domenica 23 febbraio 2014

INFORMAZIONE PER I BLOGGERS AMICI

Domani mattina lunedi 24 febbraio-ore 9, mi ricovererò in ospedale per l'ennesimo intervento chirurgico.
Sembra che i precedenti non abbiano dato l'effetto che si sperava. Mah!
Un caro saluto a tutti e...pensate alla salute,
aldo.

giovedì 20 febbraio 2014

FA BENE ALLA SALUTE

Beh, a me fa questo effetto e non credo solo a me.
Parlo del saluto "ciao nonno" che mi fanno le mie due giovani nipoti tramite telefono, per iscritto oppure quando vengono a trovarmi ciascuna di loro con i rispettivi...compari...(per ora li chiamo così poi si vedrà).
Con il trascorrere degli anni il saluto del mio unico figlio "ciao papà" non è che che valga meno ma in quello delle nipoti ci sento una sorta di entusiasmo, almeno io percepisco questo.
Secondo me una spiegazione potrebbe essere quella che mentre il saluto del figlio
per telefono o di persona è quotidiano quello delle nipoti è saltuario e pertanto sembra acquisire un peso più...come posso dire...più considerevole.
Intendiamoci il ciao papà non perde la sua efficacia anche se da qualche tempo sembra che io sia diventato il figlio di mio figlio o meglio lui è il papà ed io il suo bambino.
Forse mi dovrò decidere di dire a lui ciao papà.
Altra spiegazione potrebbe essere quella che alle mie due nipoti ho fatto da nonno-sitter sin da quando erano appena nate e per un certo periodo, dividendo così con loro alcuni momenti della loro crescita mentre, essendo occupato con il lavoro, con mio figlio ho condiviso anche molto ma non quanto quello con le nipoti.
Mi torna in mente un metodo che ho usato sia con mio figlio sia con le nipoti almeno per i primi due o tre anni e, ovviamente, in anni diversi.
Quando era il momento di fare un giretto fuori casa io salivo su un tram e, pur tenendoli in braccio, gli parlavo finché non si appisolavano.
Soltanto mio figlio però, quando rientravamo a casa dopo il giretto, lui che aveva non più di due anni, bello sveglio ma sempre sul tram e in braccio, si rivolgeva a me chiamandomi "Aldo". Il mio nome e basta. Sarà forse questa la spiegazione per cui da qualche tempo mi fa sentire di essere suo figlio?
Con le nipoti invece sonni tranquilli sia all'andata sia al ritorno tanto che giunto ai capolinea del tram io non scendevo, me ne rimanevo seduto con la nipotina in braccio e seguitavo il giretto con lo stesso tram quando ripartiva.
Se ipoteticamente mi venisse fatta la domanda quale dei due saluti preferisco, se "ciao papà" o "ciao nonno", farei scena muta.
E, ove la domanda diventasse più insistente io direi ad alta voce "mi avvalgo della facoltà di non rispondere" tié!

lunedì 17 febbraio 2014

QUALCOSINA DA RIDIRE (O DA RIDERE) RIGUARDO I THRILLER AMERICANI

Quando li vedo alcune domande, forse molto ingenue, mi sorgono spontanee e cioé: -1)possibile che i due protagonisti principali, lei e lui, anche se si sono conosciuti soltanto da qualche ora quando arriva la sera già si scambiano baci piuttosto voraci? Non passa neppure un minuto e, appena dentro casa, si strappano i vestiti di dosso e finiscono l'incontro a letto. Dimenticavo...prima però c'è un anticipo in piedi, appena chiusa la porta di casa. E che diamine, mettetevi comodi e poi iniziate le danze. -2) Tutti si fanno grandi bevute di birra ad ogni ora del giorno attaccandosi alla bottiglia o al barattolo. E non solo a casa ma anche al bar. Forse non ci sono più bicchieri negli U.S.A. ? -3)In molte scene scorrono fiumi di whisky che i personaggi tracannano in continuazione. Devono forse riprendersi dal proibizionismo degli anni passati? E poi diventano appena più ebbri soltanto dopo averne scolato un'intera bottiglia. Magari nello stesso tempo guidano un'auto e fumano 20 sigarette una dietro l'altra. -4)Io non è che sono esente dal dire "parolacce" specialmente quando m'incavolo ma in certe scene ne dicono talmente tante da dover vietare la visione del film ai minori di anni 90. Attirano di più?-5)Gli inseguimenti con le auto durano un'eternità. Ma non restano mai senza carburante? Non parliamo poi di quando il film si gira a San Francisco, le salite e le discese sono montagne russe. E, a proposito di auto, immancabilmente in ogni film una macchina salta per aria e fa un bel botto. A volte con comando a distanza.-6)Le pistole sparano pallottole senza sosta, circa una trentina. Ma che sono mitragliatrici? -7)Come mai quasi in ogni film c'è un discreto numero di poliziotti corrotti che smerciano la droga sequestrata, per non parlare degli infiltrati nelle varie organizzazioni?-8)I "buoni" anche se prendono un sacco di botte, legnate, sprangate, pallottole ecc, al termine dello scontro con i "cattivi" rimangono vivi, al massimo con qualche ferita al torace, mai al cuore, qualche volta alle gambe. Dopo alcune sequenze del film, il "buono" circola per le strade accanto alla "bambola" tanto amata solianto con un braccio al collo. Perché visto che a quel braccio non ha beccato nemmeno un colpo? -9)Capita spesso che uno degli attori venga apostrofato non proprio dolcemente da un altro che gli passa accanto e questi, rivolto verso il primo, gli fa sempre questa stessa domanda "hai qualche problema?". Sceneggiatori qualche volta cambiatela questa domanda, vi prego. Per non parlare dell'usatissimo saluto con il dito medio alzato di una delle mani, moda bossi-daniela santanché. Un bel "te saluto core" non sarebbe più gentile?-10)Perché di solito il serial killer è il più attraente degli interpreti come pure nel più raro caso di serial killer femmina? -11)La mia curiosità a volte mi ha spinto a voler conoscere i nomi e gli incarichi di coloro i quali hanno collaborato alla lavorazione del film. Ho cercato di farlo leggendo nei titoli di coda chi e in cosa consisteva la loro opera. Non mi è mai riuscito, fanno scorrere quei titoli troppo velocemente. E poi perché quelli che hanno collaborato sono minimo un centinaio, quasi il doppio degli interpreti?
Non credo che ci sarà mai qualcuno che m'interpellerà per fare una recensione di quel tipo di film. Manderei fallite le case di produzione e di distribuzione.




giovedì 13 febbraio 2014

CHE FIGURACCIA !

Il momento del frescone può capitare a tutti, certo, a me è capitato nel 1950 e probabilmente anche altre volte. Bei tempi quelli.
Nei primi giorni di settembre di quell’anno partii da Roma per il servizio militare:destinazione Casale Monferrato (Alessandria). Circa due mesi di Addestramento Reclute e poi trasferimento al reggimento di fanteria di stanza ad Asti dove ebbi la fortuna di essere assegnato - o imboscato - in fureria come “graduato di contabilità”, praticamente scribacchino. Del periodo della “naia” – dodici mesi – trascorso tra alti e bassi, più frequenti questi ultimi, ricordo un discreto numero di episodi più o meno piacevoli. Ad esempio trovavo molto gradevole trascorrere alcune serate in compagnia degli amici presso un locale vicino la caserma ed assaporare bagna cauda e barbera che ci venivano servite da due belle ragazze figlie del proprietario.Probabilmente era quella la ragione principale per cui andavamo lì quasi tutte le sere. Ma adesso, per onorare il titolo di questo breve scritto, mi torna in mente un episodio un po' particolare. Verso la fine del mese di giugno del 1951 la nostra Compagnia insieme ad altre, venne autotrasportata vicino a Dronero, circa 20-25 Km. da Cuneo, nei pressi dei Monti S.Bernardo, Rocceré e Pelvo d’Elva dove, in un tratto di mezza montagna, all’aperto, ci accampammo per prendere parte ad una serie di manovre estive di addestramento. Il primo giorno in cui arrivammo ricevemmo l’ordine di montare le tende e costruirci una sorta di letto per trascorrervi la notte. Il quale letto consisteva in una serie di rami d’albero ricoperti da uno strato di foglie tenuto alto dalla “nuda terra” per circa una decina di centimetri. Eravamo stati suddivisi quattro militari per ogni tenda ed a noi sembrò di aver messo su un buon riparo e di aver costruito dei discreti giacigli. Fummo subito smentiti perché la sera si scatenò un nubifragio così violento che, oltre a farci trascorrere la notte in bianco quasi ci sommerse per la quantità di pioggia caduta. Il classico temporalone d’estate. Ma non poteva aspettare altri due mesi? Quando la sera, in libera uscita scendevamo a Dronero, ci si poteva permettere qualche svago in più come ad esempio frequentare un chiosco-bar all’aperto con tavolini e sedie a volontà. Con un gruppo di compagni eravamo riusciti a fare amicizia con alcune ragazze. Lì per fortuna, al contrario di Casale e Asti dove ci “schifavano”, non facevano differenza tra chi era in borghese e chi in divisa da militare. Una sera, tra queste ragazze nostre coetanee, riuscii ad allacciare, abbastanza rapidamente, un rapporto più amichevole del solito con una piccolina - di statura, non d’età - capelli ed occhi chiari ed un personalino niente male. Mentre si stava avvicinando la fine della serata mi chiese se potevo accompagnarla a casa. Non me lo lasciai dire due volte e, dopo un breve tragitto, con lei che indicava la strada, ci trovammo al buio in aperta campagna. Mi assicurò che il muretto dove ci stavamo sedendo rappresentava il confine della proprietà della sua famiglia. Si parlò tra noi per un po’ e ad un certo punto io cominciai con la tattica del romantico, della luna, delle stelle e così via ma lei, dopo un breve istante mi fermò e mi fece, chiara e tonda, questa semplice domanda: = Ma che stai aspettando? = Lì per lì non compresi. Poi rimasi di stucco, capii che ero stato un allocco. In quel momento avrei preferito sprofondare sotto terra. Le chiesi scusa, la salutai e me ne tornai mogio mogio all’accampamento.
Avevo fatto la figura del “pirla” più grossa della mia vita!
Agli amici che mi stavano aspettando per sapere com'erano andate le cose raccontai una bella balla da bullo.


lunedì 10 febbraio 2014

IN TUTTA CONFIDENZA

= Pronto Clorinda?
= Chi parla?
= Scusa, dovevo dire prima il mio nome, sono Giorgia
= Ci conosciamo?
= Di persona no però abbiamo una comune amica Onorina Busi
= Ah, vero, la conosco da tempo
= Sì, me l'ha detto ed è lei che mi ha dato il tuo numero di telefono
= Va bene, dimmi tutto, in cosa posso esserti utile?
= Si tratta di questo: una ventina di giorni fa l'ho incontrata in via del Corso che usciva da un portone...
= Non mi sembra che lei abiti in via del Corso e, per quello che so, anche se è un bel po' di tempo che non la vedo e non la sento, lei lavorava in un supermercato nei pressi di Roma 70, un quartiere residenziale di via di Grotta Perfetta...
= Esattamente, ancora ci lavora, ma non è quello che mi ha fatto incuriosire, se hai qualche minuto ti racconto...
= Nulla di urgente, racconta pure...
= Onorina non era sola ma con lei c'era un tipo alto, leggermente brizzolato, un bell'uomo credimi, vestito elegantemente...
= Che c'è di strano, lei è una bella ragazza e quindi...
= Lo so, il fatto però è che loro due stavano litigando di brutto, ma quando Onorina mi ha visto ha smesso di farlo e si è avvicinata a me abbracciandomi e presentandomi a quel tale che stava con lei
= Avranno avuto le loro ragioni per...
= Sì, capisco, il punto è che mi hanno invitato a prendere un caffé con loro in un bar vicino e, malgrado io gli abbia fatto presente la mia contrarietà, mi hanno voluto mettere al corrente del motivo per cui stavano litigando. Non ti voglio annoiare raccontandoti tutta la storia anche perché si tratta di fatti personali loro ed è inutile stare a divulgarli. Ad ogni modo mi hanno messo a conoscenza della loro rispettiva volontà di troncare la relazione che avevano da tempo, cosa che hanno fatto seduta stante in maniera tranquilla, interrompendo il loro alterco di poco prima. Poi, con molta calma, lui si è alzato, si sono salutati civilmente e io sono rimasta seduta al bar insieme ad Onorina la quale ha voluto raccontarmi altri particolari
= Beh in questi casi è meglio comportarsi da persone civili...
= Hai ragione. Adesso ti racconto il seguito...
= Ah, c'è anche un seguito?
= Già ed è proprio per quello che ti sto telefonando...
= Seguita pure allora...
= Tre giorni fa mi telefona l'ex lui di Onorina dicendomi che è stata proprio lei a dargli il mio numero di telefono e quindi, dopo avermi parlato di varie cose, tra l'altro una bellissima voce, mi ha chiesto se avrei avuto piacere nell'accettare un suo invito a pranzo per il venerdì seguente, cioè domani...
= E tu che hai risposto?
= Che l'avrei richiamato sul cellulare per confermare l'invito. Subito dopo ho telefonato a Onorina per qualche delucidazione e lei mi ha parlato di alcuni lati del carattere di lui. Poi ha aggiunto di parlare con te per avere altri dettagli dal momento che tu l'hai presentato a lei nel corso di una festa dove c'era una gran baraonda...
= Sì, adesso ricordo ma per il frastuono che imperversava non so neppure se le ho detto come si chiamava e...
= Si chiama Rinaldo. Sai è un bell'uomo, come già t'ho detto, intorno ai quarantacinque anni, alto più di Onorina, snello, fisico atletico e con un timbro di voce che incanta. Lo conosci, vero?
= Altroché. Vedi cara Giorgia te lo dico in tutta confidenza ma lo puoi riferire anche ad Onorina perché è vero che l'ho presentato io a lei e magari non le ho potuto dire quasi nulla in quell'occasione, ma il punto è che si tratta di mio marito e non siamo separati. Fino ad oggi. Quando rientra dal lavoro faremo molti conti.

venerdì 7 febbraio 2014

AMARCORD

Avevo poco più di 38 anni quando mi si presentarono per la prima volta alcuni dolorini alle ossa e, dietro consiglio di un ortopedico che mi aveva visitato accuratamente, mi decisi a seguire il suo consiglio e predispormi ad affrontare una cura termale a base di fanghi e massaggi. Il luogo più idoneo che mi era stato indicato era Abano Terme in provincia di Padova e quindi mi diedi da fare per trovare uno stabilimento termale ed annesso albergo alla mia portata. Non mi riuscì difficile trovare ciò che cercavo e, dopo alcuni contatti telefonici, prenotai per il mese di maggio un ciclo di cure. Quando venne il giorno della partenza feci dare prima una controllatina a Celestina, la mia Fiat 1100/R e quindi partimmo, io e lei. Giunsi ad Abano verso il pomeriggio inoltrato dopo un viaggio abbastanza tranquillo. Rimasi sorpreso sia dall'eleganza dell'albergo, moderno e circondato da un bel giardino, sia dall'accoglienza ricevuta. Tutti molto cortesi: receptionista, direttore e altro personale. Venni accompagnato nella mia camera, una singola con bagno annesso, e venni informato che il mattino dopo sarebbe venuto un medico per una visita di routine. Mi dissero anche quale era il programma che avrei dovuto seguire a partire dall'indomani. Era ormai l'ora di cena e quindi potevo accomodarmi scendendo al piano terreno. Il salone da pranzo era enorme, luminoso e stracolmo di tavoli e sedie di pregevole fattura. Non appena vi misi piede mi vidi venire incontro una giovanissima ragazza che indossava un candido grembiule con pettorina e una specie di cuffietta sui biondi capelli corti. Mi salutò in un delizioso accento veneto e mi accompagnò all'unico tavolo rimasto libero situato molto vicino alla porta d'ingresso e apparecchiato per una persona sola. Diedi una rapida occhiata in giro e notai che tutti gli altri tavoli erano occupati da ospiti, perlopiù coppie e comitive di stranieri. Dalla lista del menù in bella mostra sul tavolo mi accorsi che potevo scegliere tra tre diversi piatti per ciascuna portata. Feci la mia scelta, lo dissi alla ragazza che non mi aveva mollato un istante e quando si fu allontanata mi accinsi a fare con lo sguardo un altro giro d'ispezione tanto per iniziare a rendermi conto di come stavano le cose. Si udiva un mormorio incessante di persone che parlottavano per la maggior parte in tedesco, almeno era quello che riuscivo a capire io ma non perchè conoscessi quella lingua. Accanto a me c'era un altro tavolo occupato da tre signore impegnate in un'animata conversazione. Parlavano in italiano con un accento dialettale piuttosto marcato di cui comprendevo ben poco. Non che mi fossi messo ad origliare ma erano loro che tenevano un po' alto il tono della voce. Terminata la cena gli ospiti man mano uscirono dal salone chi per andare in giardino, chi per fare una passeggiata e chi per trattenersi nell'atrio dell'albergo piuttosto ampio dove erano disposti numerosi divani e poltrone. Le tre signore del tavolo accanto al mio, probabilmente italiane, le rividi sedute su di un divano e stavano certamente seguitando la conversazione di poco prima. Decisi di volerne sapere qualcosa di più su di loro. Mi avvicinai, feci un breve cenno di saluto, presi un settimanale illustrato che si trovata poggiato su un tavolino e sedetti su un divano di fronte il loro. Dopo qualche minuto, profittando di una pausa, con estrema gentilezza chiesi alle tre signore se erano italiane. Alla mia domanda, che in realtà era una scusa per attaccare bottone, scoppiarono in una sonora risata. Poi, come per tranquillizzarmi, non solo affermarono di esserlo ma vollero dirmi anche di quali località e addirittura il loro stato civile. Chissà perché? Dunque la più giovane, mora, credo di circa 40 anni, era di Rovigo, sposata senza figli; le altre due, intorno ai 50 erano di Bassano del Grappa, bionda, separata con due figli ancora minorenni l'una e di Venezia, biondo-cenere vedova e madre di tre figli maggiorenni l'altra. Io, come dire, presentai le mie "credenziali" e tutto diventò più semplice. Ci attardammo a "ciacolare" fino alle 23 quando la veneziana e la bassanese decisero di ritirarsi nello loro camere. Io rimasi a far compagnia alla rovigotta che non aveva ancora voglia di andare a dormire. M'informò che lei e le altre due avevano stretto amicizia sin dal primo dei quattro giorni da quando erano arrivate in quell'albergo e avevano iniziato le cure. Le chiesi qualche delucidazione in merito al programma di cure e lei mi fornì i punti essenziali di come si sarebbero svolte le cose. A mezzanotte decidemmo di andare a dormire anche noi, prendemmo l'ascensore – lei aveva la sua camera nello stesso mio piano - ci salutammo e ci augurammo la buonanotte. Ancora oggi non riesco a dimenticare il mio primo giorno della "tortura". Alle sette del mattino venne il medico che mi visitò scrupolosamente e poi via via tutte le altre"piacevolezze" che mi stancarono un bel po'. Rimasi tutta la giornata a letto e solo a sera inoltrata mi decisi a scendere sperando di rivedere le "tre grazie". Puntualmente le trovai sedute nello stesso divano della sera precedente. Quando raccontai come avevo trascorso "quella giornata" si misero a ridere molto divertite. Io no.Nei giorni successivi si seguiva sempre lo stesso tran-tran: fanghi, massaggi, colazione, nuotatine nella piscina coperta dello stesso albergo, pranzo, riposino, pomeriggio a passeggio per le strade di Abano e anche qualche puntatina in visita a Padova dove ci si andava con la mia auto. Io ero l'autista, accanto a me, con mio sommo piacere la rovigotta e, nel sedile posteriore la veneziana e la bassanese. Proprio quest'ultima quando giunse per lei il giorno del ritorno a casa ci chiese se potevamo accompagnarla a Bassano, cosa che facemmo con molto entusiasmo. Venne poi il giorno della rovigotta la quale c'informò che il mattino successivo di buon'ora sarebbe venuto il marito a prenderla. Anche quell'ultima sera, come al solito, io e lei ci trattenemmo fino a notte inoltrata, poi ritornammo nelle nostre camere e, davanti la porta della sua ci abbracciammo. Lei, fissandomi negli occhi mi disse: "...avrei voluto...". Si voltò, entrò e chiuse la porta. Aveva capito durante il corso delle nostre conversazioni che tra noi due qualcosa stava succedendo. Dopo un paio di giorni fu la volta della veneziana a dover lasciare l'albergo. Mi disse che nessuno dei suoi tre figli sarebbe venuto a prenderla e mi chiese se mi andava di accompagnarla a Venezia. Dissi subito di sì ed infatti in meno di un'ora percorremmo la Serenissima, giungemmo in quella meravigliosa città, parcheggiai l'auto al grande garage di Piazzale Roma e ci recammo a casa sua che non era molto distante da Piazza San Marco. Lì giunti, m'invitò ad entrare, mi disse che se volevo potevo restare a cena e io...restai...soddisfatto.
Ritornai in albergo ad Abano un'ora dopo la mezzanotte.


martedì 4 febbraio 2014

MAURO E NORA

Dopo altri cinque giorni di vacanza oggi inizia il nuovo anno scolastico e si riaprono le scuole. Quella dove insegno si trova a tre chilometri di distanza da dove abito e quindi ne approfitto per andarci in bicicletta. Devo ammetterlo sono emozionato perché i miei ragazzi della quinta C al termine di quest'anno scolastico proseguiranno gli studi altrove. Pedalando mi torna in mente il mio viaggio sul treno di cinque giorni fa. Lo confesso, l'aver conosciuto Nora non mi ha lasciato indifferente e meno che mai l'aver trascorso quelle ore con lei
raccontandoci tanto delle nostre vite. D'altra parte posso solo sperare d'incontrarla, così, magari per caso, ma non ne sono troppo sicuro. Abbiamo deciso di non scambiarci i nostri rispettivi numeri telefonici e credo sia stata una decisione saggia. Non ci siamo neppure detti dove abitiamo e neppure io le ho detto in quale scuola insegno e...Un momento. Adesso che ci penso lei mi ha detto che lavora alla sede Rai di Torino quindi ove decidessi di rivederla...No, no, meglio lasciar perdere. Nora ha più che validi motivi per vivere la sua vita e dividere il suo futuro con il suo compagno. Mi rassegno e non ci penso più anche perché sono arrivato a scuola Il primo giorno è uno dei più impegnativi dell'anno scolastico per tanti motivi. Trascorsi tre mesi mancano appena dieci giorni all'inizio delle vacanze natalizie. Le scuole infatti resteranno chiuse dal 23 dicembre all'8 gennaio del prossimo anno, ed io, come negli anni precedenti torno a Palermo dai miei. Decido quindi di recarmi alla stazione per prenotare il treno. Allo sportello c'è un discreto numero di persone avanti a me. Mi metto in fila dietro l'ultima e attendo il mio turno. Quando sto per arrivare allo sportello un pensiero mi balena nella mente. Non faccio il biglietto ed esco dalla fila. In questi tre mesi non ho fatto altro che pensare a Nora e allora adesso decido diversamente. Prendo la bici, chiedo informazioni circa l'indirizzo preciso della sede Rai di Torino e, ottenutolo, per agire più serenamente torno a casa dove cercherò di riordinarmi un po' le idee e studiare un piano per cercare di rivedere Nora.Ragionando a mente serena, lei non lavora in una scuola e può darsi allora che abbia soltanto pochi giorni di ferie. Non dovrebbe allontanarsi da Torino.
È il 23 dicembre, sono le sette di mattina ed io mi trovo davanti il portone d'ingresso della sede Rai e attendo, malgrado il gran freddo, l'entrata degli impiegati. Non ho potuto domandare nulla alla persona all'ingresso perché di Nora conosco soltanto il suo nome e non il cognome. Alla spicciolata arriva un
discreto numero di persone che va man mano aumentando fino a fermarsi alle 9 in punto. Di Nora nessuna traccia. Può darsi che qui si lavori a turno, mattutino e pomeridiano. Ritornerò qui tra poco meno di sei ore. Venti minuti prima delle quindici sono di nuovo qui e vedo che alcune persone stanno avvicinandosi al portone d'ingresso. Tra esse la figura inconfondibile di Nora. Incurante di tutto cerco di farmi notare agitando una mano. Dopo qualche secondo lei mi vede e istintivamente ci corriamo incontro con le braccia spalancate. Ho solo il tempo di notare che non ha più la frangetta dei capelli sulla fronte, li ha lasciati crescere e li ha annodati dietro la nuca. Mi dice che deve entrare in ufficio, ma che ne uscirà alle ventuno. Le assicuro che sarò li ad aspettarla. Sono in preda all'agitazione come fossi alle prime armi in questo genere di cose, ma sono contento di esserlo perché tutto questo può avere un solo ed unico significato: sono innamorato di Nora. Quella sera stessa siamo di nuovo insieme e riprendiamo a parlare come se non fossero trascorsi più di tre mesi. Lei m'informa che conduce sempre la stessa vita di cui mi parlò sul treno, che ogni fine settimana si vede con il suo compagno, ma su questo argomento preferisce non approfondire ed io non le chiedo nulla. Mi dice che non potrà recarsi a Palermo per via del lavoro ed io la informo che ho cancellato quel viaggio. Lei propone di trascorrere qualche festività insieme. Noi due soli precisa. Era quello che speravo. Concordiamo di comune accordo come, dove e quando vederci e nessuno di noi due si meraviglia di ciò che stiamo facendo, spontaneamente e con naturalezza come se fossimo amici di vecchia data uniti da qualcosa di molto diverso rispetto l'amicizia. Questa volta ci scambiamo i numeri telefonici. Fissiamo l'appuntamento per il venerdì successivo. A casa mia in quanto il mio collega con il quale condivido l'appartamento si trattiene in quello della sua ragazza fino a notte inoltrata. A volte neppure rincasa. Nora puntualissima venerdi sera alle 9:30 suona alla porta, le apro, ci salutiamo baciandoci e cominciamo a cenare. Trascorrono un paio d'ore raccontandoci un bel po' di cose, ma ad un certo punto, soltanto guardandoci negli occhi comprendiamo che è giunto il momento che entrambi attendevamo. Andiamo nella mia camera dove accadrà quello che avrebbe dovuto già accadere. Ci siamo messi d'accordo che la sera del 31 dicembre pur non potendo trascorrere insieme la notte di Capodanno, ci saremmo visti verso le 22 vicino il suo posto di lavoro soltanto per alcuni minuti per scambiarci gli auguri.
Alle 20:30 mi preparo per andare a quell'appuntamento, esco da casa, prendo la bicicletta e vado quasi volando verso quel posto che ormai conosco molto bene.
A metà strada una macchina con i fari abbaglianti accesi.......
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Nora quella sera stessa, il giorno dopo e il giorno dopo ancora attese invano Mauro il telefono del quale squillò sempre a vuoto. Poi apprese la triste notizia dal suo amico.