sabato 12 settembre 2015

A COLLOQUIO CON PASQUALE (oppure COME PRENDERE UN ABBAGLIO)

Per la verità più che un colloquio c'è stata tra me e lui, il mio PC, una conversazuine piuttosto animata nella quale io parlavo e lui no, ascoltava in silenzio, muto come un PC. Il fatto è questo. Ieri l'altro mi è successo qualcosa a causa della quale, benché siano trascorse 48 ore, non riesco ancora a riprendermi. Cercherò di essere breve ma non ci riuscirò. Sopra la mia scrivania, davanti la quale sono seduto svariate ore del giorno e, qualche volta, anche della notte, c'è un caos calmo, piatto, silenzioso ma piuttosto ingombrato. Eppure un tempo ero fin troppo ordinato, direi meglio, pignolo. Ormai non più. Alla destra di dove mi metto seduto ci sono tre gruppi di fogli,foglioni e foglietti di carta sui quali scrivo appunti riguardo esigenze di casa e mie personali, nonché ciò che devo ricordarmi di fare nei giorni che si susseguono o di dire cose a mio figlio quando effettua le sue visite quotidiane. Puntualmente non lo ricordo mai. È il bello della memoria che lentamente ma inesorabilmente sta svanendo. Però mi piace farlo anche perché uso quello che resta di una delle risme di carta protocollo uso bollo da me acquistate nei primi mesi del 1973 per la mia attività lavorativa (questo lo ricordo). Al centro della scrivania lo schermo-monitor-display del PC con ai lati due piccole casse-audio. A sinistra il PC, il modem, una lampada da tavolo, un aggeggio per ricaricare batterie ricaricabili, un paio di foto, un portapenne-matite, una piccola stampante e varie prese di corrente con spine annesse che uso soltanto in parte. Le rimanenti a che servono? Boh. E veniamo al perché del colloquio con Pasquale-PC. Sul piano della scrivania, sulla destra, oltre ad un orologio-sveglia che non uso mai, un piccolo misuratore di ossigeno nel sangue, un cordless per il telefono fisso, un cellulare di antica data, il telecomando del televisore con tasti a iosa (la maggior parte dei quali mai usati) e, sotto lo schermo del PC, la tastiera e il topo-mouse. Terminate le mie attività mattutine, dopo colazione, accendo il PC. Lo schermo si illumina, appare completo il contenuto del desktop, cerco di manovrare il topo-mouse ma non appare la freccina, né la clessidra e neppure la manina. Oh perbacco, che succede? Premo con delicatezza, con forza, con rabbia. Blandisco Pasquale dapprima con gentilezza poi sempre più con grida e minacce ma il PC non dà segni di vita. Cerco di intavolare con lui una discussione ma non ottengo alcun risultato. Chiamare il tecnico costa e allora decido di suicidarmi. Ma come? Gettarmi dalla finestra è inutile perché abito al primo piano, quindi al massimo,con la mia testa dura,rovinerei un po' il marciapiede. All'improvviso ho l'impressione di udire una specie di vocina proveniente dal PC. Per la miseria, è Pasquale che mi sussurra sottovoce "cretinetto, guarda che stai premendo i tasti del telecomando del televisore. Svegliati, oppure fatti ricoverare presso qualche casa di riposo per lungodegenti". LA SERA, PER VEDERE IL TG E POI UN FILM, LOTTA CRUENTA COL TELECOMANDO.

domenica 6 settembre 2015

SUPERSTITI METROPOLITANI

La giornata del 12 agosto la devo proprio raccontare perché ha dell’incredibile, ma è la pura verità. Nei 22 appartamenti in sette piani che fanno parte del fabbricato in cui abito devo ritenere di essere rimasto l’unico superstite o quasi visto quanto è accaduto. La categoria custodi-portieri è estinta. Sono le 9.00, qualcuno suona alla porta, domando chi è e mi sento rispondere che è la figlia del vicino la quale viene a portarmi le chiavi di casa sua. Già, l’avevo dimenticato, come ogni estate mi danno le loro chiavi perché io pensi al loro gatto di casa, durante l’assenza di tutta la famiglia. Io questo gatto non l’ho mai visto. Ogni giorno che sono entrato per le sue necessità lui non c’è. Ma esiste oppure no? Invece esiste e me n’accorgo dal fatto che mangia quello che gli preparo aprendo varie scatolette, beve l’acqua e lascia nella sua sabbietta parte di quello che ha mangiato e bevuto. Chicco – così si chiama – si nasconde, oppure dorme, oppure è un fantasma che finge di essere un gatto. Verso le 11 suona il citofono, domando chi è e mi rispondono “la postaaa”. Quindi apro il portone e tutto sembra sistemato salvo il fatto che per me non c'è posta e neppure bollette da pagare (almeno 'sto mese) ma solo qualche depliant pubblicitario per vacanze in località esotiche. Grazie tante, questa pubblicità mi è molto utile (!). Alle 14.30 mentre sto facendo una pennichella sento suonare alla porta di casa. E mò chi è? Lo domando e un’altra vicina, single, abbastanza giovane, che non sta quasi mai in casa, mi dice che deve chiedermi un favore. Le dico di accomodarsi, ma non può perché ha lasciato la porta di casa aperta. Mi espone un suo problema. Cade acqua nel suo bagno proveniente dall’appartamento del piano di sopra. Embè? E io che c’entro? Mi prega di andare da lei a dare un’occhiata. Io da buon vicino aderisco, entro, vedo che sta piovendo un poco sopra il suo water benché fuori il sole spacca le pietre e mi rendo conto del problema. Le suggerisco di andare da quelli di sopra: sono in vacanza, allora dall’amministratore del condominio: idem c.s. E’ inutile chiamare un idraulico perché il danno va riparato dall’appartamento soprastante E allora? Le suggerisco alcuni provvisori ridicoli rimedi come se io ne capissi qualcosa e la saluto augurandole buon ferragosto! E arriviamo alle 16.30. Anche questa volta suonano alla porta. La solita domanda “chi è?” e mi risponde una voce maschile, accento veneto per quello che capisco io, che mi richiede cortesemente un favore! Ancora? Ma che succede? Con precauzione gli apro la porta, prima si presenta, poi mi afferma che abita al quarto piano – io non l’ho mai visto – e mi racconta che una sua domestica nel fare le pulizie ha acceso contemporaneamente troppi apparecchi e quindi le è saltata tutta la corrente elettrica. Gli preciso subito che non sono un elettricista così come alla precedente visitatrice avevo precisato di non essere un idraulico, ma lui mi assicura che ha soltanto bisogno delle chiavi della cantina dove si trovano tutti i contatori dell’intero fabbricato custoditi in una sorta di armadio di ferro e vetro con tanto di serratura tipo cassaforte. Aggiunge che purtroppo le chiavi della cantina le ha la propria moglie la quale trovasi in questo periodo in vacanza al mare e quindi mi chiede se gliele posso prestare. Io invece mi presto ad accompagnarlo, lui accetta e allora scendiamo insieme. Gli faccio vedere tutte le operazioni necessarie da compiere dato che lui non ci ha mai messo piede, gli dico di rientrare in casa e di avvisarmi se tutto è andato a posto. Riscende e mi conferma il ripristino della corrente. Risaliamo, mi ringrazia molto presentandosi – come il solito non ho capito né nome e neppure il cognome – mi saluta e se ne va. Passano appena trenta minuti e il campanello della porta torna a suonare. Ho capito, forse non devo rispondere a suonate di qualsiasi tipo. Ecco invece altra suonatina del campanello. Ripeto la stessa domanda e mi risponde la voce del veneto del quarto piano. Povero me, la corrente elettrica gli è scomparsa un’altra volta. E invece??? Lui mi porge sorridendo una capace busta di carta con dentro cinque bottiglie di vino accompagnate da un largo sorriso e da numerosi altri ringraziamenti. Io resto imbambolato, cerco di dirgli che non è il caso, che mi sento imbarazzato, ma lui non sente ragioni. Insiste dicendo che lui è un commerciante in questo ramo, mi porge la mano e mi saluta ancora più calorosamente di prima. Poggio le cinque bottiglie sul ripiano della credenza, ne leggo le etichette, non ne capisco granché dato che “parlano” francese e le metto in attesa. Però, hai capito il veneto che bravo, tre rossi e due bianchi, un po’ elevati di grado ma pazienza soffrirò in silenzio. DULCIS IN FUNDO: poco dopo le 18 la suonata al citofono di mio figlio che è solito passare quasi quotidianamente per una visitina. Dà un’occhiata in giro, incrocia le cinque bottiglie e le squadra. “Papà”, mi dice, “questo è vino di alta qualità”. Lui afferma di essere un discreto intenditore e un buon bevitore. Neppure gli interessa sapere da dove sono piovute quelle bottiglie, le scruta attentamente e tre di loro s’involano verso casa sua, Poi, di quello rimasto, mi raccomanda di berlo con parsimonia dato che è vino d’alta gradazione. Con tanti ringraziamenti al gentile signore del quarto piano e alle chiavi della cantina in vacanza.

martedì 1 settembre 2015

SUL TARDI DI UNA CALDA MATTINA DI LUGLIO

Il tempo passa e, come al solito, l'ansia mi assale sempre di più. Ma, dopo qualche minuto, suonano alla porta di casa. Aprono e introducono nella mia stanza una signora, non molto giovane, aspetto piacevolissimo, sorridente, capelli corti chiari e occhialetti da vista simpatici. Un vestito a pois leggerissimo, quasi un velo, lungo dalle spalle alle caviglie. Non osservo altro perchè resto sdraiato nel mio letto mentre lei si siede accanto in una poltroncina. Nel farlo, accavalla le gambe e...op là...il velo si apre. Non indossa calze o reggicalze - capisco, fa caldo - e la sua epidermide, dalla caviglia sino a tre quarti della gamba accavallante, mi appare dorata. Cerco di distrarmi sollevando il mio sguardo più in alto ed ella, piegandosi in avanti più di una volta, grazie ad una scollatura piuttosto generosa - capisco, fa caldo - mi offre l'opportunità di ammirare un bel panorama. La citata ampia scollatura mi consente inoltre di osservare che indossa una sottoveste merlettata di colore nero, sicuramente minigonnata, retta appena da due sottilissime spalline e forse anche da qualcosa che si intravede. Reggiseno no -capisco, fa caldo. Dall'interno del decolletè riesco anche a vedere le scarpe. Basse, senza tacco. Mi dovevo bendare gli occhi? No, un gesto ineducato. Durante tutto il tempo mi è risuonata nelle orecchie l'aria di una romanza della TOSCA di Giacomo Puccini "LE BELLE FORME DISCIOGLIEAN DAI VELI". Causa una botta di caldo? Mah.Forse.