mercoledì 31 agosto 2011

PIC-NIC IN CAMPAGNA CON VISTA SUL LAGO

Quando mi siedo davanti al pc-Pasquale ho alle spalle, attaccato alla parete, un piccolo scaffale in legno senza sportelli, uno di quei pezzi "fai da te", regalato a mio figlio da un suo amico-collega e che mio figlio ha lasciato qui in casa quando si è sposato e si è trasferito. Fra tutto quello che tengo conservato nello scaffale, tipo musicassette d'ogni genere musicale, libri e cose varie l'altro giorno ho notato un piccolo oggetto di circa sessantuno anni fa che ha una sua storia e che, rigirandolo tra le mani, mi fa tornare in mente alcuni ricordi. Passo a raccontarla.
Fino al 1977 il 19 marzo era considerato, insieme ad altre date, giorno festivo agli effetti civili (conferma fonte Wikipedia) e, dopo, non più. Pertanto il 19 marzo 1950 era appunto festa per tutti. Sin dal giorno prima sapevamo che sarebbe stata una giornata primaverile e allora io e la mia ragazza, entrambi ventenni, decidemmo di trascorrerla interamente e sin dal mattino a fare una gita fuori Roma.
È superfluo sottolineare che a quell'epoca non possedevamo auto o motorini perciò per arrivare nei pressi di Marino, uno dei Castelli Romani, ci servimmo "der tranvetto", così chiamavano qui a Roma i tram della Tranvie dei Castelli. Partivano dall'allora Via Principe Umberto – oggi Via Giovanni Amendola - vicino la Stazione Termini e facevano il giro di tutti i Castelli percorrendo la Via Appia Nuova.
Dall'inizio degli anni '70, a causa dei lavori della Metro A, i "tranvetti" sono stati soppressi.
La mia ragazza aveva preparato tutto a casa: un po' di pasta, due salsicce cotte sulla griglia, una insalatina di soli pomodori, tre o quattro tra arance e mandarini. Aveva portato anche forchette, coltelli e bicchieri, mentre il pane e mezzo litro di vino li acquistammo sul posto.
Dovevamo cercare un posto tranquillo per mangiare e stare un po' insieme ed avemmo la fortuna di trovarlo. Era una casetta ad un solo piano mezza diroccata, probabilmente quello che era rimasto dopo un bombardamento dato che da quelle parti, non ricordo bene se nelle campagne di Albano o di Frascati, durante la seconda guerra mondiale, s'erano nascoste tra gli alberi le truppe tedesche per cercare di evitare le bombe delle "fortezze volanti" americane.
Ai piedi di uno dei grandi alberi vicini alla "nostra casa dirrupata"– albero di cui non so dire il nome, forse castagno, ciliegio o altro tipo – raccolsi un lungo ramo secco, lo spezzai a metà e quella
parte che mi rimase in mano mi fece venire un'idea.
Mentre la mia ragazza sedeva e ammirava il bel panorama intorno io presi uno dei due coltelli che aveva portato da casa – quello più tagliente e appuntito – e riuscii a tagliare un pezzo di quel ramo secco ma duro ed iniziai la mia "opera". Con notevole fatica al termine venne fuori quel ricordo di 61 anni prima, tagliato e inciso nella corteccia meglio che potevo.
Mi sono divertito a misurarlo. È lungo circa quindici centimetri, ha un diametro di un centimetro e mezzo ed è duro come marmo. Roba da non credere.
Questo è quello che incisi allora su quel piccolo souvenir.
MARINO
A . <-----------> M. (le iniziali dei nomi mio e della mia ragazza)
19 – 3 – 50
Nulla di artistico o di originale ma chissà se un qualsiasi museo può esporlo come cimelio.

mercoledì 24 agosto 2011

MI E' STATA FATTA QUESTA DOMANDA

Quale?
Prima faccio una premessa.
Sono un appassionato di gialli, legal thriller, thriller e simili sia come lettore sia come spettatore.
Libri e film TV non me le li lascio scappare.
Leggo e sento spesso uno di questi modi di dire a mo' di domanda, peraltro molto comuni anche nella vita reale, di cui credo se ne sia fatto un abuso, tipo: "scusa ma dove hai messo il cervello?", "hai perduto il cervello?", "ti si è spappolato il cervello?", "ti sei bevuto il cervello?" - la più usata – nonchè altri modi di dire sempre riguardanti il cervello.
Tempo fa mi capitò di commettere uno stupidissimo ma involontario errore di valutazione e la mia interlocutrice, piuttosto giovane, mi ha fatto proprio questa domanda "ma ti sei bevuto il cervello?"
Eppure non avevo detto nulla che la potesse mettere a disagio. Fortuna che subito dopo riuscimmo a chiarire l'equivoco e tutto finì, come si suol dire, a tarallucci e vino. Anzi, amici più di prima.
Però la domanda che mi aveva rivolto mi si era piantata nella testa come un chiodo fisso.
Mi sono chiesto, senza girare la domanda a nessuno per non essere preso in giro, "ma uno come fa a bersi il cervello?" Quello proprio peraltro perchè la domanda ti viene fatta personalmente.
Capisco benissimo che c'è della macabra ironia in quello che vado dicendo però, senza per questo essere considerato privo del cervello, io credo che tale gesto sia impossibile da compiere.
Voglio dire uno dovrebbe andare da un chirurgo specialista del ramo testa e dintorni e chiedergli "per favore, dovrei bermi il cervello lei me lo può togliere e dirmi quanto dura l'operazione?"
Oppure, stando alla domanda che mi è stata fatta, dovrei, con le mie mani, aprirmi la testa, prelevare il cervello, metterlo in un bicchere grande o medio a seconda della misura – per me basterebbe un bicchierino da grappa – e, come dice la canzoncina "con un poco di zucchero la pillola (cervello) va giù".
Da ottuagenario mi scuso però mi chiedo: sono o faccio l'ingenuo?
"Excusatio non petita, accusatio manifesta".
Sono soddisfatto perché credevo di aver dimenticato quel poco di latino che, malvolentieri, avevo imparato a scuola.


giovedì 18 agosto 2011

IL MIO AMORE PER TE

= Ciao, sei in anticipo
= Vero spero di non disturbarti
= Ci mancherebbe, tu non disturbi mai
= Grazie dovevo metterti al corrente di una questione piuttosto seria
= Mi stai facendo preoccupare
= Adesso ti dirò come stanno le cose
= Spero bene perché poco fa per telefono non ho sentito il tuo solito splendido tono di voce che a me fa impazzire
= Bruna ti prego, guardami e ascoltami bene
= Ti ascolto ma è da una settimana che non ti vedo e per telefono sei anche poco loquace
= Il troppo lavoro e i troppi problemi da risolvere piuttosto in fretta
= Va bene ti perdono ma adesso vieni qui e abbracciami forte come sai fare solo tu
= .......
= Un po' freddo e molto diverso dal solito il tuo abbraccio
= Devo parlarti Bruna
= D'accordo, sentiamo...ma prima vuoi bere qualcosa?
= No, grazie, per favore adesso siediti
= Ecco, sono seduta, parla pure
= Promettimi che non avrai reazioni di nessun tipo
= Mi conosci da tempo, sai che verso di te ho sempre avuto atteggiamenti affettuosi perchè, e lo sai, ti voglio veramente bene
= Ed è proprio per questo che ho riflettuto molto prima di oggi, ma adesso sono qui per...
= Allora avanti, non mi far stare sulle spine
= Domenica sera, quando stavo per rientrare a casa dei miei dopo aver trascorso tutto il giorno qui da te ho incontrato una mia ex collega di università la quale stava uscendo da un ristorante e con lei c'era una ragazza di circa trent'anni molto bella, affascinante credimi, da far perdere la testa e...
= e?
= Il suo sguardo rivolto verso di me era talmente profondo che sembrava volesse leggermi negli occhi. Lì per lì non ho dato molto peso alla cosa poi...
= Poi?
= La mia amica ci presentò - lei si chiama Nora - dopo di che...
= Sì?
= La ex collega e mia amica mi disse che a causa di un certo suo problema doveva rientrare a casa di corsa e quindi non sarebbe potura restare con noi...
= E allora?
= Allora io e Nora, senza neppure accorgesene, a forza di raccontare tutto di noi, quasi a vivisezionarci reciprocamente, facemmo quasi l'alba del giorno dopo, lunedì...
= Conclusione?
= La conclusione è stata che la stessa sera di lunedì l'ho invitata a cena a casa mia e, terminata la cena, ci ritrovammo abbracciati in un impeto di vera reciproca passione e tutto...
= Tutto?
= Tutto seguitò andando a letto insieme e, malgrado avessimo trascorso in bianco l'intera notte precedente non dormimmo ma invece...
= Ssss...non ho bisogno di particolari, è tutto chiaro. Come vedi sono molto calma e non reagisco come temevi. Vuoi sapere il perché? Perché l'avevo immaginato. Ero preparata e poi, come ben ricorderai, la storia si è ripetuta in quanto anche per noi le cose andarono nella stessa maniera. Vedi, io per il rispetto che ho di me stessa e per la mia dignità non faccio scenate di alcun tipo ma vorrei che tu ricordassi quanto è stato e quanto è infinito il mio amore per te mia adorata e dolce Sonia.

venerdì 5 agosto 2011

IL CAVALIER SERVENTE

= Buongiorno, posso sedermi quì?
= ma certo mia cara, lei è arrivata oggi?
= sì, questa mattina presto. Ho fatto un giro per visitare l'ambiente e la camera assegnatami
= soddisfatta?
= sì, anche perché corrisponde a ciò che avevo saputo al riguardo
= tutte le signore che si trovano in questa casa di riposo provano piacere ad abitarci. Siamo tutte single, pensionate ex dipendenti di banca ed ex funzionarie di alto livello di enti pubblici quindi ci possiamo permettere di essere qui quali ospiti. Ormai siamo diventate amiche, quasi sorelle e trascorriamo tutto il tempo a scambiarci ricordi, almeno fin quando la memoria ci assiste
= e qual'è l'età media?
= varia dai 70 agli 80 anni ma qualcuna ne ha anche di più. Noi ci diamo tutte del tu, vuoi farlo anche te se non ti dispiace?
= certamente, io ne ho circa 70
= ed io due più di te
= allora siamo quasi coetanee
= evviva!
= soltanto donne qui, vero?
= anche la direttrice ed il personale che vi lavora all'infuori di un bel giovane quarantenne tuttofare
= cioé di cosa si occupa?
= praticamente di tutto, ma adesso non c'è
= è in vacanza?
= no, adesso ti spiego. Anche lui è alloggiato qui e sin da oltre un anno. Pensa che al mattino si alza prestissimo e lavora fino a notte inoltrata. È una persona speciale. Gli vogliamo tutte un gran bene. A dire la verità non tutte. Vedi quella là seduta a quel tavolo? Sì proprio quella, ha circa novanta anni. Bene anzi male perché lei odia il nostro bel giovane quarantenne!
= come mai?
= innanzi tutto perché lei è una persona odiosa, gelosa e invidiosa. Una donna ricchissima che si dà tante arie. Ce l'ha con noi perchè il nostro cavaliere, veramente tale, è una persona affidabile, servizievole e comprensiva e lo era anche con lei, poi ad un certo punto è diventata come una belva feroce proprio verso il nostro amato cavaliere che noi invece difendiamo
= quale certo punto?
= lunedì della scorsa ettimana. Era circa l'una dopo mezzanotte quando tutte quante noi abbiamo sentito urlare la vipera a gran voce, una discussione animatissima e, dopo circa mezz'ora lei, la vipera, è andata a svegliare la direttrice e lì con voce alterata si è sfogata
= ma voi non sapete il perché?
= sì, vagamente
= qualche accenno?
= lui sia il mattino all'alba sia dopo la mezzanotte gira per tutte le nostre camere, si accerta se stiamo dormendo e se invece stiamo sveglie ci chiede premurosamente se abbiamo bisogno di qualcosa
= beh mi pare un atteggiamento molto affettuoso
= certo! Ora però ci mancherà chissà per quanto tempo
= il motivo?
= non sappiamo nulla di preciso ma sembra che la vipera gli abbia mosso un'accusa secondo noi
completamente inventata perché noi gli abbiamo data completa fiducia, sempre. Entrava e usciva dalle nostre camere liberamente senza che ci preoccupassimo di nulla e senza che ci creasse dei problemi
= scusami ma adesso questa sorta di cavalier servente dov'é?
= mi fa una pena poverino. Pensa che sta in prigione, in attesa del processo per direttissima con l'accusa,secondo me infondata, di furto aggravato e continuato. Però ci penseremo noi a pagare l'avvocato che lo difenderà.

lunedì 1 agosto 2011

MI VIENE TANTO DA RIDERE

Sì perché Alisa, la signora rumena vedova cinquantenne che assiste mia moglie , è venuta in casa nostra quasi un anno fa e afferma di sentirsi a suo agio. Ma non è per questo che mi viene da ridere. Cerco di spiegarne il perché.
Quando fece il suo ingresso qui da noi – o meglio da e per mia moglie – lei già era stata in Italia per assistere un'altra signora piuttosto anziana e si era trovata abbastanza bene ma, essendo la predetta anziana quasi cieca e molto sorda, un qualsiasi dialogo era molto difficoltoso tra loro non soltanto per questioni di udito e altro ancora, ma anche perché lei, l'anziana, parlava un dialetto un po' difficile da "legare" con la lingua rumena. Anche quando i parenti venivano a trovare l'assistita dialogavano tra loro in dialetto per cui ad Alisa era praticamente impossibile riuscire ad imparare la lingua italiana.
Un giorno dovette far rientro in Romania per sue questioni personali e, dopo un certo periodo, convinta da una sua parente che lavorava a Roma anche lei come assistente di una anziana, Alisa arrivò a Roma e quindi da noi in quanto per mia moglie era necessario avere accanto una persona per una assistenza continua. Avevamo preso un preciso accordo per un periodo di prova reciproca e cioé vedere se noi andavamo bene per lei e se Alisa andava bene per noi.
Superato brillantemente questo periodo lei andò sempre migliorando nell'apprendimento della nostra lingua nonché nell'adattarsi al tipo di menù italiano e a mettere da parte quello rumeno in realtà piuttosto pesantino. Per non parlare poi di alcuni "piatti" da lei molto graditi e da me invece no. Dopo un breve periodo di disagio a causa della diversità di opinioni in cucina, raggiungemmo infine un accordo e tutto andò liscio. Ammetto che il merito fu soltanto suo.
Mi sto perdendo in chiacchiere ed invece dovrei spiegare il perchè del mio ridere. Ebbene si tratta di questo.
È una persona molto buona, comprensiva e piena di premure verso di noi. Si preoccupa quando ci capita qualcosa di serio dal punto di vista fisico. Ed a me purtroppo è capitato almeno due volte con il conseguente ricovero urgente all'ospedale. È testarda ma anche intelligente e mi chiede molto spesso il significato di parole o frasi che lei sente, legge o segue in TV. E le vuole sapere in italiano perchè scrive in un suo quaderno ogni parola che impara per ricordarsela meglio. Insiste per farmela leggere, e mi chiede di controllare se è scritta bene e via dicendo. Mi ha nominato suo insegnante e allora sbotto a ridere perché in verità ne avrei bisogno io. Quando ad esempio mi chiede come si scrive una parola e il suo o i suoi significati io, prima di rispondere, vado prudentemente prima a controllare sul vocabolario e poi cerco di spiegarglielo. Una scena comica. Alisa invece è felice, conferma che da quando è arrivata da noi è migliorata molto nell'usare la lingua italiana ed effettivamente è così, ma il merito non è mio. Direi che la stiamo imparando in due ma è lei che ci tiene di più. A me evidentemente serviva questa specie di corso accelerato di ripetizione. Certo alcune parole non le pronunzia ancora molto bene ed io, a volte, quando sento che le dice in maniera comica, mi metto a ridere, Ma non la irrido, io rido e lei non se la prende. Accetta, sorridendo anche lei, ogni mia osservazione che le faccio in proposito ma senza atteggiarmi a maestro. Così con simpatia. E poi so benissimo che la lingua italiana è una tra le più difficili del mondo e per impararla ci vuole molto tempo e un insegnante vero non uno come me.
In conclusione, l'ultima "chicca". Martedì scorso, come ogni settimana, Alisa si reca di mattina al mercato o al supermercato e, per rammentare ciò che deve acquistare, le ho suggerito di scrivere lei la lista e questo è stato il risultato che, dopo averla letta, ci ha fatto tanto ridere: "AQUA" minerale, sapone "LICQUIDO", "OMOMGENIZZATI", "PASSATTA" di pomodoro, "OLLIO" (e Stanlio no?) extra vergine. Parlare bene in italiano è difficile, figurarsi saperlo scrivere.
Immagino quanto farei ridere io se mi dovessi trovare in Romania.