lunedì 27 ottobre 2014

TE LO RACCONTO A VOCE

Vieni vieni bella di nonno, sono contento che sei venuta perché, vedi, questo fatto che mi è accaduto se tu l'avessi letto come solitamente fai ogni volta che ti capita tra le mani qualcosa che scribacchio, penso che avrebbe perso molto rispetto a quanto ti sto raccontando. Inoltre desidero che tu sappia che non è una favola, perché il tempo delle favole per te è già passato da un pezzo. Adesso siediti qui di fronte a me, così inizio. Sarò un pochino pignolo nel narrarti i dettagli ma lo faccio per cercare di spiegare meglio la singolare situazione in cui mi sono trovato.
"""Tre giorni fa, dopo una nottata trascorsa così così, mi sveglio, mi alzo e sbrigo tutte le attività mattutine, colazione compresa. Alle 6.30 precise mi siedo alla mia scrivania dinanzi al pcPasquale,
accendo la lampada da tavolo perché l'alba non è ancora spuntata del tutto e,improvvisamente, una specie di cinguettio talmente sonoro, arrabbiato, insistente quasi mi stordisce e mi rimbomba nelle orecchie - diciamo una, perché da quella sinistra non ci sento più da anni. Che succede mi chiedo?
Apro gli sportelli della finestra della mia stanza, attraverso il vetro cerco di dare un'occhiata in giro e chi vedo seminascosto nell'angolo a destra del davanzale che affaccia sulla via dove abito? Un volatile pennuto, un passero (solitario proprio come recita la poesia di G. Leopardi) che mi guarda e seguita ancora a cinguettare magari più lentamente, per nulla intimorito dalla mia quasi presenza. Come tutto il mondo sa (forse esagero), io e gli animali bipedi e pennuti non siamo mai andati d'accordo. Sarà soltanto colpa mia e mi dispiace ma così stanno le cose. Mi rivolgo al pennuto il quale continua a fare cing cing cing (pio pio pio se non sbaglio lo fanno soltanto i pulcini delle galline) e gli dico == amico mio stammi a sentire e, quando ti parlo guardami, non girare la tua testolina di qua e di là. Io desidero sapere sempre con chi ho a che fare, ad esempio qual è il tuo nome tanto per cominciare. Io mi chiamo Aldo e tu?...Già, con il solo cing cing cing non si capisce. Facciamo così, te lo do io un nome... Potrei chiamarti Francesco come il Fraticello di Assisi - lui parlava con gli uccelli credo, ma il paragone non regge. Al Vaticano attualmente risiede un Papa che si chiama Francesco, e poi si chiamava così il mio primo nipote che mia nuora dette alla luce in un ospedale dopo il parto cesareo. Non ho fatto in tempo a vederlo perché, appena nato, lo portarono all'ospedale pediatrico Bambin Gesù qui a Roma, al Gianicolo per metterlo nell'incubatrice, dove rimase poco più di due giorni e poi ci lasciò. Mio figlio stette sempre con lui. Al suo funerale, per il gran dolore che provavo, non ci andai. Mia nuora sì, credo fuggendo dall'ospedale dove era ricoverata. Provo ancora dolore, dopo 27 anni...Andiamo avanti. Dove eravamo rimasti? Ah sì,,, tu Franceschiello mio, più ti guardo e più mi viene il sospetto che sei scappato da una gabbia. Poiché io una gabbia non ce l'ho e non ho voglia di tenerti tra le mani anche se sei un passerotto non più alto di 15 cm, come la mettiamo? Non posso mica andare in giro a chiedere a chicchessia se gli è scappato un passerotto o una passerotta, mi prenderebbero a calci. A proposito... ma tu sei maschio o femmina? Vabbe', lascia perdere, non ha importanza. Tiriamo le somme e smettila col tuo cing cing. Entrare qui in casa da me non se ne parla, ma rimanere fuori a te non conviene e ti spiego perché. Vedi questo grande edificio qui di fronte, a circa 15 metri? Quello è un istituto tecnico professionale. Da questa parte è alto circa venti metri ed è coperto da quel tetto a tegole sulla cui cima sono sempre appollaiati almeno un paio di gabbiani, i quali per cibarsi dovrebbero stare nei pressi di fiumi, laghi o mare ma siccome là trovano soltanto plastica e immondizia di vario tipo sono emigrati qui in citta. Da quando sono arrivati, sono spariti almeno una dozzina di piccioni quindi, appena quelli ti vedono ti adoperano subito come aperitivo. Io posso soltanto prepararti una specie di nido: prendo una scatola di cartone, nell'angolo a sinistra metto un pezzo di stoffa che tu adopererai come letto e a destra l'angolo pranzo con un po' di briciole di pane - chicchi di grano non ne ho - e una tazzina con l'acqua. Però ci vai da solo dentro il nido perché io non ti prendo in braccio. Fai un salto, capito Franceschie'? Per precauzione accosto anche le persiane, così i due gabbiani non si accorgono di te. Basta, ho parlato troppo. Ci vediamo dopo== L'indomani mattina, alla stessa ora del giorno precedente, Franceschiello ha fatto cing cing cing appena tre o quattro volte e a bassa voce, quasi sussurrando. L'ho salutato tenendomi a debita distanza, l'ho rifocillato e mi sono messo a giocherellare col pcPasquale."""
OGGI, BELLA DI NONNO, FRANCESCHIELLO NON C'È E NON HA CINGUETTATO.



martedì 14 ottobre 2014

GIORNI COSI'...

...possono capitare quando problemini fisici di qualche tipo ti impediscono di fare quello che vorresti fare.
   In attesa di giorni migliori decidi quindi di dedicare il tuo tempo libero alla meditazione.
Nella speranza che arrivino presto io attendo e medito.

lunedì 6 ottobre 2014

INVITATO AD UNA FESTA DI COMPLEANNO

Mi è tornato in mente un ricordo di circa 20 anni fa.
Insieme ad altri comuni amici coetanei ed anche ex compagni di scuola, in totale circa una quindicina, venimmo invitati da Libera una ancor bella single - la più corteggiata dall'intera classe - benestante, brilante, ex dirigente statale.
L'occasione era il suo compleanno - 65 anni - e il suo ingresso nella "shiera dei pensionati di lusso".
Libera era stata sempre una persona indipendente, intraprendente, appunto libera di nome e di fatto, non si era mai sposata e i suoi "periodi amorosi" duravano...quanto bastavano alle sue esigenze personali. Anche durante il prosieguo della sua vita non aveva mai cambiato il suo spirito libero, perché lo voleva così e se lo poteva permettere.
Per la verità avevamo festeggiato insieme anche altri suoi compleanni, ma questo era particolare.
Libera aveva fissato l'appuntamento alle 20.30 in un ristorante di lusso del quartiere aristocratico di Roma, Parioli, nei pressi della sua lussuosa abitazione.
Naturalmente quando ci vedemmo ci furono abbracci, saluti, scambi di effusioni a base di pacche sulle spalle mentre Libera che ci osservava compiaciuta aveva il suo daffare nell'aprire i regali che ognuno di noi aveva portato per lei.
Fortunatamente ci eravamo sentiti telefonicamente in modo da evitare di fare regali simili o quasi.
Subito dopo Libera ci fece strada per condurci in una piccola saletta riservata dove era apparecchiato un tavolo con ottimi vini e spumanti italiani, bicchieri di cristallo e un enorme piatto contenente olive e stuzzichini vari.
Parlammo a lungo ricordando numerosi episodi del nostro comune periodo giovanile, scolastico e per alcuni anche universitario.
Un bicchiere tira l'altro arrivammo a mezanotte inoltrata senza neppure rendercene conto.
Io però sentivo un languorino che man mano era cresciuto fino a diventare languorone e, osservando gli altri, non ero il solo. Libera invece farfalleggiava da uno all'altro di noi senza mostrare alcun segno di stanchezza o di altro.
Ad un certo momento si affacciò alla porta della saletta il proprietario del ristorante che fece un segno a Libera la quale rivolgendosi a noi si scusò dicendoci che doveva andare a saldare il conto.
Appena voltatasi noi ci guardammo un po' sbalorditi e ci interrogammo solo con gli occhi senza pronunciare alcuna parola.
Libera ritornò in mezzo a noi e iniziarono i saluti di commiato e il reciproco scambio di promesse di rivedersi al più presto.
Uscito dal ristorante mi precipitai di corsa alla mia macchina, partii velocemente alla ricerca disperata di una bancarella, banchetto, banco o negozio per cercare di mettere qualcosa sotto i denti ma soprattutto nello stomaco.
Una mezz'ora dopo vidi un "pizza a taglio" ancora aperto, velocemente entrai e acquistai un pezzo di pizza enorme, non ricodo il suo peso.
Con la pizza in mano alzai gli occhi al cielo e urlai "AUGURI LIBERA".

mercoledì 1 ottobre 2014

BOLOGNA

Frecciarossa, proprio questo il treno che in meno di tre ore ci ha portato me, mio figlio e mia nuora da Roma a Bologna. Alle 22 siamo andati all'albergo dove io pernotterò questa notte, mentre lui e sua moglie saranno ospiti di un loro trentennale amico e della sua famiglia.
Domani mattina, alle 10, ci dovremo trovare in una clinica al cospetto di un primario che ci è stato consigliato da un caro amico di mio figlio. Mi devo sottoporre ad una visita medica molto delicata.
Entro nell'albergo e domando all'addetto alla reception il numero della camera che ho prenotato ieri l'altro da Roma ed esibisco il mio documento di riconoscimento. Molto gentilmente mi dice il numero, mi fornisce le chiavi, mi augura la buonanotte poi, quasi sussurrando,
= le chiedo scusa signore può darmi un minuto d'ascolto?
= certamente, dica pure...
= se deve cenare avrei da proporle...
= no grazie, a causa di una visita medica che devo affrontare domattina dovrò stare digiuno...
= peccato...le avrei suggerito il nome di un ottimo ristorante che si trova poco fuori Bologna ma l'avrei fatta accompagnare in macchina da una signora di mia conoscenza sia all'andata che al ritorno...
= la ringrazio per la sua gentilezza ma come le ho appena detto non posso cenare e...
= scusi se l'interrompo ma, se mi permette il suggerimento, la compagnia della signora può essere sempre utile se lei lo ritiene opportuno...
= in che senso scusi...
= nel senso cioè che la signora può...come dire...tenerle compagnia per mezz'ora oppure un'ora oppure ancora per tutta la notte...
= mi ascolti...dalla sua strizzatina d'occhio si comprende benissimo il messaggio che mi sta inviando ma lei ritiene che alla mia veneranda età possa permettermi di...
= non c'è problema signore dato che le mansioni della signora possono limitarsi ad assisterla per le sue necessità...
= praticamente come un assistente domiciliare?
= esattamente...bravo...
= e questa, chiamiamola assistenza, penso abbia un suo costo
= sì ma è veramente poca cosa. Allora: mezz'ora 25 euro, un'ora 50 euro, tutta la notte 100 euro...
= certo che potrebbe...Sono io che decido la durata vero?
= naturalmente e...non solo... lei ha la possibilità di scegliere la persona che le farà compagnia...
= questa cosa non mi piace...non sto al mercato...mi mandi chi crede ma tenga presente la mia situazione...
= non dubiti, vedrà che rimarrà pienamente soddisfatto...
= lo spero. Io adesso salgo in camera, ci penso un po', poi la richiamo e le faccio sapere la mia decisione. Se dovessi decidere per il sì la persona che eventualmente verrebbe non la faccia salire prima di una mezz'ora...
= stia tranquillo signore.
Sono le 23 ed ho terminato da due minuti di sbrigare alcune faccende personali.
Bussano alla porta della camera, apro e
= buonasera, posso?
= prego...
= mi chiamo Deri e...
= Deri cos'è il cognome?
= no, è il vezzeggiativo di Ulderica, il mio nome
= salve, io mi chiamo Aldo.
È una giovane signora tra i 35 e i 40 anni, bruna, occhi chiari, viso ovale, labbra piene, personalino attraente, abbigliata con eleganza.
= Fa molto caldo anche stasera...
= vero...io non posso bere niente ma lì c'è un frigorifero ben fornito...
= no grazie, sto bene così
= d'accordo...ci sediamo?
= sì sì...ecco fatto.
Iniziamo a conversare raccontandoci qualcosa del nostro passato e del nostro presente. Mi accorgo che anche Deri è un'ascoltatrice attenta, mi lascia parlare a lungo senza interrompermi ed io faccio altrettanto. Senza che ce ne accorgiamo superiamo la mezzanotte di qualche minuto e allora le chiedo se può trattenersi fino al mattino precisandole che alle sette potrà consumare la prima colazione qui in camera. Io no per la faccenda del digiuno. Mi sono ricordato che poco dopo le otto verrà mio figlio per accompagnarmi in clinica. Chiedo a Deri se desidera avere adesso quanto le spetta ma lei mi risponde di non preoccuparni, se ne parlerà al mattino. Mi dice che vuole farsi una doccia e si reca in bagno. Nel frattempo mi preparo per la notte, indosso un pigiama ma, anche se è molto leggero, sento un caldo tremendo. Pazienza. Sollevo la sopracoperta dal letto abbastanza ampio e mi infilo sotto il solo lenzuolo rimanendo mezzo seduto. Poco dopo esce Deri dal bagno con un grosso asciugamano bianco avvolto intorno al corpo. Continua ad asciugarsi ancora un po' poi mi dice che, a causa del caldo, preferisce introdursi nel letto così...e si toglie l'asciugamano rimanendo nuda completamente. Poi, osservandomi, mi suggerisce di togliermi il pigiama per stare un po' più fresco. Poggiamo le nostre teste sui nostri rispettivi cuscini con il viso rivolto l'uno verso l'altro. Ci guardiamo negli occhi e riprendiamo a parlare. Nessuno di noi due sembra avere sonno. Ad un certo punto Deri mi carezza con dolcezza il volto, mi guarda ancora più intensamente di prima, poi mi chiede se può darmi un bacio - non alla francese precisa - e io annuisco. Lei poggia castamente le sue labbra piene sulle mie mentre continua a carezzarmi. Mi chiede quindi di poggiare la mia mano sul suo seno nudo, la trattiene con la sua mano e. senza toglierla, lentamente socchiude gli occhi. Io, purtroppo, fermo, freddo, immobile come ...una statua. Non posso anzi non riesco ad andare oltre.
Alle 8,10 ecco che arriva mio figlio il quale mi chiede subito
= hai dormito bene papà?
= come il neonato tra le braccia della mamma. Peccato che ieri, sul Frecciarossa, nel tirare fuori dalla tasca dei pantaloni il fazzoletto mi deve essere caduta in terra l'unica banconota da 100 euro che avevo e quindi...
= papà io te lo ripeto da anni ma tu non mi dai retta, i soldi non li devi tenere sciolti in tasca ma vanno tenuti nel portafoglio...
= sì hai ragione, adesso andiamo. Tu che dici quel primario ci chiederà di tornare una seconda volta magari tra un mese?
= speriamo di no...
Fra me e me "SPERO DI SI'".