giovedì 28 luglio 2011

ALCUNE BAZZECOLE FRESCHE FRESCHE

A causa della stagione e della temperatura sono costretto ad uscire da casa di prima mattina per la consueta visita al supermercato.
Mi avvio con andamento lento – se non sbaglio era il titolo di una canzone di Tullio De Piscopo – passo nella piazza dove si trovava la ex pizzeria della "pizza pazza" e, parcheggiato poco distante a tempo indeterminato, si trova tuttora l'autofurgone tedesco del romano-germanico.
1^ - sui vetri degli sportelli anteriori dell'autofurgone, si nota un vistoso cartello con sopra la scritta "CASA ABUSIVA OCCUPATA LASCIATE LIBERA L'ENTRATA".
Un invito rivolto sicuramente a chi, usando il parcheggio strisce blu a pagamento, parcheggia la propria auto troppo vicina all'autofurgone di cui sopra.
2^ - poco distante dal quel parcheggio si trova il ristorante che offre cibi arabi gestito da una signora siriana, ovvero la ex pizzeria. All'interno del vetro di una delle sue vetrine, bene in vista per chi transita da lì, è stato applicato un cartello con su scritto " SALA DA THE E FUMERIA CON I CLASSICI NARGHILÈ AKIRIA SIRIANI" Per tabacco o che?
3^ - quando sto per arrivare al supermercato incrocio una signora anziana, piuttosto piccolina e un po' in carne, capelli biondi sicuramente tinti tirati all'indietro e due enormi buste di plastica nelle mani stracolme di generi alimentari e altro. Non pare accusare tutto quel peso.
Appena mi passa vicino mi fa
= ciao come stai?
= me la cavo ma...
= che piacere rivederti dopo tanto tempo
= (fra di me:"e mo chi è 'sta signora?) anche per me è un piacere però...
= ti trovo bene sai?
= grazie ma stante l'età che ho...
= ma perché quanti anni hai
= quasi ottantuno e...
= che vuoi che siano, sai quanti ne ho io?
= veramente non...
= ottantatre compiuti e vado a gonfie vele...
= complimenti, non li dimostri per niente...
= lo so, lo so. Adesso vado un po' di fretta e devo salutarti. Però non sparire di nuovo eh...
= no, cercherò di non farlo. Allora ciao...
= a presto, mi raccomando, ciao.
Mi sto ancora chiedendo chi sia quella bionda.
4^ - ritorno a casa e, nei pressi del portone, due giapponesine con lo sguardo rivolto a destra, a manca, di sotto, di sopra, e con una pianta di Roma in mano, mi fanno un cenno e mi fanno capire che vogliono chiedermi qualcosa. Non sono cinesi anche se hanno gli stessi occhi a mandorla, poiché in questo Rione ce ne sono migliaia e quindi posso capire la differenza. Una delle due Butterfly, non quella piccolina ma quella più alta e...beh sì,,,più carina, cerca di farmi capire, indicandolo sulla carta, il percorso che devono fare per andare da Viale Manzoni fino a San Pietro. E qui iniziano i problemi dato che nessuno di noi parla almeno un po' d'inglese. L'unica parola che dicono è "underground" e allora capisco che cercamo la fermata della Metro A. Gesticolando gliela indico accompagnandole per un breve tratto e finalmente la questione è risolta. Le seguo con lo sguardo e prendo doverosamente atto che la più...ehm ehm...insomma la più, indossa un paio di short di jeans di moda e talmente corti che mi costringono a precisare il tutto con una frase presa in prestito dall'ultimo romanzo di Andrea Camilleri 'Il gioco degli specchi': "probabilmente risultati vincitori di una gara tra sarti a chi riusciva ad adoperare meno stoffa".
Spero di essere stato chiaro.
5^ - noto con piacere che uscendo da casa pur con qualche dolorino, comprensibile data l'età e poi si sa che "un malanno al giorno non toglie il medico di torno", mi sembra si dica così, non appena scambio due parole con chiunque ogni fastidio sparisce come d'incanto.
Boh! Misteri della psiche!

lunedì 25 luglio 2011

NON E' POSSIBILE

E invece sì.
Quest'oggi per fare il mio solito giro mattutino passo sotto i portici di Piazza Vittorio anche perchè devo andare in farmacia con le ricette per avere le medicine.
Io e mia moglie siamo entrambi invalidi al 100%, lei con l'accompagno. Siamo accertati tali da chi di competenza quindi autentici, veri, non fasulli né raccomandati. Certo avrei voluto che non lo fossimo ma pazienza.
Eppure questi politici contaballe, corrotti, corruttori, imbroglioni, indagati, ladri e truffatori mi hanno preso dalle tasche(!) 21,49 euro di ticket per farmaci non per parafarmaci.
Sembrano pochi euro...per me no.
Ma come? Siamo stati certificati e dichiarati esenti, e allora?
Loro pure sono esenti è vero, esentati dal pagare i troppi privilegi che hanno.
Sono LADRI anche della mia dignità e credo, purtroppo, non soltanto della mia.
Andiamo avanti.
Sperando che arrivi presto il giorno della resa dei conti.
Cambio completamente argomento.
Facendomi l'intero giro dei portici di Piazza Vittorio incrocio una moltitudine di persone di varie etnie e ad un certo punto vengo fermato molto cortesemente da un giovanotto piuttosto robusto e accento sudamericano, il quale mi chiede dova si trova Via Cairoli. Fortunatamente è una via che conosco molto bene – si trova alle spalle di quella dove abito – e quindi ce lo spedisco subito.
Dopo nemmeno dieci minuti mi ferma una coppia, marito e moglie credo, italiani, all'incirca sessantenni, i quali mi fanno la stessa identica domanda: "dove si trova Via Cairoli?" La indico loro come ho fatto poco prima col sudamericano e loro ringraziano.
Arrivo quasi vicino casa quando una signora di piacevole aspetto, non più giovane senz'altro molto più di me e per la peppa non mi fa anche lei la stessa domanda? Naturalmente io rispondo come in precedenza ma le chiedo:
= mi può dire tre numeri da 1 a 90, a sua scelta? Così vado al lotto e mi gioco 10 euro per un terno.
La signora rimane sbigottita, ringrazia, sorride e si avvia.
Senza farmene accorgere cerco di seguirla per sapere se a Via Cairoli c'è una riunione segreta o qualcosa del genere, ma cammina troppo veloce per me e allora lascio perdere.
Passando davanti ad una vetrina, mi soffermo, mi guardo e mi assicuro che sulla mia fronte non ci sia scritto "INFORMAZIONI STRADALI".

mercoledì 20 luglio 2011

GUENDALINA MON AMOUR

Guendalina – da me abbreviato in Guen – ha più di trent'anni eppure si comporta come se ne avesse chissà quanti. O forse sono io che non ricordo quando arrivò a casa mia. Comunque l'età che ha la porta benissimo e io le voglio bene.
Fino a quando lavoravo Guen stava con me in camera da letto, dopo no.
È brava, molto silenziosa, fa il suo dovere però a volte si comporta in modo strano.
Ad esempio qualche volta si spinge troppo avanti, altre invece al contrario.
Eppure ogni sera, sempre alla medesima ora, faccio quello che spetta a me fare ma a Guen sembra interessare poco e si comporta come meglio crede.
Questa storia dura da parecchio e a volte mi viene voglia di prendere una decisione drastica poi ci penso un po' sopra e mi dico "ma adesso che me ne importa? Una volta, quando lavoravo, era comprensibile ma ora che ragione c'è di prendersela tanto con lei?"
Ragionamento che a me sembra logico.
Anche se la faccenda aveva perso interesse per me, un giorno mi son detto "adesso le faccio vedere io come devono andare le cose in questa casa".
Mi sono ricordato che con il film "Ricomincio da tre" debuttò come attore, sceneggiatore e regista il grande Massimo Trosi il quale, in una delle scene, cerca di far smuovere un oggetto distante da lui soltanto fissandolo e chiedendo "avanti movete, che te costa, ven'accà...".
Grazie del suggerimento Massimo, userò lo stesso metodo.
Infatti a colazione, a pranzo e a cena quando, seduto in cucina, davanti al tavolo predisposto per l'occasione,guarderò Guen il mio orologio-sveglia che si trova su un ripiano della credenza distante circa tre metri da dove siedo io tutti i giorni, la fisserò e le chiederò con gentilezza "fammi il favore, metti al punto esatto le tue due lancette che segnano le ore, i minuti e i secondi, così mi fai contento".
Lo farà? Spero di sì.
Mi sorge un dubbio. Non è che non le è andato a genio il fatto che non ho più messo in funzione la sua suoneria da quando sono in pensione?
Perché, mi chiedo, ho il vezzo stravagante di dare un nome proprio di persona a degli oggetti immobili?
Non lo so neppure io.

giovedì 14 luglio 2011

DISAVVENTURE COMICHE MA NON TROPPO

Certo che quando ti assalgono i ricordi tornano in mente episodi a volte piacevoli, altre meno.
Qualcuno potrà dire: ma tutte a te capitano? Che ci posso fare se così vanno certe cose.
Il 25 aprile è festa nazionale perché, come tutti sanno, è l'Anniversario della Liberazione d'Italia
dall'occupazione nazifascista.
Quello stesso giorno, però del 1953, io ero libero, come gli altri, dal lavoro temporaneo di quel periodo e, sin dal mattino, mi trovavo dalla mia ragazza nella casa dove abitava a Centocelle, un quartiere periferico della zona est di Roma. La casa in realtà era in affitto a suo fratello più grande che vi risiedeva insieme a un figlio di tre anni, alla moglie, mia cognata, la quale era incinta già da parecchio tempo, alla mia ragazza, a una gallina che starnazzava nel bagno in attesa di essere messa in pentola e ad un cucciolo, iucrocio di tre razze di cani diverse, che circolava per casa.
La Festa Nazionale di quell'anno l'ho ricordata per anni.
Ero stato invitato a pranzo e mentre la mia ragazza si trovava in cucina io andai in bagno ma non appena aprii la porta la gallina si mise a starnazzare ancora più forte e a cercare di beccarmi. Io che
di pollame non ne voglio neppure sentir parlare chiamai il mio futuro nipotino di tre anni il quale la prese, se la mise tra le braccia e, carezzandola la portò non so dove. Bastava che mi stesse lontana. Però non capii una cosa: come mai a lui non lo beccava mentre a me voleva farlo? Chissà, forse aveva capito che tra di noi non esisteva alcuna possibilità di diventare amici.
Dopo pranzo, al quale non aveva partecipato il mio futuro cognato per impegni fuori casa, ognuno di noi, si occupò delle proprie faccende.
Verso le quattro di pomeriggio sentimmo la mia futura cognata urlare a più non posso "aiuto, aiuto, chiamate la sora Nanda, me se so' rotte l'acque, aiutateme, sbrigateve...". Ci prese a tutti il panico. La mia ragazza si andò a nascondere in cucina insieme al nipotino e alla gallina, il cane correva di qua e di là abbaiando spaventato, io, in preda al terrore e completamente all'oscuro di quello che si doveva fare, cercai di placare mia cognata, andai dalla sora Nanda la quale, al corrente della situazione, corse subito da noi, chiuse la porta e cominciò la sua opera.
Poco dopo le urla cessarono, la sora Nanda tutta soddisfatta riaprì la porta e ci chiamò "venite, venite a vede' che ber pupo...". Infatti era proprio un bel neonato, cicciottello, che già stava facendo merenda al seno della madre. Dentro la camera da letto c'era un bel po' di confusione e un secchio da una parte quasi pieno di qualcosa. Non capii che roba fosse.
Quel nipote è un'ottima persona, lavoratore, tecnico specializzato in impianti frigoriferi, ha una famiglia – moglie e due figlie – meravigliosa. Molto generoso, altruista,viene anche a casa mia ogni volta che il pc-Pasquale fa le bizze, essendo un appassionato di computer.
La disavventura successiva guarda caso, mi capitò proprio quello stesso giorno.
Erano passate da poco le 20, quando la mia ragazza mi chiese se potevo portare a spasso il cucciolo per un po', forse ne aveva bisogno.
Le risposi che l'avrei fatto volentieri e allora scesi in strada col cucciolo al guinzaglio.
Fatti un centinaio di metri passai davanti ad un gruppo di donne che stavano parlottando accanto ad un basso muretto dal quale, con uno scatto improvviso, saltò un gatto tigrato per aggredire il cucciolo ma lui, più rapido, si staccò con tutto il guinzaglio e corse via all'impazzata guaendo come un diperato.
Il gatto tigrato, sbagliando la traiettoria, aveva nel frattempo "aggredito" la mia gamba destra con tanto di unghie ben acuminate.
Oltre a lacerarmi i pantaloni mi aveva graffiato la gamba sotto il ginocchio.
Una di quelle signore accortasi dell'accaduto urlò il nome della tigre gattesca e lo chiamò a sé.
Mentre stavo rientrando subito a casa per disinfettarmi mi accorsi che sul marciapiede opposto il cucciolo, trotterellando con molta calma, stava rientrando pure lui.
Quel 25 aprile me lo ricordo ancora oggi.
Mi sembra che per quanto riguarda la Festa della Liberazione di quella volta sono stato un po' sfigato.

lunedì 11 luglio 2011

MA CHI E' L'ASSASSINO?

È la domanda che mi rivolgo la sera, anzi la notte, prima di mettermi a letto.

Il genere di films che preferisco vedere quando le TV si degnano di trametterli sono i gialli, i polizieschi, i thriller e i legal thriller, truculenti o meno.

Esaminando l'elenco quotidiano dei programmi di qualsiasi TV, pubblica o privata, scelgo soltanto films trasmessi dalle 21 in poi.

Vedo raramente programmi di ogni tipo – mi risparmio le incavolature - salvo il TG TRE delle 19.00 e, appunto, soltanto di sera, cerco films del genere che ho indicato.

C'è un problema però.

Dopo circa mezz'ora che il film – qualsiasi film – è iniziato, cado in letargo.

Mi prende una botta di sonno da farmi fare un bel viaggio nel mondo dei sogni.

Quando mi risveglio – non meno di un'ora dopo – apro gli occhi e osservo che sullo schermo del TV ci sono scene di films di guerra, oppure di fantascienza o ancora qualche documentario sul Machu Picchu in Perù e luoghi del genere. Combinazione niente film hard.

Poiché evito sempre di leggere qualche cenno della trama per potermi gustare completamente il film e questa narra di omicidi dei quali riescono sempre a scoprire l'assassino, io rimango come un baccalà a chiedermi "ma chi era il o la Killer" ?

E ancora, nei legal thriller: "è stato assolto o condannato l'imputato"? Chi l'ha spuntata l'accusa o la difesa?

In parole povere ho visto film solo dal capo, la coda mai.

Adesso che ci penso undici mesi fa non andavano così le cose.

Evidentemente la "cura da cavallo" che sto facendo qualche guasto lo sta procurando dentro il mio organismo.

È vero che, come afferma vigorosamente il medico, "dobbiamo" (?) preoccuparci soltanto del tic-tac. E il resto ? Conta poco. Se lo dice lui.

Anche per i romanzi che ho letto e che leggo attualmente, sempre dello stesso genere, uso la medesima tattica, o meglio, non leggo né la seconda, né la terza e neppure la quarta di copertina per evitare di conoscerne la trama prima.

Certo che ne ho di piccole manie.

giovedì 7 luglio 2011

IO ADORO CARMELA

Lo grido al mondo intero!
Tutti sanno che l'Olivetti lettera 36 elettrica è una macchina da scrivere portatile.
La mia l'ho qui con me da circa quaranta anni.
Carmela, la portatile, l'ho messa da parte circa quattro anni fa, da quando cioè Pasquale, il pc, si è introdotto qui in casa mia.
Ieri ho letto in una pubblicazione che Biagi e Montanelli amavano scrivere in una Olivetti lettera 22, allora mi è venuta un po' di nostalgia che presto si è tramutata in voglia di scrivere qualcosa con la mia Olivetti 36. L'ho presa dove si trovava, l'ho adagiata, le ho tolto la copertina e ho iniziato ma lei invece si è messa a fare capricci. Si deve essere offesa perché l'ho trascurata tutto questo tempo.
Ho tentato di spiegarle il perché l'abbia messa da parte. Quando si va avanti con l'età gli acciacchi e gli impedimenti arrivano per tutti, uomini e cose. E quindi è normale che ci sia una specie di "cambio della guardia", di avvicendamento.
Ma lei non me l'ha perdonata, ha seguitato perché è testarda e perché sicuramente si aspettava un po' più di gratitutine per aver fatto da insegnante alle mie due nipoti quando, benché in tenera età, le introdussi nel campo della dattilografia.
Penso inoltre che sia gelosa di Filomena – per gli amici Flo -, la tastiera del mio pc. Le ho detto che si tratta di una pura e semplice amicizia e nulla di più ma non mi crede, mi dice che le uso troppe attenzioni, che sono troppo gentile e paziente. Gli giuro che non è vero, al contrario, sia a Flo che a Pasquale, il pc, gliene dico di tutti i colori e in tutte le salse quando per qualche motivo, evidentemente d'accordo, entrambi bloccano tutto. E questo purtroppo capita spesso.
Finalmente Carmela si è convinta. Con delicatezza e dolcezza, ho iniziato a battere sui suoi tasti.
È stato un vero piacere perché rispondeva prontamente alle mie sollecitazioni come se godesse di ogni mio lieve contatto. Malgrado l'età si comportava meravigliosamente, sembrava avere non so quanti anni di meno e io ero soddisfattissimo, come ai bei tempi insomma.
Sono riuscito, almeno in parte, a soddisfare la mia voglia di quando, la prima volta la presi tra le mie mani.
Ho ringraziato Carmela e lei, quando abbiamo finito, mi ha fatto capire di essere soddisfatta.
Visto che vuol dire essere gentili? Si ottiene più facilmente ciò che si desidera.

lunedì 4 luglio 2011

TRATTO DA UN EPISODIO VERO

Nel 1952 avevo 22 anni ed ero disoccupato.
Non avevo nessuna colpa di questa stato di cose perché quando l'anno prima – il 1951 - tornai dal servizio militare che mi ero "cibato" tra Casale Monferrato ed Asti, lo studio professionale dove avevo lavorato - in nero - era stato chiuso dagli eredi dal mio datore di lavoro causa il suo decesso.
Avevo trovato altri lavori, sempre in nero e partime, ma percepivo una misera paga pur adattandomi a fare – o a tentare di fare – qualsiasi mestiere. Di questo stato di cose ricordo di averne parlato in precedenza ma credo di aver trascurato di parlare di un picolo episodio.
A quell'epoca facevo parte di una compagnia teatrale amatoriale che metteva in scena spettacoli di prosa ma non disdegnava di fare anche spettacoli di varietà che andavamo a rappresentare in genere presso altri paesi o piccole cittadine intorno a Roma in occasione di locali sagre o feste del patrono.
Per questa attività si percepiva il solito biglietto da mille lire che ciascuno di noi componenti gradiva molto.
Tornando al 1952, un giorno del mese di settembre il capocomico della nostra compagnia ci disse
che per la seconda domenica di quello stesso mese dovevamo andare a Campoleone, una località sulla strada statale Nettunense che da Roma, passando vicino ad Aprilia e a Lanuvio, arriva fino ad Anzio e Nettuno.
Era riuscito ad organizzare tutto con i proprietari del piccolo cinema-teatro dove dovevamo esibirci: due agricoltori – una sorta di colossi da mettere in soggezione chiunque - i quali possedevano anche un esteso appezzamento di terreno agricolo nonché due locali – un bar e un negozio di articoli vari – posti ai fianchi del cinema. I tre locali erano compresi in un piccolo fabbricato di un solo piano che affacciava proprio sulla statale Nettunense.
Di questa nostra compagnia, per certi spettacoli, specialmente fuori Roma, facevano parte anche due dei tre fratelli De Vico, Mario e Antonio, napoletani generazione Scarpetta, noti nell'ambiente dell'avanspettacolo come Trio De Vico, nonché Maria Boni cantante della sede regionale romana della RAI Radio Campidoglio. Pure loro parteciparono a questa nostra "trasferta" per lo spettacolo a Campoleone, Naturalmente per un compenso maggiore di quello di noi "dilettanti".
Pubblicizzato dai due "colossi" in tutto il circondario con numerose locandine teatrali, il flusso dei spettatori fu notevole e noi ottenemmo un discreto successo.
Alla fine dello spettacolo gli spettatori ci chiesero persino l'autografo, anche a me che ero stato soltanto il "bravo presentatore" per modo di dire.
Erano ormai le ventitre e, sistemato tutto quello che c'era da sistemare, il nostro capocomico andò a casa dei due "colossi" per farsi dare la somma concordata. E qui avvenne il fatto.
I due iniziarono a lamentarsi per le troppe spese sostenute sia per l'allestimento del palco e della sala, sia per il noleggio dell'attrezzatura microfonica, sia infine per la pubblicità e il pagamento dei diritti alla Società Autori ed Editori – S.I.A.E.
A mezzanotte circa noi, non vedendo ritornare il "capo", cominciammo a preoccuparci ma dopo pochi minuti eccolo ritornare con la classica coda tra le gambe: i "colossi" non gli avevano dato una lira! Gli avevano dato però due grosse buste con dentro frutta, ortaggi e un salamino.
Ci fu una reazione fortissima specialmente da parte dei tre "professionisti" ma nessuno di noi se la sentì di affrontare quei due "soggetti" in una discussione.
Tornammo a Roma questa volta anche noi, tutti insieme tristemente, con la coda tra le gambe.