neppure una bolletta da pagare – luce, gas o telefono – ma solo qualche lettera per chi è in vacanza e depliant pubblicitari per recarsi al mare ai carabi o in altre località esotiche. Grazie tante, queste informazioni sono preziosissime.
Alle 14.30 p.m. mentre sono lì che sto facendo una pennichella sento suonare alla porta di casa. E mò chi è? Lo domando e un’altra vicina, single, abbastanza giovane, che non sta quasi mai in casa, mi dice che deve chiedermi un favore. Le dico di accomodarsi, ma non può perché ha lasciato la porta di casa aperta. Mi espone un suo problema. Cade acqua nel suo bagno proveniente dall’appartamento del piano di sopra. Embè? E io che c’entro? Mi prega di andare da lei a dare un’occhiata. Io da buon vicino aderisco, entro, vedo che sta piovendo un poco sopra il suo water benché fuori il sole spacchi le pietre e mi rendo conto del problema. Le suggerisco di andare da quelli di sopra: sono in vacanza, allora dall’amministratore del condominio: idem c.s. E’ inutile chiamare un idraulico perché il danno va riparato dall’appartamento soprastante E allora? Le suggerisco alcuni provvisori ridicoli rimedi come se io ne capissi qualcosa e la saluto augurandole buon ferragosto!
E arriviamo alle 16.30 p.m. Anche questa volta suonano alla porta. La solita domanda “chi è?” e mi risponde una voce maschile, accento veneto per quello che capisco io, che mi richiede cortesemente un favore! Ancora? Ma che giorno è venerdì 17 ? Con precauzione gli apro la porta, prima si presenta, poi mi afferma che abita al quarto piano – io non l’ho mai visto – e mi racconta che una sua domestica nel fare le pulizie ha acceso contemporaneamente troppi apparecchi e quindi le è saltata tutta la corrente elettrica. Gli preciso subito che non sono un elettricista così come alla precedente visitatrice avevo precisato di non essere un idraulico, ma lui mi assicura che ha soltanto bisogno delle chiavi della cantina dove si trovano tutti i contatori dell’intero fabbricato custoditi in una sorta di armadio di ferro e vetro con tanto di serratura tipo cassaforte. Aggiunge che purtroppo le chiavi della cantina le ha la propria moglie la quale trovasi in questo periodo in vacanza al mare e quindi mi chiede se gliele posso prestare. Io invece mi presto ad accompagnarlo, lui accetta e allora scendiamo insieme. Gli faccio vedere tutte le operazioni necessarie da compiere dato che lui non ci ha mai messo piede, gli dico di rientrare in casa e di avvisarmi se tutto è andato a posto. Riscende e mi conferma il ripristino della corrente. Risaliamo, mi ringrazia molto presentandosi – come il solito non ho capito né nome e neppure il cognome – mi saluta e se ne va.
Passano appena trenta minuti e il campanello della porta torna a suonare. Ho capito, devo decidermi ad evadere da casa mia. Abito al primo piano quindi prendendo un lenzuolo e attorcigliandolo a mo’ di corda, aprendo la finestra, calandomi in strada posso fuggire verso la libertà da campanelli di qualsiasi tipo. Altra suonatina del campanello, ripeto la stessa domanda e mi risponde la voce del veneto del quarto piano: povero me, la corrente elettrica gli è scomparsa un’altra volta. E invece???
Lui mi porge sorridendo una capace busta di carta con dentro cinque – dico cinque – bottiglie di vino accompagnate da un largo sorriso e da numerosi altri ringraziamenti. Io resto imbambolato, cerco di dirgli che non è il caso, che mi sento imbarazzato, ma lui non sente ragioni. Insiste dicendo che lui è un commerciante in questo ramo, mi porge la mano e mi saluta ancora più calorosamente di prima. Poggio le cinque bottiglie sul ripiano della credenza, ne leggo le etichette, non ne capisco granché dato che “parlano” francese e le metto in attesa. Però, hai capito il veneto che bravo, tre rossi e due bianchi, un po’ elevati di grado ma pazienza soffrirò in silenzio.
DULCIS IN FUNDO: poco dopo le 18.00 p.m. la suonata al citofono di mio figlio che è solito passare quasi quotidianamente per una visitina, dà un’occhiata in giro, incrocia le cinque bottiglie e le squadra. “Papà” mi dice “questo è vino d’alta qualità”. Lui afferma di essere un discreto intenditore e un buon bevitore. Neppure gli interessa sapere da dove sono piovute quelle bottiglie, le scruta attentamente e tre di loro s’involano verso casa sua, Poi, di quello rimasto, mi raccomanda di berlo con parsimonia dato che è vino d’alta gradazione.
Con tanti ringraziamenti al gentile signore del quarto piano e alle chiavi della cantina in vacanza al mare.

giovedì 20 agosto 2009

RIAPERTURA ANTICIPATA PER FINE INVENTARIO

SPIGOLATURE D’AGOSTO
Oggi ho deciso di farmi un giretto e curiosare qua e là alla ricerca di stranezze di vario genere giacché ne ho notato più d’una.
Mentre cammino leggo tutti i cartelli che indicano la chiusura per ferie di negozi d’ogni tipo e mi rendo conto che alcuni sono proprio divertenti:
- sulla saracinesca di un negozio di ferramenta il cartello avverte: “CHIUSO PER FERIE DAL 9 AL 31 AGOSTO – se vi serve qualcosa d’urgente ci vediamo il 1° settembre, vi aspettiamo!”
- un negozio di mobili naturalmente chiuso, fa gli: “AUGURI A TUTTI E BUON FERRAGOSTO - Noi stiamo al mare.” – non c’è nessuna data né di chiusura né di riapertura. Chissà se torneranno dal mare;
- un ristorante avverte i propri clienti con un cartello dove c’è scritto: “CHIUSO PER FERIE DAL 1° AL 15 AGOSTO – RIAPRIAMO IL 16”. Oggi è il 19 d’agosto, il locale è chiuso e il cartello è sempre lì;
- un panificio ha un cartello semplice e chiaro: “CHIUSO AD AGOSTO” e, sotto lo scritto, sono disegnati un ombrellone da mare, aperto e due sdraie vuote – chi vuol sapere dove sono andati il proprietario e le commesse adesso è informato;
- una rosticceria sulla cui saracinesca fanno bella mostra di sé due enormi lucchetti uniti da una catena adatta per l’ancora di una nave da crociera e da un cartello con la scritta “CHIUSO CHIUSO CHIUSO” – tre volte e solo in italiano senza l’uso di altre lingue estere. Probabilmente l’avranno fatto per chi proprio non vuol capire.
Infine una curiosa segnalazione.
Da qualche giorno il servizio giardini del comune di Roma si sta occupando molto opportunamente della potatura degli alberi alcuni dei quali vecchi di non so quanti anni sono anche caduti qualche tempo fa.
Ieri ad esempio Via Merulana, quasi un vialone stracolmo di alberi che collega due tra le basiliche più grandi di Roma visitate da turisti d’ogni parte del mondo: quella di San Giovanni in Laterano – ove io fui battezzato nel 1930 a chi interessa – e quella di Santa Maria Maggiore, era transennata in entrambi i sensi con nastro di plastica bianco e rosso e chiusa al traffico sia pedonale sia veicolare per permettere l’intervento di potatura.
Oggi, passando di lì ho notato che una buona parte della via era già stata sistemata e quindi riaperta al traffico.
Una traversa di detta via che percorro quasi tutti i giorni, in realtà una piccola e breve strada che collega il vialone con una gran piazza, è anch’essa transennata e munita di cartoncini bianchi che avvisa l’inizio dei lavori di potatura dal 21 agosto fino al termine degli stessi.
Tutto perfetto se in quella stradina ci fossero alberi, ma lì non ci sono né alberi, né piante, né vasi di fiori e né ciuffi d’erba tra i sampietrini che pavimentano il percorso: una specie di deserto! Mistero!
La piazza collegata con la stradina transennata è quella di cui ho fatto cenno in un precedente scritto del 8 maggio c.a. dal titolo SOSTA GRATUITA, dove da anni era parcheggiata una panda blu - targa della Germania – con tanto di proprietario tedesco il quale aveva occupato anche il marciapiede antistante per le varie sue necessità.
Ho detto “era” perché il tedesco, la panda blu e tutto il materiale con il quale si era costruito la sua abitazione non c’è più: tutto scomparso, svanito nel nulla!
Avrà ricevuto lo sfratto e quindi si sarà dovuto trasferire in un’altra zona.

sabato 1 agosto 2009

CHIUSURA ESTIVA PER...

...FARE L’INVENTARIO DI RACCONTI, RICORDI ANNESSI E CONNESSI
Il monticiano non va in vacanza, resta a guardia del forte, vigilerà sui blog cliccando quà e là alla ricerca di post e metterà un freno ai propri post.
La riapertura è prevista per il 1°settembre

BUONE VACANZE PER CHI PARTE
FELICE RIENTRO PER CHI RITORNA
BUONA PERMANENZA PER CHI RESTA DOV’E’