lunedì 30 novembre 2009

A U T O S T O P - Prima puntata

Fin qui ci sono arrivata. E’ stato persino troppo facile. Proprio così: non ho idea dell’ora in ogni caso preferisco restarmene ancora qui sdraiata. Che ottobre magnifico! E guarda che cielo! ‘Sti romani! Beati loro, che fortuna, anche col tempo…e invece lassù piove e fa freddo. Per l’appunto ho fatto bene a squagliarmi… Da sola? Beh, che importa: gli altri hanno tutti il loro bel “dafarino” Buon divertimento amici, compagni e fratelli, di vero cuore. L’accoppiata in realtà non era molto contenta: lei “il guaio è che tuo padre ti ha sempre permesso tutto” e lui “il fatto è che nemmeno a tua madre ho potuto mai dire di no”. Risultato soldi pochi, ma libertà tutta. Il resto non conta un bel tubo. Quando l’accoppiata fa una discussione mamma è “tua madre” e papà “tuo padre” - che risate - riescono persino a non chiamarsi per nome, abilissimi, dribblano e sorvolano in maniera portentosa: ormai neppure volutamente riuscirebbero a cambiare. Però guarda che bel movimento che c’è: eppure non è domenica oppure sì? A proposito ma che giorno è oggi? Vediamo un po’…mercoledì ho preso un tir sulla tangenziale, sì autista meridionale con baffetti…classico! Giovedì casello di Chiusi-Chianciano autotreno frigo…allora è venerdì, sì sì, proprio venerdì…Chissà se domenica sarò in Sicilia? In ogni modo niente tabelle di marcia, devo andare in quella località della quale per ora non rammento neppure il nome, però lo devo aver scritto da qualche parte anche se ci vorranno due, dieci o cento giorni non ha alcuna importanza. Beh diamo un’occhiatina in giro. Ho scelto proprio un bel posto,da qui si può vedere benissimo chi entra e chi esce, ecco vediamo un po’: per esempio questa coppia che sta scendendo adesso dalla macchina, sì, no, non va, mi sembrano troppo…no no …passiamo oltre…Vedo quel grosso articolato che sta facendo manovra per entrare, forse sarà un po’ lento, no aspettiamo ancora, tanto di tempo ne ho quanto ne voglio…Ecco, per esempio questa donna così ben vestita che sta scendendo da una macchina di lusso, ho paura che non appena mi avvicino comincia a strillare…no, no meglio cambiare obiettivo…Per esempio, questo tale che sta parcheggiando la sua punto un po’ vecchiotta, lui invece…Mah, anche lui ha i suoi anni ed è solo, stiamo a vedere che fa: scende dall’auto, si stiracchia e si guarda intorno poi chiude la macchina, si avvia al bar, lo seguo, tutto compito fa la fila alla cassa…va a prendersi un…sì un caffè, poi esce e…Però! Si accende anche una sigaretta…forse vuol dire che non ha alcun complesso, staremo a vedere, chissà dove si dirigerà…decidiamoci: io ci provo…
=Salve
=Salve, ci conosciamo?
=No
=Meno male perché a volte faccio certe gaffe…Sa, la mia memoria ogni tanto mi combina qualche scherzo: posso fare qualcosa per lei?
=Dipende
=Non capisco…
=Devo andare in Sicilia
=Ah! E ci sono problemi con la macchina?Io non credo di poterle essere d’aiuto
=Io sono a piedi, questo è il problema
=E come pensa di risolverlo?
=Con l’autostop
=Beh, un modo come un altro, certo
=Te dove vai?
=Come?
=Ti ho chiesto fin dove arrivi con la tua macchina
=Non credo che la cosa possa interessarla e mi chiedo, anzi le chiedo…
=Perché continui a darmi del lei? Vuoi tenermi a distanza? Hai paura di qualcosa?
=Senta signorina, anzi no, sentimi bene ragazza: io non ti conosco, non so chi sei…
=Mi chiamo Fiorella
=Ah!!!

=Che c’è da ridere?
=Ecco, rido - o meglio sorrido - perché è un nome che m’è sempre piaciuto
=A me invece non è mai andato a genio
=Forse sarà piaciuto ai tuoi genitori
=Non l’ho mai chiesto a loro
=Prova a farlo
=Non m’interessa
=Va bene, sono affari tuoi…allora che…
=Che cosa vuoi fare?
=In che senso?
=Mi puoi dare uno strappo?
=Ascoltami bene ragazzina
=Ho 22 anni
=Sì? E allora te ne mancano cinquanta per arrivare ai miei, quindi è meglio…
=Dimmi soltanto se mi puoi aiutare, per favore
=Ecco, adesso andiamo meglio
=Trovo difficoltà ad essere più cortese
=L’ho notato, hai un caratterino un po’ spigoloso, non credi?
=Non posso farci niente
=Forse la tua è una forma di difesa come se indossassi una corazza
=Chi sei? Uno psicologo?
=No, sono un ex professore di lettere in pensione
=Bene, non mi hai detto come ti chiami e se mi puoi aiutare
=Piano, una cosa per volta; il mio nome è Antonio - o Antonino - però gli amici mi hanno chiamato sempre Nino, e prima che lo dici tu lo dico io: è un nome molto comune ma a me sta bene così
=E per l’altra questione?
=Per quella dovremmo pensarci bene entrambi non credi?
=Cos’è? Vuoi delle referenze?
=Non ricominciare e cerchiamo di smussare qualche angolino
=D’accordo
=Nel nostro reciproco interesse io penso che dovremmo chiarire alcune cose prima di intraprendere questo viaggio insieme dato che anch’io vado in Sicilia
=Allora posso venire con te?
=Calma, calma, non credi che dovendo affrontare insieme un viaggio così lungo dovremmo sapere di più su ciascuno di noi? Chi siamo, che facciamo…
=Questo lo sappiamo già: io sono Fiorella e tu sei Nino
=Devo ringraziarti perché mi consideri tuo amico?
=Ti dirò grazie quando mi farai salire in macchina e andremo via da questo parcheggio di m…
=Alt! Preferirei un modo di parlare meno aspro, ti dispiace? Faccio il pieno e poi si va, sali pure
=Questo zainetto me lo metto sulle gambe
=Tutto lì il tuo bagaglio?
=Non mi serve altro
=Allora andiamo…Il pieno per favore e anche una controllatina alle gomme e all’olio, grazie
=Sei sempre così gentile te?
=No, e quando mi va storto sono guai
=Possiamo andare adesso o devi fare qualche altra controllatina?
DOMANI SECONDA PUNTATA

giovedì 26 novembre 2009

UN CORDIALE RINGRAZIAMENTO

ai blogger amici per il loro interessamento.
il Monticiano e Pasquale (il suo pc), assistiti dai rispettivi avvocati hanno sottoscritto un preliminare d'accordo per sospendere le ostilità.
Almeno per ora.
Speriamo bene.
Salutissimi.

martedì 24 novembre 2009

Per i blogger amici

All'alba di martedì 24 novembre 2009 il Monticiano del blog "Via della Polveriera", ha litigato con Pasquale, il suo pc, il quale si è incavolato e ha messo a tacere il modem Alice adsl e Aladino voip.
No internet.
No telefono.
Si sta provvedendo.
Un saluto.

lunedì 23 novembre 2009

SOLITUDINE - SEDUTO IN UNA PANCHINA NEL PARCO - Seconda edizione

Alcuni morbidi colpi sulla mano destra mi fanno sollevare le palpebre lievemente appesantite dal sonno e vedo il volto sorridente di Lucilla seduta accanto che mi dice a bassa voce
= Scusa se ti ho svegliato ma…
= Tu?…E che ci fai qui?
= Io abito qui vicino, tu piuttosto. Se non hai cambiato residenza, mi sembra che questo parco sia piuttosto lontano di casa tua, o no?
= E’ vero, ma l’ho visto così poco frequentato e riposante che ho pensato di fare una piccola sosta nel corso della mia passeggiata ed invece appena seduto mi sono addormentato e neppure me ne sono accorto
= Dovevi essere molto stanco perché è già un bel po’ di tempo che dormi o forse sarà il caldo incipiente che…
=…unito al post-pranzo e l’ora insolita del primo pomeriggio hanno fatto in modo di farmi cadere quasi in letargo
= Già e sono anche tre o quattro volte che cerco di svegliarti spostandoti il capo ciondoloni che hai di continuo reclinato sulla mia spalla destra, ma evidentemente devi avere il sonno pesante
= Sì, hai proprio ragione, però potevi pure spostarti magari di poco e…
=…così avresti sbattuto la testa sulla panchina ed il tuo risveglio sarebbe stato poco piacevole
= Effettivamente è andata meglio così. Ti ringrazio molto
= Non c’è di che. Ti ho anche chiamato almeno per un po’, Bruno, Bruno, ma tu non mi sentivi
= No, altrimenti ti avrei risposto. Comunque vedo che sei qui con una bella neonata, è tua?
= Si è mia figlia. Sai che l’ho sempre desiderata e lei è il mio unico tesoro
= Veramente sei ancora così giovane che chissà quanti altri tesori potrai avere se lo vorrai
= Forse è una tua dimenticanza, ma ho superato i cinquanta da un paio di mesi
= Sinceramente ti assicuro che non li dimostri per niente
= Ma io non me li sento, credimi
=Neppure io mi sento i miei cinquantacinque anni
= Allora siamo pari
= In ogni caso ti faccio i miei complimenti, anche per tua figlia. Guarda come dorme beata lì nel passeggino
= Questo è uno degli altri motivi per i quali non mi sono allontanata da questa panchina. Ho voluto che riposasse tranquillamente
= Non potevi scegliere luogo e ora migliori
= Infatti. Qui si respira un’aria così pulita. E questo silenzio poi. Ho scelto di proposito questo piccolo viale con poche panchine, siamo i soli frequentatori di questa parte del parco, io, te e la mia bambina
= Sono d’accordo. Come si chiama tua figlia?
= Katrina. E’ un nome di origine russa, come il padre, mio marito, che si chiama Vladimir. Lui è un imprenditore piuttosto importante, si occupa di petrolio
= Chissà come deve essere contento tuo marito
= Ah! Sì lui è senz’altro molto contento, soprattutto in questi ultimi tempi
= Perché?
= Perché vive arcicontento in non so quale paradiso esotico insieme alla sua giovanissima amichetta ed ex-segretaria
= Mi dispiace. Incautamente ho toccato un argomento che dovevo evitare, ti chiedo scusa
= Non lo potevi sapere quindi niente scuse. E poi io non ho nulla da rimproverarmi, lui piuttosto
= Cambiamo discorso che ne dici?
= No, no, anzi, non può che farmi bene parlarne, specialmente con te
= Non sei tenuta a farlo
= Lo so ma preferirei farti sapere come sono andate le cose dopo che ti ho lasciato
= Vorrei che tu non ne parlassi
= Ti è molto dispiaciuto quando è successo?
= Sai benissimo quanto ho sofferto
= Perché non ti sei messo con qualche altra ragazza?
= Paragonavo le altre a te e loro perdevano
= Già ma questo è un tuo errore, lo capisci vero?
= Può darsi, ma è stato difficile per me rassegnarmi. Voglio confessarti una cosa. Non ne ho mai parlato con nessuno. Ormai saranno passati dieci anni, vero?
= Sì, dieci anni esatti
= Credimi - non sto esagerando - tutte le notti o quasi, faccio lo stesso sogno
= Penso di sapere di che sogno si tratta
= Brava. Ricordi quello che mi dicesti?
= Certo, ti dissi che dovevi fartene una ragione e ti dissi anche…
= Non ripeterlo, non lo voglio ascoltare di nuovo. Il giorno che mi lasciasti fu il più brutto della mia vita e come sai non mi sono mai dato pace. Vado avanti, ma sono vuoto dentro. Aspetto con ansia la notte perché so che non appena riesco ad addormentarmi tu arriverai nel mio unico sogno, sempre lo stesso
= Io non so come aiutarti, non posso fare nulla. Non dipende da me
= Capisco, però spero che tu non svanisca dal mio sogno. Mi contento di questo
= Come vuoi. Adesso però devo andare. Neppure io ti ho dimenticato. Addio Bruno
= Arrivederci Lucilla, arrivederci
*******
Sento nuovamente quei morbidi colpi sulla mia mano. Mi guardo intorno e non mi riesce più di vedere Lucilla. Di fronte a me, seduti vicini su una panchina, due vecchietti mi salutano con un cenno e allora gli chiedo
= Scusatemi, avete visto per caso in quale direzione è andata quella signora con la quale stavo conversando un attimo fa?
= Veramente no. Io e mia moglie ci siamo seduti qui da oltre un’ora e non abbiamo visto nessuna signora. Lei era da solo e dormiva placidamente
= Ma come? Sto parlando di una bella signora, bruna, che conduceva anche un passeggino con una bambina dentro
= Mi dispiace deluderla signore, ma devo insistere. Quando noi siamo venuti in questo parco e ci siamo seduti le assicuro che lei era da solo su quella panchina e stava dormendo
= Si, d’accordo, però sono stato svegliato dalla signora con dei brevi colpi sulle mie mani
= Ah! Ma quello è stato il nostro Pilù. Vede quel piccolo bastardino che vive ormai con noi da qualche anno? Quando si accorge che qualcuno dorme - e lei signore lo faceva profondamente - lui batte con molta delicatezza la sua zampetta sul dorso delle mani della persona addormentata, anche se la vede per la prima volta, così soltanto per avere un po’ d’ attenzione. L’ha fatto un’ora fa e l’ha ripetuto adesso, nonostante i nostri richiami
= Possibile che abbia fatto un sogno? Di giorno?
= Credo proprio di si. Probabilmente un bel sogno dato che a volte sembrava che sorridesse, ma è stato soltanto quello
= Già. Scusatemi, deve essere andata proprio così. Grazie lo stesso e arrivederci. Ciao Pilù
Rattristato, m’incammino per fare ritorno al lavoro.
Passano i giorni ed io non riesco ancora a convincermi che è impossibile rivedere Lucilla. Lei ormai non c’è più su questa terra e, se la rivedrò, sarà soltanto nel mio sogno.

giovedì 19 novembre 2009

LA DIFFERENZA NELL'INCEDERE

Certe volte mi capita di osservare l’incedere di coppie di persone di una certa età - ma non solo - che assolutamente non conosco, dividendole in categorie.
Ovviamente le mie sono soltanto supposizioni, ma per qualcuna di queste coppie ho una certezza. E non parlo soltanto di coppie di coniugi ma anche di coppie di persone, uomo e donna, che vivono insieme chissà da quanto tempo pur non essendo sposate tra loro:
1^) LEI cammina tenendo il proprio braccio sotto quello di LUI.
Trattasi di coppia dove “chi porta i pantaloni in casa” è LUI. Apparentemente gli atteggiamenti di LEI denotano quasi una remissività nei confronti di LUI il quale invece mostra quelli da uomo di scarsi complimenti e piuttosto sicuro di sé;
2^) LUI cammina con il braccio avvinghiato a quello di LEI.
Qui le parti sono completamente invertite. I pantaloni in casa li porta LEI e i suoi comportamenti sono decisamente come quelli di una virago. Cammina tutta impettita e con uno sguardo duro negli occhi;
3^) entrambi camminano affiancati. LUI tiene le proprie braccia incrociate dietro la schiena, LEI una borsa fra le mani. Camminano lentamente, non hanno nessuna fretta, forse la loro mèta é lontana. Non scambiano tra loro neppure uno sguardo;
4^) LUI, come assorto nei propri pensieri, cammina davanti a LEI a distanza di circa due metri. Ogni tanto si fermano: LEI per guardare qualche vetrina, LUI per voltarsi e vedere se LEI lo segue.
Purtroppo mio padre ed io abbiamo avuto la stessa cattiva abitudine;
5^) LUI e LEI teneramente abbracciati che si scambiano piacevoli effusioni.
Questa è una categoria onnicomprensiva: adolescenti, giovani, meno giovani, terza e quarta età.
Notato con i miei occhi.
Per la verità ho notato anche altro. Due casi molto diversi tra loro.
Il primo: un LUI e una LEI sicuramente non fratello e sorella ma qualsiasi altro tipo di coppia, entrambi tra i quaranta e i cinquanta anni che, camminando non vicini ma a distanza di sicurezza l’uno dall’altra, si scambiano un vagone di parole non proprio gentili minacciandosi reciprocamente, ogni due o tre minuti, di passare alle vie di fatto. Ciò che impressiona maggiormente è la differenza corporea tra i due: LUI un pezzo d’uomo grande e grosso, per la sua mole forse dipendente di una ditta di trasporti-traslochi, LEI esattamente la metà sia in lungo sia in largo. Incontro questa coppia molte volte, forse perché residenti nella mia stessa zona, e ogni volta assisto a questa sceneggiata fino a quando le nostre strade si dividono io da una parte, loro dall’altra.
Il secondo: abito al primo piano di un vecchio fabbricato e dalla finestra della mia camera si sentono nitidamente molti rumori provenienti dalla strada sottostante per il passaggio d’ogni tipo di mezzo a due o quattro ruote, di bambini e ragazzi con o senza genitori che frequentano le vicinissime scuole, pedoni che camminano per i fatti loro.
Da un po’ di tempo a questa parte si è aggiunto un nuovo rumore. Quello roboante del motore di una moto di grossa cilindrata che da fermo è accelerato e poi rallentato. Dura qualche minuto non di più però è assordante specialmente se tengo le finestre aperte. Cinque o sei giorni fa mi sono affacciato e ho notato che, nel parcheggio per sole moto, proprio sotto le mie finestre, verso le 8.30 del mattino si ferma una grossa moto con a bordo due persone che indossano regolarmente il casco e il guidatore, prima di scendere, dà un’accelerata e lentamente fa spegnere il motore. La coppia super motorizzata è composta di un LUI e di una LEI più che cinquantenni di corporatura normale, capelli biondo cenere e lineamenti o moldavi o polacchi o rumeni o ucraini, non lo so. Una volta che entrambi sono scesi dalla moto, parlano tra loro anche ridendo e scherzando, poi si abbracciano ed iniziano a scambiarsi baci ed altre effusioni, senza curarsi minimamente dei passanti che a quell’ora non mancano. Questa scena dura per circa dieci minuti poi i due si salutano, LEI se ne va a piedi verso non so dove, LUI monta in sella alla moto, dà una forte accelerata e riparte.
Il loro incedere, per quanto ne so io, si limita a questi movimenti motorizzati.

lunedì 16 novembre 2009

L'INDECISO

- Allora? E’ più di un’ora che ci troviamo qui, si può sapere che aspetti?
- Devo pensarci bene
- Camillo dammi retta tu pensi troppo
- Perché tu no?
- Ma che c’entra la mia situazione è diversa dalla tua
- In che senso scusa
- Nel senso che io sono ancora giovane e te invece … insomma…
- Ma che ne sai
- Lo so, lo so. Ad un’età come la tua si pensa ad altre cose…
- No caro mio, se permetti io penso ancora a queste di cose
- D’accordo, come dici tu. Però ce la vogliamo dare una mossa?
- Si, si. Ecco vedi quella?
- Quale?
- Quella piccolina che cammina tutta impettita
- Ah si, non è male...
- Si da’ troppe arie però
- Se lo può permettere non credi?
- Questo è vero. Sai che c’è? Io vado e ci provo
- Vai vai, io aspetto qui…
- Volo…
*******
- Bè, com’è andata?
- Giova’ fiasco completo
- E perché?
- Non sono il suo tipo
- Così stanno le cose?
- Già
- Su non t’avvilire
- Parli bene te che hai solo l’imbarazzo della scelta
- Ma quale imbarazzo, ne conosco due o tre ma ancora non ho deciso con quale…
- L’altro giorno mi hai fatto conoscere quella con il baschetto di capelli neri…
- Marinella, sì fa la cassiera al supermercato
- Si vede che è una brava ragazza e anche molto carina
- Vero, ma vedi, sono combattuto fra lei e Assuntina
- Quale? Quella biondina con quegli occhi grandi, celesti, le ciglia lunghe e…
- Cami’ ma l’hai guardata con la lente d’ingrandimento?
- Mi si è messa seduta vicino e allora l’ho scrutata bene
- Fammi il piacere scruta bene solo le tue…
- Sei geloso per caso?
- Ma che geloso…Piuttosto guarda Cami’…guarda quanto è carina quella…
- Ci vediamo dopo Giova’, io vado…
*******
- Cami’ che t’è successo?
- M’è successo che è arrivata un’amica sua e io…
- E tu?
- Prima ho guardato bene una, poi mi sono messo a guardare l’altra e non sapevo quale…
- Ma quanto tempo ti serve per decidere…
- Il fatto è che l’una valeva l’altra e io…
- Mica stai al mercato. Quando hai messo gli occhi su una quella devi guardare no che cambi…
- Pure loro però non mi degnavano di uno sguardo, anzi, pareva volessero evitarmi
- Ti credo. Tu dimentichi sempre che grande e grosso come sei non puoi innamorarti di una…
- …piccolina, sì. Che ci posso fare se a me piacciono quelle…
- E quelle si mettono paura solo a vederti da lontano
- Eppure t’assicuro che mi comporterei molto delicatamente
- Ne sono certo, ma quelle non lo sanno. Ci vuole tempo perché ti conoscano tu invece corri sempre
- Corro sì. Quanto tempo è passato dall’ultima volta che…
- Nemmeno un mese…
- Ti pare niente a te?
- Mica stanno a tua disposizione. Ci vuole pazienza, tempo e gentilezza…
- Lo so e io ce la metto tutta …
- Cami’, s’è fatto tardi, dobbiamo ritornare a casa. Mi raccomando senza fare baccano
- Hai ragione c’è quel tale a pianterreno che scoccia. Per la miseria quanto scoccia
*******
- Domani mattina veniamo presto. Può darsi che incontriamo quella tua amica del mese scorso. Mi sembra di aver capito che ha degli orari un po’ strani. Cami’ vieni qua, cammina accanto a me. Aspetta è meglio che prima ti metto LA MUSERUOLA E IL GUINZAGLIO.

giovedì 12 novembre 2009

UNA VOCE POCO FA

MO: Moglie – MA: Marito
MO: (entra in casa, contemporaneamente scuote l’ombrello che ha in mano per la pioggia che vi si è accumulata poi si avvia verso la cucina)…e mi raccomando, non bagnarmi la moquette …è da questa mattina alle sei che non ho fatto altro che pulire e spolverare, spolverare e pulire. Ci si può mangiare su questa moquette!…Perché poi? (volgendosi indietro e non vedendo il marito) ma che fai? Entra su e metti i piedi nelle pattine mi raccomando…non bagnarmi tutto (si ritira in cucina)
MA: (entra carico di pacchi e pacchettini in entrambe le mani; sotto l’ ascella sinistra trattiene a stento un ombrello chiuso e sotto quella destra un mattarello confezionato con carta da regali. Inoltre, stretto tra i denti, un manico di corda dal quale pende un oggetto tondo di cristallo anch’esso confezionato con carta idonea. E’ fradicio di pioggia dal cappello che tiene in testa fino alle scarpe con le quali traffica a fatica per togliersele e mettere le pattine. Nel fare questi movimenti inevitabilmente inonda di pioggia la moquette del pavimento. Cerca di poggiare da qualche parte i vari pacchi, pacchettini ecc. ma i movimenti gli sono impediti da tutto quello che porta.)
MO (dalla cucina)…e chiudi la porta di casa, che ce l’hai a fare le mani?...
MA: (cerca di avvicinarsi alla porta di casa ma ne è impedito sia a causa delle pattine sia anche per tutti i pacchi ecc. che ancora non riesce a sistemare da qualche parte. L’oggetto tondo che trattiene con i denti non gli permette di aprire la bocca per chiamare la moglie)
MO: (c.s. dalla cucina) …e come se non bastasse adesso devo anche preparare da mangiare, ma chi me lo fa fare…Meno male che questa festa viene una volta l’anno!...Lo so, lo so, si tratta sempre dei miei parenti: zia Brigida, zia Camilla, zio Cirillo e delle mie sorelle Ninì e Lulù…Pensa che strazio se fossero venuti anche i tuoi di parenti, per amor del cielo! E sì tanto a te che te ne importa. Chi si carica di tutto il peso? Sono io, io e soltanto io. Fa questo,fa quest’altro, lava, pulisci, spazza, compra, esci, entra, porta a casa, tutto,tutto io devo fare. E poi pensa ai regali a questo, a quella…Oh! A proposito, i regali devi metterli a posto in ordine perfetto, lì nei mobiletti. E non sederti sul divano. Ho faticato più di due ore per pulirlo e spolverarlo. Almeno aspetta che arrivino i miei parenti. Allora il pacco per zio Cirillo mettilo nel mobiletto giallo, anzi no in quello verde, sì è meglio; quello per zia Brigida nel mobiletto rosso…no, no in quello marrone insieme con quello per zia Camilla, mentre gli altri due per Lulù e Ninì mettili …mettili…bè lo sai o ti devo dire tutto io? I pacchetti rimasti mettili dove trovi posto, ma non sul divano, mi raccomando e neppure in quello scaffale, devono stare nascosti altrimenti è finita la sorpresa. Però, sta venendo bene l’arrosto…Stammi a sentire, sai che ho pensato? Ad un certo punto, dopo la cena, ti alzi da tavola, spegni la luce e poi, dopo che hai tirato fuori i regali, d’improvviso la riaccendi eh? Che ne dici? Ho avuto una bell’idea? Così faccio loro una sorpresa che non la dimenticheranno mai. Quindi cerca di ricordarti bene dove metti i regali perché poi, al buio, dovrai tirarli fuori nello stesso ordine in cui li hai sistemati adesso, prima quello di zio Cirillo, poi quello di zia Brigida, poi quello di zia Camilla: devi stare molto attento perché zia Camilla ci tiene tanto a quel vaso di cristallo che ha sempre desiderato, usa la massima attenzione. Quelli per Ninì e Lulù lasciali pure lì, la sorpresa a loro la facciamo più tardi….Allora come procede? Avrai finito spero,. Sistema tutto per bene e vieni a darmi una mano in cucina, con l’arrosto voglio fare anche le patatine novelle, ai miei piacciono tanto. Vieni in cucina che devi sbucciarle. Chissà se due chili basteranno? Mah, quasi quasi sarà meglio aggiungerne un altro po’, che ne dici? Mi senti di là? Vabbé io dico di sì. …Ma come? Non ce ne sono più? E chi le ha mangiate? Ehi, dico a te che stai lì, ne sai niente? Ho capito, non mi vuoi rispondere. Però adesso sai che fai? La smetti con la pacchia del riposo, scendi, vai al supermercato e ne compri almeno due chili. Tanto che ci vuole, prendi l’autobus e dopo cinque fermate sei arrivato. Non t’azzardare a comprarle a questa frutteria qui all’angolo. Con quello ho litigato già tre volte. Capirai, con me si vuole mettere; fa il furbo: prenda questo, prenda quest’altro, no non si può scegliere, aspetti che faccio io. Ma per chi mi ha preso? Per una deficiente? Io invece sono una che si accontenta, non ho tante pretese, ma stupida mai! Sei d’accordo anche tu? Eh!? Che ne dici? Ma perché non parli? Dico a te, perché non rispondi? Non sei né sordo né muto. Allora? Ma si può sapere… (viene fuori della cucina e vedendo quello che il marito ha combinato lo apostrofa duramente) …razza di rimbambito! Ma lo vedi che cosa hai combinato? Non hai resistito eh? Non hai fatto in tempo? Non sei riuscito a trattenerti (vedendo in terra la moquette bagnata dalla pioggia che il marito sta ancora cercando di togliersi di dosso) …te la sei fatta sotto come un lattante! Rimbambito!!! (si volta e sta per ritornare in cucina, ma il marito apre la bocca, il vaso di cristallo cade in terra rompendosi in vari pezzi, calpesta tutti gli altri pacchi ecc. e con un urlo che non ha nulla di umano insegue la moglie in cucina brandendo il mattarello fra le mani).
*******
MA: (in Tribunale, rivolto verso la giuria)e allora signori giurati ho colpito!

lunedì 9 novembre 2009

seconda ed ultima puntata de L'ALTRA

Dalla porta-finestra che dava su un balcone entrava appena un filo di luce che filtrava dalla veneziana socchiusa. Il letto era senza biancheria; una leggera copertina copriva a stento il materasso e i cuscini. Erano entrambi emozionati ma riuscirono con molta calma a spogliarsi ed a sdraiarsi sul letto. Luca prese l’iniziativa: cominciò a carezzare Adriana in ogni più nascosta parte del suo corpo ed altrettanto, ma con più frenesia, fece anche lei. Toccandosi l’un l’altro appariva loro come la prova migliore per conoscersi più compiutamente. Sembrava che gli amplessi non dovessero finire mai. Bisognava fermarsi però, riprendere fiato, cercare anche di far funzionare il cervello poiché se procedevano con quel ritmo potevano andare incontro a qualcosa di spiacevole. Guardandosi negli occhi che brillavano di una strana luce compresero che per quel giorno potevano considerarsi appagati. Nel rivestirsi Luca chiese se e quando avrebbero potuto ancora approfittare di quella disponibilità, di spazio e di tempo. Adriana gli carezzò lievemente la guancia assicurandogli che avrebbero potuto ripetere quei piacevoli momenti se e quando lo avessero voluto. Da allora, per più di quattro mesi dedicarono i loro lunedì di libertà a quei gradevoli incontri. Un lunedì, mezz’ora prima del consueto appuntamento, Luca telefonò a Adriana
=Pronto? Ciao sono io
=Ciao Luca, come mai telefoni?
=Per un motivo piuttosto serio. Oggi non posso venire all’appuntamento
=Perché? Cosa è successo?
=Devo andare per forza all’associazione e partecipare al corso di musica
=Come mai? Ti hanno chiamato loro per caso?
=No, no, avevo già preso delle precauzioni in proposito e gli avevo detto di non chiamare mai a casa mia inventandomi una scusa qualsiasi
=E allora perché devi andarci?
=Perché quando uscirò troverò mia moglie ad aspettarmi
=Cosa? Ma…
=Mi ha detto che oggi si sarebbe trovata a passare da quelle parti per non so quale acquisto che doveva fare e quindi approfittava di quell’occasione per venire a vedere l’ambiente che frequentavo da un po’ di tempo e tornare a casa con me
=Tu gli dovevi dire che non era possibile
=Adriana rifletti, non potevo impedirglielo
=Dovevi, invece, in qualunque modo. Potevi inventarti qualche scusa visto che ne sei capace
=Adesso stai esagerando, cerca di calmarti. Vedrai, non succederà nulla
=Tu dici?
Luca sentì il rumore del telefono che veniva scagliato contro qualcosa. Com’era possibile quella
reazione di Adriana? Non si era mai comportata così e poi, non sarebbe cambiato nulla, non ci
sarebbe stata alcun tipo di conseguenza per loro due. Promise a se stesso che avrebbe fatto di tutto
per sistemare la questione. Nel recarsi alla fermata dell’autobus dove erano soliti vedersi per andare insieme all’associazione Adriana non c’era. Forse, si disse, aveva preso la macchina. Entrato nel salone dove si teneva il corso di musica non la vide tra i presenti ma, appena qualche minuto dopo, anche lei entrò ed andò a sedersi ben lontana da lui. Al termine, Luca si guardò in giro ma di Adriana non c’erano tracce. Avviandosi verso il portone per uscire vide sua moglie che lo stava aspettando. Si salutarono e stavano recandosi verso la fermata dell’autobus quando Luca si accorse che anche Adriana era lì in attesa. Quando l’autobus arrivò salirono insieme con altri e i loro sguardi s’incontrarono per un brevissimo istante: quello di Adriana sembrava volesse incenerirlo. Due ore dopo Luca disse alla moglie che doveva uscire perché aveva dimenticato di acquistare una bevanda che gli avrebbe fatto piacere bere. Poco lontano di casa entrò in una cabina telefonica e chiamò Adriana: gli rispose uno dei figli al quale chiese di poter parlare con lei.
=Chi parla? Sei Luca?
=Sì. Mi conosci?
=Solo di nome. Però mia madre mi ha detto che avresti chiamato ma che non dovevo passarle nessuno
=Scusami, ma lei è in casa?
=Sì ma non ti vuole parlare
=Io devo insistere. E’ molto importante
D’improvviso la voce d’Adriana al telefono…
=Per chi è importante? Per te? Pezzo di farabutto? Mi hai sconvolto la vita, mi hai usato a tuo piacimento, mi hai trattato come una puttana da marciapiede…tu…
Luca, sconvolto, dovette staccarsi per un po’ dal telefono per non voler ascoltare un tipo di frasario
talmente indecente che non riusciva a capire come mai agisse così, alla presenza dei figli
=Adriana, ti prego, ascoltami soltanto un momento
=Non voglio ascoltarti. Non voglio più vederti e non telefonarmi più. Trovati qualcuna più scema di me
=E questo soltanto perché oggi hai visto mia moglie? Ma sapevi benissimo che ne avevo una
quante volte ne abbiamo parlato. Non mi sembra che da parte tua ci siano state obiezioni riguardo
il nostro rapporto
=Fino a che oggi non l’ho vista. Non che sia particolarmente attraente, si vede che quello è il tuo genere, ma non avrei mai dovuto vederla
=Ma questo non cambia nulla, io sono sempre il tuo Luca
=Stai zitto. Tu non sei il mio Luca
=Perché no?
=Perché sei il Luca di quell’altra.

venerdì 6 novembre 2009

L'ALTRA - Prima delle due puntate

La breve informazione era apparsa sul quotidiano che Luca leggeva tutte le mattine nello studio di casa. Un’associazione culturale avrebbe organizzato per quello stesso giorno, nel primo pomeriggio,una conferenza riservata a persone d’ambo i sessi, con un’età dai 50 anni in su, per presentare un progetto attuativo di corsi artistico - culturali di pittura, musica, teatro ecc. Tra l’altro gratuiti e si sorprese non poco.Valeva la pena appurare con certezza e di persona come stavano le cose. Poco prima delle 15, ora fissata per l’inizio della conferenza, Luca si presentò all’indirizzo precisato nel giornale. Salì le scale di un antico palazzo in stile barocco proprio a metà di una delle vie principali del centro storico. Al primo piano le due ante di una porta massiccia erano spalancate e si potevano intravedere alcuni saloni arredati sontuosamente, stracolmi di persone.Alcune giovani signore invitavano tutti gli intervenuti a presentarsi presso altre signore che, sedute ai lati di un lunghissimo tavolo, erano incaricate di ricevere le domande per l’adesione ai corsi che ciascuno poteva liberamente scegliere. Luca s’informò sugli orari e sui giorni stabiliti per partecipare a quei corsi e decise per i due di musica e teatro. La conferenza ebbe inizio alle 15:30. Due persone molto gentili illustrarono gli scopi e le modalità di partecipazione a quell’iniziativa il cui fine principale era di trascorrere il tempo libero che ognuno aveva a disposizione con ciò che più si gradiva conoscere ed approfondire. Intorno alle 17 la conferenza ebbe termine. Nel corso della stessa erano state rivolte numerose domande ai due conferenzieri i quali avevano fornito risposte adeguate e precise. Prima di porre fine alla riunione furono offerti dei pasticcini e, a scelta, caffè o tè. I commenti che si udivano erano, ovviamente, favorevoli ed anche Luca provò un cauto ottimismo. Anche perché era stato precisato che quest’iniziativa si era potuta realizzare grazie a sovvenzioni economiche elargite da una fondazione benefica senza che fosse richiesta alcuna contropartita. In sintesi nessun intendimento commerciale, pubblicitario o politico. La cosa che faceva sorridere Luca era il fatto dell’abbigliamento indossato dai partecipanti, sia uomini sia donne (queste ultime erano presenti in netta maggioranza, intorno al 95%), non perché fosse qualcosa di pagliaccesco, tutt’altro, ma perché erano vestiti fin troppo elegantemente, certo con i loro migliori guardaroba. Sembrava facessero a gara a chi, nei giorni in cui ci si vedeva per i corsi, sfoggiava abiti e gioielli (o bigiotteria) più appariscenti. Per non parlare poi, riguardo alle signore, delle loro acconciature: doveva essere un periodo d’oro per i parrucchieri. Luca non voleva fare troppo il critico ma, col passare dei giorni,si dovette accorgere che lo scopo principale della partecipazione di tutte le persone, non era tanto la ricerca di maggiore conoscenza e approfondimento degli argomenti che erano trattati nei due corsi di musica e teatro, ma qualcosa di molto diverso e probabilmente anche comprensibile. Il rifuggire da vari tipi di monotonia o da altre situazioni poco piacevoli. L’età media dei presenti variava dai 60 ai 75 anni, con due sole eccezioni: quella di Luca che ne aveva 56 e quella di una sua coetanea, Adriana, una donna alta come lui, snella, capelli corti grigi, sempre sorridente e con la quale era piacevole conversare. Questo capitava molto spesso poiché entrambi abitavano nella stessa zona e dovevano prendere il medesimo autobus per partecipare ai due corsi nei giorni di lunedì e mercoledì d’ogni settimana. Con il tempo ebbero modo di raccontarsi ogni cosa di loro, delle loro famiglie, dei loro trascorsi e delle reciproche situazioni attuali.Luca era sposato da oltre trent’anni ed aveva due figli, un maschio e una femmina, impiegati presso un’importante società d’import-export e che vivevano ancora in casa con lui e sua moglie. Adriana invece, un tempo sposata con un noto imprenditore ma da qualche anno separata e divorziata, viveva in un grande appartamento di sua proprietà insieme ai tre figli, due femmine ed un maschio, tutti studenti universitari. Essendo molto più estroversa di Luca un giorno volle anche raccontargli di quando, anni indietro, al culmine di uno stato di depressione ormai superato, aveva perfino tentato il suicidio. Non si erano nascosti nulla e più passavano i giorni più si confidavano reciprocamente i loro problemi, le preoccupazioni, gli stati d’animo. C’erano occasioni in cui potevano profittare di qualche spazio libero nelle loro vite quotidiane per stare insieme da soli. Qualche volta Adriana preferiva prendere la sua auto, una piccola Lancia, con la quale si potevano permettere di fare un giro più lungo e sostare in luoghi più discreti. La loro prima assenza dai corsi cominciò un mercoledì: era il giorno dedicato alla musica. Avevano pensato, di comune accordo, di impiegare quel tempo trascorrendolo insieme in un bel parco che aveva una vista meravigliosa e dei luoghi un po’appartati dove potevano dare libero sfogo alle loro effusioni, molto caste e quasi ingenue. Entrambi però sapevano che quei limiti che si erano inconsapevolmente autoimposti non sarebbero durati a lungo. Ormai la loro partecipazione ai corsi si era in sostanza quasi ridotta ad una o due volte il mese. Un lunedì Adriana chiese a Luca di accompagnarla a casa di una sua sorella, trasferitasi temporaneamente al nord, la quale l’aveva pregata di andare ogni tanto a badare all’alloggio che lei e la sua famiglia abitavano soltanto un paio di mesi l’anno. Già da qualche tempo aveva fatto avere a Adriana le chiavi sia dell’appartamento sia della cassetta della posta per permetterle di occuparsi di quella facile incombenza. Così, quel lunedì, Luca ed Adriana dopo circa un’ora di macchina, arrivarono a destinazione. Si trattava di un appartamento ampio ed elegante,ottimamente arredato e funzionante, pronto per ogni esigenza. Appena entrati, Adriana fece accomodare Luca su di un divano in salotto e iniziò ad ispezionare tutti gli ambienti per le opportune verifiche. Al termine andò anche lei in salotto e si sedette vicino a Luca ma loro conversazione aveva ben poco di concreto: le menti erano altrove. Il momento d’indecisione passò presto. Bastò uno sguardo tra loro per comprendere che sapevano entrambi di voler cogliere quell’occasione così favorevole. Si presero per mano ed andarono nella stanza da letto.
(fine della prima puntata)

martedì 3 novembre 2009

IN CLINICA DALLO SPECIALISTA

- I membri dell’equipe: l’emèrito prof.dott. A.Senzaspème, le dottoresse F.Cessati e O.Spiriti.

- Il paziente.

*******

= Pronto?. Sono la dottoressa Cessati, il professore vuole sapere se è tutto confermato per la visita specialistica delle 18.00. Confermato? Bene, noi siamo pronti. Sta già salendo qui allo studio del quinto piano? Ottimo, voi procedete pure con quanto stabilito (mette giù il telefono e si rivolge al professore) E’ arrivato. Ecco, questa è la cartella clinica e questi sono i risultati degli accertamenti e delle analisi.

I tre esaminano il tutto, si consultano tra loro, poi il professore si poggia allo schienale della sedia, volge il viso verso l’alto con le palpebre abbassate e con l’aria assorta, mentre le due dottoresse lo guardano in silenzio.

Dopo poco entra nello studio il paziente ansimando e barcollando, quasi sulle ginocchia e chiede:

=…ma…l’ascensore?...

= ( i tre all’unisono) E’ guasto!

Il paziente continuando a barcollare e senza fiato, cerca dove appoggiarsi per sostenersi

= aiutatemi…una barella…un letto…ah! Ecco…un divano...

= (i tre c.s.) Sdraiatevi!

= cinque piani…(lamentandosi si sdraia sul divano)

= (il professore porgendo una bomboletta alla Cessati) Ossigeno!

= (la Cessati porgendola alla Spiriti) Ossigeno!

= (la Spiriti ponendola sulla bocca del paziente) Ossigeno!

= (il paz.dopo aver aspirato e respirato, con un filo di voce)io sono quello che deve essere consultato…

= (i tre c.s.) Come consultato?

= io non ci sono venuto…mi ci hanno mandato. Hanno deciso i miei. Stanno giù all’ingresso.Mi hanno detto: adesso vai a consulto dai professori della clinica dolce…dolce...

= (la Cessati) Sì, questa è la clinica DOLCE STAR MALE

= sì, basta però che se si entra verticale non si esca orizzontale. Neppure sono entrato che mi hanno chiesto soldi…

= (la Cessati) paziente che è entrato paga anticipato…

=(il paz.) scusi, ma quattromila euro?

= (la Cessati) però tutto compreso, Iva inclusa

= (il prof. al paz.) Alzatevi ! = (le due dott.sse insieme) Alzatevi!

= (il paziente fa fatica ad alzarsi e tiene stretta a sé la bomboletta dell’ossigeno, ma la Spiriti gliela toglie dalle mani)

= (il prof.) Come vi chiamate! = (le due dott.sse insieme) Come vi chiamate!

= io mi chiamo Guido Locarro

= (il prof.) Dove abitate! = (le due c.s.) Dove abitate!

= inVia dei Ceri 47

= (il prof.) Spogliatevi! = (le due c.s.) Spogliatevi!

= (il paz. esegue togliendosi giacca, cravatta e camicia)

= (il prof.) Via i pantaloni! = (le due c.s. stanno zitte)

= (il paz. rivolgendosi verso le due) che faccio me li tolgo?

= (le due c.s. tossicchiano e annuiscono con un gesto della testa)

=(il paz. allargando le braccia esegue e rimane in mutande)

= (il prof. sempre seduto, con in mano un binocolo) Raggi X ! = (le due c.s.) Raggi X !

= (il paz. sbarrando gli occhi)ma quello non è …

= (la Cessati) La più recente invenzione del professore

= (il prof. al paz.) Voltatevi! = (le due c.s.) Voltatevi!

= (il paz. esegue faticosamente)

= (il prof. al paz.) Respirate! = (le due c.s.) Respirate!

= (il paz. respira a fatica)

= (il prof. al paz.) Trattenete! = (le due c.s.) Trattenete!

= (i tre confabulano a lungo tra loro scuotendo ogni tanto la testa, ma dimenticandosi nel frattempo del paziente il quale sta sempre trattenendo il respiro)

= (il paz. non gliela fa più a trattenere il respiro e quindi si volta ed esplode)e allora? Io sto scoppiando…

= (il prof. imperturbabile poggia il binocolo e, sempre seduto, prende lo stetoscopio) Adesso tossite e cantate! = (le due c.s.) Tossite e cantate!

= (il paz. meravigliandosi) ma una volta non si usava dica 33…33…

= (i tre insieme) Cantate!

= (il paz. con un filo di voce) Gira e rigira biondina l’amore la vita godere ci fa, quando ti veggo piccina il mio cuore sempre fa ticchettì ticchettà…

= (il prof. guardando il paz. e scuotendo il capo) Vi vedo brutto! = (le due c.s. annuiscono)

= (il paz. un poco alterato) dovevo pagare quattromila euro per sapere che ero brutto? Lo sapevo già da solo e gratis…

= (il prof. declamando) Ippocrate dice! = (le due c.s. ripetono) Ippocrate dice!

= (il paz. chiede) Chi?

= (i tre insieme) Ippocrate!

= (il paz. insiste) E chi è? Mai sentito. Forse perché non leggo giornali e la televisione si è rotta

= (la Cessati) Ippocrate il più grande medico mai esistito, il sommo maestro greco…

= (il paz. più tranquillo) Ah! Ecco, non è italiano, per questo non lo conosco…

= (la Cessati) Ma è morto

= (il paz. quasi dispiaciuto) Mi dispiace, non lo sapevo e poi con la televisione rotta…

= (la Cessati) E’ morto più di duemila anni fa, nel 377 a.c.

= (il paz. più tranquillo) Beh! io non c’entro niente, sono nato nel 1930 d.c.

= (la Cessati incurante di tali parole prosegue) Ippocrate creò il metodo retto della indagine diagnostica fondato sulla osservazione e sul ragionamento. Gli orientamenti cardinali della terapia sono, secondo la sua scienza e anche secondo quella nostra, non nuocere al malato ed aiutare la forza mediatrice della natura. La vita è breve, l’occasione momentanea, l’esperimento pericoloso, il giudizio difficile!

= (il paz. un po’ frastornato) e a questo punto?...

= (la Cessati) Non sarà domani…= (il paz. la interrompe) meno male domani devo…(la Cessati) non sarà neppure dopodomani…=(il paz.) benissimo sono stato invitato ad un pranzo e proprio …

= (la Cessati) Ma sarà oggi, anzi adesso (agli altri due) sincronizziamo gli orologi …(al paz.) Tra cinque minuti esatti voi ci lascerete!

= (il paz. rinfrancato) oh! Finalmente. Allora mi posso rivestire…

= (il prof. al paz.) Non serve. Dove andate voi non serve. =(le due c.s.) Non serve!

= (il paz. che ancora non si rende conto) E perché?

= (i tre insieme) Siete arrivato al capolinea…

= (il paz. rammaricandosi) Perché non sono sceso qualche fermata prima?

= (la Cessati alla Spiriti) Misure! =(la Spiriti misura il paz.) 50 di spalle, 150 di altezza, 2^misura

= (la Cessati che ha annotato tutto, al telefono) Reparto cassa?

= (il paz. seccato) Ci sono già passato alla cassa…quattromila euro…

= (la Cessati al paz. calcando le parole) Questo è un altro reparto cassa (al telefono) Allora preparate una seconda…sì la media…no, la prima e la terza no

= (il paz. meravigliandosi) Capperi che bella organizzazione

= (al paz. chiamandolo) Venite. Vedete giù da basso?

= (il paz.affacciandosi ad una finestra, meravigliato esclama) Guarda quanta gente? Parenti, amici, conoscenti. E c’è una carrozza con sei cavalli col pennacchio...

= (la Cessati) E’ un carro! E a cassetta?

= (il paz. canticchiando) c’è il cocchier, non ci perde d’occhio, guarda dentro il cocchio poi sorride e chiude un occhio

= (la Cessati al paz.) Adesso andate, passate prima al pianterreno, c’è il reparto cassa…Andate...

= (il paz. giunto sulla soglia della porta) Guarda, guarda, per andarsene l’ascensore funziona…

= (i tre insieme) Andate!

= (il paziente al pianterreno) Questo è il reparto cassa? Mi stavate aspettando? Come? devo entrare qua dentro? Va bene, ecco, è un po’ stretto, no, no, non spingete, fate piano. No le misure le hanno prese quelli del quinto piano, io che ne so, fate piano, un altro po’, ecco ci sono entrato, ecco fatto, chiudete pure (rumore di un coperchio che viene inchiodato).