lunedì 23 settembre 2013
lunedì 16 settembre 2013
UN PO' DI BUROCRAZIA NON E' LA FINE DEL MONDO
Appena
arrivo all'ingresso c'è un tale che mi sembra stia regolando il
transito di altri miei simili e allora decido di chiedere a lui
l'informazione che m'interessa
= scusa,
spero che tu possa aiutarmi
= dimmi
tutto senza alcun timore
= ecco, io
vorrei andare dove si trovano i miei genitori e due dei miei fratelli
che sono arrivati qui rispettivamente negli anni...
=
t'interrompo per informarti che per fare ciò tu devi avere un
permesso che ti è rilasciato chiedendolo presso uno di quei
sportelli...vedi...accanto quella grande porta...Lì ti chiederanno
di firmare una dichiarazione nella quale dovrai dichiarare le
generaltà dei tuoi, gli anni in cui sono arrivati qui e fare
richiesta per ottenere il permesso per procedere oltre. Anche qui
purtroppo si ha a che fare con un po' di burocrazia...
= e tutti
questi altri che stanno in fila?
= sono come
te e me, aspettano il loro turno...
= ma sono
un'infinità...
= questi
sono pochi, pensa che durante la prima e la seconda guerra mondiale
qui ne arrivarono a milioni, di tutte le età, etnie, religioni e di
molti continenti.
Anzi adesso
il numero è calato notevolmente dato che i conflitti sono diminuiti
anche se non
sono scomparsi del tutto. E comunque c'è sempre una lunga fila...
= ma tu come
fai a sapere che qui c'era e c'è tutto questo movimento?
= perché
caro mio io mi trovo qui dal 1861, pensa avevo 21 anni e da
quell'anno ho lasciato la terra dove sono nato, la Sicilia, perchè
mi sono ribellato all'invasione dei garibaldini. Trascorso un po' di
tempo dopo il mio arrivo sono stato incaricato di occuparmi di questo
servizio. È stata anche la stessa cosa per coloro che collaborano a
quei due sportelli
= ho capito,
mi devo rassegnare e attendere il mio turno che chissà quando
arriverà e per di più in piedi...
= ma scusa
che fretta hai, non hai niente da fare quindi attendi pazientemente
e verrai
chiamato. Tanto non potrai stancarti perché non porti alcun peso e
tu stesso, come me, non pesi neppure un grammo...
= noto che
continuano ad arrivarne altri...
= è così
amico mio, questa è una specie di giostra che non si fermerà mai.
Buone cose e buon proseguimento
= grazie,
altrettanto.
Dopo
questi convenevoli andai ad uno degli sportelli, compilai la
dichiarazione, ottenni il permesso e mi misi in fila pensando al
momento in cui avrei incontrato i miei cari.
venerdì 13 settembre 2013
TI LEGGO
Di solito
quando esco di casa ho già programmato il percorso da fare sia per
l'andata sia per il ritorno nonché la durata del tempo da dedicare
al passeggio ché tanto è sempre quello, al massimo un'ora.
Dopo dieci
minuti ad un incrocio
=
Monticianooo, Monticia'
Una voce
maschile che credo chiami me. Guardo in alto, in basso, a destra, a
sinistra niente. Poi mi accorgo che da una macchina che sta per
essere parcheggiata, appena ferma, esce un uomo, giovane, che fa ampi
gesti con le braccia e, indicandomi, mi invita ad avvicinarmi.
Mi
avvicino e lui
= er
Monticiano di Via della Porveriera vero?
= sì
ma...ci conosciamo?
= de persona
no però te conosco grazzie ar blogghe
= ho capito
e...il tuo di blog?
= ce l'ho ma
nun scrivo gnente
= perché?
= nun me va
anche se ce l'ho da tre anni...però...
= però?
= però te
leggo...
= mi
dispiace per te...
= e perché?
= nel mio
blog non trovi nulla di speciale ma ce ne sono altri molto
interessanti
= lo so, lo
so, passo puro dall'artri
= e quando
commenti come ti firmi?
= no, io nun
lascio commenti da gnissuno, leggo e abbasta
= insomma,
hai un blog da tre anni, non scrivi post, leggi solo quelli degli
altri,
non lasci
commenti...
= e sapessi
come me diverto...
= buon per
te...d'altra parte siamo liberi e ognuno fa quello che crede
= appena
t'ho visto t'ho riconosciuto subbito e allora t'ho chiamato
pe'salutatte
= ti
ringrazio ma...
= vie'
annamo a pjiasse un caffè
= no grazie,
sono quindici anni che non bevo caffé
= e perché?
= perché
come già ho scritto altre volte, dopo mi viene voglia di fumare
= allora
gnente caffé e gnente sigarette?
= già, mi
accontento di annusare il loro profumo...
= e vabbé,
d'artra parte chi se contenta gode...mo te devo da lascia' che devo
anna' a lavorà, speramo d'arivedesse, ciao
= speriamo,
ciao.
= tanto io
te leggo.
Una
minaccia o una promessa? Mah!
lunedì 9 settembre 2013
PARLIAMO DI TEATRO
Quel
piccolo campo è una commedia in tre atti di Peppino De Filippo
ambientata nel mondo contadino di oltre 60 anni fa, dove esisteva un
ossessivo attaccamento alla terra, intesa come unica fonte di
guadagno e di sopravvivenza.
Il
protagonista è il burbero Rocco Barbati, ateo convinto e scapolo
impenitente, che eredita assieme alla sorella - al contrario di lui
estremamente religiosa (e un po’ bigotta) - le proprietà terriere
del padre. Un lascito cui però è stata apposta una condizione: una
piccola parte del podere va in beneficenza ai frati cappuccini del
convento del paese.Rocco lascia ai frati la parte più rocciosa ed
infertile del terreno, ma, con grande sorpresa, il “piccolo campo”
dei cappuccini diventa l’unica parte dell’intero fondo
fruttifera. Il nostro irascibile protagonista preme più volte sul
convento per cambiare l’appezzamento concesso con un altro: ma,
ogni volta che ottiene il cambio, il nuovo piccolo campo dei
frati immancabilmente diventa rigoglioso, al contrario del suo
terreno che torna sempre arido. Per Rocco questo è il chiaro segno
di una sfortuna che lo perseguita (e non della tirchieria e
trascuratezza nella conduzione del podere): si sente vittima di un
complotto, ordito da Dio (che, se esiste, è ingiusto), dalla
sorella, dai fraticelli, dai paesani.Un bel giorno il suo garzone,
intento a scavare una buca per piantare un tralcio di vite nel
confine tra il terreno dei frati e quello del padrone, trova una
cassetta piena di monete d’oro. A chi apparterrà questo misterioso
tesoro?Questo ovviamente non si può svelare, perché gli intrecci e
i colpi di scena dell’ultimo atto della rappresentazione è bene
vederli dal vivo in teatro...
Peppino De Filippo
riesce, con eccezionale maestria, a raccontare la vita quotidiana
della società contadina, evidenziandone le difficoltà economiche ed
i conflitti interiori, riuscendo a trasformare il dramma in burla.
Per noi, oltre all’immancabile divertimento, può essere
interessante trasportare alcuni temi nella vita d’oggi:
l’agnosticismo che spesso sconfina nella superstizione; la fede
religiosa che può essere davvero sentita o solo esteriore; la
difficoltà ad assumersi le responsabilità, quando è più facile
abbandonarsi al vittimismo; la capacità che hanno il denaro e
l’interesse di offuscare i rapporti umani. (fonte YouTube)Negli anni 1971-1972 facevo ancora parte di una Compagnia teatrale amatoriale composta da alcuni amici, che presentava avanspettacoli e commedie un po' dovunque ad esempio sagre paesane, teatro dei postelegrafonici, dei dipendenti della Centrale del latte di Roma e Teatro "L'accento" nel Rione Testaccio. Un giorno l'amico regista ci propose di voler portare in scena "Quel piccolo campo" e ci fece leggere il copione. A noi non dispiaceva ma per rappresentarlo dovevamo avere il permesso di Peppino De Filippo. Glielo chiedemmo e lui acconsentì volendo però che il suo segretario assistesse alla prova generale. Detto fatto. Espresse parere favorevole e allora il regista assegnò le parti dei vari personaggi: io dovevo interpretare Rocco e Mario, papà di una cara amica blogger, quella di Cirillo. Portammo questo lavoro nei tre teatri sopracitati con successo. Alla prima nel teatro "L'accento" era presente seduto in prima fila Paolo Poli (attore di cinema, teatro, TV) il quale al termine della commedia salì sul palco, si congratulò con noi e abbracciò me e Mario complimentandosi.
La foto qui sotto titrae la Compagnia che ringrazia il pubblico al termine della rappresentazione.
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