venerdì 31 gennaio 2014

UNA VECCHIA FOTO

Benché lo faccia raramente ieri mi sono messo a cercare qualcosa nel cassetto di un mobile del soggiorno ma evidentemente ho aperto quello sbagliato perché invece dell'oggetto che volevo ho trovato una gran quantità di fotografie e tre o quattro album che avrebbero dovuto contenerle. Proprio così, album semivuoti e foto sparse nel cassetto. Una faccenda che avrei dovuto sbrigare da più di mezzo secolo e che non ho mai sbrigato. E non perchè non ne avessi mai avuto il tempo. Il punto è che tra me, le foto e gli apparecchi per scattarle c'è incompatibilità. Cerco di evitarli il più possibile. Forse è qualcosa che mi porto dietro sin da quando ero piccolo perché ricordo di aver avuto uno zio acquisito, marito di una sorella di mia madre, il quale aveva questa chiamiamola pure fissazione. Per me e i miei fratelli era un incubo. Una volta però gli accadde un incidente che a noi fece molto piacere. A lui non tanto. Stava per scattarci l'ennesima istantanea con una macchinetta molto antica munita di un lampo al magnesio, credo si chiamasse così, il quale non appena lo zio fece il clic gli bruciò tutto il naso. Noi ridemmo a crepapelle mentre lui urlava dal dolore.
Taglio corto perché dall'apertura di un cassetto guarda un po' dove sono andato a finire.
Mi è venuto il ghiribizzo, già che c'ero, di dare un'occhiata a quelle foto riposte lì alla rinfusa ed ho pure guardato gli album rammentandomi che mi erano stati regalati da vari parenti, uno anche da mia madre.
Non posso nascondere il fatto che ho ritrovato un discreto numero di fotografie che mi hanno emozionato, altre invece che mi hanno fatto tornare in mente ricordi poco piacevoli.
Quelle a colori superano di gran lunga quelle in bianco e nero e proprio tra queste mi è capitata in mano una piccola foto che ho guardato con maggiore interesse.
Il perchè non sono in grado di precisarlo però mi sono soffermato a guardarla molto a lungo.
E sono riaffiorati ancora ricordi.
Risalgo abbastanza facilmente all'anno: è il 1939.
Il luogo è l'inizio del parco del Colle Oppio qui a Roma, i raffigurati nella foto tutti nati in via della Polveriera. Un gruppo di ragazzine e ragazzini. Cinque femmine sorridenti e due maschi: uno con lo sguardo verso l'alto, impertinente, l'altro con un sorriso a metà. Come mai questa insolita conposizione? Forse a scattarla dev'essere stato il fratello di una delle femmine. Penso proprio di sì. Faccio una specie di appello e noto che appaiono due sorelle gemelle – forse del fotografo? - poi una molto alta, sorella di due miei coetanei non presenti nel gruppo. Infine davanti a loro i più bassi: altre due femmine che si tengono abbracciate e, ai loro lati, i due maschietti: mio fratello più grande undicenne ed io di nove anni.
Chissà perché noi due, io l'impertinente e mio fratello col sorriso a metà, stavamo accanto alla due femmine per le quali, ricordo benissimo, spasimavamo.

martedì 28 gennaio 2014

IL FILM E' INIZIATO DA POCO

Sono andato al cinema vicinissimo casa per assistere alla visione di un film che m'interessava vedere. Non ho fatto in tempo ad entrare prima dell'inizio dello spettacolo pomeridiano, ma la persona addetta al controllo dei biglietti mi ha detto che erano trascorsi appena cinque minuti. La sala ovviamente è buia, illuminata soltanto dal chiarore delle immagini che scorrono sullo schermo e io vado un po' a tentoni.Riesco a malapena a scorgere una poltrona vuota al centro della settima fila di platea, chiedo permesso alle persone sedute e...pesto un piede a qualcuno che lo ritrae dolorante.
Sussurro a bassa voce
= Mi scusi tanto
Una voce femminile mi risponde sussurrando
= Non si preoccupi, non è niente
Con la coda dell'occhio cerco di capire a chi appartiene quella voce. Una donna sicuramente, all'incirca della mia età, trent'anni. Altro non mi riesce vedere.
Attendo l'intervallo tra il primo e il secondo tempo quando si accendono le luci in sala. Il che avviene dopo circa cinquanta minuti.
= Stia tranquillo, non m'ha fatto niente di doloroso
= Le chiedo ancora scusa, sa col buio...
= Lasci perdere, piuttosto le piace il film?
= Veramente l'avevo immaginato un po' più...
= Sì, non è un granché
= Ha ragione...
= Io me ne vado, lei che fa? Rimane?
= Come? Ehm...quasi quasi seguo il suo esempio
= Bene, andiamo.
Mentre ci alziamo e c'incamminiamo verso l'uscita ho tutto il tempo di esaminarla bene. Promossa a pieni voti. Usciti dal cinema lei mi fa
= Ho la macchina poco distante, lei abita nelle vicinanze?
= No, ma sono venuto con il tram...
= Vuole che l'accompagni?
= Bèh...ecco...io...
= Facciamo così, mi accompagni lei, sono venuta a Roma da Bologna e fino a domani mi devo trattenere qui per una riunione di lavoro. Il mio albergo non è molto lontano. Ha fretta di tornare a casa?
= Non, non è per quello ...È che la ...la...
= La questione si complica? Non abbia timore, io non chiedo nulla di lei e lei faccia altrettanto. Non è prerogativa solo degli uomini voler trascorrere qualche ora con chiunque, quindi venga con me e non si faccia scrupoli.
= Non me ne faccio, solo che non mi va questo tipo diciamo...d'intrattenimento con una donna...
= Tranquillo, non esercito la "professione" più antica del mondo, mi piacciono gli uomini e lei è uno di questi. Offerta gratis, prendere o lasciare.
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Mi sveglio, mi alzo e, a differenza di altre volte, stranamente mi rammento
tutti i dettagli di questo sogno salvo l'ultimo quello cioé se ho accettato l'offerta oppure no.

venerdì 24 gennaio 2014

FRASI COLTE AL VOLO

Accade talvolta nei luoghi più impensati di captare, senza volerlo, alcune frasi dette ad alta voce da chiunque si trovi a camminare o sostare casualmente accanto a me. Probabilmente è un difetto il mio poiché, come se usassi qualche marchingegno per intercettare, va tanto di moda adesso, registro anche brevi dialoghi oltre che brevissime frasi. Soltanto mentalmente per fortuna. Poi però dimentico tutto con facilità.Mi stupiscono però alcune frasi che mi rimangono in mente. Ne cito soltanto qualcuna.
Giorni fa ero in un centro commerciale e accanto allo scaffale-frigo dove mi ero fermato per un litro di latte e un panino di burro che stavo scegliendo, sostavano tre persone che conversavano ad alta voce: una bella giovane abbastanza florida con tanto di camice d'ordinanza, una signora di mezza età ed un signore molto alto piuttosto anziano anche loro con camici dello stesso tipo senz'altro dipendenti di quel Centro:
=La florida: "...e poi sapete che c'è? Io lavoro perché col mio compagno andiamo a vivere da soli e quindi dovremo sostenere notevoli spese..." =La mezza età: "...ma i genitori non vi aiutano?" =L'anziano: "...specialmente i tuoi che mi hai fatto conoscere e che adori?" =La florida: "...altroché, soprattutto loro. Da quando poi mi hanno detto che mi hanno adottato - io avevo appena due anni - il mio affetto è aumentato, ma..."
Per discrezione mi allontano rapidamente, ma queste poche frasi dette tranquillamente e senza alcun timore per la propria privacy averle ascoltate dalla voce della giovane mi ha fatto molto piacere. Stavo quasi congratulandomi con lei. Viva la faccia della sincerità.
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Un paio di giorni fa esco da casa piuttosto presto e per arrivare alla fermata del bus devo percorrere un breve tratto di marciapiede sul quale, per il momento, transito soltanto io.Appena voltato l'angolo, sempre sul marciapiede, c'è uno di quei cassonetti piuttosto ingombranti, di colore giallo, che vengono utilizzati per la raccolta di abiti, scarpe e accessori usati e c'è anche un albero per cui si crea soltanto un piccolo spazio per poter andare oltre. Sto per farlo quando sento dietro di me qualcuno che, mormorando chissà cosa, cerca di passare anche lui. Divincolandosi come un'anguilla, questo tale - si tratta di un uomo intorno ai sessanta, capelli bianchissimi, magro come un chiodo, ben vestito, senza nulla in mano e neppure a tracolla -dice a voce alta "Bell'anima, perché non stai sottoterra?" Mi viene spontaneo voltarmi per sapere a chi è rivolta quella frase e incrocio lo sguardo del tale. Su quel tratto di marciapiede ci siamo soltanto noi due. Prudentemente allungo il passo senza voltarmi neppure per un attimo e, velocemente, per quello che mi consente l'età, mi allontano.
Chi era, che faceva, che voleva costui? E poi...ce l'aveva con me? Mah!
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La mia abitazione si trova al primo piano di un fabbricato confinante con una scuola comunale comprendente asilo, materna ed elementari frequentata per una gran parte da bambini cinesi, indiani, magrebini, pakistani e del bangladesh. Ieri, alle 16:30, orario di uscita degli alunni, stavo aprendo la finestra della mia camera quando sento delle voci. Guardo in strada e vedo una giovane donna cinese che cammina con accanto un ragazzino di sette od otto anni pure lui cinese il quale, quasi gridando, dice:
="A ma' e mo m'hai rotto le scatole..."
="ç#[#çç§#ç " (idioma cinese ? Forse)
="No, no e no...adesso devo d'anna' da Limang e..."
="]秧##[" ( idioma cinese? Chissà)
="Bonanotte ma'. Quante vorte te devo da di' che li compiti li faccio stasera, dopo magnato?..."
Ho chiuso la finestra cercando di fare meno rumore possibile per non disturbare il dialogo.

lunedì 20 gennaio 2014

L'IRA DI ACHILLE

Tempo fa descrissi uno degli incontri che quotidianamente facevo nel corso del mio giro mattutino per le strade del rione dove abito. Si trattava dell'incontro con una signora o signorina – ancora non ho chiesto informazioni e non ne chiedo – intorno ai 40 anni, bionda forse ossigenata, piccolina, grassottella, ad ogni modo di piacevole aspetto, con al guinzaglio un magnifico e atletico cane lupo a passeggio per le necessità di quest'ultimo. All'epoca, questo bellissimo animale definito dalla signora "il bimbo" aveva circa 4 anni ed era vivacissimo con una gran voglia di giocare. Data la vicinanza delle nostre rispettive abitazioni ci siamo naturalmente incontrati parecchie volte sempre salutandoci cordialmente e scambiandoci reciprocamente qualche frase di circostanza, mentre osservavo che il "bimbo" cresceva a vista d'occhio. Questa mattina ho assistito ad un incontro particolare, sempre con quella signora col lupacchiotto al guinzaglio: attualmente ha superato quegli anni. Lei faticava enormemente a tenere il suo cane il quale "incacchiato" di brutto, abbaiava a più non posso contro un altro cane non so di che razza, anche lui al guinzaglio tenuto da una ragazza. Non c'era verso di trattenerli, le due facevano sforzi enormi per cercare di allontanarsi dal posto dove si stava verificando lo scontro, poi finalmente la ragazza ci è riuscita e si è avviata in tutt'altra direzione. Con molta prudenza mi sono avvicinato alla signora bionda la quale, tenendo con tutta la sua forza il guinzaglio del suo lupacchiotto che voleva lanciarsi all'inseguimento dell'altro cane della ragazza, mi dice:
= Ha visto che fa? = Vedo che è un po' nervosetto stamattina...= Ma no. Sapesse quanto è buono, un agnellino = Non si direbbe... = Scherza? Ha notato come si comporta con i bambini? = Sì, dalla mia finestra. Quando passate nei pressi della scuola tanti bambini vi vengono incontro... = Ha visto? Lui si accuccia in terra e da loro si fa fare tutto: carezze, lisciatine sul pelo, si lascia prendere per la coda e si fa persino baciare dai più coraggiosi. Pensi che si ricorda perfettamente sia le ore di entrata e di uscita dei bambini dalla scuola sia la strada che facciamo per passarci accanto. Capisco che è facile dato che facciamo questo tragitto tutti i giorni e anche due volte al giorno, però mi fa tanta tenerezza il suo comportamento. = Chissà invece come si comporta con i gatti... = Con i gatti? Quelli sono come degli amici. Dove abito ce ne sono due o tre e quando a volte li incontriamo si guardano come per salutarsi e si passa oltre. = Veramente?= Almeno è la mia impressione. La vuole sapere un'altra cosa? = Dica, dica..= Non abbaia alle femmine... = Parla di cani femmina vero? = Sì, sì...le annusa un po', le squadra, scodinzola per qualche secondo e sta zitto e quieto. Vorrei capire il motivo per cui Achille... = E chi è Achille? = Lui, il mio bambinone...non le ho mai detto che si chiama Achille? = Ma chi, il lupacchiotto? = Sicuro. Lui è il mio Achillone. Vorrei sapere perché ce l'ha con i cani maschi = Lo so io il perché, è l'ira di Achille che non vuole rivali. = Già, non ci avevo pensato... Adesso devo andare. La saluto e arrivederci alla prossima... = Certamente...arrivederci.=
Curioso, né io e neppure la bionda signora sappiamo quali sono i nostri rispettivi nomi però conosco il nome del lupacchiotto: Achille!


giovedì 16 gennaio 2014

BIANCHINA

Stava con me da tanti anni e mi dispiaceva vederla andarsene, non per volontà sua intendiamoci.Nel corso degli anni era successo già un paio di volte ma non per un motivo così serio e d'altra parte c'era da rassegnarsi, il suo destino ormai pareva segnato. E invece resisteva, credo che le dispiacesse andarsene così, improvvisamente, forse per un motivo banale. Così adesso mi è venuto il desiderio di raccontare come sono andati i fatti, in ordine cronologico.
Il lunedì sera di un paio di settimane fa, verso le 19.30, non riesco a vedere il TG3 fino alla fine perché sento arrivare un forte grido dal bagno =Aldo vieni, corri...= come se per me correre sia facile. Forse una volta. Ad ogni modo vado velocemente al bagno e mi metto le mani nei capelli. Non li ho, ma lo dico tanto per rendere l'idea della grave situazione. Il pavimento del bagno è letteralmente sommerso dall'acqua fuoriuscita da Bianchina – cioé dalla lavatrice – mentre era in funzione. Spenta istantaneamente Bianchina e asciugato almeno in parte il pavimento ha avuto inizio la ricerca del motivo di quel guasto. Nel fare un giro di telefonate apprendo che la causa potrebbe essere l'eccessivo peso della biancheria, oppure il filtro che non funziona più – per la verità sono anni che non viene pulito – e ancora altre ipotesi. Proviamo a tirar fuori il filtro per pulirlo ma niente da fare sembra incollato a Bianchina, la manopola non gira e quindi tentativo fallito. Decidiamo di riprovare a far funzionare Bianchina e lei, ubbidiente, si rimette in moto. L'acqua non esce e così fino alla fine del ciclo di lavaggio. Come mai? Il giorno dopo mi metto in contatto con l'assistenza clienti Candy, mi danno un altro numero. Telefono, risponde un tecnico il quale mi assicura che in giornata o domani verrà a vedere e mi dice, nel frattempo, che per il diritto di chiamata (?) si paga 30 euro.Anziché il giorno stesso, l'indomani mattina viene il "tecnico", giovanissimo, mi chiede che fa Bianchina, io lo illumino, mi dice che sistema tutto ma, prima di metterci mano, m'informa che il costo dell'operazione – ma che è chirurgo? - è di 150 euro comprensivo di diritto di chiamata, IVA, filtro nuovo – più moderno e completo rispetto a quello da cambiare - mano d'opera. Mentre lavora m'informa che ha 28 anni, che 'sto mestiere non lo vuol fare più nessuno, che ha fatto prima l'apprendista e adesso è vice-tecnico. Quando svita il filtro vecchio una vite va a finire sotto un armadietto del bagno e dice =poi la raccolgo"=e io noto che il filtro scassato è identico a quello nuovo. Mah! Dopo appena mezz'ora, lavoro terminato, una prova di controllo, e Bianchina riprende vita. Il tecnico riscuote quanto richiesto, mi rilascia una ricevuta e quando sta per andarsene lo prego di cercare di prendere con qualcosa di adatto quella vite che era andata a finire sotto un armadietto. E lui mi fa =meno male che me lo hai detto= e rimette la vite al suo posto. Arrivederci, buongiorno e tanti saluti.
Era meglio che da giovane  avessi imparato a fare il vice-tecnico ripara lavatrici.

domenica 12 gennaio 2014

COME STAI PAPA'?

= Ciao papà...
= Eeee?
= Ti ho salutato papà, sono tua figlia...
= Sai che ci sono giorni piovosi e quelli col sole...
= Sì, lo so papà, ma dimmi come ti senti?
= Oggi piove
= No papà, in cielo ci sono soltanto un po' di nuvole...
= Sei tornata da scuola?
= Papà ho smesso di andare a scuola trent'anni fa
= Tua madre sta in cucina?
= No papà, mamma non c'è più
= Una volta io e lei siamo andati a Castel Gandolfo col trenino e ci vogliamo ritornare
= Va bene, ti ci porto io domenica
= La maestra come ti chiama?
= Quando ci andavo mi chiamava con il mio nome. Tu lo ricordi il mio nome?
= Guarda che nuvole, mi sa che oggi piove. Dì a tua madre di non uscire
= Papà t'avevo fatto una domanda
= Non posso uscire, non è una bella giornata oggi
= Me ne sono accorta
= Sento un odorino. Tua madre cucina sempre bene
= Me lo ricordo. Andiamo a vedere in cucina, vieni così ti muovi un po'
= Eravamo ragazzetti quando siamo andati a...
= Lo so, eravate due bei giovani, adesso camminiamo
= Che c'è per terra?
= Niente non aver paura...Ecco vedi? Quella signora è tua cugina che sta cucinando, ti ricordi come si chiama?
= Ieri sera siamo andati a teatro io e tua madre
= Bravi avete fatto bene. Siedi papà sta squillando il telefono
= Io scendo per vedere se c'è posta
= Adesso no, scendiamo appena ho risposto al telefono. Pronto?
=.......
= Sì, ciao, sono ancora qui a casa
=.......
= Lo so che è tardi ma non posso lasciare mio padre in queste condizioni
= ......
= Capisco, pensa tu ai ragazzi. Ho trovato papà troppo confuso
=.......
= Voi cenate intanto. Adesso lo aiutiamo a mangiare e poi ad andare a letto
=.......
= Va bene, li saluto entrambi, ciao. Papà ti saluta Maurilio, te lo ricordi? È mio marito, tuo genero
= Dov'è andata tua madre?
= Ne parliamo più tardi. Intanto dimmi, come stai papà?


mercoledì 8 gennaio 2014

QUATTRO CHIACCHIERE IN TRENO

Mi sono complimentato con il tassista perché da casa mia fino qui alla Stazione Centrale ha impiegato pochissimo tempo nonostante il gran traffico. Pertanto sono arrivato con una buona mezz'ora d'anticipo rispetto l'orario di partenza del treno per Torino. Ecco questo è il vagone che mi riguarda e adesso vediamo un po' quale è il posto che ho prenotato...35-36, 37-38, 39 ed ecco il mio: il 40. Chi sa chi è l'occupante del 39. Si sta abbastanza comodi e poi ci sono tutti i comfort adatti per la durata del viaggio, poco più di cinque ore. Intanto meglio che allestisca il necessario per il prossimo lavoro. Vediamo un po'...
= Permette?
= prego signora si accomodi pure...
= grazie...
= lei va a Torino o scende prima?
= no, no scendo proprio a Torino, ci lavoro...
= anch'io vado a Torino per lavoro...
= bene. Se non sono indiscreta in che campo lavora?
= in quello bancario...
= ma che combinazione, anch'io lavoro in quel campo, sono direttrice della agenzia n.7 della Banca...
= bene, complimenti. Permette? Mi chiamo Marco e...
= io Luisella, molto piacere...
= anche per me...
= lei quale mestiere fa?
= beh...veramente più che un mestiere esercito una professione...
= scommetto allora che lei opera nel servizio legale...
= servizio legale? Non direi ma...
= ma?
= il mio lavoro ha attinenza con la legge ma consiste nel progettare e organizzare rapine in banca...
= come? Oh mamma mia...ma...ma....come... dice sul serio?
= certo, ho persino tre dipendenti giovani ma capaci. Vede la faccenda funziona così: io mi occupo della ricerca dell'agenzia di banca da rapinare, mai nelle sedi centrali. Cerco soprattutto agenzie situate nei pressi di supermercati o grandi esercizi pubblici che hanno necessità di depositare denaro in contanti...
= mamma mia aiutami tu...
= decido luogo, giorno e ora dell'operazione alla quale io non partecipo direttamente, nel senso cioè che il lavoro "manuale" con armi finte lo fanno i più giovani. Mi fido di loro anche perchè salvo qualche biglietto spicciolo che possono mettersi in tasca il "malloppo" vero e proprio lo mettono dentro delle borse di stoffa ampie e morbide che, appena escono dall'agenzia, infilano nel bagagliaio della loro macchina mentre io, prudentemente e con la massima attenzione, li seguo con la mia...
= ma allora adesso che sa del mio lavoro in un'agenzia di banca mi seguirà costringendomi a fare tutto quello che a lei occorre per fare la sua...la... sua...rapina...
= no,no, stia tranquilla. Non posso farlo perché lei mi ha visto in faccia, sa chi sono e al telefono o al primo poliziotto che incontra lei racconta tutto. Le assicuro che mi terrò ben lontano dalla sua agenzia, anzi sa che le dico, alla prima fermata io scendo da questo treno e ne prendo un altro che va...diciamo a Venezia...sì, sì, li circola molto denaro anche in dollari e sterline e quindi le prospettive sono più che buone. Adesso cara Luisella io la ossequio, sono stato felicissimo di aver fatto la sua conoscenza ma la prego vivamente di non raccontare a nessuno di questa nostra bella conversazione, sa i miei dipendenti sono giovani impulsivi e potrebbero non gradire e allora si potrebbero verificare conseguenze spiacevoli...
= la più probabile è quella che vengo presa per pazza.
E Marco, per salutarla, le fa un inchino e le bacia la mano destra con garbo e molto delicatamente.

venerdì 3 gennaio 2014

LA PIZZA "bona"

Negli anni 1973-1974, le tre sere di ogni settimana in cui mio figlio si allenava a basket per una squadra in una palestra vicino casa, io e mia moglie ci recavamo a mangiare una pizza in una pizzeria sempre nei pressi di casa.
Un giorno, da un amico, venimmo a sapere che in via La Marmora, adiacente il Parco di Piazza Vittorio, c'era da tempo una piccola pizzeria che praticava dei prezzi modici e vi si poteva gustare un'ottima pizza veramente "bona" nonché bere una buona birra bionda.
La prima volta che ci andammo restammo un poco stupiti in quando il locale era piccolo e stretto, con quattro tavoli soltanto intorno ai quali c'erano quattro sedie ciascuno, tovaglia e tovaglioli di carta. In fondo al locale un piccolo bancone di pietra con sopra delle lastre di marmo dove il pizzettaro impastava
le pizze e, debitamente guarnite, con un lungo palettone, le infornava nel forno a legna.
Una sera quando noi arrivammo non c'era un posto libero e allora ci mettemmo in fila dietro quattro persone che erano arrivate prima di noi e aspettammo il nostro turno. Tra i quattro tavoli volteggiava una bella signora piuttosto in carne che portava i piatti con le pizze sopra per tornare un attimo dopo con quattro birre deponendo il tutto sul tavolo con una leggiadria veramente unica e sempre con un bel sorriso. Si rimaneva quasi incantati. Apprendemmo in seguito che era la consorte del pizzettaro.
Quando venne il nostro turno constatammo che la pizza era veramente buona ed infatti decidemmo di tornarci ancora. Da quel giorno diventammo i clienti frequentatori più assidui. A lungo andare facemmo amicizia col pizzettaro e signora tanto che, quando seppero che ero dipendente di uno studio notarile, mi chiesero un parere che io fornii in seguito con la massima precisione possibile.
Lo stesso amico che a suo tempo mi aveva fatto conoscere quella pizzeria mi disse in tutta confidenza che le parole pizza "bona" si riferivano soprattutto alla consorte del pizzettaro che serviva ai tavoli.
Incontravo spesso la signora, loro abitavano nelle vicinanze, ed un giorno mi disse che durante il mese di agosto di quell'anno la pizzeria sarebbe stata chiusa per consentire l'allargamento del locale. Infatti quando a settembre inoltrato ci tornammo era diventato un moderno ristorante-pizzeria a due porte con una persona in più quale cameriere.
Nel settembre del 1975, tornato da un soggiorno agostano fuori Roma, passai davanti quella pizzeria e la trovai chiusa. Ritornai qualche giorno dopo ma continuava ad essere chiusa.
Due mesi dopo incontrai casualmente quella signora, dimagrita, smunta, mi sembrava fosse un'altra persona. Le chiesi come mai il locale non era aperto e lei piangendo mi disse che il marito, il pizzettaro, era deceduto.
Ci rimasi molto male.
Attualmente è un ristorante cinese.