lunedì 16 settembre 2013

UN PO' DI BUROCRAZIA NON E' LA FINE DEL MONDO

Appena arrivo all'ingresso c'è un tale che mi sembra stia regolando il transito di altri miei simili e allora decido di chiedere a lui l'informazione che m'interessa
= scusa, spero che tu possa aiutarmi
= dimmi tutto senza alcun timore
= ecco, io vorrei andare dove si trovano i miei genitori e due dei miei fratelli che sono arrivati qui rispettivamente negli anni...
= t'interrompo per informarti che per fare ciò tu devi avere un permesso che ti è rilasciato chiedendolo presso uno di quei sportelli...vedi...accanto quella grande porta...Lì ti chiederanno di firmare una dichiarazione nella quale dovrai dichiarare le generaltà dei tuoi, gli anni in cui sono arrivati qui e fare richiesta per ottenere il permesso per procedere oltre. Anche qui purtroppo si ha a che fare con un po' di burocrazia...
= e tutti questi altri che stanno in fila?
= sono come te e me, aspettano il loro turno...
= ma sono un'infinità...
= questi sono pochi, pensa che durante la prima e la seconda guerra mondiale qui ne arrivarono a milioni, di tutte le età, etnie, religioni e di molti continenti.
Anzi adesso il numero è calato notevolmente dato che i conflitti sono diminuiti
anche se non sono scomparsi del tutto. E comunque c'è sempre una lunga fila...
= ma tu come fai a sapere che qui c'era e c'è tutto questo movimento?
= perché caro mio io mi trovo qui dal 1861, pensa avevo 21 anni e da quell'anno ho lasciato la terra dove sono nato, la Sicilia, perchè mi sono ribellato all'invasione dei garibaldini. Trascorso un po' di tempo dopo il mio arrivo sono stato incaricato di occuparmi di questo servizio. È stata anche la stessa cosa per coloro che collaborano a quei due sportelli
= ho capito, mi devo rassegnare e attendere il mio turno che chissà quando arriverà e per di più in piedi...
= ma scusa che fretta hai, non hai niente da fare quindi attendi pazientemente
e verrai chiamato. Tanto non potrai stancarti perché non porti alcun peso e tu stesso, come me, non pesi neppure un grammo...
= noto che continuano ad arrivarne altri...
= è così amico mio, questa è una specie di giostra che non si fermerà mai. Buone cose e buon proseguimento
= grazie, altrettanto.
Dopo questi convenevoli andai ad uno degli sportelli, compilai la dichiarazione, ottenni il permesso e mi misi in fila pensando al momento in cui avrei incontrato i miei cari.

venerdì 13 settembre 2013

TI LEGGO

Di solito quando esco di casa ho già programmato il percorso da fare sia per l'andata sia per il ritorno nonché la durata del tempo da dedicare al passeggio ché tanto è sempre quello, al massimo un'ora.
Dopo dieci minuti ad un incrocio
= Monticianooo, Monticia'
Una voce maschile che credo chiami me. Guardo in alto, in basso, a destra, a sinistra niente. Poi mi accorgo che da una macchina che sta per essere parcheggiata, appena ferma, esce un uomo, giovane, che fa ampi gesti con le braccia e, indicandomi, mi invita ad avvicinarmi.
Mi avvicino e lui
= er Monticiano di Via della Porveriera vero?
= sì ma...ci conosciamo?
= de persona no però te conosco grazzie ar blogghe
= ho capito e...il tuo di blog?
= ce l'ho ma nun scrivo gnente
= perché?
= nun me va anche se ce l'ho da tre anni...però...
= però?
= però te leggo...
= mi dispiace per te...
= e perché?
= nel mio blog non trovi nulla di speciale ma ce ne sono altri molto interessanti
= lo so, lo so, passo puro dall'artri
= e quando commenti come ti firmi?
= no, io nun lascio commenti da gnissuno, leggo e abbasta
= insomma, hai un blog da tre anni, non scrivi post, leggi solo quelli degli altri,
non lasci commenti...
= e sapessi come me diverto...
= buon per te...d'altra parte siamo liberi e ognuno fa quello che crede
= appena t'ho visto t'ho riconosciuto subbito e allora t'ho chiamato pe'salutatte
= ti ringrazio ma...
= vie' annamo a pjiasse un caffè
= no grazie, sono quindici anni che non bevo caffé
= e perché?
= perché come già ho scritto altre volte, dopo mi viene voglia di fumare
= allora gnente caffé e gnente sigarette?
= già, mi accontento di annusare il loro profumo...
= e vabbé, d'artra parte chi se contenta gode...mo te devo da lascia' che devo anna' a lavorà, speramo d'arivedesse, ciao
= speriamo, ciao.
= tanto io te leggo.
Una minaccia o una promessa? Mah!

lunedì 9 settembre 2013

PARLIAMO DI TEATRO

Quel piccolo campo è una commedia in tre atti di Peppino De Filippo ambientata nel mondo contadino di oltre 60 anni fa, dove esisteva un ossessivo attaccamento alla terra, intesa come unica fonte di guadagno e di sopravvivenza.
Il protagonista è il burbero Rocco Barbati, ateo convinto e scapolo impenitente, che eredita assieme alla sorella - al contrario di lui estremamente religiosa (e un po’ bigotta) - le proprietà terriere del padre. Un lascito cui però è stata apposta una condizione: una piccola parte del podere va in beneficenza ai frati cappuccini del convento del paese.Rocco lascia ai frati la parte più rocciosa ed infertile del terreno, ma, con grande sorpresa, il “piccolo campo” dei cappuccini diventa l’unica parte dell’intero fondo fruttifera. Il nostro irascibile protagonista preme più volte sul convento per cambiare l’appezzamento concesso con un altro: ma, ogni volta che ottiene il cambio, il nuovo piccolo campo dei frati immancabilmente diventa rigoglioso, al contrario del suo terreno che torna sempre arido. Per Rocco questo è il chiaro segno di una sfortuna che lo perseguita (e non della tirchieria e trascuratezza nella conduzione del podere): si sente vittima di un complotto, ordito da Dio (che, se esiste, è ingiusto), dalla sorella, dai fraticelli, dai paesani.Un bel giorno il suo garzone, intento a scavare una buca per piantare un tralcio di vite nel confine tra il terreno dei frati e quello del padrone, trova una cassetta piena di monete d’oro. A chi apparterrà questo misterioso tesoro?Questo ovviamente non si può svelare, perché gli intrecci e i colpi di scena dell’ultimo atto della rappresentazione è bene vederli dal vivo in teatro...
Peppino De Filippo riesce, con eccezionale maestria, a raccontare la vita quotidiana della società contadina, evidenziandone le difficoltà economiche ed i conflitti interiori, riuscendo a trasformare il dramma in burla. Per noi, oltre all’immancabile divertimento, può essere interessante trasportare alcuni temi nella vita d’oggi: l’agnosticismo che spesso sconfina nella superstizione; la fede religiosa che può essere davvero sentita o solo esteriore; la difficoltà ad assumersi le responsabilità, quando è più facile abbandonarsi al vittimismo; la capacità che hanno il denaro e l’interesse di offuscare i rapporti umani. (fonte YouTube)
Negli anni 1971-1972 facevo ancora parte di una Compagnia teatrale amatoriale composta da alcuni amici, che presentava avanspettacoli e commedie un po' dovunque ad esempio sagre paesane, teatro dei postelegrafonici, dei dipendenti della Centrale del latte di Roma e Teatro "L'accento" nel Rione Testaccio. Un giorno l'amico regista ci propose di voler portare in scena "Quel piccolo campo" e ci fece leggere il copione. A noi non dispiaceva ma per rappresentarlo dovevamo avere il permesso di Peppino De Filippo. Glielo chiedemmo e lui acconsentì volendo però che il suo segretario assistesse alla prova generale. Detto fatto. Espresse parere favorevole e allora il regista assegnò le parti dei vari personaggi: io dovevo interpretare Rocco e Mario, papà di una cara amica blogger, quella di Cirillo. Portammo questo lavoro nei tre teatri sopracitati con successo. Alla prima nel teatro "L'accento" era presente seduto in prima fila Paolo Poli (attore di cinema, teatro, TV) il quale al termine della commedia salì sul palco, si congratulò con noi e abbracciò me e Mario complimentandosi.

La foto qui sotto titrae la Compagnia che ringrazia il pubblico al termine della rappresentazione.