venerdì 30 settembre 2011

VOLEVO FARE IL MIO ABITUALE SONNELLINO

Ogni giorno, festivo oppure no, verso le 14.00 mi sdraio comodamente in un ex divano-letto nella mia camera, accendo la TV mica per vederla ma perchè senza l'audio la uso come ninna nanna muta
per il mio solito riposino.
Senza bisogno di un sonnifero immancabilmente mi assale un sonno leggero che mi consente di sentirmi al risveglio abbastanza soddisfatto.
Il bello è che cio accade per qualsiasi cosa a quell'ora trasmetta la TV soprattutto se si tratta di film di ogni genere.
Oggi, sempre seguendo lo stesso rito, acceso l'apparecchio mi accorgo che stanno trasmettendo il secondo tempo di uno spaghetti-western, molto vecchio perché il protagonista-buono è un attore oggi famoso sia nel cinema che nelle fiction televisive ma che in quel film doveva avere non più di una ventina d'anni.
Quel genere di film a me non è che piace molto ma, pur non essendo assolutamente un esperto di cinematografia, le prime sequenze mi stanno incuriosendo molto.
Non so chi è il regista, certamente non il grande Sergio Leone e neppure uno di quei famosi registi d'oltre oceano ma dev'essere anche lui alle primissime armi.
Allora, sempre senza audio, assisto a delle scene incredibili: una dozzina di cowboys dalle facce truci guidati da un soggetto con i tratti del viso da criminale incallito evidentemente sono i protagonisti cattivi, i quali stanno cercando di far uscire da una piccola casa di legno e paglia un loro compare il quale si trova lì rintanato con una bambina di sette od otto anni. Sembra che malgrado i cattivi minaccino a lungo, il compare non ne voglia sapere. Decidono di dare fuoco alla casa tirando delle torce accese sul tetto di paglia. Immancabilmente sta andando tutto a fuoco e quindi il compare esce con le mani alzate ma i cattivi lo fanno secco. La bambina invece si salva. In lontananza, nella vasta prateria, s'intravede un cavaliere che sta galoppando verso la casa in fiamme; i cattivi appena lo vedono gli sparano addosso una tale bordata di revolverate da far fuori un intero esercito ma il cavaliere – è di certo il protagonista buono – malgrado le fiamme e le pistolettate entra in casa, esce con la bambina in braccio, si mette al riparo di un covone di fieno o grano non so bene e risponde al fuoco con un revolver a tamburo. Comincia a sparare in continuazione e, come se avesse una mitragliatrice, fa secchi i cattivi anche due alla volta – come faccia non si capisce – all'infuori dal loro capo che se la svigna. Nella scena successiva la "bella" del film è legata ad una sedia nelle mani di un altro cattivo – deve essere un socio di quello di prima. Improvvisamente irrompe il buono il quale dev'essere il "lui" della bella e, mollando un solo pugno, tra l'altro distante dal viso del cattivo-bis, costui crolla a terra. Riappare quello cattivo di prima che ha assoldato altri compari simili a lui; solita sparatoria con la bella liberata e ben riparata mentre il buono risponde al fuoco spedendo all'altro mondo tutti i gaglioffi eccetto il loro capo il quale essendo rimasto senza colpi in canna è costretto a scazzottarsi con il buono che ovviamente ha la meglio e consegna il cattivo allo sceriffo accorso quasi subito – molto quasi – accanto al vincitore. Campo lungo che fa vedere allontanarsi abbracciati il buono e la bella.
Benché la visione di questo "indimenticabile" pseudo film sia terminata da poche ore ho voluto
descriverne alcune scene per timore di dimenticarmene ove mi andasse di rivederlo ancora .
Con tanti saluti al mio abituale sonnellino quotidiano.

lunedì 26 settembre 2011

STAVA DIVENTANDO QUALCOS'ALTRO...

...mentre la prima volta era stato solo sesso.
Incontrai quella persona un giorno alla fermata della metro ed entrammo insieme ad altri pochi passeggeri. Di posti a sedere ce n'erano molti e quindi non ebbi alcuna difficoltà per accomodarmi e seguitare a leggere un romanzo che avevo acquistato un paio di giorni prima. Si sedette accanto a me e poco dopo mi chiese se quello che stavo leggendo era di mio gradimento. Mi pregò di scusarlo per essere stato forse inopportuno ma l'aveva incuriosito il fatto che stavo leggendo lo stesso romanzo che lui aveva terminato di leggere proprio la sera prima. Non mi espresse il suo parere e neppure mi accennò qualcosa sulla trama. Lo ringraziai per questo.
Due fermate prima della mia lui si alzò e prima di scendere mi disse guardandomi fisso
= Domani mattina starò alla stessa fermata della metro e alla medesima ora, arrivederla!
Io rimasi di stucco e per tutto il giorno non feci che pensare a quel tale che non aveva detto altro per l'intera durata del viaggio ma soltanto quella frase pronunciata in modo così perentorio.
Ma come si era permesso un giovanotto che poteva avere al massimo ventisei o ventisette anni ad usare quel tono nei confronti di una come me quasi quarantenne che quell'età la dimostrava tutta?
Ad ogni modo la mattina dopo appena scesi le scale della fermata lui era già lì.
Si avvicinò e mi disse
= buongiorno, oggi niente romanzo? Ha già terminato di leggerlo?
= mi ascolti, lei è abituato a importunare la gente o mi ha scambiato per qualche altra sua conoscenza?
= no. Le confesso che sono stato colpito da qualcosa che non so decifrare bene...
= allora l'aiuto io. Non la conosco e mi dà fastidio parlare con sconosciuti perché...
= ecco la metro. Entriamo?
Mi misi seduta e lui accanto a me. Dopo un po' mi fa
= la prego di scusarmi, rimedio subito presentandomi: mi chiamo Diego, ho venticinque anni, sono scapolo, vivo con i miei genitori, non ho fratelli o sorelle e lavoro presso una società di assicurazioni. Lei invece?
= ritiene che tutto quello che mi ha appena detto mi può convincere a dire qualcosa di me?
= forse no ed ha tutto il diritto di non farlo. Ad ogni modo lei domattina mi troverà alla sua – direi ormai nostra – fermata ed alla stessa ora di oggi. La ringrazio e la saluto perché devo scendere.
E così seguitarono questa specie di appuntamenti poco concreti.
Dialogammo però molto di più ed ognuno di noi, io soprattutto, man mano che il tempo passava gli raccontavo molto di me. Finchè un giorno decisi d'invitarlo a cena a casa mia. Vivevo da sola, single com'ero non dovevo chiedere il permesso a nessuno. Avevo ancora i miei genitori e due sorelle sposate che avevano la loro vita e ogni tanto si pranzava tutti insieme ad un ristorante gestito da amici fraterni di mio padre.
Ciò di cui mi preoccupava di più era il fatto che man mano che il tempo passava ci sentivamo sempre più attratti l'uno dall'altro malgrado la differenza d'età che a me dava molto fastidio ma lui invece non se ne curava affatto.
Finì come entrambi desideravamo e almeno due sere a settimana i nostri incontri si susseguirono regolarmente e felicemente.
Ma un giorno, senza alcun apparente motivo, mi sentii una persona senza scrupoli come se fosse colpa mia se uno troppo giovane si fosse innamorato di me. Pensai di essermi approfittata della sua ingenuità. Ed invece ingenuo non lo era affatto.
Mi si presentò un'occasione ed io la colsi al volo. In ufficio mi avevano proposto un posto più prestigioso se mi fossi trasferita a Milano. Accettai senza indugio ma quando ne informai Diego la sua reazione fu come se avesse ricevuto una mazzata. Non ci voleva credere e mi pregò di rifiutare quell'offerta anche se per me vantaggiosa sotto molti punti di vista.
Nonostante ciò mi trasferii a Milano perché mi rendevo conto che stava diventando qualcosa di molto diverso da una semplice relazione tra due persone consenzienti.
Ed era proprio quello che mi aveva spaventato e che volevo evitare per troppi comprensibili motivi.
Non ci sentimmo e non ci vedemmo più.

mercoledì 21 settembre 2011

QUELLA VACANZA DEL '71 - scritto nell'aprile del 2009

Un viaggio in Inghilterra o meglio a Londra in particolare è stato, sin dall’infanzia, il sogno del
mio rampollo. Fu così che nel giugno del ‘71, ultimate le scuole, tanto fece e tanto disse che, dopo una lunga e faticosa battaglia, vinse le mie reticenze e riuscì a convincermi a programmare il viaggio. Una curiosità: a quel tempo lui aveva 12 anni io 41… E questa non è stata, purtroppo, l’unica sua vittoria: altre se ne sarebbero presto aggiunte.
=Mese di luglio dell’anno di grazia 1971 d.c. La decisione fu presa. Per dire il vero a decidere furono, all’unanimità, il rampollo e la mammina. Questa è la democrazia, la maggioranza vince.
Dunque, ritorniamo allora a quel giorno. Si va a Londra. Ma ecco i primi quesiti: come ci si arriva? Esistono varie opzioni: a piedi, con i pattini, in bicicletta, in carrozza, a cavallo, in macchina, in treno, in deltaplano, col pallone aerostatico, in nave - una crociera? Il mio sogno. Oppure in aereo Su quest’ultimo mezzo ho posto il mio veto.. Una breve consultazione: chi ha la patente? Io soltanto. Rapidamente viene presa la decisione - da loro due - andiamo in macchina. Sebbene abbia compiuto tre anni appena pochi giorni fa, Celestina - trattasi di una Fiat 1100/R -,. ha espresso la volontà pure lei, di farsi visitare dai suoi specialisti del ramo: elettrauto, gommista, meccanico ed io l’accontento. La ricerca del percorso da fare è un po’ più problematica. Chiedo in giro e riesco a sapere dove si trova un’agenzia di viaggi che si occupa esclusivamente di organizzare vacanze in Inghilterra. Recatomi sul posto indicato mi presta la sua attenzione una distinta signora dall’aspetto giovanile che mi spiega, in italiano ma con un piacevole accento anglosassone, l’itinerario migliore per arrivare a Londra. Mi consegna addirittura un depliant con annessa cartina stradale turistica dove è tracciato minuziosamente l’intero percorso da Roma a Londra. La milady mi fornisce ulteriori dettagli circa la prenotazione da fare sia per il traghetto con il quale dovrò attraversare il Canale della Manica, sia per una camera in un decoroso albergo londinese. Mi suggerisce altresì alcuni preziosi consigli tra i quali anche quello di munirmi di moneta appropriata prima della partenza. Tramite un amico che lavora in banca, cambio una certa quantità di lire italiane in dollari.
=Primi di agosto dello stesso anno di grazia 1971 d.c. Finalmente, dice il rampollo, arriva il giorno fatidico: si parte. L’equipaggio del mezzo è composto dal primo pilota - pardon autista -che sono io, dall’assistente addetta anche alla sussistenza che è la mia metà e dal nostro unico figliolo. Questi, dopo essersi impossessato a viva forza del depliant e annessa cartina, si autonomina subito navigatore con precisi compiti ciceroniani, si installa sull’ampio sedile posteriore e mi affligge elencandomi indicazioni e istruzioni con una continuità impressionante. Percorriamo l’Autostrada del Sole - a quei tempi si chiamava così - a discreta velocità, fermandoci soltanto per questioni impellenti. C'è da tenere ora in considerazione le ripetute sollecitazioni del rampollo che chiede ogni dieci minuti: quando si arriva a…?, quante ore mancano per…? e via discorrendo. Letteralmente stremato, dopo oltre 620 chilometri, ci fermiamo ad Alessandria, in Piemonte, per mangiare un boccone e per cercare di riposare in una piccola pensione. Ma, sia io, per la stanchezza, sia il rampollo, per l’eccitazione, non riusciamo a prendere sonno. L’indomani, dopo una breve colazione, si riparte. Torino, Aosta e il Valico del Gran San Bernardo superato il quale mettiamo ruote e piedi in Svizzera, a Martigny dove il rampollo “deve”, così afferma lui, dare seguito a quello che io definisco “il patibolo del fotografato”: e cioè deve scattare alcune foto-ricordo. Continuiamo il viaggio e cammina, cammina, no, pedala, pedala, neppure, beh insomma proseguiamo e arriviamo in Francia dove ci fermiamo per una breve sosta, naturalmente con foto, a Besancon. Il rampollo-navigatore mi incalza, facendomi inca…re, dicendomi che siamo vicini a Reims quindi ormai non manca molto per Calais dove si trovano i traghetti per la traversata. Lui, con quel depliant e annessa cartina, è già arrivato. A parole. Da parte mia è perfettamente inutile smoccolare anche perché il rampollo si sente confortato dall’atteggiamento della mammina. Io conto unicamente perché devo guidare. Nei pressi di una strada, ritengo provinciale, troviamo una deviazione per lavori in corso che ci costringe a percorrere una sorta di viottolo di campagna, il tutto in mezzo a una piantagione di non so che tipo e che sembra non finire mai. Fortunatamente mi incollo alle ruote di un’altra auto con targa francese che mi precede e che appare, l’autista, non lei, sicuro di sé. E’ sera inoltrata quando all’orizzonte vedo Calais! Siamo qui con due giorni di anticipo ed il nostro traghetto partirà fra 48 ore. Allora, cerchiamo e troviamo un albergo dove soggiornare. Dopo le formalità di rito entriamo nella stanza che ci è stata assegnata e la mammina, dopo aver esaminato attentamente il letto dove dovremo dormire, afferma categoricamente che le federe dei guanciali non sono pulite sventolandomi sotto il naso alcuni capelli. Discutiamo un po’ e poi decidiamo di andarcene l’indomani. Questa notte dormiamo seduti. Dopo la colazione mattutina decido di fare un tentativo. Mi reco al punto d’imbarco dei traghetti per l’Inghilterra. M’imbatto in un giovane dipendente della società di navigazione e gli chiedo, in uno slang misto inglese-italo-americano, se esiste la possibilità di anticipare il traghettamento. Lui mi informa che si può fare soltanto se non ho camper o roulotte al seguito; gli dico che al mio seguito ho soltanto una moglie e un figlio ma questo non è un impedimento - secondo lui. In neppure mezz’ora ci troviamo a bordo. La fuga da Calais è riuscita. Dopo aver sistemato Celestina, saliamo sul ponte del traghetto e ci gustiamo l’attraversamento della Manica. Il rampollo non fa che scattare fotografie. Io continuo a dirgli di sospendere ogni tanto, ma è come parlare alle “bianche scogliere di Dover”- England- che ad un certo momento ci appaiono in lontananza. Esulta il rampollo come farebbe un marinaio di vedetta su una nave in difficoltà gridando a gran voce: “terra, terraaaaa”. Celestina ci accoglie nel suo grembo e noi cominciamo le operazioni di sbarco quando veniamo subito stoppati da un’enorme “bobby” che, pur sorridendo, mi fa capire che sto andando per il verso sbagliato. E’ vero! Mi torna in mente uno dei consigli di milady: qui la guida è a sinistra. Il rampollo e mammina sghignazzano ma io fingo di averlo fatto di proposito per vedere come andava a finire. Comunque è meglio che da adesso in poi mi ricordi di questo piccolo particolare. Faccio subito rifornimento di benzina anche perché qui costa meno e, seguendo le istruzioni del “navigatore”, imbocco la strada per Londra. Appena vi arriviamo, riusciamo a trovare facilmente il piccolo albergo che ho contattato prima di partire perché si trova in una zona abbastanza centrale: nei pressi di Hyde Park al vertice del quale è lo Speaker's Corner il famoso angolo dei liberi oratori domenicali e Marble Arch . Parcheggio davanti l’albergo, trasloco famiglia e bagagli nella camera senza bagno che ci hanno assegnato e ci mettiamo subito in moto, a piedi, per visitare la città e dare inizio alla nostra vacanza. Il vialetto dove si trova l’albergo è piacevole, con delle panchine lungo il suo percorso personalizzate, nel senso che su ognuna di esse c’è una targhetta con nome, cognome e una data: devono essere state donate dalle persone che vi sono indicate. Ci troviamo subito in Oxford Street dove noto una fermata dell’”underground”, un negozio che vende anche giornali italiani, una banca: insomma sono, cioè siamo soddisfatti. Dobbiamo trovare qualche locale dove si può mangiare qualcosa senza incidere troppo sulle nostre sostanze, sia a pranzo che a cena, poiché l’albergo dove soggiorniamo offre soltanto il “breakfast” al mattino. Passeggiando notiamo però che ci sono in giro dei banchetti-carretto che vendono “hot-dog” caldi e alcuni piccoli locali dove si possono acquistare “fish and chips”, oltre a numerosi “pub”,naturalmente. Una mattina siamo andati in uno di questi per prendere un caffè ma hanno impedito al rampollo di entrare perché non aveva l’età e lui è rimasto fuori con un muso così lungo che toccava terra. Avremmo fatto meglio anche noi a non entrarci dato che il “coffee english”somiglia più ad una purga allungata che ad un qualsiasi caffè all’italiana. Quel caffè che continuiamo a chiedere ogni giorno. La prima giornata londinese termina alle 21 circa, ora in cui io decido che è meglio rientrare in albergo per il meritato riposo: nessuno si oppone perché siamo stremati. Il giorno seguente consumiamo la prima “breakfast” e decidiamo subito che per noi quello non è da considerare come una prima colazione, ma è da paragonare ad un pranzo: tè, milk, bacon, butter, corn-flakes, eggs, orange juice, per di più serviti al tavolo dal proprietario o gestore dell’albergo. Con la pancia piena ci dirigiamo verso la macchina che avevo parcheggiato poco distante il giorno prima e trovo sul parabrezza un foglietto avvolto nella plastica, probabilmente per evitare che si rovinasse in caso di pioggia, nel quale sono riuscito a tradurre che mi è stata appioppata una sostanziosa multa per divieto di sosta. Vado dal proprietario dell’albergo e gli chiedo se mi può indicare un garage vicino per poter posteggiare la macchina per qualche giorno. Mi reco al locale indicatomi e due robusti africaner mi accolgono ben volentieri e mi indicano dove far riposare Celestina, anche ad un costo abbastanza conveniente.
Prima di iniziare la visita turistica dei principali luoghi e monumenti londinesi cerchiamo di imparare bene i numerosi percorsi dell’underground distinguibili perché tratteggiati con colori diversi. L’unico che li sa distinguere a meraviglia e rapidamente chi è se non il rampollo? Il quale soltanto due o tre giorni dopo il nostro arrivo, approfittando di un mio momento di debolezza, mi strappa il permesso di andarsene da solo a farsi un giro per la metro di Londra con grande disapprovazione della mammina. Eccoci quindi pronti a trascorrere la nostra vacanza visitando tutti i posti più famosi della città, vediamo inoltre il cambio della guardia davanti Buckingham Palace, il passaggio del battello sul Tamigi e incrociamo spesse volte i caratteristici taxi e bus londinesi a due piani di colore rosso. Non manchiamo anche di fare una capatina – ahimè - all’immenso magazzino “Selfridge” sulla Oxford Street. Tutto ciò implacabilmente immortalato da un’ossessionante sequela di scatti fotografici tra i quali quello in cui io e la mammina veniamo inquadrati dal rampollo ai piedi della statua di Riccardo Cuor di Leone. Questa fotografia è particolare perché, oltre a noi due, il rampollo ha fissato in modo inequivocabile il “corpo del reato” da lui commesso. Gli ho sempre raccomandato di badare a dove appoggiare la custodia della macchinetta fotografica ogni volta che avesse sentito la bramosia di scattare foto, ma quella volta la mise sul tetto di una macchina in sosta nei pressi della statua e lì fu dimenticata, non da me. Starà ancora lì ad aspettare il suo proprietario?
E venne il giorno...
- 1)del primo imprevisto: nel leggere un quotidiano italiano apprendo che il “dollaro sta calando”; mi precipito in banca e nell’effettuare il cambio constato che effettivamente ci sto rimettendo un bel po’. E così nei giorni a seguire. Alla faccia dei preziosi consigli della gentile milady di Roma. In fondo però come poteva saperlo?;
- 2)di un “e-vento” anch’esso non previsto. Una mattina, dopo aver fatto colazione, stiamo per uscire, attraversiamo la piccola hall dell’hotel dove scorgiamo, seduto di spalle su un divano, uno sceicco arabo - lo desumo dal suo abbigliamento - che sembra assopito. Improvvisamente - io sono innocente, lo giuro- si sente un”peto” talmente sonoro che lo sceicco si volta bruscamente e ci guarda spaventato. I due, rampollo e mammina, dopo avermi rimproverato ad alta voce chiamandomi pure per nome, se la danno a gambe, come se fosse colpa mia. Che potevo fare? Sono arrossito ed ho detto umilmente “sorry”;
- 3)della piacevole vista, nei pressi della Victoria Station, di un locale: un grill-room gestito da italiani dai quali ci facciamo servire qualche piatto di cui avevamo nostalgia. C’è però un problema: tutto viene servito col butter. Alla mia richiesta di un po’ d’olio d’oliva si guardano in faccia ma non si perdono d’animo: lo vanno ad acquistare in farmacia!;
-4)del guaio da me combinato quando ho lasciato Celestina al garage: i due africaner appena mi vedono cominciano a sbraitare talmente inca…ti che soltanto dopo un bel po’ riesco a capire quello che ho mal-fatto. Non solo non ho lasciato chiavi ma ho addirittura messo il bloccasterzo. La qual cosa, come si può immaginare, ha impedito a chiunque di spostare Celestina da lì dove, parecchi giorni prima l’avevo posteggiata, cioè dietro a due macchine alle quali è stato impedito ogni più piccolo movimento, sia “avanti sia indrè”;
- 5)dell’imperdibile - dice il rampollo- partecipazione ad un evento calcistico: una partita del campionato inglese tra due squadre londinesi di notevole qualità dove peraltro giocavano alcuni famosi calciatori che avevano preso parte ai campionati mondiali dell’anno precedente. Benché lo stadio si trovi a Londra, la strada per arrivarci è piuttosto lunga, ma la sa altrettanto lunga il rampollo-navigatore che con la sua cartina in mano mi dirige autorevolmente. Faccio una sosta accostando a sinistra davanti un negozio per acquistare non rammento cosa. Appena entrato la signora che è al bancone mi dice in inglese che io sono italiano. Incuriosito, le chiedo, cercando di farmi capire, come fa a saperlo e lei mi indica il borsello che ho sul braccio: un segnale preciso della italica moda di quegli anni. Quando usciamo dal negozio io e il rampollo vediamo che un bobby tutto sorridente sta scrivendo qualcosa su un blocchetto davanti a Celestina ed alla mammina che, anche lei sorridente, se ne sta placidamente seduta al posto del passeggero. Col mio famigerato slang cerco di spiegare al bobby come stanno le cose e lui, sempre sorridendo, mi fa capire che possiamo andare: la multa potrà essere pagata successivamente. Giunti allo stadio, comodamente seduti tra i placidi tifosi delle due squadre, assistiamo all’incontro ma dopo poco l’inizio del secondo tempo qualcuno di noi ha urgente bisogno del bagno. Ci alziamo tutti per andare a cercarlo, ma ci accorgiamo presto che non è né il momento né il posto più indicato.. Quel poco di trambusto creato da noi che andiamo alla ricerca del bagno è qualcosa di comico. Gli spettatori inglesi seduti vicini a noi ci lanciano appena un piccolo sguardo: la classica flemma britannica.
- 6)dell’incredibile giornata del 15 agosto: un freddo cane ed una pioggerellina fastidiosa, fortuna che abbiamo gli indumenti adatti. Il giorno dopo però, ci ritroviamo un sole meraviglioso tanto che Hyde Park è pieno di gente che si crogiola al sole seminuda. Indico alla mammina di accomodarsi su una sdraio, mentre io e il rampollo ci allontaniamo un attimo. Al nostro ritorno notiamo che la mammina sorride amabilmente ad un bobby che, anche lui sorridente, ha un blocchetto in mano e cerca di farsi capire dicendo che per occupare una sdraio occorre pagare qualcosa. Sistemo la questione e ce ne andiamo tutti a passeggio;
- 7)della “mazzata”: il giorno prima del nostro rientro in Italia mi viene l’idea di pranzare in un vero ristorante italiano. Lo troviamo rapidamente ed entriamo: notiamo subito che è un bellissimo locale. Mentre ci accomodiamo, ci viene incontro un distinto cameriere anche lui italiano il quale ci fa sedere ad un tavolo addobbato lussuosamente. Senza indugio, gli chiediamo di portarci del buon vino italiano ed i piatti del giorno, magari pesce, e non vogliamo leggere il menù. Ci viene servito un ottimo pranzo ed al termine, dopo un vero caffè italiano, mi viene consegnato discretamente il conto. Ho un lieve mancamento ma con signorilità pago, invito i miei ad uscire e, appena fuori, mi riempio la faccia di pugni. Loro non capiscono ma io ricorderò questo pranzo per l’eternità.
=Il giorno del ritorno è arrivato. Decido di non rifare la stessa strada del viaggio d’andata. Quindi da Dover, col traghetto, sbarchiamo a Ostenda, in Belgio, proseguiamo per la Germania dove arriviamo che è quasi notte. Stiamo percorrendo un’autostrada, senza pedaggio ma anche senza autogrill, motel o pompe di benzina dove poter chiedere asilo e informazioni. Ad un tratto il rampollo mi fa cenno che ho appena sorpassato un cartello indicatore. Rischiando di schiantarci verso alcune auto che stanno sopraggiungendo a forte velocità, a marcia indietro torno dove effettivamente c’è un cartello con la scritta “Ausgang”. Finalmente un qualche luogo dove poter sostare. Dobbiamo però fare parecchi chilometri prima di giungere ad una cittadina che non credo si chiami come indicava il cartello. Io però il tedesco non lo parlo e quindi si può chiamare come crede. Troviamo un albergo dove un omone che si presenta con un cane enorme, lupo, pastore, leone non so, comunque al guinzaglio e con la museruola, ci concede di entrare. Siamo stanchi, ma riusciamo a riposare bene. La mattina dopo, ingoiata un’abbondante colazione, riprendiamo l’autostrada verso l’Italia. Lungo il tragitto, pensando ad una breve sosta, ci fermiamo nei pressi di una bassa costruzione dove vedo fermarsi altra gente. Mentre ci avviciniamo, notiamo che si tratta di una specie di bar automatico nel senso che tutto ciò che desideri di commestibile si può avere infilando monete nelle apposite feritoie di alcuni scaffali ricolmi di cibi e bevande. Stiamo consumando quello che abbiamo scelto quando si avvicina un distinto signore, capelli bianchi, bel portamento il quale in un discreto italiano mi racconta che durante la guerra ha fatto il soldato proprio di stanza a Roma e quindi appena ha letto i dati della targa di Celestina ha voluto fare la nostra conoscenza e salutarci. Gentile però. Commentiamo il fatto ed intanto arriviamo in territorio italiano ma dopo un lunghissimo tunnel, appena ne usciamo, c’investe una specie di tempesta. Vento e pioggia a secchiate, buio da fare spavento tanto che non si riesce a vedere al di là del parabrezza di Celestina. Fortuna che ci troviamo sull’Autostrada del Sole! Appena intravedo una grossa stazione di servizio con tanto di area di sosta mi precipito e vedo che già altri hanno avuto la stessa idea, specialmente alcun grossi Tir. Visto che il temporale non smette decidiamo di
trascorrere la notte tra le braccia della nostra Celestina. L’indomani, appena spuntato il sole, ci affrettiamo a riprendere il cammino verso casa. Il che avviene in tarda serata. Tutto è andato bene? Credo di sì. Celestina non mi ha creato problemi e meno male perché ne avevo avuti già in abbondanza. La vacanza è terminata.
Arrivati a casa, parcheggio Celestina accanto il marciapiede, scendo, m’inginocchio e bacio la terra ove poggio i piedi.

lunedì 12 settembre 2011

LA FANTASIA E' VOLATA VIA

Inseguita a passi veloci dalla memoria che se ne sta andando ed anche il tempo non è da meno.
Non che me ne sia accorto improvvisamente ma col procedere inesorabilmente dei giorni, dei mesi e quindi degli anni è ovvio che le cose possono soltanto peggiorare.
La prova è che quando mi accingo a scrivere qualcosa perché la cassaforte dei ricordi sembra si stia aprendo non faccio in tempo a catturarne uno che già lo sportello si richiude.
E allora tento, tento ancora di aprirla ma pare che tutte le combinazioni di cui mi è rimasta traccia non funzionino più.
Ad onor del vero m'infastidisce il non rammentare più ricordi se non per una fortuita coincidenza con qualche avvenimento del tempo attuale.
Però il "volo" della fantasia mi secca ancora di più.
Mi sono reso conto che la mia fantasia dipende – sembrerà strano – da chi e che cosa incontro durante la giornata poiché anche un piccolissimo accadimento – a me è capitato spesso – può dare alla stessa fantasia la capacità di fantasticare.
Ma proprio questo è il mio problema. Per quanto mi sforzi è un po' di tempo che si è bloccata.
Ne ho preso atto e mi sono rassegnato.
D'altra parte arrivato a quest'età non poso pretendere di più dalla mia mente e, ovviamente dal mio fisico in generale.
Belli però i giorni della giovane età.
Mi consolo con il fatto che ogni giorno è un giorno in più ed è proprio vero quello che ricorda una cara amica blogger citando queste parole ".....del doman non c'è certezza.....".

giovedì 8 settembre 2011

DOLORINO QUOTIDIANO

È più che comprensibile che persone della quarta o quinta età avvertano quotidianamente o quasi un dolorino.
Quando è ".....ino" pazienza, si sopporta e si attende che passi, ma quando è ".....one" allora le cose cambiano.
Tre giorni fa mi è capitato questo. La sera prima mi metto a dormire verso mezzanotte e mezza, mi addormento abbastanza rapidamente grazie alla solita compressa, ma alle cinque del mattino successivo un fortissimo dolore alla caviglia del piede sinistro, più precisamente al malleolo laterale esterno, mi sveglia e mi fa quasi gridare.
Allora mi dico "e mo, che è 'sta novità?". Perché non si tratta dei soliti crampi notturni che ogni tanto si fanno vivi ma trascorsi alcuni minuti spariscono, questo è un dolore più forte e dura più a lungo.
Molto lentamente cerco di alzarmi e provo a poggiare il piede sul pavimento: è una parola, vedo le stelle.
Non capisco: ieri stavo abbastanza bene, non sono caduto in strada e neppure per le scale, non ho subito distorsioni e anche quando ho fatto la doccia tutto è andato liscio, non ho giocato a calcio, a calcio a 5 e neppure a quello a 8 . E allora? Non mi pare che questa notte sia andato in discoteca a fare quattro salti (neppure in padella).
Aspetto ancora una mezz'ora poi ci riprovo.
Piano piano, trascinando il piede sinistro senza poggiarlo, vado in bagno e lì so' dolori. Resisto, zoppico, provo a camminare solo con la sola gamba destra ma niente da fare.
Verso le 8 a.m. telefono al pupo – mio figlio, 52 anni, fisioterapista – gli dico come stanno le cose.
Dopo un'oretta viene, mi esamina il piede, lo tocca, lo liscia, lo ricopre con una pomata oleosa, ma il dolore persiste. Dice che non c'è gonfiore e che il malleolo laterale interno sta bene. Beato lui, io no. Con il passare delle ore siamo – o meglio sono – allo stesso punto.
Il pupo mi suggerisce di mettere sopra il piede una borsa di ghiaccio. Eseguo ma non cambia nulla.
Mi rassegno, dico un bel po' di litanie e, alla solita ora, molto goffamente mi metto a letto pronto a trascorrere una notte in bianco.
E invece no. L'indomani, poco dopo le quattro del mattino, al polpaccio destro si fa vivo un crampo che mi costringe ad alzarmi e...MIRACOLO!!!...il piede sinistro non mi fa male nemmeno un po'.
Tutto sparito. Dalla contentezza mi viene la voglia di saltellare ma riesco a fermarmi in tempo.
Sai com'è, è capace che il "dolorino" si rifaccia vivo.
Mi viene da ridere ricordandomi questa tipica frase "chi non ha buona testa ha buone gambe" ma allora io aggiungo "non sempre però" dato che possono non essere "buone" sia la testa sia le gambe.
Torno alla frase con la quale ho iniziato e dico a me stesso: "è l'età caro mio". Uffa!

domenica 4 settembre 2011

LETTERA DA MIA MADRE

Ciao Aldarello.

Sì lo so, non è più il caso di chiamarti così alla tua età ma a me piace molto chiamare te e i tuoi fratelli – due dei quali insieme a papà stanno qui con me – come quando eravate bambini.

A proposito di bambini, quando diventasti più grande ti raccontai che al momento della tua venuta al mondo mi creasti dei problemi e corremmo entrambi qualche rischio ma poi tutto si sistemò.

Forse è stato per questo che ho avuto un certo debole verso di te anche se invece tu eri il cocco di papà. Infatti, malgrado le marachelle - piuttosto grosse direi - che combinasti fino al compimento dei tuoi diciotto anni, ti ho voluto bene. Naturalmente il mio affetto e il mio attaccamento era anche per i tuoi tre fratelli, certo.

Una delle marachelle era quella – non so se te la ricordi – di quando infilavi la mano nel ripieno di ricotta di mucca, canditi e scagliette di cioccolato che preparavo durante le festività natalizie per i cannoli siciliani, una delle mie specialità graditissima da tutti. Tu magari avrai pensato che mi fosse sfuggito il tuo armeggiare dato che ero voltata di spalle ed invece sapevo benissimo che eri tu "al lavoro" nella parte bassa della credenza di cucina.

Comunque io e papà eravamo molto orgogliosi di voi quattro birbanti nonostante tutto quello che facevate.

Purtroppo nel 1976 – io ne avevo sessantasei di anni – ho dovuto lasciarvi ed ho raggiunto papà che già ci aveva lasciati nel 1970.

Sai perché ti scrivo questa lettera? Perché sia nel 1953 e sia nel 1966 e nel 1975 te la sei vista molto brutta, ma a me non faceva piacere andarmene prima di chiunque di voi quattro ragazzi. Ed è andata così. Infatti, pensa un po', stai arrivando alla tua veneranda età malgrado tutti i guai fisici che sopporti e che hai dovuto sopportare. Certo non scoppi di salute, tutt'altro, però tiri avanti.

Noi qui ovviamente non abbiamo radio e neppure televisione però siamo riusciti ad entrare nel tuo pc-Pasquale,vediamo tutte le tue scribacchiature e ne discutiamo, ma non ci dispiace leggerti. Praticamente stai ripetendo quello che facevi da bambino e da ragazzo inventandoti in parte tante storielle. Da uomo più che maturo stai ricordando anche molte cose del tuo e nostro passato arricchendole magari con un po' di fantasia.

Non so se lo rammenti ma la tua insegnante delle elementari me lo diceva che tu eri bravo a fare i temi d'italiano ma poi, dopo la prima media, ti sei fermato, cioé, come si usa dire, ti sei "guastato col crescere".

Adesso resta lì dove ti trovi, intendiamoci non che qui si stia male, però è preferibile essere ancora in carne, ossa e tutto il resto, credimi.

Non ci sarà bisogno di avvisarci quando verrà il tuo turno, noi tutti lo sapremo prima.

Salutaci affettuosamente tutti i nostri familiari, figli, mogli, nipoti e pronipoti e intanto anche noi ti salutiamo abbracciandoti forte.

Mamma.