sabato 11 luglio 2015

2 GIUGNO (scritto da mio figlio Massimo)

Ogni anno, quando si avvicina il momento di festeggiare questa storica giornata così importante per il nostro paese, mi torna in mente un intimo ricordo di quello che è stato il mio primo consapevole due giugno. Doveva essere il 1964 o il 1965, avevo o cinque o sei anni. Mio padre, come molti italiani, non aveva ancora la macchina - la mitica seicento arrivò solo nel '66. La giornata era bellissima,il cielo di un blu intenso e già da alcuni giorni faceva molto caldo per cui era naturalmente venuta a tutti, specialmente ai bambini, un'irrefrenabile voglia di mare. Sono quasi sicuro che già dal giorno prima avevo cominciato a fare la “lagna” ai miei per andare a Ostia. Come spesso succedeva, mi era stato detto che, per svariati motivi, non era possibile. Invece quella mattina, con grande sorpesa, mi svegliarono prima del solito e, armi e bagagli, si decise di andare tutti al mare.Non ricordo perchè ma avevamo una terribile fretta, non so se legata a motivo particolare o a una generica ansia di mio padre. Forse sapeva l'orario in cui partiva la metropolitana o immaginava che fossimo già in ritardo, fatto sta che la sensazione dominante che pervade tutto il ricordo di quel viaggio, da casa alla spiaggia, è quella di andare di corsa. Prendemmo l'autobus – credo il 90 – per arrivare al Circo Massimo, ma giunti a piazza Numa Pompilio, proprio sotto la casa del grande Albertone, l'autobus fu costretto a fermarsi e deviare la sua corsa.Quello che doveva essere il suo naturale percorso – cioè viale delle Terme di Caracalla – era tutto completamente occupato da una fila interminabile di carri armati, blindati, pezzi di artiglieria e tantissimi soldati. Mio padre a quel punto prese una decisione drastica. Avremmo comunque raggiunto il nostro obbiettivo, la fermata metro Circo Massimo, correndo a piedi in mezzo a tutta quella meraviglia. Naturalmente non era in corso nessuna guerra civile e neanche qualche tentativo di golpe. Tutto quell'armamentario era in attesa di sfilare per la tradizionale parata dei Fori Imperiali, ma io questo non potevo saperlo. Per me fu un'emozione di straordinaria intensità. Il ricordo è ancora vivo fin nei dettagli: correvamo zigzagando tra i carri armati con mio padre che mi tirava per mano, mentre io con l'altra tenevo mia madre con il suo vestito a fiori svolazzante e la borsa del mare. Credo che questa corsa non fosse completamente lecita, dato che qualche militare ci strillò di toglierci di mezzo. Mio padre riuscì però ad essere assolutamente convincente, correndo e sbracciandosi come per una reale e impellente urgenza. In realtà era solo per non perdere la metro. Di tutta questa catena umana in corsa, io ero in realtà l'anello frenante. Completamente rapito dagli enormi cingoli dei carri armati, il rumore assordante dei motori, la terra che tremava sotto i nostri piedi, vedevo per la prima volta concretizzarsi l'oggetto delle mie passioni, dei miei giochi infantili e non avevo alcuna voglia di lasciarmi scappare l'occasione di rimirarli, toccarli e magari anche montarci sopra. Adoravo tutto ciò che aveva a che fare con la guerra e con le armi, fossero giornalini, film o giochi. In particolare la seconda guerra mondiale, di cui avevo ascoltato molti racconti da chi l'aveva vissuta.Oggi mi viene da ridere al pensiero che, qualche anno più tardi, sarei stato un fiero e convinto obiettore di coscienza. La folle corsa terminò sotto il marmoreo edificio della FAO, risucchiati dai sotterranei metro della stazione Circo Massimo. Un turbine di vento ci rapì già dalle scale, annunciando l'arrivo della metro, che prendemmo al volo. Eravamo riusciti nel nostro intento e ora... solo mare.  

venerdì 3 luglio 2015

ESTIVO POST

I circa 35 gradi di calura qui a Roma mi solleticano per scrivere qualcosa di ridicolo e poiché in questo campo io sono un portento, affermo e confermo che fa un caldo boia. Lo so, non è una novità, ma se lo dico io che amo il caldo in quanto sono stato sempre e sin dalla nascita un gran freddoloso. giuro e arigiuro che l'Africa è più vicina a noi più di quanto non si creda. Ho sempre sentito dire che lì di notte fa addirittura freddo e allora ho deciso, m'imbarco su una nave della Guardia Costiera ed emigro in Libia.