sabato 25 aprile 2015

LA MIA PRIMA GATTA

Mucci il nome semplice con il quale noi quattro fratelli “battezzammo” la piccola gattina tigrata che nel ’48-’49 introdussi in casa nostra. Questa dolcissima felina me la ritrovai tra le gambe mentre una sera, seduto in tram, stavo rientrando a casa verso le 22. Pur immaginando la reazione negativa di mia madre, speravo invece nella “benevola fratellanza” dei miei germani…e così fu. Quella stessa sera Mucci fece il suo primo “dovere”. Era già da qualche tempo che un topolino, intrufolatosi attraverso il caminetto situato nel corridoio, gironzolava per casa. Ebbene visto che c’era il “topo” poteva mancare il “gatto”? O meglio la gatta?E allora occorreva preparare la “trappola”. La nostra camera da pranzo era arredata in quegli anni oltre che da un mobile dove erano riposti stoviglie e altre cose, anche da due letti ad una piazza, alcune sedie ed un tavolo quadrato abbastanza robusto, di quelli che si potevano allungare mediante alcune assi in esso contenute (ancora “vivente”, con nostra grande gioia, in casa del terzo fratello). Con quale espediente riuscimmo ad attirare the young mouse sotto il tavolo non lo ricordo proprio, ricordo soltanto che, appena entrato lui, recintammo immediatamente i quattro lati dello stesso tavolo poggiando le assi sulle sue gambe, in modo da creare una sorta di arena nella quale poi introducemmo la Mucci accingendoci quindi ad assistere al ludo gladiatorio. D’altronde casa nostra faceva parte di un fabbricato distante pochi metri dal Colosseo e perciò l’emulazione era più che giustificata. La battaglia, anzi la corsa, iniziò immediatamente ad una folle velocità ma Mucci ebbe presto la meglio. Quello che allora non compresi fu che anziché farlo fuori subito, prima lo stordì con una zampata, poi ci cominciò a giocherellare, ma non fece altro,lo lasciò lì, immobile rivolgendogli un’occhiata ogni tanto. Chissà, forse aspettava da noi spettatori lo storico segnale con la mano ed il pollice rivolto all’ingiù. Resta il fatto che da quel giorno topi in casa non ne girarono più. E’ stata una gatta bonacciona e socievole anche se un poco birichina. Quando le riusciva rubacchiava volentieri qualche bocconcino prelibato. Nostra madre, ogni volta che si recava al vicino mercato a fare la spesa, portava sempre per lei qualcosa che si procurava al banco dell’”abbacchiara” che tra l’altro abitava sul nostro stesso pianerottolo, noi all’interno 11, lei al 12. Sulle doti di bontà e socievolezza di Mucci ricordo quando, in inverno, la infilavo nel mio letto sotto le coperte e poi, per riscaldarmi, le piazzavo i miei piedi gelidi sulla sua calda e morbida pancia. Nessun segnale di ostilità da parte sua. E così pure quando cercavo di mascherarla infilandole un mio calzino sulla testa come cappello. L’unica sua reazione era quella di guardarmi come per chiedermi se fossi stato soddisfatto di come l’avevo combinata.Ricordo che un giorno, sempre d’inverno, evidentemente pire lei sentiva freddo,andò tranquilla nella piccola camera che un nostro zio, fratello di nostra madre, aveva adibito anche a laboratorio di sartoria. Le piaceva andare lì perché sul tavolo da lavoro di nostro zio c’era poggiato, tra le altre cose, anche un grosso ferro da stiro a carbone e quindi, se acceso, una bella fonte di calore, ma quella volta, confortata dal dolce tepore si addormentò finendo dritta sul ferro bollente. Un miagolio disperato che non aveva nulla di felino e subito una fuga precipitosa verso un posto più fresco. A volte, quando nostro padre si sedeva al tavolo in camera da pranzo per scrivere o leggere qualcosa, gli saliva sulla schiena e gli si accoccolava intorno al collo avvolta come una sciarpa. Papà e Mucci fermi e tranquilli come se fosse la situazione più normale di questo mondo. Quando invece rubacchiava qualcosa di commestibile non si riusciva a vederla girare per casa, andava a nascondersi sotto uno dei letti in camera da pranzo perché sapeva benissimo che le sarebbe spettata quanto meno una sgridata e, allorché io o qualcun altro riusciva a trovarla e cercava di farla uscire da lì, lei si ribellava miagolando come per dire che aveva avuto fame e quindi. Aveva anche l’abitudine, specialmente d’estate, di accucciarsi sul davanzale della finestra in camera da pranzo e di sbirciare, tra le persiane socchiuse, giù nella strada. Appena si accorgeva di nostra madre che faceva il suo rientro a casa dopo aver fatto la spesa al mercato, andava di corsa ad attenderla alla porta d’ingresso. Stava per arrivare il vitto. La sua vista doveva essere ottima perché noi abitavamo, in quel fabbricato, al secondo piano sul rialzato, praticamente al terzo.Tra una sbirciatina e l’altra aveva anche trovato il modo di amoreggiare con un gatto, piuttosto grosso, pelo di vari colori con prevalenza del “roscio”, enorme “capoccia” sulla quale spiccava un orecchio mozzato: il risultato di violente zuffe con gli altri gatti della nostra via e del circondario, i quali si erano come volatilizzati. Peppone, questo era il nome autentico che gli aveva appioppato la sua famiglia composta anche da tre nostri coetanei abitante al n. 41 in una casa posta al livello strada facente parte dello stesso nostro fabbricato. Praticamente viveva come un sultano nell’harem. Non si vedevano gatti maschi in giro. Perciò Mucci quando qualcuno di noi dimenticava di chiudere la porta di casa lei riusciva a fuggire senza farsene accorgere, era solita andare a trovare il suo “lui” e trascorrere così i suoi momenti d’intimità. Nei suoi anni di vita, circa nove, si verificarono troppi di questi “momenti” tanto che nostro fratello più grande dovette più volte recarsi nel giardino di Piazza Vittorio per depositarvi le cucciolate dei due nostri “giulietta e romeo”. Certamente Mucci e Peppone erano talmente innamorati l’uno dell’altra che una volta lei, forse per il troppo amore, ebbe il coraggio di gettarsi da casa nostra (quasi terzo piano) nelle braccia, pardon, nelle zampotte del suo adorato. Le andò bene perché non le si ruppe niente, almeno a noi non disse nulla. Ma, purtroppo, l’ultimo suo parto le fu fatale. Senza una ragione, quella volta uscì da casa nostra e salì al piano superiore, si accucciò vicino la porta di non so quale abitazione ed evidentemente, per le doglie, si lamentò in modo così straziante che gli abitanti, ignorando come stavano le cose, si affrettarono a chiamare il personale dell’ Ente Nazionale Protezione Animali. Non vedemmo più la nostra Mucci.

lunedì 20 aprile 2015

[HD] Russian Pyatnitsky Choir & "Bella Ciao" Italian Partisan Hit

25 APRILE 2015 70°ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE