venerdì 29 novembre 2013

FINE SETTIMANA A NAPOLI

Se non ricordo male era il 1965 - altri tempi - io e mia moglie trentacinquenni e il mio unico figlio appena sei anni. Non ricordo neppure chi di noi suggerì di trascorrere un fine settimana a Napoli ma poco importa dato che tempo e denaro me lo permettevano. Era primavera inoltrata e il tempo era buono.
Non avevo ancora una macchina - presi la patente un anno dopo - e quindi andammo in treno partendo la sera del venerdì. Mio figlio non stava in sé dalla gioia e ricordo che per tutta la durata del viaggio non fece altro che correre sù e giù lungo il corridoio del vagone dove io e mia moglie eravamo seduti. Arrivati a Napoli, stazione di Napoli Garibaldi, non appena scendemmo dal treno, fummo avvicinati da un uomo, distinto e molto cortese, che ci chiese se eravamo in cerca di un albergo o di una pensione. Ma come aveva fatto a capire che non eravamo napoletani che tornavano a casa ma turisti in visita? Gli dissi che in effetti dovevamo cercare un luogo dove trascorrere un paio di notti e aggiunsi anche che non potevamo permetterci un albergo di lusso ma qualcosa di molto più economico. Lui non si scompose per niente e ci disse di stare tranquilli che ci avrebbe accompagnati a una pensione giusta per noi. Lì giunti lui ci salutò, io feci il gesto di volergli dare una ricompensa ma lui mi ringraziò e mi disse che il 'servizio' era compreso nel costo del soggiorno. Ci dettero una camera grande con tre letti, un piccolo lavandino e sovrastante specchio, senza bagno dato che occorreva usare quello in comune nel corridoio. La mattina dopo, appena svegli, mentre io ero intento a radermi la barba - in quegli anni me la dovevo fare due volte al giorno se, ad esempio, la sera volevamo andare in qualche posto - bussarono alla porta e mia moglie disse "avanti" ma io urlai "nooo, sono in mutande". E giù a ridere, non io, certo, ma mio figlio e mia moglie sì. Finito di fare colazione ce ne andammo a fare un giro per Napoli e a pranzo ci mettemmo seduti al famoso ristorante 'La bersagliera' con tanto di compagnia musicale offertaci da due napoletani uno con la chitarra e l'altro con il mandolino. Nel pomeriggio, sempre a passeggio per questa bella città, volli acquistare e regalare a mia moglie una collana di corallo autentico.
L'indomani, era domenica, altro piccolo giro turistico e poi, ormai era tardo pomeriggio, prendemmo il treno e ritornammo a Roma. Decisamente un ottimo fine settimana.
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Quella collana purtroppo prese il volo insieme ad altri oggetti nel 1981 quando subimmo un furto in casa e ci alleggerirono anche di altro. Quattro mesi dopo ci fu il bis,un altro furto, ma i ladri, a parte la casa sottosopra, si dovettero contentare di quattro o cinque banane, altro di sostanzioso non c'era.

lunedì 25 novembre 2013

PRONTO, ALDO?

"Sì, chi parla?" , "scommetto che non te lo ricordi", "allora hai vinto la scommessa perché non me lo ricordo. Che facciamo?", " per aiutarti ti dico qualche piccolo dettaglio", "più grande lo dici e meglio è, credimi", "va bene.
Ti ricordi due mesi fa dove e quando ci siamo conosciuti?", "No, assolutamente
no. Dove e in quale occasione?", "era il 7 settembre, in Via Cavour, angolo via dei Fori, in quella piccola costruzione piuttosto antica dove, per quattro giorni abbiamo partecipato, ad una riunione ...", "sì, adesso mi ricordo, noi non abbiamo mai chiesto la parola in quanto stavamo...","...parlottando seduti accanto l'uno all'altro...", "...un po' maleducati, diciamo la verità...", "sì, vero, però in quella riunione l'argomento non era un granché", "hai ragione ma non riesco ancora a rammentarmi il tuo nome...", "ti aiuto...Ma, Ma?", "...Ma...Ma ...ecco ci sono, Mara!!!", "hai visto? Ci sei riuscito", "ho vinto un premio?", "forse, dipende da te...", "cioè, che devo fare?", "rispondere ad una mia domanda...", "ancora un indovinello?", "no, no, rammenterai spero che io ero seduta alla tua destra in una poltroncina di plastica e il quarto giorno col gomito del mio bracio sinistro spingevo ogni tanto verso il tuo braccio destro e tu lo scansavi?", "questo sì, ma soltanto per delicatezza nei tuoi confronti e...", "e io l'ho molto apprezzato anche se lo facevo intenzionalmente in quanto la mia era una sorta di provocazione a seguito della quale mi sarei aspettata una qualsiasi reazione da parte tua ed invece...", "...invece, sincerità per sincerità, non l'ho avuta in quanto alla mia età quale reazione avrei potuto avere?", "perché quanti anni hai?", "83 compiuti, potrei essere minimo tuo padre...", "ma tu lo sai quanti anni ho io? Dimmi un numero...", "un altro indovinello? Allora lo dico così, a caso,...120 anni!", "incredibile...hai quasi indovinato, ne ho la metà, esattamente la metà", "sono venti meno di me quindi...Ma a prescindere da tutto quello che abbiamo detto fino a questo momento,mi sorge spontanea una piccola domanda, ma come hai fatto a trovarmi?...", "è stato molto semplice, sono andata dove ci siamo conosciuti due mesi fa in quella riunione, sapevo il nome e cognome tuoi dato che ci siamo presentati ed ho chiesto il tuo recapito telefonico dicendo che una volta l'avevo ma non mi riusciva più trovarlo...", "capperi che furbetta sei...", "ma no, è stato un piccolo stratagemma poiché mi sarebbe piaciuto rivederti...", "ah!!!, mi devo sentire lusingato? E' lecito chiederti il perché?", "Così, tanto per scambiare quattro chiacchiere. Sono vedova da circa tre anni, non ho figli e la solitudine comincia a spaventarmi. Se ti va potremmo vederci anche domani, ce ne andiamo a bere qualcosa dove vuoi tu e...", "alt! Purtroppo ho seri motivi per i quali non posso muovermi da casa...", "non fa niente vuol dire che vengo io da te, porto la macchina, la parcheggio, porto anche alcune...", "no, no, grazie, già porti la macchina, non portare altro...", "allora vengo domani pomeriggio, va bene alle sedici?", "va benissimo. Ad ogni buon conto puoi stare tranquilla non ho una 'collezione di farfalle' da farti vedere...".
Mara scoppia a ridere e poi aggiunge: "A domani Aldo!".

giovedì 21 novembre 2013

IO ADORO CARMELA...

...e lo grido al mondo intero!
Tutti sanno che l'Olivetti lettera 36 elettrica è una macchina da scrivere portatile. La mia l'ho qui con me da quarant'anni e forse più.
Carmela, la portatile, l'ho messa da parte circa sei anni fa da quando Pasquale, il pc, si è introdotto qui in casa mia.
Tempo fa ho letto in una pubblicazione che Biagi e Montanelli amavano scrivere in una Olivetti lettera 22, allora mi è venuta un po' di nostalgia che presto si è tramutata in voglia di scrivere qualcosa con la mia Olivetti 36. L'ho presa dove si trovava, l'ho adagiata, le ho tolto la copertina e ho iniziato ma lei invece si è messa a fare capricci. Si deve essere offesa perché l'ho trascurata tutto questo tempo. Ho tentato di spiegarle il perché l'abbia messa da parte. Quando si va avanti con l'età gli acciacchi e gli impedimenti arrivano per tutti, uomini e cose. E quindi è normale che ci sia una specie di 'cambio della guardia', di avvicendamento.Ma lei non me l'ha perdonata, ha seguitato perché è testarda e perché sicuramente si aspettava un po' più di gratitudine per aver fatto da insegnante alle mie due nipoti quando, benché in tenera età, le introdussi nel campo della dattilografia.Penso inoltre che sia gelosa di Filomena – per gli amici Flo -, la tastiera del mio pc. Le ho detto che si tratta di una pura e semplice amicizia e nulla di più ma non mi crede, mi dice che le uso troppe attenzioni, che sono troppo gentile e paziente. Le giuro che non è vero, al contrario, sia a Flo che a Pasquale, il pc, gliene dico di tutti i colori e in tutte le salse quando, per qualche motivo, evidentemente d'accordo, entrambi bloccano tutto. E questo purtroppo capita spesso.
Finalmente Carmela si è convinta. Con delicatezza e dolcezza, ho iniziato a toccare i suoi tasti. È stato un vero piacere perché rispondeva prontamente alle mie sollecitazioni come se godesse di ogni mio lieve contatto. Malgrado l'età si comportava meravigliosamente, sembrava avere non so quanti anni di meno e io ero soddisfattissimo, come ai bei tempi insomma. Sono riuscito, almeno in parte, a soddisfare la mia voglia di quando, la prima volta, la presi tra le mie mani. Ho ringraziato Carmela e lei, quando abbiamo finito, mi ha fatto capire di essere soddisfatta.
Visto che vuol dire essere gentili? Si ottiene più facilmente ciò che si desidera.

lunedì 18 novembre 2013

NOI CI PROVAMMO E...

...datosi che si trattava della settimana Pasquale del 1952 la compagnia amatoriale di teatro della quale facevo parte era stata invitata a rappresentare nel proprio teatro una tragedia religiosa con 21 personaggi uno dei quali ero io (avevo 22 anni), ma il fatto era che non potevamo dire di no all'organizzatore. Il copione di quel lavoro teatrale c’era stato consegnato appena una quindicina di giorni prima e noi tutti eravamo impegnati a cercare di imparare ogni battuta a memoria, anche se, al momento dell’andata in scena, avremmo avuto l’aiuto di un suggeritore. C’era, però, una discreta parte di noi che non riusciva a fare questa operazione e quindi il tutto procedeva troppo a rilento. Il regista, uno di noi ma pratico di teatro, era piuttosto preoccupato per l’andamento delle cose. Tra l’altro aveva ricevuto una richiesta da parte della direzione di un ospedale pediatrico religioso quella, in pratica, di andare a rappresentare almeno la prova generale di quel lavoro nel loro piccolo teatro riservato ad un pubblico composto di suore, personale medico e paramedio e qualche genitore dei piccoli ricoverati. Il regista ci affermò che non gli era stato possibile dire di no, giacché in quell’ospedale c’erano ricoverati i suoi due figli piccoli. Sinceramente eravamo tutti nel panico più completo: nessuno di noi sapeva la propria parte a memoria e inoltre c’erano ancora certi meccanismi da mettere completamente a fuoco. La prova generale era stata fissata lì all’ospedale per il venerdì mentre lo spettacolo vero e proprio sarebbe andato in scena il giorno successivo in un teatro rionale. Dopo aver discusso a lungo prendemmo una decisione. Ci saremmo recati ugualmente al piccolo teatro di quell’ospedale, ma lì giunti il regista avrebbe comunicato alla suore responsabili che a causa di un’improvvisa indisposizione dei due personaggi principali quel lavoro non si sarebbe potuto rappresentare. Una menzogna delle più spudorate. Avremmo in ogni caso portato in scena uno spettacolo d’arte varia – cosa che facevamo abitualmente e che conoscevamo a menadito – e quindi saremmo andati in scena ugualmente visto che le suore avevano già tutto organizzato per questa rappresentazione. Da parte nostra concordammo quali sketch portare in scena, quali e quanti di noi avrebbero partecipato, con quali incarichi. Della nostra compagnia facevano parte anche una giovanissima cantante poi diventata soubrettina con Macario, un ragazzo che suonava benissimo la fisarmonica e un giovane operaio milanese amante dell’arte circense che si era fornito di un completo costume da clown. Era bravissimo quando poteva esibirsi nel suo numero preferito. Felice, questo il suo nome, s’era creato un piccolo aggeggio: aveva inserito nella palletta rossa di plastica che i clown si mettono in punta al naso, una minuscola lampadina collegata ad un filo elettrico, ben nascosto dal cerone, che si dipartiva dal naso, passava dietro la schiena e arrivava sulla pancia attaccato al pulsante di una batteria portatile. Bastava che lui lo premesse col gomito e la lampadina s’accendeva illuminandogli il naso. Unimmo anche loro nella spedizione verso quell’avventura. Arrivò il venerdì e noi, giunti sul posto un’ora prima di quella fissata per lo spettacolo, fummo accolti da due suore facenti funzioni di direttrici, ma soprattutto spalancammo tanto d’occhi nel vedere in una stanza adiacente il palcoscenico del teatro una tavola imbandita di ogni bene mangereccio: panini imbottiti, pizzette, bevande e dolci d’ogni genere e altro ancora. Il nostro imbarazzo crebbe a dismisura. Il regista iniziò subito a recitare la sua commedia e, con fare contrito, spiegò alle suore il motivo per cui non potevamo mettere in scena la tragedia promessa. Le due suore, dapprima perplesse poi convintesi piuttosto a malincuore ci assicurarono che potevamo rappresentare quello che credevamo dato che ormai il tutto era stato predisposto. Peraltro stavano già arrivando i primi spettatori i quali prima di entrare in sala dovevano lasciare all’ingresso un’offerta per le spese. Scoccata l’ora d’inizio dello spettacolo a me cominciarono a tremare le gambe come pure agli altri. Però forse a me più di loro giacché dovevo andare in scena per primo in quanto dovevo presentare ogni singolo quadro, siparietto o intermezzo musicale. Mi feci coraggio, presi il microfono in mano e andai sul palcoscenico. Un bell’applauso d’incoraggiamento mi accolse ed allora io, con una notevole faccia tosta, accennai brevemente al cambiamento di programma e presentai il primo numero. Feci persino lo spiritoso con qualche lieve battutina. Mi guadagnai però il consenso degli spettatori così come l’ottennero tutti i partecipanti allo spettacolo, persino con qualche richiesta di bis. Terminammo dopo circa due ore. Ricevemmo parecchi applausi e l’unanime consenso delle suore due delle quali, le direttrici, nell’invitarci al rinfresco ci chiesero se potevamo tornare ancora qualche altra volta.
Rispondemmo di sì visto che il tutto era finito …a tarallucci e vino.
Infatti ritornammo sul luogo del delitto altre due volte.

giovedì 14 novembre 2013

A.O.T. AMICIZIE OSPEDALIERE TEMPORANEE

Quando il 23 ottobre u.s. sono entrato all'ospedale e nella camera 102 come ho già detto, mi è stato assegnato il letto B - quello centrale - che ho occupato per tutto il mio 'soggiorno' mentre invece quello A alla mia destra ha visto l'avvicendarsi di ben 4 pazienti e quello C alla mia sinistra soltanto 2. Di solito si scambiano quattro parole fra tutti i 'soggiornanti' e così è stato però con alcuni distinguo. Mentre quelli del letto A erano molto loquaci, quelli del letto C, al contrario, erano più taciturni. Ci sono state alcune volte, specialmente negli ultimi due giorni , durante i quali mi sono divertito a sommare le nostre tre rispettive età raggiungendo un record: oltre due secoli e mezzo, per la precisione 256 anni. Cercherò di descrivere al meglio i sei amici temporanei, non so se ci riuscirò però mi auguro che qualcuno si divertirà in seguito a descrivere me, elencando i miei pregi, ove li avessi, e i miei numerosi difetti. Inizialmente il letto A l'ho trovato occupato da una specie di Maciste alto 1,95, peso Kg.127, 58 anni circa, capo-operaio ai Mercati Generali di Roma. Per quanto era alto non entrava nel letto e dormiva, russando sonoramente, con i piedi in fuori .
Persona molto cordiale, ci siamo scambiati un po' dei nostri reciproci ricordi. Ha lasciato l'ospedale il 25 ottobre quando mi stavano portando in lettiga in sala operatoria - da me battezzata cella frigorifera - per il secondo intervento. Ci siamo detti reciprocamente in bocca al lupo. Quando dopo due ore sono stato riportato in camera nel letto A c'era un altro paziente - in seguito mi disse di avere circa 90 anni ex Capitano di lungo corso nella Marina Mercantile, padre partigiano e così anche lui. Ottima persona, piccolino di statura e molto ciarliero (tipo quel novantenne mio amico di cui ho già scritto il quale, non appena entrava in casa e si siedeva, attaccava con la frase "Pe' fatte breve er discorso" ma non smetteva mai e io ero costretto a fare il pesce). Il Capitano soggiornante nel letto A agiva e parlava sì nella stessa maniera ma a voce bassa, per farlo smettere occorreva sparargli con un bazooka. Aveva navigato per i mari di tutti i continenti comandando petroliere e parlava quattro lingue. Dimesso lui al suo posto è subentrato un tipo alto, robusto, chiacchierone a più non posso ma cortese e generoso. Si è messo ad aiutarmi durante i miei digiuni che dovevo osservare sia prima sia dopo i due interventi. Anche perché i comodini accanto ai letti erano posti a sinistra dei letti stessi ed io non sono mancino oltre al fatto di essere stato operato nel torace a sinistra. Se mi occorreva qualcosa non arrivavo a suonare il campanello per l'infermiera, quindi per me erano guai seri. Allora interveniva lui e mi aiutava sempre. Tra noi è scattato un primo abbozzo di vera amicizia. Il giorno 5 novembre, cioè prima della data della mia 'scarcerazione', il letto A è stato nuovamente occupato questa volta da un mio coetaneo - 1930, folti capelli bianchi, bello robusto ma non alto, completamente sordo il quale desiderava conversare ma lo faceva a voce talmente alta che costringeva anche me ad urlare. Infatti la mattina del 6 novembre dopo la visita del primario con tanti dottori e dottorini che lo seguivano, appena usciti è dovuta rientrare da noi una dottoressa la quale ci ha invitato ad abbassare la voce. Abbiamo proseguito il nostro pseudo dialogo con dei cenni senza che riuscissimo a capirci. Per quanto riguarda il letto C per tutta la durata del mio soggiorno è stato occupato da due persone, il primo di circa 75 anni anche lui russava fragorosamente, un po' reticente a parlare ma poi l'ha fatto in seguito. Il secondo invece, di 91 anni, alto anche lui e quindi con i piedi in fuori, magro, e sordo, parlava a bassissima voce con grande mia fatica a capirlo in quanto anch'io non ci sento bene dall'orecchio sinistro. Era un appassionato floricultore e mi ha raccontato, tra molto altro, che le gardenie hanno le foglie bianchissime ma se le tocchi si rovinano diventando gialle. Quando sono stato dimesso lui invece è restato.
In definitiva, malgrado tutto, ho trascorso 15 giorni di vacanza a gratise salvo il sangue che si sono succhiati i vari dracula, a giorni alterni.

lunedì 11 novembre 2013

SOUVENIRS DE L'HOPITAL

La mattina del 23 ottobre u.s., alle 8 meno 5 entro nell'ospedale al quale sono 'affezionato' da anni e, dopo alcuni inciampi che sono tipici all'atto del ricovero mi vengono indicati sia il reparto di intensiva-cardiologia sia la camera a tre letti contrassegnati dalle lettere A, B e C (non da numeri come nelle patrie galere). Il mio letto è B in mezzo agli altri due occupati da due pazienti. Mentre sto per sistemare il mio borsone con il necessario per il 'soggiorno', in un piccolo armadio posto di fronte al bagno, vedo spuntare dal nulla una giovane ragazza con la mia cartella di ricovero, la quale penna nella mano mancina mi chiede "nome?" e io rispondo "Aldo", lei mi fa "no, il cognome " e allora io dico "Accardo". Prende nota poi del luogo e data di nascita, della residenza, nonché di altezza e peso. Su queste due ultime richieste sono un po' vago in quanto la mia statura si dev'essere abbassata per via dell'età ed il peso ondeggia spesso. Durante l'interrogatorio ho, come dire, preso visione della giovane: alta, occhi marrone chiaro, capelli neri raccolti all'indietro, piccolo volto rotondo senza trucco, bocca piccola con due labbra perfette, corpo affusolato ma senza alcun attributo anteriore e posteriore evidenti direi quasi assenti. Mi è venuta in mente che fosse come una di quelle bambole che un tempo si mettevano al centro del letto appoggiate ai cuscini. Ma la giovane sprizzava femminilità da tutti i pori. Benissimo. Vengo avvisato che devo continuare a stare a digiuno come ho fatto già dalla prima colazione in quanto dopo qualche ora mi avrebbero portato in sala operatoria per il primo intervento. Per farla breve si deve procedere all'espianto di un defibrillatore che decubita e si trova collocato in una 'tasca'ricavata nel torace a sinistra vicino al cuore: tagliare, togliere e ricucire. 48 ore dopo reimpianto di un nuovo defibrillatore: tagliare, ripulire con potenti antibiotici e ricucire. Per entrambi gli interventi anestesia locale che non è stata molto benevola con me. Complessivamente 15 giorni di 'soggiorno' tra accertamenti, digiuni, interventi, prelievi, flebo di antibiotici a getto continuo, ECG, lastre, visite di controllo.
Personale del reparto: personale medico: tre cardiochirurghi tra i quali la giovane signora che mi conosce da un bel po' di anni ed è quella che mi 'affetta' col sorriso sulle labbra ( io sorrido molto meno); personale paramedico: otto giovani - due maschi e sei femmine attraenti tra le quali la 'bambola'; tre signore portatrici del vitto e due signore portatrici di scopa e scopettone. Di certo noi siamo ben accuditi e tenuti sotto controllo.Tutto bene compreso il fatto della 'bambola' che io osservo in continuazione e con attenzione ogni volta che lei mi passa davanti o si sofferma per occuparsi di noi tre pazienti. Un giorno, dopo il secondo intervento chirurgico, lei mi dice "Accardo te prima eri dolce adesso invece sei cambiato e lo sei di meno". Ma perché mi sono chiesto? Forse perché la osservo troppo? Qualche giorno dopo, di sera, lei si trova accanto al letto A e, mentre fornisce di medicine il paziente ed è voltata di spalle, mi dice: "Accardo" perché mi guardi?" ed io "ma che hai anche gli occhi dietro? Che faccio di male, mi limito soltanto a guardare una bella ragazza", "non sono una ragazza", "una bella signora?", "no", "una bella signorina?", "no", "e che sei allora?". "una infermiera" e se ne va. Mi lascia a bocca aperta e mi dico "ecco fatto, ho combinato un'altra gaffe delle mie". Passano due o tre giorni e la 'bambola' mi ripassa davanti ma mentre sta per uscire si volta e mi dice "Accardo, ma che vuoi da me?". Se avevo cinquant'anni di meno te l'avrei detto che volevo da te ma mi sono cucito la bocca e sono stato zitto. Quando il giorno seguente deve sempre passare davanti a me che sono seduto, invece di guardarla, alzo la testa, guardo in alto, a destra e a sinistra e lei, evidentemente se ne accorge e sbotta a ridere. Finalmente! Dopo di allora tutto è cambiato: sorrisi sinceri, battute molto innocenti tipo il complimento che le faccio quando, per farmi l'ennesimo prelievo, si presenta con i capelli neri lunghissimi. Insomma la 'bambola' è cambiata totalmente tanto che il 6 di novembre, giorno del mio 'rilascio', mi saluta con una stretta di mano e con uno splendido sorriso.
Chissà, forse si sarà detta "meno male che strarompi se ne va".

mercoledì 6 novembre 2013

RIENTRO A CASA e...

...finalmente posso ringraziare i blogger amici che mi hanno lasciato o inviato commenti augurali relativamente al mio post (IMPEDIMENTO) del 26 ottobre u.s. e scritto dalla cara amica blogger Luz (Luciana),
G R A Z I E !!!
Un caro saluto a tutti,
aldo.