lunedì 30 maggio 2011

CARTELLI CHIARI E SEMPLICI

L'estate si sta avvicinando e mi ricordo che in quella dell'anno scorso, precisamente il 31 agosto 2010, descrissi in "PILLOLE AGOSTANE" il contenuto di alcuni cartelli appesi a negozi ed altro dove si precisavano, per modo di dire, apertura e chiusura degli stessi durante il periodo delle ferie.
Poiché girovago tutti i giorni per il Rione dove abito, così come l'anno scorso, ho avuto la bella idea di leggere alcuni cartelli che mi hanno incuriosito non poco:
1°) sul battente di un portoncino chiuso ermeticamente è applicato un cartello con la scritta in bella evidenza PER LA "PASTA" RIVOLGERSI AL NUMERO CIVICO 45. L'errore di scrittura è evidente ma sentendomi su di giri vado al numero 45 – quello di prima era il 51 – e mi trovo davanti ad un negozio di casalinghi e cose varie entro e chiedo alla commessa se hanno 500 grammi di tortellini ricotta e spinaci. Ovviamente la commessa si mette a ridere e così anch'io;
2°) in una grande strada in angolo con quella dove abito ci sono numerosi grossi alberi di cui ignoro il nome – non ho il pollice verde e me ne dispiaccio – le foglie e i rami dei quali sono talmente rigogliosi e pendenti che toccano quasi il marciapiede. Il Servizio giardini appositamente contattato ha disposto la potatura di quegli alberi dal 9 al 14 maggio u.s. transennando tutto il percorso con un nastro di plastica bianco e rosso munito di numerosi cartelli di divieto di parcheggio. Alle 7.00 a.m. del lunedì 9 gran dispiegamento di uomini e mezzi e inizio potatura dei primi alberi. Mercoledì mattina 11 maggio non c'è alcuna traccia di mezzi e di addetti, tutti spariti. Da allora non si è visto più nessuno: potati soltanto due alberi due. Per gli altri si attende il loro sprofondarsi nelle viscere della Metro A che transita proprio lì sotto.
3°) sopra i cassonetti per i rifiuti e la raccolta differenziata si trovano applicati molti autoadesivi di ditte individuali che reclamizzano trasporti, traslochi, svuotamento di cantine etc. Due giorni fa, tra quelli, ho letto questo cartello formato A/4 con la scritta: "ESEGUO LAVORI COMPLETI DI RESTAURO EDILI IDRAULICI ELETTRICI. PREZZI MODICI. ALL'OCCORRENZA MI OCCUPO DI CANI, GATTI, PESCI, TARTARUGHE E UCCELLI. CELLULARE N..............."
Mi sono chiesto in che modo se ne sarebbe occupato. Mah!
4°) nel transitare davanti un grande negozio gestito da orientali e che vende molto materiale per attrezzare grosse cucine per mense, scuole, ristoranti etc vedo molti articoli esposti dietro ben cinque vetrine. Su una di queste un cartello a caratteri cubitali avverte: "VIETATO SOSTARE DAVANTI LA VETRINA". Velocemente passo oltre e mi chiedo " ma se non ho la possibilità di sostare e guardare gli oggetti esposti come faccio a darmi un'idea di quello che vorrei acquistare?"
5°) due chicche fresche fresche, di oggi domenica 29 maggio 2011:
- la rivendita di tabacchi aperta tutti i giorni, anche i festivi, dove effettuo la ricarica del mio cellulare Tim vende anche schede per ricarica di qualunque tipo di cellulare, biglietti parking, biglietti giornalieri e abbonamenti mensili per bus, metro e tram. Questa mattina stavo per entrare quando mi accorgo che applicato sulla vetrina verso strada c'era un cartello dove il o i proprietari della rivendita avevano scritto a caratteri cubitali "SONO IN VENDITA GLI ABBONAMENTI AI TRASPORTI DEL MESE DI MAGGIO" (???). Evidentemente ancora mi funziona la testa e quanto in essa contenuto e quindi appena entrato mi rivolgo ai due proprietari e, scherzosamente, gli faccio notare che forse c'era qualcosa di sbagliato nel cartello dato che maggio finisce tra due giorni. Da parte loro risate, ringraziamenti e richiesta di scuse nonché immediata sostituzione del cartello incriminato scrivendo GIUGNO al posto di Maggio;
- per rientrare a casa prendo una strada che frequento poco e vedo che il tratto a destra di detta strada, non breve peraltro, è completamente sgombro da auto parcheggiate e transennato con il ben noto nastro di plastica bianco e rosso e numerosi cartelli che pendono dallo stesso. Mi avvicino e leggo quanto segue: "VIETATO PARCHEGGIARE PER LAVORI DI RIFACIMENTO DEL MANTO STRADALE DAL 23 AL 29 MAGGIO 2011". Il manto stradale si trova nelle stesse condizioni di un mese fa. Forse i lavori li eseguiranno subito dopo il pranzo di oggi domenica 29 maggio e termineranno per la colazione mattutina di domani 30.
Basta un cartello scritto chiaramente e semplicemente per sapere come comportarsi. Infatti!

giovedì 26 maggio 2011

TUTTO ACCADDE PER UN OMBRELLO CHE NON SI APRIVA

Pioveva ed anche piuttosto forte, un mese di marzo molto piovoso che incideva non poco sullo stato d'animo di Sandro. Non aveva con sé un ombrello ma per fortuna la fermata della metro che doveva portarlo a quella dell'Anagnina – capolinea della metro A di Roma – si trovava proprio sotto l'ufficio. Giunto a destinazione, dove aveva parcheggiata la macchina per rientrare a casa a Rocca Priora, la pioggia non aveva smesso anzi era diventata quasi una tempesta con tanto di grandine. Vicino l'uscita della metro Sandro, che era venuto a trovarsi tra gli ultimi passeggeri, notò una giovane donna che tentava di aprire uno di quegli ombrelli che si allungano premendo un tasto, che saranno anche comodi a portarli con sé ma capita molto spesso che si rompano. Niente da fare malgrado i numerosi tentativi. Le si avvicinò, le chiese il permesso e ci provò anche lui ma fallì, si scusò e, preso il coraggio a due mani, le disse che aveva la macchina nel vicino parcheggio e, se lo riteneva opportuno, le avrebbe volentieri dato un passaggio. Lei lo ringraziò e l'informò che non abitava vicino ma a Monte Porzio Catone. Sandro, sorridendo le precisò che anche lui doveva andare da quelle parti cioè appena quattro o cinque chilometri dopo il suo paese, quindi non gli costava nulla darle un passaggio. La vide titubare per qualche istante poi con un lieve sorriso gli tese la mano e si presentò. Si chiamava Diana. Appena entrati in macchina lui mise in moto e le chiese se le sarebbe piaciuto ascoltare un po' di musica ma lei disse che preferiva scambiare quattro chiacchiere. Senza che glielo chiedesse, gli disse la sua età, trentadue anni e lui le precisò la sua, trentasei. Aggiunse di aver accettato l'invito a salire in macchina ma volle precisare che era stata indotta a farlo soltanto per le cattive condizioni del tempo e perché la fermata del bus che doveva prendere era troppo lontana.. Il traffico intenso consentì loro di parlare molto ma Sandro non perdeva l'occasione di osservarla minuziosamente anche se con discrezione.Non si poteva proprio definire una bella donna ma aveva lineamenti regolari, capelli ed occhi castani, pochissimo truccata. Forse se avesse curato maggiormente la sua immagine di sicuro ci sarebbe stato un notevole miglioramento. Per la verità ciò gli interessava poco perché anche lui era appena appena passabile quindi erano pari. Quando arrivarono dove viveva Diana, scesero e nel salutarsi decisero di comune accordo di rivedersi il giorno dopo, alla stessa ora, nello stesso luogo.Iniziò per entrambi un periodo d'amicizia piuttosto sereno e tranquillo ma non si andava oltre anche se Sandro aveva fatto più volte dei tentativi per un approccio più concreto. Solo che Diana non era d'accordo. Ad eccezione della domenica, si incontravano tutti i giorni e man mano che il tempo passava aumentava la reciproca conoscenza. Entrambi occupati, Sandro contabile presso un'azienda, Diana quale infermiera professionale presso un ospedale, erano altresì single e vivevano da soli in minuscole case di loro proprietà. Gli altri loro parenti vivevano a Roma ai quali entrambi dedicavano le giornate festive. Ogni tanto cenavano a casa ora dell'uno ora dell'altro a seconda delle rispettive disponibilità. Praticamente si trattavano molto affettuosamente da fratelli, nulla di più. In alcuni casi sia Diana sia Sandro mostravano segnali inequivocabili di voler modificare il loro rapporto e tramutarlo in qualcosa che entrambi desideravano ma non fecero mai quel passo in avanti. Trascorsero quasi sette mesi da quel primo incontro al capolinea della metro A ed un giorno, era un sabato, fermi in macchina dinanzi casa di Diana lei raccontò a Sandro qualcosa che lo sconvolse. Innanzi tutto gli confidò che a ventidue anni era stata fidanzata per un discreto periodo con un suo collega di lavoro col quale poi si sposò. A cerimonia conclusa partirono per il viaggio di nozze ma la prima notte la trascorsero praticamente piangendo dal momento che lo sposo le confidò di non essere in grado di "consumare" il matrimonio a causa della propria incapacità naturale. Il giorno dopo tale ammissione tornarono a Roma e di comune accordo iniziarono le pratiche per l'annullamento del matrimonio il che avvenne molto rapidamente. Ma per Diana fu una mazzata tremenda e da quel giorno non ebbe più rapporti di alcun genere con altri uomini. A volte le veniva persino facile odiarli. Poi certamente con Sandro le cose erano andate diversamente ma lei ormai aveva preso un'altra decisione. Aveva fatto conoscere ad Emergency la sua disponibilità a recarsi presso qualsiasi destinazione per svolgere la sua attività di infermiera professionale. Era stata contattata e, dopo un colloquio, venne informata che doveva prestare la sua opera in Sierra Leone.
Nel sentire tutto ciò Sandro rimase sbigottito e, non appena Diana lo informò che ventiquattro ore dopo sarebbe partita, lui restò impietrito. A questo punto lei lo abbracciò a lungo, subito ricambiata, lo baciò con passione e, con le lacrime agli occhi, lo guardò un'ultima volta , si volse e si avviò verso casa propria.
Sandro non ebbe più notizie di Diana anche se pensava continuamente a lei.

lunedì 23 maggio 2011

20 E 21 MAGGIO AFFACCIATO ALLA FINESTRA

Dal 2008 fino a domenica scorsa 15 maggio 2011 il breve tratto di strada di circa 200 metri su cui si affacciano sia il fabbricato dove abito sia la confinante scuola materna ed elementare comunale, scuola media statale, asilo nido e scuola per diversamente abili, è stata oggetto di scavi per la posa di nuovi cavi e tubature varie e per ricerche archeologiche. Ridotta ad una vera e propria groviera o gruviera come dir si voglia ma ripristinata in via provvisoria il 13 e il 14 maggio.
All'alba di lunedì 16 maggio, dopo che erano stati "spazzati via" tutti i mezzi automobilistici e motociclistici parcheggiati in ambedie i lati della strada, c'è stata l'invasione di numerosi enormi mezzi per la riparazione del manto stradale: ruspe, giganteschi autocarri , betoniere, miscelatore per l'asfalto, rullo compressore, insomma un vero e proprio arsenale. All'inizio ed al termine di quel tratto di strada è stato posto un nastro per evitare la circolazione di qualsiasi mezzo con le ruote. Fino alle ore 17.00 di giovedì 19 maggio è stato un susseguirsi di rumorosissimi lavori che, tramite l'opera indefessa di un bel gruppo di operai, ha sistemato definitivamente quel manto stradale.
Venerdì 20 maggio ore 7.00 a.m. uno strano rumore si percepisce anche con le finestre a vetri chiuse. Mi affaccio e vedo alcuni operai in tuta arancione muniti di una strana attrezzatura che però
è necessaria per dare una "pittata" alla strada ancora vietata al transito dei mezzi con le ruote. Cioè righe bianche per strisce zebrate pedonali e per i parcheggi di bici e moto, gialle per spazi riservati a disabili e altri soggetti, blu per le zone riservate ai parcheggi a pagamento.
I due marciapiede ai lati della strada che è a senso unico hanno avuto, curiosamente, un diverso trattamento: quello che circonda il fabbricato dove abito e la scuola confinante rimesso quasi a nuovo, ed invece quello di fronte nulla. E' rimasto così com'era da secula e seculorum. Mah! Va a capire il perchè.
Verso le 16.30 il lavoro di pittura è finito e gli operai stanno raccogliendo l'attrezzatura avendo terminato l'opera che dovevano compiere.
In quel preciso momento c'è l'uscita degli alunni dalla scuola e allora la strada viene invasa da bambini e ragazzi dai tre ai dieci anni, italiani, cinesi, filippini, indiani, magrebini, pakistani,rumeni, sudamericani, africani, insomma di tutte o quasi le etnie per i quali sembra un miraggio vedere tutto quello spazio vuoto e senza alcun mezzo di circolazione.
Esplosione di grida di gioia ma in assoluto perfetto dialetto romanesco, alla "conquista" della strada liberata.
Mi affaccio alla finestra e assisto a quello spettacolo gioioso: c'è da commuoversi.
Sabato 21 maggio, la strada che è ancora chiusa perché "riservata" per la festa di "Una città a misura dei bambini" organizzata con la collaborazione di: Associazione Genitori Scuola Di Donato, Municipio Roma Centro Storico, Comune di Roma, Gruppo Sportivo Esquilino e vari altri Gruppi Sportivi e Associazioni, viene suddivisa in un minicampo di calcio, un altro di calcetto, uno per il minibasket ed il resto lasciato alle scorribande di pattini a rotelle, monopattini, tricicli e biciclette.
Programma nutritissimo: ore 9.00 accoglienza della Scuola e poi a seguire, inizio maxipartita di calcio anni 2001-2002-2003, tornei di minibasket maschile e femminile, giocoleria presso spazio Baby, esibizione di Breack Dance, pranzo conviviale offerto dalla mensa della scuola, Capoeira – un misto di arte marziale e danza brasiliana -, finali e premiazione dei tornei, laboratori per il solare
e la pedagogia del cielo, gelato per tutti, Samba Reggae, Hip Hop, danze popolari, arrivo dei ciclisti della Magnalonga, concerto dei Botos.
Alle 19.00 il culmine della festa. Un gruppo di sei o sette giovani dell'Angola muniti di tamburi di ogni forma e dimensione e di maracas e tamburelli danno il via ad una danza collettiva di centinaia di persone di ogni età, dai neonati ai nonni compreso il personale scolastico, che si divertono come non mai ballando in mezzo la strada trasformata in una gigantesca discoteca all'aperto.
Uno spettacolo festante e meraviglioso mai visto, una specie di carnevale di Rio.
Anch'io, benché affacciato alla finestra, ho ballato al ritmo di quella musica straordinaria.
Per due minuti però, non di più.

giovedì 19 maggio 2011

SIMPATICHE CONOSCENZE

Er fatto è questo.
Ho conosciuto personarmente 'na stangona friulana de quelle gayarde, più arta de me, ma che me frega.
Quanno je cammino accanto sembramo l'articolo "il" ma nun fa gnente.
Certo però che c'ho da sta' attento perché si pe' caso m'arifila 'na pizza me  manna in orbita senza er razzo.
Quanno che soride è 'no spasso,  me pare come si volesse di' ar prossimo "ahò co' me dovete da esse de bon'umore, sinnò aria, annate a piagne da n'artra parte".
Gni vorta che ce parlo rido parecchio, ma nun è che faccio lo scemo, er punto è che l'allegria vie' fora da sola e a vorte me trattengo perché po' sembrà che la cojono.
Difetti? Ce n'avrà, me pare umano, ma li pregi ce n'ha da venne.
È stracorma d'affetto, carma, generosa, tranquilla.
È 'na golosona, questo sì, je piace tutto quello che c'è  de dorce: cornetti, gelati, pasterelle, torte  e vvai cor tango.
Me chiama Aldare' e a me me piace 'n sacco e me piace puro quann'é che parla co' quel'accento friulano, dorce come lei.
Posso da esse du vorte su padre ner senso che c'ho l'età er doppio de la sua, ma nun fa gnente, annamo d'accordo uguarmente.
Ho conosciuto puro er ganzo suo, un regazzo bono, soridente, un po' più arto de lei, un gran lavoratore.
Entrambi vonno bbene all'animali e a me lei me tratta come un cucciolo. Me chiede sempre, come fanno anche l'artri "come stai?" e allora j'arisponno " io speriamo che me la cavo".  

domenica 15 maggio 2011

IERI NOTTE HO SOGNATO UN CAFFE' E UNA BRIOCHE CON LA CREMA

Già.
Ecco perché quando mi sono svegliato il ricordo del sogno si è trasformato in un desiderio da soddisfare in quella stessa mattinata.
Di solito, quando devo fare le analisi del sangue – e ciò avviene ogni sei mesi circa – mi reco alla ASL che fortunatamente si trova vicino casa, naturalmente a digiuno e, una volta effettuate dette analisi, faccio colazione al bar-torrefazione poco distante. Niente caffé purtroppo – sono dodici anni che l'ho dovuto eliminare per non cadere in tentazione della immancabile sigaretta al seguito – ma soltanto un bicchiere di latte caldo e una brioche senza crema.
Allora mi sono chiesto: che faccio vado o non vado? Vado, almeno aspiro l'aria col naso per sentire e assaporare il profumo del caffé.
Verso le 11:00 a.m, con la scusa di dover acquistare un chilo di zucchero, mi reco al solito bar e una visione si para davanti ai miei occhi.
In fila alla cassa per lo scontrino, subito prima di me ma dopo altre persone, una figura femminile da sogno che attrae non soltanto i miei di occhi ma anche quelli altrui.
La curiosità è troppo forte e allora decido di fare di lei una descrizione la più accurata possibile al punto che, per osservarla minuziosamente, lascio passare altri clienti attirando l'ironica attenzione della giovane cassiera – si chiama Natasha - e delle giovani commesse le quali se ne sono accorte e sorridendo maliziosamente mi rimproverano con un gesto delle loro mani. Mi conoscono da anni e sherziamo spesso insieme.
La figura di cui parlo, e che per il momento posso ammirare soltanto posteriormente, è una stangona di circa un metro e ottanta, più o meno; una massa di capelli biondissimi e ondulatissimi, quasi a riccioli, che le copre il volto quasi totalmente, tailleur blu scuro con mini-mini-minigonna aderentissima tesa a cercare di ornare due slanciate splendide gambe le quali si dipartono da un qualcosa di perfetto; scarpe nere con tacchi vertiginosi.
Mi attardo ancora qualche secondo sempre seguito dalle ironiche occhiate delle giovani commesse e cassiera.
La stangona dopo aver pagato e ritirato lo scontrino alla cassa, sempre senza mai voltarsi, si avvicina al bancone del bar, ordina il caffé – non riesco ad udire la sua voce – lo ottiene, lo sorseggia, dopo di che, senza che io sia riuscito a vedere il suo volto e, per la precisione neppure se e quale camicetta indossasse, esce dal bar con un'andatura altera, quasi sprezzante. Credo si sia accorta che era "sotto osservazione" della qual cosa pare non gliene importasse una cippa. Forse perché abituata a comportamenti analoghi.
Mi rivolgo alle giovani ed anche al barista ma se la stanno ridacchiando di cuore e poi mi dicono che è la prima volta che l'hanno vista nel loro bar.
Ammetto di essere uscito un po' sconsolato ma anche sempre più convinto che la donna – tutte le donne, sono qualcosa di meraviglioso da ammirare. A prescindere.

P.S. A berlusco' che te sei perso...se c'eri te nun te saresti fatta scappa' la ministra per le pari felicità.

mercoledì 11 maggio 2011

CHISSA' QUANTI ANNI AVRA'

VIA DELLA POLVERIERA
Lo so è soltanto un portone e non è poi così importante ma il fatto è che, lasciando da parte ogni considerazione stante la vicinanza del Colosseo che si trova a pochi passi, deve avere almeno cento anni. Quando ci andarono i miei nel 1928 loro lì lo trovarono probabilmente in condizioni migliori
di quando è stata scattata questa foto cioè l'anno scorso 2010. E poi a seguire nascemmo noi quattro fratelli: 1928, 1930 io, 1934 e 1937. Venne varcato anche dalle nostre mogli e da uno solo della nuova generazione, mio figlio, il quale, a volte, per studiare, si recava lì da sua nonna, cioè mia madre. Dal 1976 quando morì mia madre, nessuno di noi ha abitato più lì.
Io non me ne intendo ma chissà di che legno sarà perché, anche se leggermente malconcio in basso tuttavia resiste "imperturbabile" a tutto e a tutti. Forse meglio di certi portoni in vetro e metallo come ho letto nel post che ha scritto al riguardo il blogger GAP di "Vengo da lontano ma so dove andare". È stato ed è un bel portone anche se non ho mai visto gli anelli ornamentali di ottone – che a Roma chiamiamo "patocco" – e che di solito pendono dalle teste di leone applicate sui battenti.
Tuttavia c'è qualcosa che non è come in quel tempo.
1°) Il portone è chiuso ma almeno fino al 1956, anno in cui io l'ho lasciato perché convolato a nozze, stava sempre aperto, credo anche di notte. Tanto che, per quanto io ricordo, benché i miei mi dettero le chiavi di casa, quella del portone non l'ho mai né vista né usata.
2°) La presenza del citofono che fino al 1976 sicuramente non era stato ancora installato. Non occorreva perché c'era il servizio di portineria in seguito soppresso.
3°) L'assenza, ai lati del portone medesimo, di una targa di marmo recante la scritta "Quì ebbe i natali - veramente anche i Capodanni, le Epifanie, le Pasque e i Ferragosto - Aldo il monticiano il quale ne fece e ne vide di cotte e di crude".

giovedì 5 maggio 2011

FILIPPICHE

Il paragone che sto facendo tra le nobili filippiche di Demostene e Cicerone e le "orazioni" del soggetto in fila come me alla Posta è irriverente, ne sono certo, ma "filippica" è una parola che ho sentito molte volte sia pronunziare in giro per l'etere sia leggere sulla carta stampata riguardo il fiume di parole a volte anche ostile che qualcuno pronunzia contro qualcosa o contro un altro qualcuno.
La faccio breve e vado al fatto.
Martedì scorso ero a ndato all'Ufficio Postale vicino casa per un paio di motivi e, quando entrai, vidi una trentina di persone in attesa.
Mi premunii del numeretto all'aggeggio apposito e lessi il mio di numero: 40. Per la miseria, dissi fra me e me, dovrò aspettare parecchio. Pazienza.
Mi sedetti ad attendere – per fortuna c'erano molte poltroncine – e detti un'occhiata in giro.
Intanto altre persone entravano nell'Ufficio, prelevavano il numeretto anche per la fila a sportelli diversi dal mio.
Un paio di minuti dopo un anziano molto elegante e con un borsello a tracolla – un po' fuori moda da un pezzo – si venne a sedere sulla poltroncina accanto la mia e, rivolgendosi a me...
= Lei che numero é? Ah, vedo vedo..io ho il 43, tre numeri dopo di lei...Chissà quanto tempo ci vorrà? Le nei sa qualcosa? Io non vengo quasi mai qui perché faccio tutto tramite la banca: pensione, bollette e cose del genere ma questa quà...la vede? Be' questa invece devo pagarla solo alla posta, chissà perché...lei ne capisce il motivo? Io sì, è tutto fatto male, ti devono far perdere tempo. Va bene che in Italia va tutto storto però non c'è un limite alla pazienza di noi cittadini? Lei che ne dice?Guardi, guardi...le due impiegate di quei sportelli se la prendono proprio comoda
e noi stiamo qui trattati come persone che non contano un'acca. Quelle dimenticano che siamo noi che le paghiamo e che dobbiamo sopportare il menefreghismo di chi sta dietro uno sportello.
Un tempo queste cose non succedevano perché c'era qualcuno che le metteva in riga. E adesso
quella che fa? Si alza e va chissà dove. Capacissima di andare a prendersi un caffé al bar oppure di recarsi a fare la spesa al supermercato. E noi qui ad aspettare. È una vergogna. Sono già venti minuti che aspetto. Di questo passo chissà quanto ancora dovrò aspettare. Sa che faccio? Adesso chiedo di parlare al direttore, sempre che ci sia. Magari aspetto un altro po'. Tanto lo so che poi non succederà niente, stanno tutti d'accordo...Mi dica. Si sta chiedendo perché non ho un giornale con me vero? Glielo dico io: sono tutte panzane. E chi ci crede. Non ho mai comprato un quotidiano in vita mia tanto lo so che raccontano frottole. Non guardo nemmeno i TG, non ne ho bisogno...E non me ne pento. Lei vuole sapere come passo il tempo libero quando sono a casa vero? Glielo dico subito. Guardo la TV, non ricordo nemmeno quanti canali ho e mi vedo solo film col bollino rosso, quelli riservati agli adulti. Sono un vero spasso. Ore e ore a vedere film....Guardi sul tabellone c'è il numero 39 e la vecchietta allo sportello ha finito, adesso tocca a lei...
Venne il turno del numero 40, il mio.
Andai allo sportello, sbrigai le mie cose, mi avviai per uscire e, nel farlo, a mo' di saluto abbozzai con la testa un cenno di saluto verso il mio vicino di poltroncina senza dire né buongiorno né tantomeno arrivederci.
Credo che il "filippico" guardandomi si stava chiedendo se aveva parlato a un sordomuto.

lunedì 2 maggio 2011

CHIARITO IL MISTERO.......QUASI

L'8 maggio 2009 dopo ciò che vidi nella piazza vicino casa dove io transito all'incirca tutti i giorni – che è quella della pizzeria della pizza pazza – mi venne voglia di scrivere "SOSTA GRATUITA" in cui parlavo dello strano caso di una panda blu scuro lì parcheggiata regolarmente a spina di pesce ma che non aveva né il ticket pagato per la sosta e neppure autorizzazioni quale residente del Rione o disabile. Mi avevano incuriosito parecchie cose di quell'auto: la targa automobilistica della Germania, i finestrini e il parabrezza completamente oscurati dall'interno con pezzi di cartone d'imballaggio perfettamente sagomati, alcuni oggetti sistemati all'aperto di fronte all'auto quali coperte, cuscini, tavolino e sedia pieghevole da campeggio, insomma c'era di tutto un po'. Qualche giorno prima avevo visto un signore di una settantina d'anni il quale seduto sul sedile anteriore, metà dentro e l'altra metà fuori, prelevava da una specie di zuppiera che teneva fra le mani qualcosa che mangiava lui e che in parte dava a gatti e piccioni i quali lo avevano attorniato.Venni a sapere da un mio amico residente a non più di venti metri dalla panda blu e da tutto il resto, che si trattava di una persona che viveva o sopravviveva in quelle condizioni da cinque o sei anni. Per mangiare andava negli orari prefissati ad un convento di suore poco distante, bussava e otteneva il tutto gratis. Per dormire quando faceva freddo si sistemava dentro l'auto e quando faceva caldo fuori all'aperto sul marciapiede dove si era attrezzato a dovere. Per il bagno invece poteva liberamente accedere ai WC di due bar nei pressi della piazza. Non aveva mai chiesto soldi a nessuno, né la polizia del vicino commissariato e neppure i vigili urbani o gli ausiliari del traffico avevano chiesto qualcosa a lui. Convivenza pacifica. Forse per distrazione o forse preso da altri pensieri, pur passando da quella piazza molto spesso, mi disinteressai completamente della strana storia anche perché non avevo più visto la panda parcheggiata e neppure il suo proprietario.
Due giorni fa però, passeggiando vicino il giardino che si trova nella piazza, vidi il "germanico" che conversava con un anziano suo coetaneo il quale portava a spasso due barboncini muniti di regolare guinzaglio. Guarda guarda chi si vede mi dissi. Spinto dalla curiosità, visto che i due erano seduti in una panchina di quel giardino, andai a vedere se la panda era tornata ed invece, nello stesso posto di circa due anni prima, era parcheggiata una "opel" bianca, mezza auto e mezza furgone, con i vetri schermati da carta di giornale, la targa germanica – non so se la stessa della panda precedente – stracolma di masserizia, oggetti d'ogni genere, varie pentole di tutte le misure poggiate sul sedile anteriore del passeggero ed altro ancora. Sul marciapiede, di fronte all'auto, in misura inferiore rispetto la volta scorsa, qualche altro oggetto coperto da un telo impermeabile di plastica scura. Girando intorno a questa nuova "casa del germanico" notai, attraverso il parabrezza, che sul cruscotto era incollato un foglio formato A4 e vidi che si trattava di un verbale della Polizia municipale molto lungo dove c'erano frasi che non mi riusciva di leggere perchè scritte a caratteri minuscoli. Ero intento a cercare di leggere il contenuto di quel foglio ma mi accorsi che si stava avvicinando il "germanico" modestamente abbigliato e con sulla testa canuta uno zucchetto di lana da sciatore. In un italiano accentuato dal dialetto romanesco-trasteverino mi disse
= Ahò, che te voi compra' la machina? Guarda che te faccio fa' 'n'affare, nun costa tanto...
= Veramente stavo soltanto dando un'occhiata...
= Nun te proccupa', io ce abbito qua drento perché devi da sape' che so' stato a lavora' in Germania pe' un sacco d'anni, me so' comprato tre case ma quanno so' tornato qui a Roma l'ho trovate tutte occupate, nun me riesce manna' vvia la ggente che ce stà e a me me tocca vive così, te pare giusto?
= Direi proprio di no. Ad ogni modo le faccio i miei migliori auguri e scusi per l'intromissione...
= Ma de che? Anzi si aripassi de qua fatte vede, magara se pjiamo un caffé...
Il suo amico con i due cani lo chiamò
=Aristode' nun venghi?
= Arivo... Allora te saluto sor mae', statte bene.
= Grazie, arrivederci...=
E restai lì a bocca aperta per lo stupore.
Il "germanico" non era per niente germanico però aveva una nuova "casa".