mercoledì 29 agosto 2012

AVEVO NOTATO IL SOGGETTO E...

...l'osservavo incuriosito per il suo comportamento. Un uomo alto, capelli folti leggermente brizzolati, un viso con un cipiglio duro, baffetti sottili allaClark Gable, distintamente vestito. Stavamo entrambi fermi, insieme ad altre persone, in piedi sul marciapiede dove era posizionata la fermata di tre linee di autobus ognuno verso differenti destinazioni. Il soggetto in realtà era appoggiato ad una balaustra in ferro che divideva la strada riservata ai mezzi pubblici da quella del traffico privato. Volgeva lo sguardo verso le persone in attesa ma si soffermava soprattutto ad osservare le donne. Un paio di autobus erano sopraggiunti, molte persone erano salite, ma il soggetto no e per la verità neppure io. Evidentemente aspettavamo lo stesso bus e insieme a noi anche altre persone. Quando sopraggiunse il bus che aspettavo insieme ad altri ci accingemmo a salire ed io mi feci un poco da parte per far passare prima alcune donne ma venni bruscamente scansato da quel soggetto il quale, rapido come un fulmine, s'infilò tra me e una ragazza, forse ventenne, che si era messa in fila per obliterare il biglietto di viaggio. Non feci alcuna rimostranza per evitare fastidiose polemiche. Lo spazio era ristretto ed il bus strapieno. Molto lentamente ci stavamo avvicinando al centro del bus dove si trovava l'uscita quando mi accorsi che il soggetto davanti a me palpeggiava con le mani il didietro di quella ragazza ventenne. Lei si voltò due o tre volte senza parlare ma lanciando occhiate di fuoco verso il soggetto il quale, imperturbabile, con un sorriso mefistofelico sulle labbra, fingeva di guardarsi intorno. All'ennesima palpeggiata la ragazza, furiosamente, si voltò ed esplose

= la vuole smettere porco che non è altro?

= come ti permetti?

= mi permetto sì perché mi sta maneggiando sin da quando siamo saliti

= bada come parli, tu non sai con chi hai a che fare

= con un maiale, questo è poco ma sicuro

= se le cose stanno così allora guarda la mia tessera, io sono un sovrintendente di polizia, quindi adesso scendi con me e andiamo al commissariato...Autista? Fermi questo bus!

Facendomi coraggio e a brutto muso mi sorpresi a dirgli

= scusi lei sta commettendo un sopruso e sta abusando della sua qualifica...

= e tu chi sei?

= io sono uno che ha assistito a questa ignobile scena e non sono solo, vero gentili signore?

Due donne che si trovavano sedute proprio vicino al luogo del misfatto come se non aspettassero altro annuirono prontamente e...

= nun solo avemo visto tutto ma si nun scenne subbito lo pjamo pure a borzate 'n testa...

= allora dovete venire pure voi al commissariato...

= noi nun venimo da nessuna parte e si nun te sbrighi a annattene da 'sto coso becchi pure un par de pizze su quer grugno da...

Il soggetto, servito a dovere, scese dal bus bofonchiando chissà cosa. Noi invece, ampiamente soddisfatti, scoppiammo a ridere tutti quanti, compreso la ventenne.


lunedì 27 agosto 2012

COME L'ARABA FENICE

"Che ci sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa" Queste parole mi son ronzate spesso in testa dagli inizi di luglio sino a ieri domenica 26 agosto 2012. Come mai? Presto detto.

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Una giovane signora trentasettenne, rumena, mamma di un bambino di dieci anni, sposata con un operaio rumeno, è stata ospite in casa mia quale assistente di mia moglie di 84 anni afflitta da una serie di guai fisici, in sostituzione della "titolare", anch'essa rumena, assente per ferie e per seri problemi di salute della propria madre.Lo è stata poichè ieri sera è rientrata tra i suoi in Romania.Abbiamo conosciuto la giovane signora sin dal 2007 la quale appunto torna ogni anno da noi soltanto nei periodi estivi per i motivi di sostituzione sopraindicati.Mi si dirà: ma che c'entrano le parole iniziali di questo scritto. C'entrano perchè non ho mai visto una persona aggirarsi in casa per sbrigare tutte le utilissime faccende casalinghe e di assistenza con così tanta discrezione al punto che,a volte, sapevo che c'era ma non sapevo se era in casa oppure no.Per me la definizione di datore di lavoro o ancor meno di "padrone" io l'ho sempre rifiutata, non solo ma ho anche precisato sin dall'inizio e con tutti coloro che hanno frequentato o frequentano questa casa di non voler essere interpellato "signore" ma soltanto "aldo" e l'uso del tu reciproco. Siamo uguali.Alla giovane signora non le ho mai chiesto di avvertirmi quando doveva uscire per le varie incombenze tipo per gettare l'immondizia differenziata, oppure per stendere e poi ritirare la biancheria nel terrazzo condominiale, oppure ancora per qualche altra breve faccenda e quindi io, non sentendola uscire o rientrare, ove avessi avuto bisogno di chiederle qualcosa, non sono mai andato in giro per casa, l'ho sempre cercata chiamandola a voce. Può sembrare una bizzarria la mia.Mi ha ricordato spesso il modo di fare e di muoversi in casa come una tipo Butterfly.Si è divertita a fare crostate, dolci. focacce rustiche ripiene ed anche il pane, una goduria per me, nonché qualche altro "piatto" sfizioso se e quando mi è riuscito procurarmi la ricetta dal web.La stanza da me occupata 24 ore al giorno si trova proprio di fronte alla cucina e quindi, con molta discrezione anche da parte mia, la osservavo nel mentre preparava colazione, pranzo, cena e leccornie varie e vedevo il suo profilo con i lineamenti del viso molto attenti, dolci e sereni.Mi faceva tenerezza perché ho sempre capito che anche in quei momenti i suoi pensieri erano rivolti verso suo figlio e suo marito in Romania.A volte mi ha chiesto di potersi collegare con loro tramite Skipe ed io l'ho accontentata volentieri.

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Ogni anno che passa diventa sempre più ciarliera, le piace scambiare quattro chiacchiere con me perché credo voglia imparare a districarsi meglio con la lingua italiana. In realtà sta imparando ad usare pure un po' di dialetto romanesco.Non ha mai usato un filo di trucco e, sia in casa che quando esce, non le ho mai visto indossare una gonna, soltanto jeans.Posso essere benissimo suo nonno e quindi mi permetto di affermare che il suo aspetto è piacevole sotto ogni punto di vista.Ieri le ho detto che l'ho soprannominata "Araba Fenice" e quando ho cercato di spiegarle il perchè le si è illuminato il viso ed è scoppiata in un'allegra risata.Giunta l'ora per lei di recarsi all'aeroporto ci siamo salutati abbracciandoci affettuosamente.

venerdì 24 agosto 2012

ATTUALMENTE

...de 'sti tempi cioè che so' magri e semo d'accordo e nun potrebbe esse' diverso, c'e er di più de 'sta callaccia che nun m'aricordo più da quann'è ch'è incominciata.

Me sa però armeno da un par de' mesi.

Quanno le previsioni...ahò le riccomanno...ce dicheno che all'indomani saremo a 30, no a 35, no a 40 a me me sa che se sbajieno e pure de grosso perché seconno me stamo ar doppio.

Forse esaggero ma mica de tanto.

Ho visto coce le fettine de carne su 'na panchina e allora sto tranquillo perché si me vié voja de famme du ova ar tegamino, nun me devo da proccupa' perché er tegamino nun serve, basta che m'affaccio a 'na finestra e sur davanzale ce calo le du ova così, senza manco l'oio.

Arisparmio pure er gasse.

M'aricordo 'na frase che spesso se sente: "c'è un sole che spacca le pietre" . Eh sì, è vero, spacca le pietre, ma spacca e rompe pure quarc'artra cosa, nun so si me spiego.

Intanto quarcosa s'è rotta sur serio: er ventilatore in cammera mia, tanto pe' nun famme manca' mai gnente.

E da quarche giorno però che giornali, tiggì e tivvi ce fanno sape' che all'incirca da domani sabbato 25 agosto 2012 ariva Beatrice.

Prima de tutto, famo a capisse, ma Dante Alighieri lo sa? Nun vorei che lei vié qui da noiartri de niscosto, 'na scappatella de un par de giorni e poi se ne aritorna da indove é venuta.

Qui ce deve da sta' un ber po', senza fa troppa cagnara de lampi, furmini e saette, giusto un po' de gnagnarella – dicasi così ar posto de pioggerella – pe' un ber po' de giorni in modo da riempi' li fiumi, li laghi e anche le pozzanghere tié, crepi l'avarizzia.

E anche pe' rinfrescacce un po' sia a noi che le strade, le piazze, li vicoli e tutto insomma.

Però, adesso che m'aricordo e spero de nun sbajiamme, er fatto de Beatrice e Dante fu sortanto immagginario.

Sta' a vede che magara "Beatrice" è sortanto un sogno, bello ma sempre un sogno.

Pe' scaramanzia mo vado a lustra' er manico de l'ombrello.

Aspetta un po', ma indove l'avrò messo ch'è tanto tempo che nun l'adopero.

Vado a cercallo.


mercoledì 22 agosto 2012

C'E' POCO DA RIDERE

Conversazione realmente registrata sulla frequenza di emergenza marittima sul canale 106 al largo della costa di Capo Finisterre (Galicia), tra galiziani e americani, il 16 ottobre 1997.


Spagnoli: (rumore di fondo)…vi parla l’A-853, per favore, virate 15 gradi sud per evitare di entrare in collisione con noi. Vi state dirigendo esattamente contro di noi, distanza 25 miglia nautiche


Americani: (rumore di fondo)…vi suggeriamo di virare 15 gradi nord per evitare la collisione


Spagnoli: Negativo. Ripetiamo, virate 15 gradi sud per evitare la collisione


Americani: (un’altra voce) Vi parla il Capitano di una nave degli Stati Uniti d’America. Vi intimiamo di virare 15 gradi nord per evitare la collisione


Spagnoli: Non lo consideriamo fattibile, né conveniente, vi suggeriamo di virare di 15 gradi per evitare di scontrarvi con noi


Americani: (tono accalorato) VI PARLA IL CAPITANO RICHARD JAMES HOWARD, AL COMANDO DELLA PORTAEREI USS LINCOLN, DELLA MARINA DEGLI STATI UNITI D’AMERICA, LA SECONDA NAVE DA GUERRA PIU’ GRANDE DELLA FLOTTA AMERICANA. CI SCORTANO 2 CORAZZATE, 6 DISTRUTTORI, 5 INCROCIATORI, 4 SOTTOMARINI E NUMEROSE ALTRE NAVI D’APPOGGIO. NON VI “SUGGERISCO” VI “ORDINO” DI CAMBIARE LA VOSTRA ROTTA DI 15 GRADI NORD. IN CASO CONTRARIO CI VEDREMO COSTRETTI A PRENDERE LE MISURE NECESSARIE PER GARANTIRE LA SICUREZZA DI QUESTA NAVE. PER FAVORE OBBEDITE IMMEDIATAMENTE E TOGLIETEVI DALLA NOSTRA ROTTA!!!


Spagnoli: Vi parla Juan Manuel Salas Alcantara. Siamo 2 persone. Ci scortano il nostro cane, il cibo, 2 birre e un canarino che adesso sta dormendo. Abbiamo l’appoggio della stazione radio “Cadena Dial de La Coruna” e il canale 106 di emergenza marittima. Non ci dirigiamo da nessuna parte visto che parliamo dalla terraferma, siamo nel faro A-853 di Finisterre sulla costa Galiziana. Non abbiamo la più pallida idea di che posto abbiamo nella classifica dei fari spagnoli. Potete prendere le misure che considerate opportune e fare quel cazzo che vi pare per garantire la sicurezza della vostra nave di merda che si sfracellerà sulla roccia. Pertanto insistiamo di nuovo e vi suggeriamo di fare la cosa più sensata e di cambiare la vostra rotta di 15 gradi sud per evitare la collisione


Americani: Bene, ricevuto, grazie


sabato 18 agosto 2012

LA PRIMA VOLTA CHE VIDI PARIGI

Era l'estate del 1972 e capitò l'occasione buona per andare a vedere Parigi. Mai vista prima.Ecco come andarono i fatti. Il fratello di mia moglie, mio cognato, era anche lui cognato del fratello di sua moglie. Il cognato di mio cognato, nato in Italia, viveva in Francia da oltre vent'anni, insieme alla sua famiglia, faceva il floricoltore e aveva una bella casa nella campagna vicinissima a Parigi. Per capire meglio la differenza il "romano" è il mio di cognato e il "francese" è invece il suo di cognato. Il "francese" aveva invitato il "romano" a trascorrere una quindicina di giorni a casa sua appunto a Parigi estendendo l'invito anche a me in quanto eravamo quasi parenti (?). Io e il cognato romano tenemmo due o tre riunioni per pianificare il viaggio in tutti i minimi particolari. Poiché a partire eravamo in sei e cioè io, mia moglie e mio figlio di 13 anni e lui, il cognato romano, sua moglie e sua figlia di 11anni, decidemmo all'unanimità di andare con due autovetture: la mia 1100/R e la sua Renault. Consultando carte, cartine e mappe apprendemmo che la distanza da Roma a Parigi misurava 1500 chilometri circa e che, senza fermarsi mai – cosa sicuramente impossibile – ci avremmo impiegato non meno di 15 ore. L'unica soluzione era partire all'alba in maniera tale da arrivare a destinazione in un orario ragionevole. Il cognato romano abitava in un quartiere periferico mentre io invece in un rione del centro e allora pensammo di darci un appuntamento al primo distributore di benzina presente all'inizio della via consolare che ci avrebbe consentito di accedere in autostrada verso Torino. Nessuno di noi sapeva di quale società petrolifera fosse il distributore, ma doveva essere il primo, rigorosamente. Le cinque del mattino era l'ora fissata di comune accordo. L'indomani mattina, prima dell'alba, dopo aver regolato i nostri orologi, ci mettemmo in marcia verso il primo obiettivo: un distributore di benzina qualsiasi. Miracolo dei miracoli, alle cinque in punto avvenne il rendez-vous esattamente davanti il primo distributore che, se ricordo bene, era quello del canone a sei zampe. Verso le tredici – dopo otto ore di viaggio – ci fermammo per una brevissima sosta mangereccia e quindi proseguimmo a velocità sostenuta come se non si vedesse l'ora di arrivare alla meta. Quando arrivammo a Lione era già pomeriggio inoltrato. Dovevamo ancora percorrere 500 Km. circa per giungere a Parigi. Una breve sosta e di nuovo in marcia, ma ad un centinaio di chilometri da la Ville Lumiere decidemmo, sempre all'unanimità, di fermarci: eravamo stanchissimi. Cercammo un alberghetto per dormire ma l'unico che trovammo non era di gradimento delle nostre consorti. Parcheggiammo in un prato alberato quasi sul ciglio di un burrone in fondo al quale si vedevano dei binari ferroviari. Avevamo sonno e allora, desiderando "ritirarci nei nostri alloggi", predisponemmo le nostre due auto per cercare di farle diventare qualcosa che somigliasse ad un posto dove dormire. Il cognato romano aveva l'auto con i sedili anteriori adattabili e quindi lui e la moglie si misero discretamente comodi mentre la loro figlia si accomodava sul sedile posteriore. Nel frattempo mio figlio prendeva possesso del sedile posteriore della mia auto e si metteva a dormire con le gambe fuori dal finestrino. Io e mia moglie seduti sui due sedili anteriori. Naturalmente, meno i due ragazzi che, placidi dormirono , noi quattro non chiudemmo occhio anche perché su quei binari ferroviari transitarono molti treni, sia in una direzione che in quella opposta. Riprendemmo il nostro viaggio e, finalmente, verso le undici di mattina arrivammo a Parigi e quindi a casa del cognato francese. Io e i miei ci trattenemmo una settimana ma facemmo in tempo a visitare Champs Elysees, Notre Dame, Tour Eiffel, Tomba di Napoleone e altro ancora che non rammento. La sera prima di partire il figlio del francese c'invitò a noi maschietti a fare una capatina nella strada parigina dove si trovano le Folies Bergeres ed altro. Per noi, quell'altro fu una capatina ad un locale notturno il buttafuori del quale ci aveva magnificato lo spogliarello integrale al quale avremmo assistito. Non fu così, nulla era più casto di quello spettacolo. Meglio. Giusta punizione per dei turisti ingenui. L'indomani di buon'ora io e i miei ci mettemmo in viaggio per Montpellier vicino Marsiglia dove eravamo stati invitati da una mia cugina figlia di un fratello di mio padre. Rimanemmo lì circa sei giorni, facendo in tempo a fare alcuni bagni nel Mediterraneo e prendere atto che a quei tempi, anno 1972, topless e tanga andavano già di moda.

lunedì 13 agosto 2012

BREVE CRONACA IN PRESA DIRETTA

Oggi è domenica 12 agosto e sono le otto di mattina.

Percepisco che la temperatura mi confà e allora decido di uscire da casa dopo un periodo di quarantena - magari esagero però quindici giorni sono sicuri – che ho dovuto osservare standomene rinchiuso tra quattro mura sia per il caldo eccessivo sia per una leggera indisposizione poi risoltasi.

Passeggio lentamente sul marciapiede di destra della mia strada di casa che costeggia l'Istituto Tecnico Industriale Galilei con ingresso in via Conte Verde appena girato l'angolo.

Ricordo che nel 1944, durante la "liberazione" di Roma l'Istituto era stato occupato dai soldati americani i quali, quando era loro concesso il riposo, lo trascorrevano nel breve tratto di Via Luigi Pianciani proprio di fronte l'Istituto medesimo, che avevano adibito a campodi baseball.

Torniamo ad oggi. La temperatura è buona, tira anche il classico e fresco venticello di Roma, giro l'angolo di Via Conte Verde, traverso e inizio il breve tratto di una Via Pianciani insolitamente vuota

appena quattro o cinque auto parcheggiate sul lato sinistro della via mentre a destra il deserto! Sul lato destro affacciano l'Ufficio Scolastico Regionale del Ministero dell'Istruzione, ex Provveditorato agli Studi; gli uffici dell'A.N.A.S. e quelli della Regione Lazio Agenzia Agricoltura Caccia e Pesca quindi, tolto il periodo ferragostano, di solito è affollato e frequentatissimo. Nel lato opposto alcune abitazioni ed un piccolo albergo credo a tre stelle non di più. Preciso che il largo marciapiede dove si trovano gli Uffici appena descritti è interamente coperto da una grata metallica a copertura ritengo di locali adibiti a vari usi, mentre quello a sinistra è stretto e coperto dai classici sanpietrini.

La via, oggi domenica ante ferragosto, è "felicemente" deserta ed io mi avvio verso il vicinissimo supermercato quando ad un tratto dall'alberghetto esce una stangona in minigonna che si mette a fotografare l'esterno e l'insegna dell'albergo stesso mentre da una macchina parcheggiata lì davanti esce uno stangone in calzoncini che si avvicina alla ragazza. Entrambi giovanissimi. Mentre passo sul marciapiede opposto, quello destro con la grata, sbircio la targa dell'auto e noto che è italiana,

Credevo fossero turisti nordeuropei. Giunto nei pressi i due mi danno un'occhiata ed io penso che se mi chiedono di far loro una foto sono fritto perché non ne capisco un'acca. Invece per mia fortuna niente. Seguito a camminare, sento che mi stanno sorpassando sullo stesso marciapiede che percorro io e, fatto qualche passo, una qualche folata di vento proveniente dalla rete metallica solleva la leggerissima minigonna della stangona la quale si volta e S O R R I D E N D O M I si tiene bassa la mini con il braccio destro. Mi sorride anche lo stangone! Ma che vor di'? Ad ogni modo ce ne fossero di incontri così tutti i giorni. Chissà perchè mi è tornata in mente la scena di Marilyn Monroe nel film "Quando la moglie è in vacanza".

Sto per giungere a destinazione ma il supermercato nei giorni festivi apre alle 8.30 e allora mi metto all'ombra di un alberello poco distante.

Appena qualche minuto dopo una persona anziana, credo di qualche anno meno di me, capelli bianchissimi, mi passa vicino e, camminando, mi guarda e mi chiede =dov'è il locale di......?.= senza dire di che cosa e, senza fermarsi, si allontana lentamente. Sono rimasto basito. Non ho capito che voleva sapere e quindi non ho potuto rispondere.

Quando sono entrato al supermercato mi sono chiesto se per caso mi avesse beccato in pieno qualche colpo di sole.

Eppure non mi sono inventato nulla, niente fantasia solo realtà e ho voluto descrivere tutto subito.


lunedì 6 agosto 2012

ARGOMENTO SUCCULENTO

Qualche volta capita di ascoltare, non volendo, dialoghi d'ogni genere tra due o più persone in occasioni e nei luoghi più disparati: al bar, al cinema, a teatro, in pizzeria, al ristorante, al supermercato, passeggiando, oppure sui mezzi di trasporto pubblici. Insomma ovunque.

Giusto ieri dovendo recarmi in un piuttosto lontano da casa, decido di salire su un autobus al capolinea per stare comodamente seduto considerata la lunghezza del tragitto.

L'autobus è completamente vuoto: come mai?

Lo sciopero quasi quotidiano dei trasporti?

Per precauzione cerco d'incrociare l'autista per chiedere se il servizio funziona o meno e l'autista stesso – nel vicino bar a prendersi un caffé - mi assicura che da lì a pochi minuti la corsa sarebbe regolarmente partita.

Bene. Con la possibilità di scelta che ho mi siedo in un posto a metà del bus e aspetto.

Appena qualche attimo ed ecco salire due uomini di una certa età intorno ai sessanta credo, piuttosto robusti o meglio sovrappeso, capelli grigi e andatura sicura, quasi spavalda. Si siedono anche loro proprio dietro di me e iniziano a chiacchierare mentre l'autista mette in moto e parte. Siamo soltanto in quattro: tre passeggeri e l'autista.

Non ho con me cose da leggere, quotidiani, settimanali o libri per cui rivolgo lo sguardo verso i finestrini e vedere quello che avviene in strada.

Gli altri due passeggeri seduti dietro di me parlano tra di loro, prima a bassa voce poi, senza neppure farci caso, alzano il tono e non posso fare a meno di ascoltare quello che stanno dicendo

=Romole' ma nun m'hai riccontato gnente de quer pranzo de domenica passata

=Statte zitto Miche' nun ce vojo manco pensa'. So' passati quattro giorni e ancora devo da diggeri'...

=E che te sarai magnato mai?

='O voi sape' Romole' ?

=Te credo, sennò che amichi semo

= E vabbé, mo' te lo dico. Anzi 'o sai che faccio? Faccio come li gamberetti, a marcia indietro, ner senso che, pe fatte gusta' tutto, parto dar dorce, anzi da li dorci fino ai primi. Manco a dillo sur tavolo un vino cannellino de Frascati a fiumi...

=Ce lo so, quer vino è veramente gajardo...

=Esatto. Allora come t'ho detto te ricconto dalla fine: tre dorci..

=Come tre? Uno nun bastava?

=Allora fai finta de nun capi'...Se trattava d'un pranzo vero dove devi da magna' tre cose d'ogni cosa...d'ogni portata voglio di'... Mo hai capito?

=Vabbé vabbé, daje...

=I dorci: un maritozzo co la panna, un bigné co la crema e na fetta de tiramesù...

=Boniii!

=Pe' contorno: du carciofi alla romana, 'na forchettata de cicoria 'n padella co' ajo, ojo e peperoncino e 'na cucchiajata de facioli co' le cotiche...

=Questi me piaciono un sacco...

=Pe' seconno: abbacchio a scottadito, gallinaccio co' peperoni e saltimbocca alla romana...

=Er gallinaccio nun me sconfinfera...

=Pe' primo: rigatoni alla carbonara, spaghetti ajo, ojo peperoncino e spaghetti cacio e pepe

=Tutto qua?

= Perché nun abbasta?

Una frenata brusca, l'autobus si blocca, l'autista sporge appena la testa dal gabbiotto, si volta e, rivolto verso Romoletto - certamente per sfotterlo - gli dice

=AHO' MA L'IMPEPATA DE COZZE com'è che nun c'era ner menù?

mercoledì 1 agosto 2012

BETTY (fatti realmente accaduti)

Lei si chiamava Betty e nei primi anni cinquanta conobbe Paolo in occasione di un pomeriggio danzante in casa di una propria parente. Avevano entrambi tra i diciannove e i venti anni ed erano fidanzati con amici comuni. Lei con un giovane coetaneo in procinto di essere assunto presso una grossa ditta, invece Paolo, in attesa di occupazione, con un'amica di Betty. Loro quattro facevano parte di una comitiva piuttosto numerosa e quasi tutte le sere si incontravano in una sorta di osteria-trattoria situata nei pressi delle loro abitazioni per scambiare quattro chiacchiere. L'oste era il padre di uno di loro e quindi si potevano trattenere senza alcun ostacolo dalle tre alle quattro ore ogni volta. Colei o colui che se lo potevano permettere ordinavano una bibita e mangiavano un "cappone". Non era il noto gallo castrato bensì mezzo sfilatino di pane leggermente scottato sulla griglia, condito con una goccia d'olio e un pizzico di sale. Come si usa dire i tempi erano magri e quello era ciò che passava il convento. Nel corso di questi incontri si rideva, si scherzava e si passava il tempo discutendo di vari argomenti. Una di quelle sere, Betty e Paolo, seduti insieme agli altri amici, si accorsero reciprocamente che stavano guardandosi con intensità senza che nessuno di loro ne conoscesse il perché. Non dissero una parola, appena qualche secondo e volsero altrove i loro sguardi. Entrambi cercarono di evitarsi per il resto della serata. Due giorni dopo, quando insieme agli altri si ritrovarono all'ingresso della solita osteria, Betty prese da parte Paolo e rapidamente gli sussurrò

=Devo parlarti da solo

=Anch'io.

Senza che nessuno se ne accorgesse riuscirono a concordare un appuntamento per il tardo pomeriggio del sabato successivo. Quando si videro nel giorno e nel luogo concordati si salutarono non senza imbarazzo poi Paolo chiese:

=Va bene per te se prendiamo il bus e scendiamo al capolinea che si trova all'inizio di Appia Antica?

=Sì, va benissimo.

Saliti sul bus e lungo tutto il percorso scambiarono tra loro poche parole. Si stavano chiedendo entrambi come affrontare la situazione che si era venuta a creare. Giunti a destinazione si diressero camminando lentamente verso il prato antistante il Mausoleo di Cecilia Metella, non c'erano panchine e quindi si sedettero sopra i resti di una colonna marmorea proveniente da vecchi scavi archeologici della zona

=Paolo...te l'ho chiesto io quest'incontro

=Lo so Betty e sentivo anch'io la necessità di vederci da soli

=Sai anche il perche?

=Sì. Vedi Betty a volte certi sguardi sono più espliciti delle parole e di certi comportamenti

=Sono così trasparente per cui si nota subito quello che sento dentro di me?

=Dal momento che siamo qui, insieme, noi due soli, non credi che lo sia anch'io?

=Vero. Il fatto è che non dovremmo esserci qui e tu conosci benissimo il motivo

=Perché ti sposi a fine mese

=Giusto. E non è corretto e neppure onesto questo mio comportamento, ma...

=Ma?

=Penso che abbiamo sbagliato i tempi dei nostri reciproci fidanzamenti. Te lo dico con sincerità

=Che intendi fare

=Nulla. Anche se vorrei dirti quello che provo per te. Ho fatto una promessa e intendo mantenerla.

=Ti vuole bene come...

=Come?

=Come e quanto te ne voglio io?

=Credo di sì, a modo suo. E poi io e te non abbiamo fatto mai trapelare quello che sentivamo l'uno per l'altro

=Abbiamo commesso un grosso errore

=Già. Torniamo adesso, ti prego.

Paolo prese per mano Betty gliela strinse con delicatezza e si avviarono lentamente verso il bus.

Si stava facendo buio, ma giunti a pochi passi si fermarono si guardarono e si scambiarono un lungo

ed appassionato bacio, incuranti di tutto. Poi, senza dire una parola, salirono sul bus e tornarono nelle loro rispettive case. Il dolce intenso sapore di quel bacio e di quelle labbra rimase a lungo nei ricordi di Paolo. Negli anni che seguirono pur risiedendo nello stesso Rione di Roma s'incontrarono raramente. Invece Betty e la moglie di Paolo, entrambe con un figlio quasi coetanei, si vedevano spesso nel vicino Parco del Colle Oppio dato che i due bambini giocavano sempre insieme. Betty e Paolo evitarono comunque di coltivare la loro di amicizia e se qualche volta s'incrociavano, si scambiavano appena qualche parola e si salutavano affettuosamente. Non molto tempo fa, dopo tanti, troppi anni, accadde qualcosa. Paolo, per sbrigare una commissione per conto del proprio figlio, si dovette recare presso l'Agenzia di una Banca vicino casa e quando entrò vide che davanti a uno sportello era ferma Betty probabilmente anche lei per lo stesso motivo. Paolo si avvicinò ad un altro sportello dove non c'era nessuno in attesa e rivolse un cortese saluto a Betty poco distante. Lei si voltò, sorrise e subito si avvicinò a Paolo e, rivolta verso l'impiegato che evidentemente conosceva da molto tempo, disse

=Eugenio vuoi sapere una cosa? Vedi questo signore? Più di sessant'anni fa io mi ero innamorata

di lui, poi invece...

L'impiegato allo sportello accennò un sorriso imbarazzato mentre Paolo cercava di dire qualcosa senza riuscirci. Terminate le operazioni in banca, Betty e Paolo si salutarono abbracciandosi calorosamente, alla presenza di tutti gli astanti, impiegati e clienti. Per poco non partì un applauso.

Nel riprendere il cammino per il ritorno a casa Paolo ripensò al dolce intenso sapore di quel bacio dei primi anni cinquanta che non aveva mai dimenticato.