lunedì 26 agosto 2013

PERLE D'AGOSTO

-Cartello n.1 incollato sul portone di un convento di frati cappuccini sui gradini del quale a colazione, pranzo e cena siedono sempre barboni ed extracomunitari: DAL 10 AGOSTO LA DISTRIBUZIONE DEI PANINI È SOSPESA – RIPRENDERA' IL 1° SETTEMBRE
-Cartello n.2 applicato sulla saracinesca chiusa di un negozio di articoli casalinghi, numero civico 23: CHIUSO PER FERIE DAL 14 AL 31/8/2013 – PER LA CONSEGNA DELLA POSTA RIVOLGERSI AL NEGOZIO DI VETRI E CORNICI NUMERO CIVICO 31
-Cartello n.3 applicato sulla saracinesca chiusa del negozio di vetri e cornici numero civico 31: CHIUSO PER FERIE DAL 16 AL 31 AGOSTO 2013– SI RIAPRE IL 1°SETTEMBRE
(e la posta del negozio civico 23 di cui prima dove va a finire?)
-Cartello n.4 incollato sul muro a lato di un negozio di ferramenta: NON SONO ANDATO IN FERIE MA APRO SOLTANTO DALLE 9 ALLE 12 DI TUTTI I GIORNI ESCLUSI DOMENICA E FESTIVI
-Cartello n.5 applicato sulla saracinesca chiusa di una lavanderia-tintoria: CHIUSO PER FERIE IN QUESTO MESE CI RIPOSIAMO ANCHE NOI

1)Agosto, bus mio non ti conosco: Toh! Invece stamattina eccolo là che sta arrivando. Però...un momento...come mai sul display in alto dove appare il numero e il luogo di destinazione anziché il nome del capolinea di arrivo mostra quello del capolinea di partenza? Salgo dalla porta anteriore e faccio presente al conducente la cosa che mi appare strana. Lui si scusa, preme un tasto, lo cambia e poi m'informa che stanotte ha fatto tardi e pertanto è ancora insonnolito. Fra di me mi auguro che stia sveglio almeno fino alla fermata dove scenderò io. Da vero egoista.
2)Anguria - o cocomero che dir si voglia – questo è il mese migliore: Tutte le mattine, verso le dieci, ne mangio volentieri un paio di fette, ma mentre lo faccio mi chiedo – e non da oggi - come mai all'inizio della fetta dove regna la polpa rossa, la parte migliore e la più dolce, ci sono tutti i semi neri che io non gradisco? Il tempo che impiego per toglierli uno ad uno non mi consente di mangiarla fresca di frigo. Il loro posto, dei semi intendo, dovrebbe esssere alla fine della fetta, vicino la buccia o scorza così finire insieme in un contenitore atto allo scopo. Chissà se qualcuno riuscirà a inventare qualcosa di utile per coltivare cocomeri con i semi attaccati alla buccia?
3)Recinzioni per lavori in corso – in realtà FERMI almeno dal 10 agosto: La strada dove abito è a senso unico e, accanto ai marciapiedi di entrambi i lati, parcheggiavano fino alla fine di luglio numerose auto di residenti e non solo, ed erano posizionati cinque o sei cassonetti tra i quali quello per la raccolta differenziata e quello per la raccolta di carta e cartoni. Poi sono iniziati alcuni lavori ed è stato fatto un grosso scavo sembra per ricerche archeologiche (?) e per altre opere non ben definite. L'ultima parte della strada è stata recintata con transenne metalliche proprio dove parcheggiavano le auto Circa quindici giorni or sono noi residenti ci siamo svegliati e i cassonetti in questione erano stati trasferiti in una strada limitrofa, posizionati proprio davanti un negozio il proprietario del quale – non a torto – li ha tolti da lì trasferendoli, di sua iniziativa e probabilmente di notte, una ventina di metri più lontano. Le transenne fanno il loro dovere però non si vede nessun addetto ai lavori. Lo scavo è lì ancora da completare e da asfaltare e sono sicuro che non appena arriveranno le piogge avremo la piscina sotto casa. Potrebbe essere una fortuna. Non lo è invece quando si devono gettare i sacchetti con i rifiuti in quanto occorre prima essere certi di ritrovare i cassonetti nello stesso posto del giorno prima.

venerdì 23 agosto 2013

VENDESI - AFFITTASI

Tutte le mattine, tempo permettendo, faccio una breve passeggiata. Lungo il percorso m'incuriosisce anche, tra l'altro, leggere i numerosi cartelli d’ogni colore, forma e tipo sui quali sono stampate le parole VENDESI o AFFITASI. A queste scritte è talvolta aggiunta a mano la descrizione più o meno accurata degli immobili in vendita o in affitto, cosa che attira la mia attenzione. Non che a me interessi cambiar casa anche se quella dove abito è stata messa in vendita. In effetti sono inquilino sin dalla nascita e tale purtroppo dovrò rimanere . E’ solo che, camminando, faccio qualche riflessione. Ho notato per esempio che il numero dei cartelli con la scritta “Affittasi” sono di molto inferiori a quelli della scritta “Vendesi”, specialmente se si tratta di abitazioni. Fin qui nulla di divertente. Il bello inizia quando osservo dove sono appesi o affissi. Sì perché, incredibile a dirsi, si trovano nei posti più impensati. Sono molto rari, ad esempio, i cartelli appesi ai portoni dove appunto si trovano gli immobili oggetto della trattativa. I più sono attaccati sui cassonetti per la spazzatura, sui pali dei lampioni e sui tronchi degli alberi, abitudine quest’ultima che sarebbe proprio da evitare giacchè piantare chiodi o usare fili metallici non giova alla salute degli alberi stessi. Un discreto numero di cartelli lo troviamo infine sui pali delle indicazioni stradali e di sosta, addirittura coprendo le indicazioni stesse tanto che, chi è al volante di un’auto non sa se può andare a destra, a sinistra o al centro, se il senso è vietato, se è permessa la sosta e se sì, se è a pagamento oppure no. Non si riesce a vedere se c’è il segnale di stop, quello di precedenza, di uscita-entrata scuole, di pericolo frane, di attraversamento di animali o di pedoni e via dicendo (mi pare d’essere uscito fresco fresco da una scuola guida). Ecco, l'ultimo tipo di affissione può diventare anche pericoloso, quindi consiglierei di trovare altre soluzioni. Passo ora alle descrizioni di ciò che si vuole vendere o affittare, scritte a mano all’interno dei predetti cartelli. Qui non c’è che l’imbarazzo della scelta poiché se ne trovano di serie, semiserie, dubbiose, comiche e qualcuna con qualcosa di sgradevole, la maggior parte poi con la scritta NO AGENZIE e quasi tutte senza indicazione del costo, ma questo si può anche comprendere perché al momento opportuno c’è la trattativa. Le descrizioni serie riportano esattamente l’immobile nella sua consistenza, ubicazione, se libero o meno, recapito telefonico del proprietario, insomma tutto a puntino.
Quelle semiserie fermo restando le indicazioni precedenti, precisano persino cose del tipo: “vicinissimo alla locale Stazione dei Carabinieri”, o ancora “a 50 metri dal supermercato” oppure “sovrastante la fermata della metropolitana”. Quelle dubbiose descrivono l’immobile “composto di due o (?) tre camere”, qualcun altro “no cucina, possibile angolo cottura”, un altro ancora “volendo, da restaurare”, alcuni con “cucina abitabile” e uno “attualmente occupato, sfrattabile”. Le comiche sono quelle con le descrizioni quasi perfette dell’immobile, fatta salva questa precisazione: “l’accesso all’appartamento al 6° piano è consentito mediante l’utilizzo dell’apposita scala unica a piedi”.Cioè che vuol dire? Che l’ascensore non c’è o se c’è non funziona mai? Infine le annotazioni sgradevoli e sono quelle dove nei cartelli AFFITTASI sono aggiunte frasi del tipo “no ad extracomunitari anche se residenti” , “soltanto a cittadini italiani non residenti” o “solo a studenti dello stesso sesso”. Il cartello VENDESI però che m’ha dato lo stimolo per metter giù questo scritto è quello che ho letto ieri mattina. Purtroppo attaccato al ramo di un albero recava la seguente dettagliata descrizione: appartamento sito al pianterreno di edificio d’epoca, composto da due camere luminose, cucina spaziosa e bagno “SILENZIOSO”! Che accidenti vogliono far conoscere agli eventuali acquirenti? L’installazione dell'insonorizzaziòne di quell’ambientino? Sorge spontaneo chiedersi: ma perché? Il numero telefonico era parzialmente illeggibile per l’usura del tempo altrimenti avrei chiamato il proprietario e lo avrei pregato di spiegarmi a quali rumori eventualmente si riferiva per aver fatto insonorizzare il bagno.

lunedì 19 agosto 2013

M'INCURIOSISCE L'INCEDERE

Certe volte mi capita di osservare l’incedere di coppie di persone di una certa età - ma non solo - che assolutamente non conosco, dividendole in categorie.
Ovviamente le mie sono soltanto supposizioni, ma per qualcuna di queste coppie ho una certezza.E non parlo soltanto di coppie di coniugi ma anche di coppie di persone che vivono insieme chissà da quanto tempo:
1) LEI cammina tenendo il proprio braccio sotto quello di LUI. Trattasi di coppia dove “chi porta i pantaloni in casa” è LUI. Apparentemente gli atteggiamenti di LEI denotano quasi una remissività nei confronti di LUI il quale invece mostra quelli da uomo di scarsi complimenti e piuttosto sicuro di sé, insomma un tizio piuttosto pieno di boria;
2) LUI cammina con il braccio avvinghiato a quello di LEI. Qui le parti sono completamente invertite. I pantaloni in casa li porta LEI e i suoi comportamenti sono decisamente come quelli di una virago. Cammina tutta impettita e con uno sguardo duro negli occhi;
3) entrambi camminano affiancati. LUI tiene le proprie braccia incrociate dietro la schiena, LEI una borsa fra le mani. Camminano lentamente, non hanno nessuna fretta, forse la loro mèta é lontana. Non scambiano tra loro neppure uno sguardo;
4) LUI, come assorto nei propri pensieri, cammina davanti a LEI a distanza di circa due metri. Ogni tanto si fermano: LEI per guardare qualche vetrina, LUI per voltarsi e vedere se LEI lo segue;
5) LUI e LEI teneramente abbracciati che si scambiano piacevoli effusioni. Questa è una categoria onnicomprensiva: adolescenti, giovani, meno giovani, terza, quarta e quinta età.
Notato con i miei occhi. Per la verità ho notato anche altro. Due casi molto diversi tra loro.
Il primo: un LUI e una LEI sicuramente non fratello e sorella ma qualsiasi altro tipo di coppia, entrambi tra i quaranta e i cinquanta anni che, camminando non vicini ma a distanza di sicurezza l’uno dall’altra, si scambiano un vagone di parole non proprio gentili minacciandosi reciprocamente, ogni due o tre minuti, di passare alle vie di fatto. Ciò che impressiona maggiormente è la differenza corporea tra i due: LUI un pezzo d’uomo grande e grosso, per la sua mole forse lavoratore presso una ditta di trasporti-traslochi, LEI esattamente la metà sia in lungo sia in largo. Incontro questa coppia molte volte, forse perché sono residenti nella mia stessa zona, e ogni volta assisto a questa sceneggiata fino a quando le nostre strade si dividono io da una parte loro dall’altra.
Il secondo: abito al primo piano di un vecchio fabbricato e dalla finestra della mia camera si sentono nitidamente molti rumori provenienti dalla strada sottostante per il passaggio d’ogni tipo di mezzo a due o quattro ruote, di bambini e ragazzi con o senza genitori che frequentano le vicinissime scuole, pedoni che camminano per i fatti loro. Da un po’ di tempo si è aggiunto un nuovo rumore. Quello roboante del motore di una moto di grossa cilindrata che da fermo è accelerato e poi rallentato. Dura qualche minuto non di più però è assordante specialmente se tengo le finestre aperte. Cinque o sei giorni fa mi sono affacciato e ho notato che, nel parcheggio per sole moto, proprio sotto le mie finestre, verso le 8.30 del mattino si ferma una grossa moto con a bordo due persone che indossano regolarmente il casco e il guidatore, prima di scendere, dà un’accelerata e lentamente fa spegnere il motore. La coppia super motorizzata è composta di un LUI e di una LEI più che cinquantenni di corporatura normale, capelli biondo cenere e lineamenti o moldavi o polacchi o rumeni o ucraini, non lo so. Una volta che entrambi sono scesi dalla moto, parlano tra loro anche ridendo e scherzando, poi si abbracciano ed iniziano a scambiarsi baci ed altre effusioni, senza curarsi minimamente dei passanti che a quell’ora non mancano. Questa scena dura per circa dieci minuti poi i due si salutano, LEI se ne va a piedi verso non so dove, LUI monta in sella alla moto, dà una forte accelerata e riparte. Il loro incedere si limita a questi movimenti motorizzati.

giovedì 15 agosto 2013

DUE INCONTRI

Una mattina della scorsa settimana ho incrociato durante il mio solito tragitto una ragazza. Circa venti anni, bellina, alta quanto me (?), tutta affannata, la quale appena mi ha visto mi ha fermato dicendomi
=Scusi è più di mezz’ora che sto girando in cerca dell’ufficio postale e non mi riesce trovarlo. Mi dice per favore da quale parte devo andare? Mi avevano assicurato che era qui vicino
Io sorrido beffardamente e le dico, forse con un tono troppo perentorio
=Volti le spalle
Lei, quasi spaventata
=Ma perché?
=Così vedrà l’isola del tesoro
=Senta io non ho mica voglia di scherzare
=Ma io non scherzo. Appena lei girerà lo sguardo leggerà un bellissimo cartello
La bellina si volta e rimane di stucco. Proprio di fronte a lei c’è il suo desiderato ufficio postale
=Porca…mi scusi. Ci sono passata davanti perlomeno tre volte. Ma come ho fatto a non vedere quel cartello?
=Questo non lo so, però le assicuro che ci sta da non so quanti anni. Io abito qui nei pressi e ci vengo molto spesso, sarà stata un po’ distratta
=Lei è troppo gentile. Altro che un po’ distratta, ho l’impressione che mi sto rimbambendo
=Considerata la nostra rispettiva età ritengo che questa sensazione appartenga più a me che a lei. Però ha anche ragione in quanto l'unica porta d'ingresso, tra l'altro piccola, s'intravede dietro quella grande cancellata e il cartello con la scritta è poco sopra la porta. Ora la saluto e le auguro buona fortuna
=Peccato che vado di fretta, devo andare in ufficio, mi avrebbe fatto piacere prendere insieme qualcosa al bar
=La ringrazio, basta il saluto. Arrivederci e…occhio ai cartelli
=Non me ne lascerò scappare nemmeno uno da oggi in poi. Grazie e…ciao
Ciao.
Tre giorni fa mi fermò un uomo meno anziano di me che indossava la caratteristica tenuta da turista. Infatti, era straniero e allora arrivarono i dolori.
La faccio breve: riesco a capire che è un olandese, non parla neppure mezza parola d’italiano e mi mostra in continuazione una carta stradale indicando con le dita una bella immagine del Colosseo. Fin qui ci siamo: vorrebbe visitarlo. Il problema è come farcelo arrivare perché da dove ci troviamo al luogo dove lui vuole arrivare ci sarebbero almeno due o tre chilometri di distanza. Provo a chiedergli se parla inglese - come se io lo parlassi - e meno male che scuote la testa, sorride e con un movimento delle spalle mi fa capire che gli dispiace, ma non lo sa. Ho evitato una brutta figura. Mi faccio coraggio e, a gesti come si fa per le ombre cinesi, cerco di spiegargli la strada da percorrere indicandogliela sulla sua carta stradale facendo inoltre volteggiare le mie mani a destra e a manca. Sembro un vigile urbano sulla pedana agli incroci intento a dirigere il traffico. L’”orange” - mi sembra che gli olandesi, almeno nel gergo calcistico, sono così soprannominati - mi fa ripetuti cenni di aver capito: beato lui. Io penso proprio che, almeno per 24 ore, non riuscirà a visitarlo il Colosseo. Mi ringrazia ripetutamente e, a mo’ di saluto, da quel colosso che è - ecco perché vorrebbe vedere il “monumentone” - mi stringe la mano così calorosamente che ne ho sentito il ricordo per tre giorni.

lunedì 12 agosto 2013

TELEFONINO O CELLULARE?

Mi dicono che il telefonino anche se sembra complicato lo è perché è munito dei requisiti necessari per il suo indispensabile(?) utilizzo. Ma chi lo ha detto che è indispensabile? E’ stata promulgata una legge al riguardo? No e allora?
Io, infatti, fino a qualche anno fa, mi sono sempre opposto a volerne maneggiare uno e ho resistito fino all’estremo. Mi sono sentito come quel soldato giapponese che - unico al mondo - per moltissimi anni ha ignorato, penso volutamente, che la guerra nel ’45 fosse finita e continuava a restare nascosto nella giungla durante l’attesa del nemico. Dietro una forte insistenza di mio figlio il quale già mi suppliziava da qualche tempo, ho alzato bandiera bianca e mi sono arreso. Causa: un momentaneo ricovero ospedaliero. Ecco per quale motivo dovevo essere continuamente in condizione di essere contattato e di poter contattare. Addio pace e tranquillità. Come milioni di cittadini sono entrato anch’io, purtroppo, a far parte della “famiglia dei cellularisti”.E non finisce qui: sempre per ordini ricevuti devo portarmelo appresso anche quando sono fuori casa.
Mi sento ridicolo e capisco il perché. Prima che mi fosse appioppato l'odiato marchingegno - io non ne volevo sapere - mi divertiva molto il fatto di incontrare persone che, camminando per strada, sembravano parlare ad alta voce con se stessi. Ai primi impatti, quando li incrociavo sul mio cammino vedendo che addirittura gesticolavano, cambiavo marciapiede e svicolavo; col passare del tempo mi accorgevo che, camminando, parlavano anche ad alta voce, con uno o due fili che fuoriuscivano dalle loro orecchie e allora capii che non erano pericolosi. Per non parlare poi dello spettacolo che era offerto soprattutto da persone di una certa età anche superiore alla mia - e sì che io faccio parte della quinta età - le quali allo squillare del loro apparecchio prima si guardavano intorno per capire se lo squillo li riguardava oppure no e poi iniziavano una importantissima ed inderogabile conversazione a base di: 'come stai? Che mangi a pranzo? Ieri sera che hai visto in TV? Che dici me lo compro quel vestito? Tu adesso dove stai? Io sto sul bus e fra poco scendo. Sì, va bene, ci sentiamo più tardi, un bacione'. Si spiega così perché quando esco da casa lo porto con me a passeggio, nascosto in tasca e, ove mai dovesse vibrare - mi hanno persino inserito il vibratore - e poi mettersi a suonare io non faccio altro che girare lo sguardo intorno con aria interrogativa e vedere l’effetto che fa. Risponderò a tempo debito, sempre se riuscirò a capire chi mi ha chiamato. Mi hanno istruito su come fare per sapere questo, quello e altro ancora ma evidentemente qualcosa dentro di me si rifiuta di collaborare. Esiste, è vero, la cellulare-dipendenza (
da Neologismi Quotidiani di Adamo e Della Valle). Sms, telefonate, pettegolezzi da rivelare il prima possibile senza aspettare di tornare a casa; la cellulare-dipendenza non abbandona gli italiani neanche quando sono al volante. Mi si dice 'è il progresso, bellezza'. A chi bellezza? Purtroppo devo prenderne atto, occorre rassegnarmi come ho già fatto per altri marchingegni. E, come se non bastasse, quasi quotidianamente inventano altri cosi del tipo ma più aggiornati, addirittura che parlano. Giorni fa mi sono intenerito e quasi commosso nel vedere un uomo, avrà avuto circa 70 anni, che stava facendo una telefonata ad uno di quegli apparecchi di nuova generazione ancora installati in alcune zone della città, coperti da una piccola cupola in plexiglas.Non so se funzionano ancora a gettone oppure occorre usare qualche altra cosa - forse una parola magica? - ma io ritengo che siano ancora utili. Stavo quasi per fermarmi accanto a quel signore, congratularmi con lui e stringergli la mano. Avevo incontrato un compagno di sventura!Se e quando ne incontrerò qualcun altro gli chiederò se vorrà far parte di una costituenda “Associazione per il ripristino e la valorizzazione del telefono fisso” tanto che male può fare un’associazione in più o in meno.

martedì 6 agosto 2013

LE DOMANDE...

che mi faccio ogni giorno, quando esco per la mia solita passeggiata mattutina, sono semplici semplici e di vario genere. Ieri, per esempio, è stato uno di quei giorni. Infatti, nell’arco di una sola ora, ho avuto delle risposte ad alcune di quelle domande che mi sono poste da definirsi pirotecniche considerato il rapido svolgersi di alcuni avvenimenti.
La mia uscita da casa varia secondo la situazione meteorologica, non quella mia perché non sempre tende al bello, parlo del tempo che fa.
Ecco quindi la prima domanda che rivolgo a chi fa le previsioni: ma è possibile che ogni canale televisivo dice la sua che poi è sempre diversa l’una dall’altra? Mettiamo da parte, per carità di patria le previsioni a lungo termine, il fatto è che non azzeccano nemmeno quelle dello stesso giorno. Lo so è una storia vecchia detta e ridetta ma per carità astenetevi dal farle ‘ste previsioni. Mi complicano la vita poiché mi preparo un certo abbigliamento ed è molto facile che io esca abbigliato per il tempo incerto ma, quando metto piede in strada, c’è un sole da andare al mare e farsi un bel bagno. E’ vero che anch’io lo faccio, ma di sudore. Oppure il contrario, esco bello bello scamiciato, senza cappello eccetera e improvvisamente si scatena il finimondo. Non parliamo poi delle temperative estive perché certi numeri dal 16 al 42 si potrebbero giocare al lotto.
A quale di queste previsioni si può credere?
La seconda domanda concerne i quadrupedi amici degli esseri umani. A questo proposito mi capita spesso di assistere a degli episodi veri. Cito il più recente. Quasi tutti i giorni incrocio una signora non più giovane, ben vestita, dal fare distinto, quasi aristocratico, che esce dal portone del fabbricato dove abita, a poche centinaia di metri da quello dove abito io, sempre alla stessa ora del mattino. La particolarità di quest’incontro da cui la domanda, è la seguente. La gentildonna in questione porta con sé, al guinzaglio, tre cani differenti l’uno dall’altro, e non sto parlando se maschi o femmine ma solo delle loro diverse proporzioni, minuscola, media, grossa e della varietà dei loro antenati. Ieri si è verificato qualcosa che mi ha incuriosito e che non ho potuto fare a meno di notare. Insieme a questa signora, lei davanti io leggermente più indietro, abbiamo fatto lo stesso percorso fino al cancello del parco di Piazza Vittorio. Proprio al centro dell’accesso al parco era tranquillamente disteso sulle sue quattro zampe un felino (gatto o gatta?) di mia vecchia conoscenza: il protagonista principale di una simpatica scena alla quale ebbi modo di assistere nel febbraio di quest’anno, sempre in questo parco. Ho avuto la netta impressione che il gatto/a (?) stava come in attesa dell’arrivo di quei tre cani giacchè non appena varcato il cancello del parco la signora ha tolto loro il guinzaglio e, tutti insieme in compagnia del micio/a (?), calmi e tranquilli se ne sono andati passeggiando nell’ampio spazio erboso loro riservato. Credo si siano persino scambiati un loro reciproco saluto di buongiorno. Quando però la gentildonna ha iniziato a tirar fuori da una busta di plastica qualcosa avviandosi quindi verso un lato dello spazio erboso dove era accoccolato un altro felino/a (?) il “compare” (o “comare”) dei tre cani ha lasciato la loro compagnia ed ha pensato bene di accodarsi alla signora. Era arrivata la colazione! Be’…ma allora l’attesa era per l’accoglienza o per il cibo in arrivo?
La terza domanda per quel giorno l’avrei voluta rivolgere ad una persona, una giovane donna, molto probabilmente dell’Europa dell’Est, una ragazzona alta, piuttosto formosa, priva di trucco, capelli biondi, occhi azzurri ma arrossati per via che mentre camminava, da sola, senza nessuno accanto, piangeva senza alcun ritegno. L’ho incrociata, lei camminando in un senso io invece al contrario. Non le ho chiesto il perché del suo pianto poiché ho pensato di non farlo per non intromettermi in una situazione molto privata.
Ancora mi domando se ho fatto bene ad ignorarla oppure no.

giovedì 1 agosto 2013

SPETTACOLO SERALE ALL'APERTO

Estate di sette anni fa in una ridente cittadina dei Castelli Romani.
Di prima mattina ho letto su un quotidiano romano che qui nella serata, più precisamente alle 21, patrocinato dal Comune, sarà rappresentato un lavoro teatrale di Carlo Goldoni. Il luogo è il parco pubblico e l’ingresso è gratuito. Sono piuttosto incuriosito da questo avvenimento in considerazione del fatto che a me piace molto il teatro. Mi piace anche vedere le reazioni dei cittadini locali.
Arrivo nella cittadina alle 18. E’ ancora presto e quindi mi vado a sedere su una panchina del viale-passeggio-struscio. Sulla panchina accanto alla mia è seduta una donna robusta, credo trentenne, triste, che ha il suo da fare con una vispa bimbetta di tre o quattro anni la quale non riesce a stare ferma e buona vicino alla mamma. Ad un certo punto la mammina evidentemente si è stancata e non potendone più agguanta per una mano la bimbetta, l’avvicina a sé poi, indicandomi con un gesto della testa dice, con tono basso, ma non tale che io non riesca a sentire “vedi quell’uomo con la barba? Se non stai buona e ferma qui accanto a me sai che faccio? Mi hai capito!” La bambina mi guarda e…io allora mi alzo e vado via. Incredibile! Distrutto, cerco di trascinare quello che è rimasto di me in qualche altra zona sperando di non essere arrestato dalle forze dell’ordine. Episodio limite d’accordo ma certo tutt’altro che edificante. Ora io ammetto di non avere un aspetto piacevole, ma addirittura farmi passare per un bau-bau è un po’ esagerato.Per consolarmi, prima di recarmi a “teatro”, decido di fare uno spuntino ma, invece di andare ad una 'fraschetta', mi reco in un'osteria dove oltre a mangiare qualcosa, si beve del buon vino produzione propria e si gioca anche a carte. Tavoli e sedie credo del secolo passato. Mi siedo. Una deliziosa nonnina con i capelli bianchissimi si avvicina al tavolo, mi dice, non richiesta, d’essere la proprietaria, di chiamarsi Sora Annita e mi chiede che cosa desidero. Rispondo che andrebbe bene un bicchiere di vino bianco e una 'panzanella' cioè due fette di pane casareccio bagnate con un po’ d’acqua guarnite con pomodoro, condite con olio, sale e pepe. Da queste parti invece ci aggiungono due olive nere, uno spicchio d’uova sodo, un’alicetta sott’olio e una fettina di prosciutto: beh, dico, è una cena. Alla vista di tale leccornia cosa avrei dovuto fare? L’unica era darsi alla fuga. Non l’ho fatto. Eroicamente e spavaldamente ho sfidato la sorte e…mi sono leccato i baffi senza alcun ritegno.
Alle 20.00, con troppo anticipo, cosa che io faccio per abitudine, mi reco nel parco pubblico dove si terrà la rappresentazione teatrale, mi siedo in prima fila e sono il primo…ed unico! Dopo una mezz’ora e alla spicciolata arrivano gli altri spettatori. Il teatro all’aperto è stato creato sfruttando un tratto di giardino in discesa. La salita è adibita a platea. I sedili sono costituiti da tavole grezze di legno inchiodate su tronchetti d’albero infilati a terra. Il fondo della discesa che forma uno spiazzo in pianura è stato attrezzato a palcoscenico mediante un’impalcatura di tubi di ferro e tavolato grezzo, alta da terra circa un metro. Sembra un vero e proprio anfiteatro dei tempi che furono. La scena, stilizzata, raffigura Venezia. Ne danno l’idea quattro spezzati in tela e legno dipinti di nero a righe gialle che rappresentano chiese e palazzi veneziani, due riproduzioni, in scala minore con ruote incorporate per essere spostate, di ponticelli veneziani ed infine un pannello, semovente, con l’intelaiatura stilizzante di una porta ed un altro simile per una finestra. Ai lati e sullo sfondo un telaio, ad altezza d’uomo, di colore celeste. Sulla sinistra la comune. Faccio appena in tempo a vedere quanto descritto che mi siede accanto un ragazzino. Biondino, magro, un volto con un’ espressione piuttosto sveglia e vivace, si agita continuamente e, senza alcuna inflessione dialettale, mi domanda a che ora è l'inizio, gli rispondo, poi vuole sapere come mi chiamo, glielo dico, lui mi fa sapere il suo di nome e di essere stato promosso in terza elementare, quindi gli chiedo se abita in quella cittadina, lui risponde affermativamente e, su mia domanda, mi risponde di non essere mai stato in un teatro e di non aver mai visto gli attori di persona ma soltanto al cinema e in televisione.
La conversazione non langue, anzi. M’informo sul perché è venuto solo, lui me lo spiega e poi aggiunge che gli piacerebbe, quando sarà diventato grande, di fare l'attore di teatro. Con il sopraggiungere di altri spettatori il ragazzo è chiamato da amici e compagni di scuola fino a che, ad un certo punto, lo perdo di vista.
Prendono parte allo spettacolo due donne ed un uomo ed il lavoro che rappresentano ballando, cantando e recitando, è composto di tre atti unici scritti dal Goldoni intorno al 1700. Il tutto in rime con pochi tratti di dialetto veneto ed il resto in lingua. Il pubblico, diventato via via sempre più numeroso ha mostrato di apprezzare e gradire la fatica degli interpreti. Notevole il livello di preparazione e l’affiatamento degli attori, tra l’altro ottimamente intonati. Ho avuto naturalmente qualche attimo di nostalgia per i miei trascorsi teatrali – amatoriali – ed ho faticato non poco per allontanarla. Al termine dello spettacolo ho indugiato di proposito tra il pubblico per captarne impressioni ed opinioni che si sono rivelate pienamente aderenti alle mie. Nel complesso positive. Mi sarebbe piaciuto conoscere anche il parere di quel ragazzino.
Chissà, dopo un po' di anni conserverà l’amore per il teatro?