lunedì 30 settembre 2013

L'ULTIMA CIFRA E' SBAGLIATA

= Sii?
= Pronto? Finalmente la trovo dottore...
= Scusi signora non ho capito...
= Ho telefonato ieri ed ho parlato con la sua segretaria...
= Signora io...
= La sua segretaria m'ha detto che...Ma lei è il dottor Florentini?
= No, non lo sono e...
= È il collega del dottore?
= No signora non sono il collega del...
= Allora chi è lei? Un paziente?
= No però sono paziente con lei...
= Che vuol dire?
= Voglio, anzi, vorrei dire se lei mi concede un attimo di pausa, che il dottor Florentini qui non c'è...
= Ha trasferito lo studio?
= Questo non lo so, io sto qui da circa quaranta anni e non c'è mai stato nessuno studio di dottore...
= Allora devo aver sbagliato numero...
= Credo proprio di sì, lei che numero ha fatto?
= Il xxxxxxx9...
= Siamo alle solite...
= Perché?
= Semplice. Ricevo numerose telefonate di altre persone che formano il numero che lei mi ha citato credendo di parlare con il dottor come si chiama mentre invece si sbagliano commettendo tutti il medesimo errore e cioè che quel numero è il mio mentre quello del dottore è quasi uguale meno l'ultima cifra che è zero e non nove...
= Oh! Quanto mi dispiace, mi scusi tanto. Il fatto è che ho urgenza di parlare con.......
Malgrado avesse tentato di salutarla cortesemente lei lo pregò di darle ascolto per qualche minuto. Lui acconsentì e lei, con molta naturalezza, iniziò a parlare. Gli raccontò una parte della sua vita, volle dirgli come si chiamava, quale era la sua età – la metà dei suoi – dove abitava, cosa faceva e per ultimo gli chiese se potevano vedersi aggiungendo 'visto che lei è stato gentile con me'. Lui voleva rispondere negativamente poi prevalse la curiosità e fissarono un appuntamento per il giorno successivo, mercoledi, alle 19.00, al Gianicolo, ai piedi della statua di Garibaldi. Si rese necessario precisare, per potersi riconoscere, come si sarebbero vestiti e, parzialmente, il loro reciproco aspetto. Ebbe l'impressione di stare recitando come in un film. Fu proprio dalle ore 19.00 di quel fatidico mercoledì al Gianicolo che, testimone Garibaldi, sia pure di bronzo, ebbe inizio la loro incredibile storia. Quella di lui e quella di Dafne, un nome mitologico. Lui invece non era mai stato un Apollo. Il giorno del primo incontro fra loro due il più imbarazzato, ed anche imbambolato, era lui. Si presentarono e si sedettero su di una panchina dalla quale si poteva ammirare il panorama di Roma alle prime luci della sera. Non so se fu questa vista o la mitezza della serata a spingere entrambi a raccontarsi quasi tutto di loro. Lei era sposata e nessun figlio perché non avrebbe mai potuto averne. Questo fatto le aveva causato una forte depressione per cui da qualche anno, due volte la settimana, si recava nello studio di quel dottore, psicologo gli precisò, per seguire una terapia. I rapporti col proprio marito si erano purtroppo deteriorati ma continuavano a convivere perchè nessuno di loro due voleva divorziare né adottare bambini. Ormai erano solo amici ed ognuno di loro viveva una propria vita. Non le chiese il perché di questa loro strana decisione. Non voleva intromettersi oltre. Di fronte a queste così delicate confidenze personali rimase un po' perplesso e glielo fece notare, ma a lei questo non importava. Anche se non sapeva spiegarselo sentiva che poteva metterlo al corrente di ogni cosa. Le disse allora che tutto ciò poteva avere una sua logica spiegazione derivante dal fatto che, data la propria età, poteva essere suo padre. Dafne lo guardò e lo pregò di non dire sciocchezze spiegandogli il perché. Gli disse molto chiaramente che da quando si erano seduti, circa tre ore prima, lei non aveva guardato il suo aspetto, se ne era "fregata" per usare le sue parole. Lo aveva soltanto ascoltato e scrutato dentro. E questo le era bastato. Quando dopo poco si salutarono, si abbracciarono a lungo senza alcuna esitazione. Seguitarono a vivere ancora questa incredibile storia per alleviare le loro rispettive solitudini.


giovedì 26 settembre 2013

CARTELLONI PER...???

Da molto tempo nel corso delle mie quotidiane passeggiate vicino casa - sempre se caldo e freddo me lo permettono - ho notato e ancora noto dei cartelloni, alcuni del Comune perchè sormontati dalla scritta in ferro S.P.Q.R. dove ci sono affissi manifesti pubblicitari, altri invece di materiale plastico piuttosto robusto, poggianti su delle aste metalliche conficcate saldamente in terra sul ciglio dei marciapiedi e circondati da barre di metallo come una cornice, però senza la sigla del Comune di Roma. Di chi sono e a cosa servono questi altri cartelloni?
Non si capisce perché su entrambi i lati ci sono delle scritte a carattere cubitale che avvertono 'SPAZIO NON DISPONIBILE' e, sotto, ancora un'altra scritta quasi dello stesso carattere con altro divieto perentorio 'AFFISSIONE PUBBLICITARIA PROIBITA', che in poche parole si deve intendere 'Non azzardatevi ad attaccare qualcosa altrimenti...'. Chissà forse chi ci prova potrebbe essere condannato alla fucilazione,al rogo,al taglio delle mani, all'impiccagione...
Uno dei prossimi giorni mi dovrò togliere una soddisfazione: chiederò il perché ai vigili che si trovano a poca distanza e, ove occorra, lo domanderò a qualcuno dei rappresentanti del Municipio I del quale fa parte la mia residenza qui a Roma. Mi si potrà obiettare 'ma perché non ti fai i fatti tuoi tanto non devi affiggere nulla'. E io risponderò 'sono anche fatti miei perchè quei cartelloni saranno costati qualcosa e a spese di chi? Se le spese le ha pagate il Comune non sono forse soldi che noi cittadini versiamo al Comune stesso? Se quindi sono di proprietà comunale, perché non si decide di farli usare? Incasserebbe qualcosa nel concedere questi spazi pubblicitari si o no?'
Altra perla su questa nostra bella grande ma strana città che è Roma. Due traverse dopo la via dove abito passeggio quasi ogni mattina su di una strada dove, sul lato sinistro accanto al marciapiede, sono state scavate quattro o cinque perfette buche rettangolari molto profonde (una specie di 'fosse comuni') distanti circa due metri l'una dall'altra.Perfettamente circondate da transenne e reti metalliche recano ognuna una striscia gialla con la scritta 'lavori in corso'. Dato che detti lavori durano da chissà quanto e non vedo operai in giro (per la pausa pranzo mancano due ore) mi è venuta la voglia di aggiungere a quella scritta la seguente frase 'che ce so' li lavori in corso l'avevamo capito da soli ma perché nun ce scrivete quanno che finischeno'?

lunedì 16 settembre 2013

UN PO' DI BUROCRAZIA NON E' LA FINE DEL MONDO

Appena arrivo all'ingresso c'è un tale che mi sembra stia regolando il transito di altri miei simili e allora decido di chiedere a lui l'informazione che m'interessa
= scusa, spero che tu possa aiutarmi
= dimmi tutto senza alcun timore
= ecco, io vorrei andare dove si trovano i miei genitori e due dei miei fratelli che sono arrivati qui rispettivamente negli anni...
= t'interrompo per informarti che per fare ciò tu devi avere un permesso che ti è rilasciato chiedendolo presso uno di quei sportelli...vedi...accanto quella grande porta...Lì ti chiederanno di firmare una dichiarazione nella quale dovrai dichiarare le generaltà dei tuoi, gli anni in cui sono arrivati qui e fare richiesta per ottenere il permesso per procedere oltre. Anche qui purtroppo si ha a che fare con un po' di burocrazia...
= e tutti questi altri che stanno in fila?
= sono come te e me, aspettano il loro turno...
= ma sono un'infinità...
= questi sono pochi, pensa che durante la prima e la seconda guerra mondiale qui ne arrivarono a milioni, di tutte le età, etnie, religioni e di molti continenti.
Anzi adesso il numero è calato notevolmente dato che i conflitti sono diminuiti
anche se non sono scomparsi del tutto. E comunque c'è sempre una lunga fila...
= ma tu come fai a sapere che qui c'era e c'è tutto questo movimento?
= perché caro mio io mi trovo qui dal 1861, pensa avevo 21 anni e da quell'anno ho lasciato la terra dove sono nato, la Sicilia, perchè mi sono ribellato all'invasione dei garibaldini. Trascorso un po' di tempo dopo il mio arrivo sono stato incaricato di occuparmi di questo servizio. È stata anche la stessa cosa per coloro che collaborano a quei due sportelli
= ho capito, mi devo rassegnare e attendere il mio turno che chissà quando arriverà e per di più in piedi...
= ma scusa che fretta hai, non hai niente da fare quindi attendi pazientemente
e verrai chiamato. Tanto non potrai stancarti perché non porti alcun peso e tu stesso, come me, non pesi neppure un grammo...
= noto che continuano ad arrivarne altri...
= è così amico mio, questa è una specie di giostra che non si fermerà mai. Buone cose e buon proseguimento
= grazie, altrettanto.
Dopo questi convenevoli andai ad uno degli sportelli, compilai la dichiarazione, ottenni il permesso e mi misi in fila pensando al momento in cui avrei incontrato i miei cari.

venerdì 13 settembre 2013

TI LEGGO

Di solito quando esco di casa ho già programmato il percorso da fare sia per l'andata sia per il ritorno nonché la durata del tempo da dedicare al passeggio ché tanto è sempre quello, al massimo un'ora.
Dopo dieci minuti ad un incrocio
= Monticianooo, Monticia'
Una voce maschile che credo chiami me. Guardo in alto, in basso, a destra, a sinistra niente. Poi mi accorgo che da una macchina che sta per essere parcheggiata, appena ferma, esce un uomo, giovane, che fa ampi gesti con le braccia e, indicandomi, mi invita ad avvicinarmi.
Mi avvicino e lui
= er Monticiano di Via della Porveriera vero?
= sì ma...ci conosciamo?
= de persona no però te conosco grazzie ar blogghe
= ho capito e...il tuo di blog?
= ce l'ho ma nun scrivo gnente
= perché?
= nun me va anche se ce l'ho da tre anni...però...
= però?
= però te leggo...
= mi dispiace per te...
= e perché?
= nel mio blog non trovi nulla di speciale ma ce ne sono altri molto interessanti
= lo so, lo so, passo puro dall'artri
= e quando commenti come ti firmi?
= no, io nun lascio commenti da gnissuno, leggo e abbasta
= insomma, hai un blog da tre anni, non scrivi post, leggi solo quelli degli altri,
non lasci commenti...
= e sapessi come me diverto...
= buon per te...d'altra parte siamo liberi e ognuno fa quello che crede
= appena t'ho visto t'ho riconosciuto subbito e allora t'ho chiamato pe'salutatte
= ti ringrazio ma...
= vie' annamo a pjiasse un caffè
= no grazie, sono quindici anni che non bevo caffé
= e perché?
= perché come già ho scritto altre volte, dopo mi viene voglia di fumare
= allora gnente caffé e gnente sigarette?
= già, mi accontento di annusare il loro profumo...
= e vabbé, d'artra parte chi se contenta gode...mo te devo da lascia' che devo anna' a lavorà, speramo d'arivedesse, ciao
= speriamo, ciao.
= tanto io te leggo.
Una minaccia o una promessa? Mah!

lunedì 9 settembre 2013

PARLIAMO DI TEATRO

Quel piccolo campo è una commedia in tre atti di Peppino De Filippo ambientata nel mondo contadino di oltre 60 anni fa, dove esisteva un ossessivo attaccamento alla terra, intesa come unica fonte di guadagno e di sopravvivenza.
Il protagonista è il burbero Rocco Barbati, ateo convinto e scapolo impenitente, che eredita assieme alla sorella - al contrario di lui estremamente religiosa (e un po’ bigotta) - le proprietà terriere del padre. Un lascito cui però è stata apposta una condizione: una piccola parte del podere va in beneficenza ai frati cappuccini del convento del paese.Rocco lascia ai frati la parte più rocciosa ed infertile del terreno, ma, con grande sorpresa, il “piccolo campo” dei cappuccini diventa l’unica parte dell’intero fondo fruttifera. Il nostro irascibile protagonista preme più volte sul convento per cambiare l’appezzamento concesso con un altro: ma, ogni volta che ottiene il cambio, il nuovo piccolo campo dei frati immancabilmente diventa rigoglioso, al contrario del suo terreno che torna sempre arido. Per Rocco questo è il chiaro segno di una sfortuna che lo perseguita (e non della tirchieria e trascuratezza nella conduzione del podere): si sente vittima di un complotto, ordito da Dio (che, se esiste, è ingiusto), dalla sorella, dai fraticelli, dai paesani.Un bel giorno il suo garzone, intento a scavare una buca per piantare un tralcio di vite nel confine tra il terreno dei frati e quello del padrone, trova una cassetta piena di monete d’oro. A chi apparterrà questo misterioso tesoro?Questo ovviamente non si può svelare, perché gli intrecci e i colpi di scena dell’ultimo atto della rappresentazione è bene vederli dal vivo in teatro...
Peppino De Filippo riesce, con eccezionale maestria, a raccontare la vita quotidiana della società contadina, evidenziandone le difficoltà economiche ed i conflitti interiori, riuscendo a trasformare il dramma in burla. Per noi, oltre all’immancabile divertimento, può essere interessante trasportare alcuni temi nella vita d’oggi: l’agnosticismo che spesso sconfina nella superstizione; la fede religiosa che può essere davvero sentita o solo esteriore; la difficoltà ad assumersi le responsabilità, quando è più facile abbandonarsi al vittimismo; la capacità che hanno il denaro e l’interesse di offuscare i rapporti umani. (fonte YouTube)
Negli anni 1971-1972 facevo ancora parte di una Compagnia teatrale amatoriale composta da alcuni amici, che presentava avanspettacoli e commedie un po' dovunque ad esempio sagre paesane, teatro dei postelegrafonici, dei dipendenti della Centrale del latte di Roma e Teatro "L'accento" nel Rione Testaccio. Un giorno l'amico regista ci propose di voler portare in scena "Quel piccolo campo" e ci fece leggere il copione. A noi non dispiaceva ma per rappresentarlo dovevamo avere il permesso di Peppino De Filippo. Glielo chiedemmo e lui acconsentì volendo però che il suo segretario assistesse alla prova generale. Detto fatto. Espresse parere favorevole e allora il regista assegnò le parti dei vari personaggi: io dovevo interpretare Rocco e Mario, papà di una cara amica blogger, quella di Cirillo. Portammo questo lavoro nei tre teatri sopracitati con successo. Alla prima nel teatro "L'accento" era presente seduto in prima fila Paolo Poli (attore di cinema, teatro, TV) il quale al termine della commedia salì sul palco, si congratulò con noi e abbracciò me e Mario complimentandosi.

La foto qui sotto titrae la Compagnia che ringrazia il pubblico al termine della rappresentazione.


 

giovedì 5 settembre 2013

AVVENTURE E DISAVVENTURE DI LILLO

Dati anagrafici:
cognome ACCARDO,
nome LILLO,
nato il 10 aprile 2008  
a Roma,
cittadinanza italiana,
residenza Roma Via Primo Carnera,
stato civile single,
professione gatto,
connotati pelo nero sopra, pelo bianco sotto
segni particolari===== 
La prima e la seconda estate dei suoi cinque anni d'età LILLO è stato ospite in casa mia mentre dalla terza in poi lui è andato in vacanza sempre insieme ai miei familiari che l'hanno adottato.
Anche quest'estate, malgrado i tempi bui, 8 giorni 8 sono andati a trascorrerli all'Isola d'Elba. Lì giunti hanno bussato alla porta di Napoleone ma ha risposto il guardiano il quale li ha informati che lui se n'era andato a Parigi dove sarebbe rimasto almeno per cento giorni perché doveva sbrigare alcune cose. Poi si sarebbe trasferito all'Isola Sant'Elena.
Durante quel soggiorno LILLO, sorvegliato a distanza, aveva ampia libertà di andare dove credeva più opportuno. I prima due giorni li trascorse girando per i vari appartamenti confinanti in uno dei quali c'era un suo simile e in un altro un cane che però non appena aveva capito che aria tirava aveva deciso di rimanere buono buono nella sua cuccia. Dal terzo giorno in poi se ne andò girando per il giardino sottostante dove aveva incontrato due simili a lui ma femmine.
Evidentemente una di loro non gli era piaciuta mentre per l'altra, incinta, aveva persa la trebisonda. Era follemente innamorato ma non lo era altrettanto
lei che gli soffiava in faccia e lo respingeva finché il giorno prima del rientro a Roma la gestante si stancò delle insistenze di LILLO e lo sfregiò con un graffio sulla guancia sinistra del muso. Con la coda tra le zampe l'innamorato respinto se ne tornò nella sua cuccia.
Le vicende di LILLO nell'Isola d'Elba mi sono state narrate dai suoi e miei familiari.
*****
Dimenticavo. Tra i sopraindicati connotati manca il seguente: Segni particolari muso sfregiato. Adesso sì che la carta d'identità di LILLO è completa.

domenica 1 settembre 2013

DORMITINA POST PRANZO INTERROTTA

Mercoledì della ormai passata settimana ferragostana, di primo pomeriggio, poco prima delle 15.00 sento suonare il campanello di casa. Non può essere la posta poiché Il postino suona sempre due volte.
Mi alzo un po' traballante in quanto sto sonnecchiando sdraiato su una sorta di poltrona-letto da me raffazzonata e, accanto alla porta chiusa, domando
= chi è
= sono un suo vicino
Apro con cautela la porta, vedo davanti a me un giovane, mai visto prima, a torso e piedi nudi, vestito(?) soltanto con un paio di calzoncini da mare e con nelle mani un pacco postale
= guarda che per la spiaggia hai sbagliato indirizzo, è lontana circa 30 Km.
= lo so e le chiedo scusa signore, anche se non ci siamo mai visti io abito qui accanto, all'interno 6. Siamo in quattro, io, un amico e le nostre due ragazze
= si, ogni tanto ho visto una delle ragazze uscire abbastanza presto e...
= naturalmente vorrà sapere perché sono conciato così. Ho suonato qui da lei
signore perché è il più vicino rispetto gli altri tre appartamenti di questo piano...
= ed anche perché in questo periodo ho l'impressione che siamo rimasti soltanto noi tra gli abitanti dei ventidue appartamenti di questo fabbricato
= già, proprio così. Se mi permette signore volevo farle prima una domanda: lei ha la connessione internet?
= sì perché?
= perché è urgente che io contatti la mia ragazza su FB e le mandi un messaggio
= va bene. Intanto entra pure, siediti e dimmi come ti chiami
= io Salvatore e la mia ragazza Silvia
= io mi chiamo Aldo e non mi chiamare signore. Adesso raccontami perché sei svestito come se dovessi andare al mare e perché urge inviare il messaggio
= è una faccenda curiosa. Io adesso sto a casa da solo, gli amici stanno al lavoro, da precari naturalmente. Lei che lavoro fa?
= ma ti pare che a circa 83 anni io possa lavorare? Sono in pensione
= non è possibile, non li dimostra assolutamente
= qualcun'altro me lo ha fatto notare. Avanti parlami di questa faccenda
= allora, qualche minuto fa sento il suono del citofono, mi affaccio e noto che è un corriere che deve consegnare un pacco postale per la mia ragazza. Apro il portone, poi la porta di casa e, visto che l'addetto alla consegna è salito fin qui al primo piano, esco lasciando la porta socchiusa per ritirare il pacco e firmare per conto della mia ragazza quando, forse per un po' di corrente d'aria, la porta di casa si chiude e io non ho le chiavi avendole lasciate dentro...
= adesso capisco perché sei conciato così, praticamente come stavi dentro casa...
= già...Posso mandare il messaggio? Altrimenti rischio di rimanere così fino a questa sera
= certo, accomodati pure davanti a Pasquale, il mio pc, e manda il messaggio.
Salvatore procede mentre io vado vicino al pacco che lui aveva poggiato dall'altro lato della scrivania, vedo che c'è l'indirizzo della Silvia e quindi tutto a posto. Salvatore però apprende tramite facebook che neppure la sua ragazza ha le chiavi di casa però viene tranquillizzato dalla stessa dicendogli che si recherà a chiederle all'altro loro amico nel posto dove lavora.
In attesa dell'arrivo delle chiavi ci scambiamo quattro chiacchiere, mi dice che è napoletano, che ha 30 anni, che è laureato in lettere e che insegna per qualche giorno della settimana in una scuola privata ma non d'estate.
Dopo circa tre quarti d'ora sentiamo suonare il campanello di casa, andiamo ad aprire. È Silvia, una bella ragazza, che con una splendido sorriso e quattro parole ci dice che ha le chiavi per l'Apriti sesamo.
Strette di mano, presentazioni, saluti e tanti ringraziamenti.
Buon pomeriggio e speriamo di rivederci non soltanto per queste situazioni.
Mi sono fatto due domande: ma possibile che nell'era dei telefonini e di altri marchingegni simili che per mia fortuna non conosco e neppure voglio conoscere i due si son dovuti cercare e parlare attraverso internet? E poi perché Salvatore non mi ha chiesto di fare una telefonata? Mah!