**A
settembre del 1948 ero da poco fidanzato con una ragazza, poi mia
moglie, la quale, nata a Roma, abitava vicinissimo Piazza Navona in
un vecchio palazzetto di una stretta via del Rione VI Parione. Di
fronte a quello, altro palazzetto d'epoca remota nel quale,
all'ultimo piano proprio sotto il tetto a tegole curve o coppi,
abitava allora una famiglia composta da padre, madre e quattro figlie
femmine delle quali la più piccola era fidanzata con un fratello
della mia ragazza. A quei tempi si faceva presto a fare amicizia e a
frequentarsi tanto che le due famiglie, anche per ragioni legate ai
fidanzatini, stavano spesso insieme. Una domenica venni invitato
anch'io a pranzo a casa delle quattro sorelle. La loro madre mi
accolse con molta cordialità, mi fece visitare la casa. Si era
creata una bella atmosfera. Nel fare il giro delle stanze di
quell'abitazione notai che in quella del soggiorno la porta-finestra
che dava su un piccolo balcone era completamente spalancata. Non ne
comprendevo il motivo nel senso che data la stagione rigida e la
totale mancanza di riscaldamento nell'abitazione, da lì entravano
folate di vento gelido a non finire. Chiesi alla gentile padrona di
casa il perché di ciò e lei mi disse: 'per i piccioni. Io gli
metto qualcosa da mangiare non sul balcone ma per un bel tratto della
stanza poi, quando cinque o sei di loro sono intenti ad occuparsi del
cibo, chiudo la porta-finestra, li catturo, gli torco il collo, li
spenno e poi li cucino. Sono ottimi in salmì.' Rimasi
di stucco. Poi, molto educatamente, poco prima del pranzo dissi alla
cacciatrice che, per alcuni disturbi dello stomaco dovevo mangiare il
primo piatto in bianco, poi un poco di contorno e un'arancia. Da
quella volta mi sono guardato bene dall'andare a pranzo o a cena da
loro.
**Il
cortile condominiale del fabbricato dove tuttora abito da oltre
quaranta anni un tempo era stato sempre frequentato da una dozzina di
piccioni dei due sessi – o anche tre ma non l'ho mai accertato –
i quali avevano costruito la loro dimora e nido d'amore sulla
rivestitura esterna della canna fumaria che correva in alto, sotto
il tetto di un locale una volta adibito a sala biliardi annessa a un
grande bar e lungo il perimetro del locale medesimo. Salvo le
pausa-pranzo e pausa-cena quei colombi trascorrevano la maggior
parte della loro giornata su quella canna fumaria e tubavano
tubavano in continuazione proprio di fronte le mie tre finestre.
Crescevano e si moltiplicavano praticamente senza soluzione di
continuità. La mia abitazione situata al primo piano, specialmente
d'estate, risuonava dei loro suoni e talvolta, quando avevo le
finestre spalancate, qualche piccione s'infilava dentro casa. Avevano
però la brutta abitudine di insudiciare sia le mura esterne del
locale, ex sala biliardi, sia i davanzali delle mie finestre e quelle
degli altri abitanti del condominio. Qualche volta trovavamo i loro
“ricordini” sulla nostra biancheria stesa ad asciugare. Non solo
la nostra naturalmente. Dopo anni ed anni finalmente è stata trovata
una soluzione a tale problema. In tutti i posti dove i piccioni si
accomodavano per costruire i loro nidi, per dormire, per tubare e per
far nascere altri loro eredi, sono state collocate delle sottili
sbarre di ferro munite di una serie fittissima di punte metalliche
acuminate così da impedire loro qualsiasi tipo di sosta su ogni
dove. Rimedio perfetto e da allora i picccioni sono emigrati verso
altri lidi.
**Alcune
volte mi reco presso uno dei supermercati che distano non troppo
lontano da casa mia. Quello più vicino mi consente di camminare in
uno dei due marciapiede di un tratto non breve di Viale Manzoni
quello cioé che costeggia le mura di un Istituto tecnico statale e
di una facoltà dell'Università La Sapienza di Roma. Su questo
tratto di strada non ci sono negozi di alcun genere e neppure
accessi di abitazioni, soltanto mura perimetrali. Verso le 9.30 di
ogni mattina io transito di là e noto un mio amico molto anziano che
sembra ormai non starci più con la testa in quanto lo saluto, mi
guarda e, assorto nei suoi pensieri, passa oltre senza profferire
parola. Altre volte invece mi saluta molto cordialmente senza però
chiamarmi per nome tanto non credo che lo rammenti. Quest'amico porta
sempre con sé una capiente busta di plastica stracolma di chissà
quale tipo di briciole, chicchi o semi ecc. che sparge a piene mani
sul marciapiede. Circondato da una miriade di piccioni , forse tra
loro ci sono anche quelli emigrati dal mio cortile, l'amico non si
cura né dei passanti né di me che gli passo accanto e cerco di
attaccare discorso. È in tutt'altre faccende affaccendato. Da un bel
po' di tempo però su quel tratto di marciapiede vedo solo i piccioni
che beccano, girano e svolazzano in cerca di qualcosa, ma del mio
amico con c'è traccia alcuna. Aspetto un po', mi guardo intorno,
infine proseguo. Preferisco non formulare ipotesi.