martedì 28 luglio 2009

PE' FATTE BREVE ER DISCORSO

Tempo fa morì un mio caro amico. Benchè non coetanei c’eravamo conosciuti più di venti anni prima e avevamo legato quasi subito. Aveva circa novanta anni, era vedovo, padre di tre figli e nonno di un’infinità di nipoti. Le doti che mi avevano colpito in lui erano la sua sincerità e generosità non disgiunte da una modestia ed umiltà senza pari. Mi aveva confidato, senza provare alcuna vergogna – e perché mai avrebbe dovuto? - di aver frequentato le scuole fino alla quinta elementare e di aver smesso di studiare per andare a lavorare col padre e i fratelli. Del fatto di avere solo la licenza elementare sembrava per lui come se si trattasse di una bandiera da sventolare, ne era persino orgoglioso. Fosse stato un tipo da biglietto da visita lo avrebbe scritto pure su quello, come un titolo accademico o nobiliare. Questo perché – così affermava convinto – l’interruzione degli studi gli aveva consentito di imparare molti mestieri. Aveva veramente quello che si dice “le mani d’oro”. Ne ho avuto varie volte la prova perchè sapeva fare di tutto o quasi: falegname, idraulico, meccanico – non d’auto però – muratore, pittore. Gli mancava l’elettricista, non sapeva fare nulla in quel settore né voleva saperne. Se gli capitava di dover unire due fili elettrici chiedeva aiuto a qualcuno. Io ho approfittato delle sue capacità nel senso che capitava spesso a casa qualche cosa che non funzionava o aveva smesso di funzionare. Gli telefonavo, gli spiegavo di che si trattava e lui, appena qualche minuto dopo, veniva a casa munito d’ogni genere d’attrezzi - qualcuno ne avevo anch’io ma lui preferiva usare i suoi - e sistemava con perizia ogni tipo di cosa da riparare. Se gli dicevo di dirmi che somma dovevo pagare lui si offendeva. Quando se ne tornava a casa, mentre ci salutavamo sulla porta, sprizzava gioia da tutte le parti. Molte volte mi chiedeva “ma nun c’hai qualche lavoretto da famme fa’?” E io per farlo contento giravo per casa e qualche cosa gli trovavo sempre da fare.
Romano da quattro o cinque generazioni era un antifascista vecchio stampo così come lo erano stati suo padre e i suoi fratelli. Gli piaceva parlare di politica, di cinema e di teatro. Sin dai primi tempi in cui avvenne la nostra conoscenza ci mettemmo d’accordo per vederci ogni settimana, almeno un’oretta “pe’scambiacce du’ chiacchiere” così diceva lui. Una volta a casa mia ed un’altra alla sua giacchè abitavamo piuttosto vicini. Così di anno in anno, acciacco dopo acciacco, ci si sedeva uno di fronte l’altro a parlare e a ricordare. Quando parlava di politica, alla luce di quello cui assisteva riguardo malcostume, malgoverno e malavita s’infervorava a tal punto che cercavo in tutti in modi di calmarlo, con scarsi risultati però. Gli spuntavano persino le lacrime agli occhi dal dispiacere che provava e mi diceva “scusame ma quanno vedo e sento certe cose me vie’ da piagne a pensà alle lotte che avemo dovuto da fa’ pe’ vive in un paese co la democrazia e la libertà”. Mi raccontava spesso del periodo buio trascorso sotto il fascismo e di quando, nella seconda guerra mondiale, fu richiamato, inviato in alta Italia e pronto per andare sul fronte russo, ma l’8 settembre del ’43 fu per lui una fortuna perché fuggì e se ne ritornò a casa. Mi disse “io nun c’ho mai creduto a sta guera , me sai di’ che so’ morti a fa’ tutti quelli che so stati mannati al fronte? E i civili morti sotto le macerie pe’ corpa de li bombardamenti?” Altro argomento da lui preferito era lo spettacolo: cinema e teatro. Sin da giovanetto faceva parte di un gruppo che in cambio di qualche lira e del biglietto gratis per assistere ad uno spettacolo di riviste, all’avanspettacolo, a commedie ed anche ad operette, si dava da fare come claque.applaudendo a comando. Aveva una memoria di ferro. Si rammentava attori, cantanti, soubrette del mondo dello spettacolo sin da quelli degli anni trenta, quaranta ecc. E qualche volta capitò persino che lui intonasse una canzoncina di quell’epoca. Quando attaccava questi argomenti lui non si frenava mai ed era perfettamente inutile cercare di “scambiare” con lui le “du chiacchiere” cui aveva fatto cenno.. Il suo scopo era quello di dimostrare l’amore e l’attaccamento a quei ricordi e mi sciorinava episodi e fatti d’ogni tipo. Il problema era quando partiva con un suo discorso. Io ogni tanto cercavo d’inserimi con qualche mio commento o ricordo e, malgrado anch’io parlassi delle stesse cose, lui seguitava a raccontare come se stesse vivendo in un’altra dimensione. Molto spesso capitava di ripetersi raccontando ciò che aveva già raccontato qualche tempo prima, ma bisognava comprenderlo. Ogni tanto si fermava come se volesse riepilogare quello che stava raccontando e, con l’intenzione di smettere per un po’, mi diceva “PE’ FATTE BREVE ER DISCORSO”. Intendeva dire che non voleva dilungarsi ma in realtà continuava in tutta tranquillità. Io parlavo di un’ argomento e lui, imperterrito, girava lo sguardo verso un ‘altra direzione come concentrato nella ricerca dei ricordi che voleva raccontarmi e seguitava con il suo di argomento.
Parlavamo ognuno per conto proprio.
Praticamente in quelle occasioni io c’ero e non c’ero.
Ciao amico mio e grazie di tutto anche se non mi hai mai fatto “ BREVE ER DISCORSO”.

venerdì 24 luglio 2009

PROFUMO DI FUMO

Questo breve scritto prende spunto da un fatto vero, anche se è una cosa da nulla.
Lo butto giù mentre me lo sto rammentando.
Era un giovedì mattina verso le 10,30 e, contrariamente a quanto si era verificato nei giorni e nelle settimane precedenti, pioveva ma non avevo con me l’ombrello.
Già mi era capitato molte, troppe volte di essere uscito da casa con l’ombrello senza aver avuto la soddisfazione di aprirlo perché, appena fatti pochi passi usciva il sole.
Quindi quella mattina, benché ci fosse in cielo un bel po’ di nuvolaglia decisi di infischiarmene e pensai che, secondo la recente tradizione e viste le previsioni della sera prima, il tempo si sarebbe mantenuto sul “parzialmente nuvoloso”.
Uscito dal supermercato, dopo l’acquisto di qualcosa di commestibile, stavo accingendomi a far ritorno a casa, quando prima piano poi sempre più forte, iniziò a piovere.
”Lo sapeva io” fu la breve affermazione storpiata che mi tornò in mente così come, in occasioni del genere, si esprimeva mio padre che sta aspettandomi da qualche parte insieme a mia madre.
Dopo aver rivolto loro un doveroso e caloroso saluto chiesi ad entrambi di avere un po’ di pazienza se ancora portavo ritardo, perché mi sentivo come colui che “avea il tempo di veder le nuvole accavallarsi a poco a poco e figurar monti e vallate (G.VERGA)”.
Procedendo piuttosto in fretta per cercare di bagnarmi il meno possibile ebbi la fortuna di vedere un portone aperto con l’androne sgombro ed un largo balcone sovrastante: mai riparo fu più opportuno e adatto al caso.
APRO UNA PARENTESI
Mentre ero lì nell’attesa del cessare della pioggia e dell’arrivo del bus che mi avrebbe riportato vicinissimo a casa mi è tornato in mente l’episodio di poco prima alla cassa del supermercato.
C’erano parecchie persone in fila non solo dov’ero io ma anche davanti ad altre due casse.
Davanti a me un anziano, alto più di me e di molto, completamente calvo, robusto ma non grasso, con un paio di occhiali munito anche di lenti parasole. Sbuffava in continuazione per via della lentezza delle operazioni di cassa e, ad alta voce, si lamentava guardandosi in torno forse per condividere con altri questa seccatura. Io, non potendo incrociare il suo sguardo per via della differenza d’altezza, non pronunciavo parola. Appena uno o due minuti dopo si mette in fila dietro di me una signora, non più giovane ma di piacevole aspetto. A questo punto ha inizio l’esibizione dello sbuffatore. Si rivolge verso la signora cercando di coinvolgere anche me e ci dice, lui crede ad entrambi, di avere ottanta anni, di essere stato un grosso (per l’altezza?) giocatore di calcio, di fare palestra tutti i giorni con vari attrezzi – però niente pesi da sollevare (?) – di sentirsi in ottima salute, di camminare tutti i giorni per vari chilometri, insomma un vero e proprio “fusto”. Aggiunge di non essere stato mai male salvo…e qui elenca una serie di interventi chirurgici che ha dovuto subire a paragone dei quali i miei sono pinzellacchere. Il bello è che appena terminato di pagare io mi reco ad un ascensore di cui fortunatamente è attrezzato il supermercato e chi mi segue? Il “fusto” che entrando nell’ascensore m’informa - purtroppo c’ero solo io lì dentro – che lui fa tutto meno che le scale! Sette gradini in tutto (???). Allibito annuisco.
CHIUDO LA PARENTESI
Un allegro vociare e scalpiccio di piedi riempì l’androne vuoto.
Giovani dai 15 ai 18 anni, ambo i sessi, presero possesso del luogo chiacchierando del più e del meno previa accensione di un bel po’ di sigarette. Era il momento della ricreazione per loro studenti: mi ero infatti riparato, senza saperlo, nel portone di un istituto privato di scuole superiori.
Due di quegli studenti, uno dei quali mi sovrastava di almeno 30 cm. - sicuramente cestista o pallavolista - capitarono vicinissimi a me e proprio lo spilungone mi chiese
=Dà fastidio il fumo?
Io, senza nascondere la mia nostalgia, spudoratamente gli risposi
=No, anzi, quando emetti il fumo invialo pure da questa parte
Al giovane studente stupefatto gli spiegai in poche parole il perché e il per come mi faceva ancora piacere, dopo dieci anni d’ astinenza, inspirare la gradevole fragranza di quei malefici, per me, tubetti bianchi.
Chiacchierammo piacevolmente per un bel po’, tanto che feci passare un paio di bus senza salirvi poichè loro due vollero raccontarmi qualcosa sugli studi che facevano, le loro speranze, la loro fede calcistica e via discorrendo.
La verità è che non li volli interrompere perché, come in altre e differenti situazioni, maledettamente m’inebriavo di quel profumo di fumo.

martedì 21 luglio 2009

APPENA ALZATA DAL LETTO

Ieri l’altro, un assolato mattino di luglio, uscii prestissimo da casa per farmi il solito giro approfittando del fresco venticello che dava un po’ di refrigèrio in vista di una giornata prevista molto afosa.
Data l’ora, in giro non si vedevano molti passanti ed anche il traffico non era molto intenso.
Mancava poca strada ormai per rientrare a casa quando vidi in lontananza una figura femminile che, quasi a passo di danza, stava camminando nel senso contrario al mio..
Incuriosito da questo strano modo di procedere rallentai volutamente il mio incedere e nel frattempo, senza dare troppo nell’occhio, cercavo di osservarne attentamente i dettagli.
Molto giovane, forse vent’anni o quasi, piuttosto magra, vestita soltanto di un minuscolo vestito celestino a fiori, leggerissimo, che fasciava la sua figura etèrea e che lasciava intravedere le sue formose virtù.
Camminava cercando di sistemare dietro la nuca i suoi capelli lunghi, castano chiari, con un nastro oppure delle forcine, non riuscivo a vedere bene.
All’infuori di un paio di curiosi sandali e del vestitino corto fino a metà cosce delle sue gambe snelle, non aveva nient’altro con se, né borsa, né qualcosa di simile, nulla! Lei e il suo vestitino aderente.
Al momento d’incrociarsi, sempre alle prese con i suoi capelli, la guardai e lei mi sorrise chinando leggermente la testa di lato.
Risposi anch’io accennando un sorriso e proseguii.
Fatti pochi passi ci ripensai, tornai indietro raggiungendola e le dissi:
-Scusa, volevo chiederti se ci conosciamo perchè non riesco a rammentare chi sei…La mia età è quella che è e potrei aver dimenticato il tuo nome
-No, no, neppure io ti conosco
-Beh meno male, temevo di aver fatto una figuraccia
-Nessuna figuraccia, tranquillo. Sto andando qui al bar all’angolo a fare colazione
-Allora ti saluto, buona giornata
-Perché non vieni pure te a prendere qualcosa?
-Ehm…non so se sia il caso che…
-Che c’è di male, su vieni mi fai compagnia
-Non credo di essere all’altezza di…
-Avanti non fraintendermi, scambiamo quattro chiacchiere
Entrammo nel bar, ci mettemmo seduti intorno a un piccolo tavolo, lei ordinò un latte caldo e un caffè così, separati, non il solito cappuccino, un tramezzino e una spremuta d’arancia. Io un tè. Quando il cameriere portò il vassoio sul tavolo con quanto avevamo ordinato, insieme allo scontrino per pagare, lei infilò una mano nel vestito all’altezza del seno e tirò fuori un biglietto da 20 euro. Le dissi che volevo offrire io e, dopo aver tergiversato un po’ lei acconsentì..
Poi mi disse che era di una cittadina a circa 100 Km. da Roma, che faceva l’impiegata presso un commercialista,che da quindici giorni si trovava qui in vacanza insieme ad una sua collega per una visita turistica, che sarebbero ripartite quella sera stessa, che erano ospiti di una parente della sua amica, la quale stava ancora dormendo e lei quindi era uscita appunto per fare colazione. Durante il suo racconto io, in silenzio, mentre l’ascoltavo, la guardavo rapito. Occhi celesti, viso ovale non proprio perfetto, labbra carnose. Neppure un filo di trucco, niente. Emanava un gradevolissimo odore simile ad un profumo di non so quale fiore. Mentre ci accingevamo ad uscire lei mi disse
-Scusami sai, sono un po’ in disordine, mi sono APPENA ALZATA DAL LETTO.
Mi salutò dandomi la mano e sentii il suo profumo ancora più accentuato.
La vidi allontanarsi con quel suo particolare modo di camminare.
Non avevo saputo neppure il suo nome né lei il mio.
Mi chiesi se avevo sognato.
No, avevo ancora lo scontrino del bar in mano.

venerdì 17 luglio 2009

ultima puntata de IL SEGRETO

Naturalmente anche con lui avevo messo in atto tutte le tecniche e le tattiche da me usate molti anni prima con Mimì quando era piccola, con due aggiunte utili: quella di poter mettere in funzione da solo l’attrezzatura per l’ascolto della musica (soprattutto lirica) e quella di saper usare il telefono appeso nel corridoio (non i telefonini). Gli avevo acquistato una piccola scala di appena tre gradini per permettergli di arrivare all’apparecchio e, accanto al telefono, avevo incollato un foglio di carta con i principali numeri telefonici: di Mimì, casa ed ufficio, di Padre Ferdinando, del supermercato, del medico, del 118 per eventuali urgenze e così via. Lui era così contento di avere imparato ad usare queste cose che, sin da piccolo, appena gli chiedevo di farmi ascoltare un po’ di musica o di telefonare a qualcuno si metteva all’opera tutto impettito ed orgoglioso di saperlo fare da solo. Mimì si interessava molto di Giacomo:il più delle volte telefonando e spesso venendo a trovarci, specialmente per le festività natalizie e con lei Fritz e la piccola Andrea che non vedeva l’ora di giocare con Giacomo. Li ascoltavamo che ridevano, scherzavano e qualche volta bisticciavano come fanno tutti i bambini del mondo.
Ero contento di trascorrere quei momenti felici insieme a tutta la famiglia e, anche se avevo dovuto superare dei momenti di apprensione un po’ faticosi a causa delle normali malattie dell’infanzia che avevano colpito Giacomo, mi sembrava che ancora “potevo raccontarla” considerando la mia età e gli impedimenti fisici. Si stava avvicinando il giorno del mio compleanno, l’ottantaduesimo,ma da una quindicina di giorni avevo cominciato a capire che quel “coso” dentro di me, già piuttosto malandato, inviava segnali preoccupanti. Non avevo voluto dare molto peso al problema anche per non allarmare nessuno. Un giorno non so perché ma non riesco ad alzarmi, sento che qualcuno mi chiama ma la voce mi sembra lontanissima
=Papà, papà,sono le otto, faccio tardi per andare a scuola, svegliati =
E’ Giacomo che cerca come può di scuotermi e allora, con quel poco di energia che mi rimane gli sussurro
=Telefona a Padre Ferdinando, digli che sto poco bene ma è meglio che venga subito qui
Appena fatto si avvicina al mio letto e mi conferma che sta arrivando
=Adesso telefona al nostro medico, dovrebbe venire al più presto però
=Telefono anche a Mimì?
=No, per adesso no, eventualmente lo farai dopo
Sette anni ancora da compiere e si comporta come un uomo…
=Sono riuscito a parlare con il dottore,ha detto che viene subito anche lui: io però è meglio che non vado a scuola oggi
=Sì hai ragione, non andare…mi dispiace…intanto …guarda lì in quel cassetto…sì, bravo…hai visto che c’è una piccola scatola…ecco quella…dammi una di quelle pillole e …
=Vado a prenderti un bicchiere d’acqua,aspettami! =
Dopo qualche minuto suonano e Giacomo fa entrare rapidamente il dottore e Padre Ferdinando che sono arrivati quasi insieme. Accertato come stanno le cose viene chiamata subito un’ambulanza. Mentre aspettiamo dico a Padre Ferdinando dì occuparsi di Giacomo e poi di raggiuncerci all’ospedale. Non sta andando bene,il personale medico si prodiga in tutte le maniere ma credo che non durerò molto, lo capisco da come mi sento, da come si muovono i medici e da tutti gli apparecchi ai quali sono attaccato. Chiedo di parlare con Padre Ferdinando e lo lasciano subito entrare
=Forse è meglio che dici a Giacomo di telefonare a Mimì, chissà se riesco a vederla domattina =
Mi svegliano. sono completamente intontito ma deve essere giorno Poi la voce di Mimì...
=Papà sono io, riesci a sentirmi?
=Scusami, t’ho costretto a precipitarti qui
=Ma che dici papà
=Giacomo dov’è?
=Giù nell’ingresso,non lo fanno entrare perché è troppo piccolo, sta insieme a Padre Ferdinando…tranquillo
=Mi raccomando bada a lui, devi volergli bene, è tuo fratello
=Perché ti preoccupi papà ci penserai anche tu
=Forse ma non quaggiù! Vado a vedere come si trova la tua mamma da quelle parti =
Un lieve respiro e poi…
=Papà, papà? Aiuto! Dottore! Papà? Papà?…
Niente più da fare! Mimì,piangendo a dirotto va ad abbracciare Giacomo e Padre Ferdinando e li informa di quello che è successo coinvolgendoli nella più intensa delle commozioni. Cercano di rincuorarsi a vicenda riuscendo a farlo con molta fatica. Poi la rassegnazione. Mimì si informa presso il personale come devono procedere le cose in questi frangenti e dopo aver ottenuto le opportune informazioni, rientra a casa con Giacomo e Padre Ferdinando. Due giorni dopo, il funerale molto semplice, come lui aveva chiesto. Il carro funebre, parte dalla camera mortuaria dell’ospedale per arrivare alla chiesa che è molto vicina;. procede lento seguito a piedi dai familiari, da alcuni ex colleghi di Aldo ormai in pensione e dai vicini di casa. Mimì, con alle spalle suo marito Fritz molto commosso, segue il carro tenendo per mano da una parte la piccola Andrea e dall’altra Giacomo che tiene in braccio Tosca
=Mamma? Nonno Aldo sta lì dentro?…
=Sì, Andrea. Adesso dorme
=Ma lui è il tuo papà?
=Certo, sono sua figlia
=Allora tu sei la sorella di Zio Giacomo?
=Certamente anche lui è figlio di nonno Aldo e quindi è mio fratello
=Ma mamma perché noi non siamo scuri come lui?=Beh! Ecco…perché è un SEGRETO! E come tutti i segreti non può essere svelato! =

giovedì 16 luglio 2009

decima e penultima puntata de IL SEGRETO

Come potevo aver fatto questo alla mia età, che avevo altre cose a cui pensare anziché mettermi a folleggiare, che avrei dovuto vergognarmi - il perché di questo non l’ho capito - che avrei dovuto pensare alle conseguenze e che lei…si sentiva demoralizzata e distrutta - per la verità anch’io
=Hai raccontato tutto a Padre Ferdinando?
=Certamente, non gli ho nascosto nulla
=E lui che ha detto?
=Che le vie del Signore sono infinite e che se questa era la sua volontà bisognava rispettarla
=Dopo ci vado anch’io a parlare con Padre Ferdinando e gli faccio ascoltare la mia di campana: per prima cosa gli chiedo come mai in tutti questi mesi non mi ha mai fatto sapere niente di quanto stava accadendo - eppure deve aver notato qualche cambiamento nel fisico di Cesaria - alludo ovviamente alle dimensioni della sua pancia
=Lei non ha frequentato più la chiesa da quando ha cominciato a lavorare qui ed ha evitato di farlo anche con persone che la conoscevano
=Lo credo bene! Aveva di che vergognarsi. E tu allora? Malgrado la tua antipatia per i telefoni ci siamo parlati qualche volta in questo periodo eppure non mi hai accennato nemmeno una sillaba a
proposito della novità. Perché?
=Beh effettivamente non l’ho fatto per diciamo così una questione di delicatezza, e poi pensavo che la cosa si potesse sistemare in qualche altra maniera. Per quanto riguarda poi Padre Ferdinando, non per difenderlo, ma sai benissimo che non è più venuto qui a casa nostra dalla morte di tua madre
=Chissà che cosa avrebbe detto la mamma se solo lo avesse saputo
=Padre Ferdinando mi ha assicurato che da dove si trova adesso la mamma lei avrebbe approvato il mio comportamento
=Ho capito! Devo precipitarmi a parlare con Padre Ferdinando e vedere se riesco a fargli schiarire un poco le idee e pregarlo di non fare il consolatore degli afflitti perché mi pare che tu non lo sia affatto: non si può perdonare tutti e tutto in questo mondo
=Mi sembri ingiusta verso di lui ed anche verso di me:in fondo che fastidio ti può dare la nascita di Giacomo, è un bambino bellissimo, sano, robusto e poi - almeno fino a quando resterò su questa terra - mi occuperò io di lui anche se è così piccolo…nei tuoi primi anni l’ho fatto anche con te, ricordi?
=Vagamente e poi te e la mamma me lo avete sempre raccontato ma adesso la situazione è diversa ed anche di parecchio. Hai dimenticato che età hai e come sei conciato sul piano fisico?
=No, non l’ho dimenticato, faccio sempre tutti i controlli e sembra che tutto proceda abbastanza bene e riguardo Giacomo è già sotto il controllo di un pediatra e inoltre mi viene ad aiutare una bravissima bay-sitter segnalatami da Padre Ferdinando
=Il complice!
=Che vuoi dire?
=Niente, niente, quando esco da qui debbo correre da lui a confessarmi!
=Perché che hai fatto?
=Io? Senti chi parla
=Sai Mimì, siamo anche riusciti ad iscriverlo all’asilo nido, quello qui vicino, nella stessa scuola
dove ha insegnato la tua mamma
=Quando hai detto “siamo” intendevi dire tu e Padre…
=…Ferdinando, certo! Come ti ho già detto mi è stato di grande aiuto
=E di conforto! Va bene, ho capito tutto, io purtroppo questa sera stessa debbo riprendere l’aereo e domani tornare al lavoro quindi ti saluto perché prima di partire voglio passare a salutare il nostro caro Padre Ferdinando
=Salutalo anche da parte mia e se vedi Padre Michele saluta pure lui,sai è stato il padrino di Giacomo quando lo abbiamo battezzato
=In definitiva avete completato l’intera opera
=Abbiamo cercato di fare tutto quello che era necessario ma scappi così? Senza fare un salutino a tuo fratello? E a Tosca?
=Tosca non mi ha degnato di uno sguardo e Giacomo non mi pare il caso di svegliarlo. Adesso devo proprio andare, ciao, ci sentiremo molto presto
=Dì ad Andrea che ha uno zietto e al vichingo, cioè voglio dire a Fritz che ha un nipotino
=Non potrei mai dimenticare di farlo! Ciao =
Mimì è uscita di casa e adesso starà torturando Padre Ferdinando:spero che lui le tenga testa nel subire il suo interrogatorio ma soprattutto che mantenga la promessa che mi ha fatto e non le sveli il nostro segreto. La mia vita comunque deve continuare soprattutto per il bene del piccolo Giacomo e perché no anche per quello di Tosca. Io penso che con la dovuta calma e facendo passare un po’ di tempo, Mimì si rassegnerà di fronte al fatto compiuto. Sono certo che il marito Fritz la farà ragionare, lo conosco troppo bene è un uomo buono anche se vichingo. Accetterò molto pazientemente ogni decisione che quasi sicuramente mi faranno avere al più presto. Dopo appena quattro giorni, questa mattina, nel suo bel passeggino, Giacomo è uscito di casa insieme a me ed ha iniziato il suo primo giorno di scuola…beh veramente di nido. Non posso nascondere che quando è stato il momento di lasciarlo nelle braccia di una delle maestre mi veniva quasi da piangere: il pensiero di lasciarlo lì senza la mia presenza stava facendomi decidere di riportarmelo indietro ma poi, convinto dalla maestra che frattanto si era resa conto della situazione, sono tornato sui miei passi. A casa, osservato da Tosca con aria interrogativa, ogni cinque minuti do una sbirciatina all’orologio per assicurarmi se non sia già arrivata l’ora per andare a riprendermi Giacomo. Soltanto dopo un bel po’di giorni io ed anche Tosca ci siamo abituati alla sua assenza per così tanta parte della giornata ma quando arriva il momento del suo ritorno a casa si sente nell’aria una specie di elettricità. Posso dire con assoluta sincerità che i giorni a venire trascorsero in maniera abbastanza felice e tranquilla anche se con alti e bassi come è logico che avvenga tra due persone come me e come Giacomo per non parlare di Tosca. Adesso che ci penso, andando a ritroso nel tempo, con lei ho smesso di chiacchierare come facevo prima della nascita di Giacomo ma non deve essersela presa più di tanto perché tutta la sua attenzione era rivolta soltanto verso il piccolo, io ormai avevo perso ogni interesse per lei. Qualche giorno dopo il rientro a Leverkusen Mimì mi telefonò molto più serena e tranquilla, mi disse che non avevo sbagliato a comportarmi come avevo fatto: se ne era convinta dopo vari colloqui con Padre Ferdinando (grazie Padre!) ed anche dopo averne parlato con suo marito il Vichingo il quale non solo approvò totalmente il mio comportamento ma, quando la prima volta Mimì gli raccontò il fatto lui si sbellicò dalle risate dicendo alla moglie che ero stato grande e da ammirare (grazie Fritz!). Giacomo cresceva bene e molto rapidamente ma purtroppo anche per me i giorni andavano via così velocemente che neppure me ne accorgevo. Fin dai primi anni avevo preso l’abitudine di far addormentare Giacomo raccontandogli anziché le favole, le trame delle opere liriche di Puccini e lui prima mi chiedeva i perché, i come , i quando, e poi, con un pollice tra le labbra, si metteva nelle braccia di Morfeo e si cullava nei propri sogni.Tosca mostrava di apprezzare la cosa partecipandovi per un paio di minuti ma si addormentava e sempre prima di Giacomo.
(fine della decima e penultima puntata)

mercoledì 15 luglio 2009

nona puntata de IL SEGRETO

=Pronto Mimì? Ciao sono papà
=Ciao, come stai? Come mai questa telefonata?
=Piano piano per favore, una cosa alla volta
=Scusami, tu telefoni così raramente che quando lo fai e per di più se mi chiami al lavoro è ovvia la mia preoccupazione: è successo qualcosa?
=Beh!, adesso te lo dico, ma prima di tutto come stai te e tuo marito e soprattutto la piccola Andrea?
=Stiamo tutti bene non preoccuparti, non è questo il punto:dimmi intanto da dove telefoni?
=Dal telefono di casa, quello in corridoio, perché?
=Una mia curiosità…appagata! Dimmi allora
=Ecco, purtroppo il 29 settembre è morta Cesaria e…
=Cosa? Ma era ancora così giovane. Cos’è stato? Un incidente? E poi perché lo vengo a sapere solo oggi? Neppure Padre Ferdinando mi ha fatto sapere qualcosa: com’è successo?
=Ho pregato io Padre Ferdinando di non avvisarti: preferivo farlo io a cose fatte, per non metterti in agitazione
=Perché, secondo te adesso sarei calma? E’ stato già fatto il funerale?
=Sì, sì, Padre Ferdinando si è occupato di tutto e abbiamo sistemato anche il resto
=Quale resto papà? Ma perché parli per enigmi? Non mi hai ancora spiegato la causa della morte, questo vorrei sapere e per favore cerca di essere preciso
=A notte inoltrata si è sentita malissimo, io allora ho fatto venire un’ambulanza e l’abbiamo portata all’ospedale
=Ci sei andato anche tu, vero? E lì che cosa è successo?
=Dopo qualche ora purtroppo è morta. I dottori hanno cercato di spiegarmi la causa ma non è che ci ho capito molto, qualcosa che riguarda il corpo femminile La conclusione è che Cesaria non c’è più
=E adesso come fai?
=Con l’aiuto di Padre Ferdinando stiamo cercando altre soluzioni
=Bene, comincio a calmarmi specialmente perché sento che hai ripreso i contatti con lui e tu lo sai il perché
=Lo so, lo so perché sostituisce i tuoi occhi e le tue orecchie qui e ti tiene sempre al corrente di tutto
=O quasi perché in questo caso non l’ha fatto, io desidero sapere sempre tue notizie, voglio stare tranquilla
=Adesso lo sei? Sei anche più calma?
=Sì, sì, poi chiamerò Padre Ferdinando per pregarlo di occuparsi della parte burocratica conseguente al decesso della povera Cesaria
=Sono certo che lo farà però prima di telefonargli debbo parlarti di un’altra questione, adesso sei più calma vero?
=Vai avanti papà ormai ti conosco, quando fai così la mia calma va a farsi benedire
=Si tratta di una cosa molto delicata ecco perché ti chiedo se sei più calma
=Papà? Cerca di capirmi per favore, te lo ripeto quando fai così non sono più tanto calma
=Hai ragione, il fatto è che tu…ecco… hai un fratello!
=Cosa? Ma che stai dicendo papà, stai scherzando vero? Beh non farlo!
=Ascolta Mimì, non sto scherzando, lo ripeto, tu hai un fratello!
=…….
=Mimì? Pronto Mimì? Ci sei? Sei ancora al telefono?
=No, non ci sono, sono svenuta, forse mi trovo in un altro pianeta
=Mimì ti prego, torna in te, non mi far stare in pensiero
=Ah! Saresti tu quello che sta in pensiero? Ed io che dovrei fare quando sento dirmi da mio padre che a questa età, soltanto a questa mia età, io ho un fratello?
=Beh! Essere la sorella maggiore
=Di chi? Non mi fare urlare più di così, sono completamente fuori di me. E poi dove sta questo fratello?
=Sta qui, in camera tua che poi è diventata quella di Cesaria e adesso è diventata di
=E che sta facendo in camera mia?
=Dorme, sai lui
=A quest’ora lui dorme? Stento a crederlo! Comunque domattina prendo il primo aereo e vengo a conoscere questo…problema! Ti saluto papà, ci vediamo domani.=
Eh sì, ha attaccato il telefono, credo proprio si sia arrabbiata e molto anche; domani prevedo una giornata che passerà alla storia. La cosa certa è la mia volontà di volere assolutamente mantenere il riserbo su Giacomo, ma è altrettanto sicuro che Mimì non verrà danneggiata né materialmente e neppure moralmente. Lei è la vera ed unica mia figlia mentre Giacomo è il… mio segreto e tale deve rimanere. Dopo una nottata non proprio tranquilla mi alzo e preparo la colazione per me, per il piccolo (un bel biberon molto nutriente) e per Tosca che, al solito, dorme placida nel lettino ai piedi del suo Giacomo. Non lo porto all’asilo nido perché sono certo che appena arrivata Mimì vorrà per
prima cosa conoscere il fratello e subito dopo passare al mio interrogatorio. Spero tanto di non cadere in contraddizione e di non avere esitazioni nel rispondere alle infinite domande che mi rivolgerà: lei se ne accorgerebbe. L’ho sempre detto che lei è una vera dura. Sono quasi le tredici ed ho appena finito di pranzare, anche Tosca e Giacomo sono stati debitamente nutriti e sono nel loro lettino. Improvvisamente ma non tanto ecco il suono del citofono:certamente è Mimì è già arrivata, magari avrà preso il primo aereo della notte
=Sono io papà, apri
=Ah! Sei tu Mimì? Buon giorno,vieni, vieni
=Ciao
=Ciao,come stai? Come è andato il viaggio?
=Dov’è?
=Chi?
=Come chi? Sai benissimo di chi parlo
=Già, hai ragione, intendi tuo fratello Giacomo
=Ah! Si chiama così?
=E’ per via di Puccini
=Certo, la tua fissazione! Insomma si vuol degnare di farsi vedere e, a proposito, non vedo neppure Tosca
=Sono entrambi nella tua camera, stanno dormendo
=Ma per la miseria, questo…questo…non fa altro che dormire?
=Andiamo di là, così lo conosci, senza svegliarlo però
=Ascolta papà adesso mi sto veramente scocciando:non avrà per caso la malattia del sonno?
=Vieni ti prego, ecco guarda, questo è Giacomo!
=Oh! Mamma! Un neonato e nero? Ma…
=Sì, è un po’ abbronzato
=Un po’? Io direi molto! E Tosca poi? Mi ha appena guardata:ma cosa è successo in questa casa?
=Niente di grave, qualche piccola novità
=Tu le chiami piccole novità? Io avrei da definirle in ben altro modo ma dimmi…quanto tempo ha il piccolo?
=E’ nato il 29 settembre
=Il giorno della morte di Cesaria?
=Sì e nello stesso ospedale
=Ma allora la madre di Giacomo è Cesaria! E il padre?=
A questo punto ho spiegato, a modo mio, come stavano le cose. Ho dovuto farlo perché Mimì è giunta da sola alle conclusioni, io le ho soltanto un po’ modificate. Le ho raccontato che Giacomo è nato di sette mesi, che purtroppo tra me e Cesaria è successo quello che è successo e quindi ho dovuto assumermi le mie responsabilità. Il tutto naturalmente tra le sue furibonde osservazioni ed i suoi rimproveri.
(fine della nona puntata)

lunedì 13 luglio 2009

ottava puntata de IL SEGRETO

Mi ha confortato come era logico che facesse e poi ha convenuto con me sul fatto che Cesaria, negli ultimi istanti di vita, abbia pensato al futuro del suo piccolo dicendo al medico che Giacomo era mio figlio, sicura del fatto che mi sarei occupato di lui, raggiungendo in tal modo anche lo scopo
di continuare a salvaguardare la sua dignità ed il rispetto degli altri. “Possibile?” Gli ho chiesto “Possibile che Cesaria in quegli attimi così tremendi per lei abbia avuto la lucidità di pensare a tutto questo?” E Padre Ferdinando,un po’ malizioso, mi ha risposto dicendo che forse io conoscevo poco la mentalità femminile! “Sarà”, ho detto fra me e me, “ma ho la netta impressione che forse Cesaria era al corrente della sua condizione.” Ho salutato Padre Ferdinando rinnovandogli la preghiera di tenere per sé questo segreto ed allo stesso tempo gli ho confermato che avrei informato al più presto anche Mimì. Ritorno a casa un po’più sollevato e non riesco a vedere Tosca! Controllo le ciotole e noto che neanche lei ha mangiato qualcosa; la chiamo più volte ma non riesco a sentire miagolii di nessun genere…chissà dov’è…Però in questi frangenti non posso stare a preoccuparmi anche di lei, si farà vedere quando sentirà di avere fame…Per il momento devo occuparmi delle principali cose da fare perché fra qualche giorno farà il suo ingresso in questa casa il piccolo Giacomo e allora sarà tutta un’altra storia.Che cosa proverà? E io? Che proverò? Prendo carta e penna, mi siedo al tavolo e comincio ad elencare tutto quello che dovrò predisporre per l’arrivo di Giacomo ed anche pensare a contattare da subito un pediatra ed una baby-sitter, almeno per i primi tempi poi vedremo l’evolversi della situazione. Per l’alimentazione di Giacomo e per le altre sue eventuali necessità mi rivolgerò alla farmacia che si trova a due passi da casa: ci operano persone gentili e competenti che mi daranno volentieri le più precise indicazioni in proposito.Adesso che mi viene in mente credo che la prima cosa da acquistare sia un lettino e poi uno di quei passeggini con funzioni doppie e poi…Ho capito:ci sarà da acquistare anche altro perché Giacomo possa avere tutto il necessario. Forse è meglio che vada subito in farmacia in modo da farmi consigliare dove poter reperire quello che mi serve. Rientro a casa nel tardo pomeriggio; domani in mattinata mi porteranno quanto ho acquistato e penso che, oltre a me, anche Giacomo rimarrà soddisfatto. Da un’occhiata alle ciotole di Tosca mi accorgo che qualcosa ha mangiato, non molto però l’ha fatto ed ha anche bevuto ma non si fa vedere in giro! Che cosa le sta succedendo? Anch’io ho sperimentato un grosso dispiacere e ancora non riesco a riprendermi se non con grande sforzo ma il pensiero di quello che dovrò affrontare mi dà l’energia per riuscire a superare questi brutti momenti. E’ quasi ora di cena e soltanto adesso mi ricordo di non aver toccato cibo da ieri sera ma non ci ho neppure pensato: ho dimenticato anche di prendere il mio giornale…strano, non m’importa!Oggi niente musica e neppure il canto e la voce di Cesaria: la casa è troppo silenziosa ed anche molto triste. Telefono a Padre Ferdinando per dirgli che dovremo pensare al funerale di Cesaria e lui, pronto, mi assicura che si occuperà personalmente di tutto quanto affidandosi a persone di sua conoscenza. Mi dice anche che vuole essere lui a battezzare Giacomo:già, non ci avevo pensato! Gli dico che non ho nulla in contrario e lo ringrazio. E’ stata una giornata tremenda sotto molti punti di vista e sento che è giunto ormai il momento di andare a letto a riposare e magari anche a dormire. Non so se ci riuscirò. Tutti i sistemi che sono stati inventati per indurre la gente a prendere sonno il più rapidamente possibile questa notte con me non funzionano. Non ho voglia di ascoltare musica e neppure di leggere. L’assenza inusitata di Tosca nel mio letto acuisce ancora di più la mia insonnia, spero domattina di riuscire a capire dove si va a nascondere in certi casi. Decido di prendere un sonnifero. Deve essere piuttosto blando perché c’impiega un’ora a compiere il suo dovere ma finalmente mi addormento, non profondamente ma è già qualcosa. Mi sveglio circa due ore prima del mio orario abituale: evidentemente quanto è accaduto ha inciso molto su di me e non solo, anche su Tosca perché contrariamente alle sue abitudini non è qui nel mio letto. Devo assolutamente trovarla e, ancora in pigiama, vado a cercarla: comincio dalle finestre per vedere se per caso avesse deciso di andarsene in strada. Qualche hanno fa lo fece e la trovammo tutta impaurita nascosta sotto un’auto parcheggiata. Arrivato alla camera di Cesaria resto di stucco: sul suo letto, coricata di fianco, con la zampetta anteriore destra piegata in modo tale da coprire orecchio ed occhio destri c’è Tosca! Immobile! Mi avvicino in punta di piedi, mi siedo accanto a lei e le parlo delicatamente: lei solleva lentamente la testa, mi guarda e nei suoi occhi mi sembra di scorgere un velo di tristezza , addirittura lacrime ma forse è soltanto un’impressione. Poi un tenue miagolio e torna ad accovacciarsi sul letto di Cesaria. La capisco, devo lasciare che lei faccia diminuire il suo dolore pian piano e nella solitudine. Non mi va di scherzare ma certo, tenere in casa una gatta che capisce…beh! E’ incredibile. Il giorno che lo racconterò a Giacomo sai come mi prenderà in giro, riderà a crepapelle e non ci crederà, già me lo immagino. Improvvisamente mi è tornato in mente Giacomo: me ne stavo dimenticando e questo non sta bene, sono suo padre! Provo una strana sensazione al pensiero di tornare a rivivere con lui i primi anni di vita di mia figlia Mimì. Molte volte mi son dovuto occupare di lei in sostituzione di Luisa in quanto, per il suo lavoro nella scuola, mia moglie doveva assentarsi da casa tutte le mattine tolti i giorni festivi e i periodi di chiusura delle scuole. Ricordo il cambio dei pannolini, il bagnetto, le prime pappette, i numerosi tentativi per farla addormentare, le prime camminate con il passeggino e poi, le traversate della città sul tram, da lei molto apprezzate, perché riusciva quasi sempre a farsi una bella dormitina. Io ne approfittavo per rimanermene seduto nello stesso tram fino al capolinea, scambiare quattro chiacchiere con quei colleghi non ancora in pensione che avevo conosciuto ai tempi di quando lavoravo nell’azienda; poi, se Mimì ancora dormiva, ce ne tornavamo indietro con lo stesso mezzo che avevamo preso all’andata. Con Giacomo, se farò in tempo a vederlo crescere, voglio ripetere le identiche cose. Non mi interessa più conoscere il motivo per il quale Cesaria ha voluto attribuirmi il ruolo di vero padre del suo piccolo ma io cercherò di non deluderla: non tradirò il suo segreto e farò in modo di essere un buon padre. Riprendo la mia solita routine, che prossimamente non sarà più cosi solita, terminata la quale telefono al pediatra il cui nome ho avuto tramite la farmacia. Mi è stato recapitato quello che avevo acquistato ieri: lettino, passeggino, bilancia, vaschetta da bagno, fasciatoio, poppatoio; insomma ho tenuto conto di tutti i suggerimenti della farmacia e del pediatra il quale mi ha dato altri preziosi consigli. Ho sistemato bene le cose nella camera di Cesaria: da oggi diventa camera di Giacomo! Mi pare giusto così. Tosca, sempre adagiata sul letto, non mi ha perso di vista neppure per un attimo: ha osservato con occhi attenti ogni mio più piccolo movimento molto incuriosita. Forse dovevo dirle quello che stavo facendo ma credo che lo abbia capito benissimo anche perché mentre mi muovevo parlavo da solo, sia pure a bassa voce. Telefono a Padre Ferdinando il quale mi informa che l’indomani mattina alle nove nella chiesetta dell’ospedale celebrerà la cerimonia funebre per Cesaria e al termine l’impresa addetta si occuperà del trasporto e dell’inumazione nel cimitero comunale; sempre domani, nel primo pomeriggio, in compagnia di un suo confratello, Padre Michele che sarà il padrino, battezzerà Giacomo. Ha anche parlato con i medici dell’ospedale i quali gli hanno confermato che il piccolo sta bene e che domani stesso potrà essere dimesso. L’ho ringraziato sinceramente e lui mi ha assicurato di essersi occupato di tutto con devozione e per l’affetto che ha sempre nutrito sia nei confronti di Luisa e di Mimì sia anche nei miei. Dal tono della sua voce capisco che non sta parlando in questo modo solo per gentilezza. Tutto si è puntualmente svolto come Padre Ferdinando aveva organizzato,nessun ostacolo ed io mi ritrovo a casa, seduto in poltrona con in braccio Giacomo il quale, con quei suoi occhi neri, scruta il mio viso e io guardo il suo accennando un sorriso. Vedrai, gli dico, andremo d’accordo e ti vorrò sempre un gran bene!Da quando sono entrato Tosca è improvvisamente riapparsa: mi gira intorno, osserva e annusa Giacomo, si sistema in terra vicinissima a noi due: cosa le passerà per la testa? Ci controlla? Mi sono ricordato che la scuola qui vicina, quella dove ha insegnato mia moglie per tanti anni, ha pure l’asilo nido comunale per bambini da zero a tre anni: domani ci farò un salto e domanderò cosa devo fare per portarvi Giacomo facendo presente che è orfano di madre, che il padre - cioè io - è troppo anziano e pure parecchio malandato e non ho altri parenti. Non credo mi faranno difficoltà. Sarà necessario presentare una apposita documentazione ed io approfitterò ancora di Padre Ferdinando il quale, ne sono certo, non mi farà mancare il suo aiuto. Quando metto a dormire Giacomo noto che Tosca ha lasciato il letto di Cesaria e si è installata nel lettino del piccolo: ormai questo si verifica da quando Giacomo è entrato a far parte della mia famiglia. Nel mio letto non ci ha messo più le zampe. Oggi ho deciso di telefonare a Mimì: sono le dodici e sarà al lavoro, in pausa pranzo.
(fine dell’ottava puntata)

sabato 11 luglio 2009

settima puntata de IL SEGRETO

Suona il citofono al portone e apro: è l’ambulanza, alle tre di notte è perfettamente inutile mettere in funzione la sirena, ecco perché non mi sono accorto che arrivava. Faccio entrare le tre persone che sono salite al mio piano recando con se una barella. Li raggiunge una quarta persona : mi dice di essere il medico di turno ed io, con una furia bestiale, lo informo dei fatti. Mi raccomanda di calmarmi ed entra in camera di Cesaria che nel frattempo non aveva cessato di urlare per i dolori che sentiva. Passa qualche minuto e il dottore, dopo aver detto agli altri di adagiarla con cautela sulla barella mi dice che deve far portare Cesaria all’ospedale qui vicino con la massima urgenza e mi chiede di raggiungerli al più presto. Che sta succedendo? Fino a ieri stava discretamente bene e adesso?. Chiamo Tosca ma lei non si fa vedere, per qualche motivo è andata a rifugiarsi chissà dove. Mi vesto più veloce che posso e arrivo ansimante all’ospedale. Chiedo dove hanno portato Cesaria e riesco a sapere che si trova in una sala parto specializzata per interventi di non so quale tipo. Mi sento molto confuso ed in preda ad una forte agitazione…Ho sempre con me delle compresse per situazioni del genere, consigliatemi dal cardiologo che mi segue e ne assumo una; riesco un po’ a calmarmi e quindi cerco di chiedere a chi mi capita a tiro qualche notizia di Cesaria ma il personale che interrogo non sa o non mi può ancora dire nulla. Trascorre un’ora, un’ora e mezza e finalmente mi appare davanti un medico, chirurgo presumo, per il tipico abbigliamento color verde con tanto di copricapo e mascherina calata sotto il mento, il quale mi chiede…
=Lei è qui per quella signora in stato interessante che hanno portato in ambulanza?
=Sì, sì, scusi se l’interrompo ma come sta? Mi dica per favore, la prego
=Ecco, la signora,sua moglie vero?
=No, non è mia moglie
=Ma non è qui per la signora Cesaria?
=Sì, sì, per lei ma non è mia moglie
=Va bene, va bene, la sua compagna o chi vuole lei insomma,ha messo al mondo un bellissimo bambino che sta bene e che è già stato preso in cura dal personale addetto: lei potrà vederlo tra non molto. A proposito la signora ci ha detto di volergli dare il nome di Giacomo, come Puccini ha aggiunto, non capisco cosa
=Beh, sì, è una vecchia storia poi le…
=Purtroppo però ha potuto dire solo questo ed anche il nome del papà: aspetti mi sembra che ha detto… Aldo
=Sì, io sono Aldo, ma non…ma perché? Che è successo?
=La signora non ha retto all’intervento che abbiamo dovuto effettuare e non abbiamo potuto salvarla…Aveva una grave ostruzione uterina non adatta alla maternità e quindi
=Ma, ma come quindi? Così robusta, così forte, così giovane…Ma com’è possibile una cosa del genere
=Purtroppo non è il primo caso: evidentemente la signora non si era mai fatta visitare da uno specialista e pertanto non sapeva di avere quest’anomalia , questo è il mio modesto parere. Poi per quanto riguarda
=Cosa, dottore? Per quanto riguarda cosa? Io,io mi sto per sentire male
=Signore ecco venga qui, si stenda, le faccio avere subito qualcosa per sostenerla ma veda di affrontare la situazione con un po’ più di calma:ormai non c’è più nulla da fare, è necessario rassegnarsi all’ineluttabile
=Rassegnarsi mi dice? Lei non ha la minima idea di quello a cui sto andando incontro anche se ho una confusione in testa da non capire quasi più niente. Riesco soltanto ad intravedere dinanzi a me una valanga di serie difficoltà
=In qualcuna di queste la possiamo aiutare noi…Lei deve andare al pianoterra dove c’è l’Ufficio Accettazione: al funzionario addetto dovrà fornire tutte le complete generalità della signora, le sue, la data di morte della signora e quella della nascita di suo figlio Giacomo che coincidono ed è quella di oggi 29 settembre. Penseremo noi, secondo le nuove disposizioni, a comunicare ai servizi anagrafici del Comune tutti i dati. Tra qualche giorno potrà recarsi presso gli uffici competenti e ritirare i due certificati: di morte e di nascita. Come sta andando adesso? Si sente meglio? Ha compreso bene tutto quello che le ho detto? Mi sembra di sì…Quando avrà sbrigato le operazioni che le ho appena indicato chieda dove si trova il reparto dei neonati così, tra i bambini nati tra ieri ed oggi, riconoscerà sicuramente suo figlio
=Già, mio figlio
=Si , vada adesso e, se mi permette…tanti auguri!
=Non ha la più pallida idea di quanto ne abbia bisogno! Arrivederci e comunque, grazie!=
Mi precipito al pianoterra dell’ospedale, sbrigo tutte le faccende burocratiche e torno di sopra alla ricerca del reparto neonati che trovo abbastanza celermente; mi avvicino ad una signora anziana che sta osservando e salutando una neonata in braccio ad un’infermiera e faccio cenno indicandolo ad un’ altra infermiera, di voler vedere il mio…Beh! Insomma il figlio di Cesaria: quando l’infermiera lo prende in braccio e me lo fa vedere attraverso una vetrata la signora accanto a me esclama:
=Che bel moretto, ma lo sa che le assomiglia? E’ suo nipote vero?
=Non sono suo zio
=Ah, ma io intendevo suo nonno
=No, non sono nemmeno suo nonno, lui si chiama Giacomo ed io sono suo padre! Buon giorno signora!=
Mentre me ne vado piuttosto infuriato noto di sfuggita lo sguardo attonito della signora che è rimasta impalata a bocca aperta. Mi sforzo di calmarmi per riordinare un po’ le idee e cercare di organizzarmi per il futuro. Riesco a sapere che Giacomo potrà restare in ospedale soltanto pochissimi giorni e poi… Non riesco ancora a rendermi conto che cosa potrò e dovrò fare: innanzitutto certamente rientrare a casa e lì farò il punto della situazione, a cominciare da chi devo avvisare e in quale ordine: Mimì, Padre Ferdinando - chi per primo? -e poi cosa posso o non posso fargli sapere?; ci sono idee, pensieri e progetti che Cesaria aveva in mente e che nemmeno io sapevo. La domanda che più mi sconvolge e che mi tormenta è perché, prima di morire, al chirurgo che l’aveva operata ha pensato di precisare quale nome da dare al bambino appena nato ed a suggerirgli che io ero il padre di Giacomo? Queste due asserzioni hanno qualcosa in comune tra loro: mi sembra quasi come se lei, sentendosi morire,abbia voluto lanciarmi un preciso messaggio e lasciare a me ogni decisione in merito all’intera faccenda! Dovrò riflettere molto attentamente su come dovrò comportarmi. Giunto a casa, apro la porta e trovo Tosca all’ingresso nella sua caratteristica posa di attesa, con lo sguardo interrogativo come se si aspettasse qualche notizia. La prendo in braccio dolcemente e le dico, sussurrandole nelle orecchie, quello che è successo. Lei deve aver capito perchè emette uno strano miagolìo. poi salta in terra e si allontana molto lentamente con la coda tra le gambe. Mi metto seduto a pensare cercando di trovare le soluzioni possibili per tutti i problemi sorti dopo quanto è avvenuto ma ricordo improvvisamente che la camera di Cesaria deve essere in condizioni disastrose per cui mi armo del necessario e provvedo subito alla sua sistemazione. Nel farlo, trovo ben riposte molte delle cose che aveva preparato per il nascituro e sento un groppo in gola.Riordino alla meglio il resto della casa e riempio le ciotole di Tosca: chissà dov’è finita? Io non ho voglia nemmeno di fare colazione e, quasi senza pensarci, prendo la prima decisione, vado da Padre Ferdinando. Durante il breve percorso che mi divide dalla chiesa cerco di prepararmi su quello che potrò dirgli; giunto a destinazione non impiego molto a trovarlo e appena mi vede fa una faccia un po’ perplessa: dentro di sé si sta chiedendo che cosa ci faccio lì e perché, in quanto dalla morte di mia moglie Luisa possiamo dire di aver mantenuto i contatti tra di noi soltanto per telefono.Ma oggi c’è in ballo qualcosa di troppo importante. Prima di pronunciare una sola parola mi faccio promettere da lui che, come in confessione, non potrà mai dire a nessuno nemmeno una piccola parte di quello che gli narrerò della vicenda e, soprattutto, non deve precipitarsi a telefonare a Mimì perché spetta a me farlo. In che maniera ancora non lo so! Non tralascio nulla, neppure il più piccolo dei particolari e Padre Ferdinando torna ad essere quello che è sempre stato: un vero frate, la persona amata e rispettata da tutti, buono, comprensivo e generoso; ha messo da parte ogni ironia e spiritosaggine e mi ha guardato a lungo, pensieroso.
(fine della settima puntata)

giovedì 9 luglio 2009

sesta puntata de IL SEGRETO

=No, ne sono certa: è una bravissima persona, molto comprensiva ed è anche in debito con me per alcuni grossi favori che le ho fatto in certi momenti di gravi difficoltà nei quali si sono ritrovati lei e la sua famiglia. Non ho ritenuto opportuno informarla prima della partenza perché se durante la sua permanenza a Capoverde qualcuno che mi conosce o qualche mio lontano parente le chiede notizie di me lei può darne solamente di positive. Capito perché?Lei ne è all’oscuro,verrà dettagliatamente informata soltanto subito dopo l’evento e, credimi, non solleverà alcuna obiezione
=Complimenti! Hai pensato davvero a tutto. Però così facendo chi nascerà si troverà ad avere un’altra madre
=Assolutamente no! Dopo il parto i miei successivi periodi di riposo saranno completamente dedicati alle mie funzioni di madre naturale e poi…chissà …non si può mai dare nulla per scontato: potrebbe pure realizzarsi qualche progetto che ho in mente
=Te lo auguro di cuore, intanto sistema le tue cose nella tua camera e fai come se fossi a casa tua
=Posso restare allora? Ed anche contare su di te?
=Mi pare evidente! Vado ad informare Padre Ferdinando che in questo momento starà fremendo e scommetto qualsiasi cosa che subito dopo riceverò una telefonata da Mimì: vedrai che non mi sbaglio
=Lo credo anch’io
=Abbiamo fatto tardi e quindi io esco:ti lascio il duplicato delle chiavi per ogni evenienza e perché poi sono quelle che devi conservare te:ho cercato di mettere un po’ in ordine ma ho dovuto interrompere le operazioni quotidiane perché sei venuta tu e ci siamo messi a parlare
=E’ stato necessario
=Direi indispensabile, come lo è anche il fatto che tu ti renda conto della sistemazione delle cose in ogni singolo ambiente: se pensi di apportare qualche modifica fallo pure, mi metterai al corrente quando sarò rientrato
=Grazie di tutto e soprattutto della fiducia!
=Nessun problema… guarda attentamente dove sono sistemate le “necessità” di Tosca: lei ha le sue abitudini e le novità la disturbano
=Non preoccuparti…Milady non avrà nulla di che preoccuparsi
=Ci sarà poco da scherzare con lei, te ne accorgerai…Ciao, io vado
=Ciao…Aldo scusa, ancora un momento: per oggi cosa preferisci mangiare?
=E’ vero, mi ero completamente dimenticato di questa esigenza della vita: hai fatto bene a domandarmelo. Comunque guarda e decidi te, tra dispensa, congelatore e frigorifero dovresti trovare quanto basta almeno per oggi; poi con più calma vedremo cosa manca e provvederemo rapidamente, d’accordo? Volevo solo precisarti al riguardo che io tendo più sul vegetariano: ortaggi, verdura, frutta, prodotti della terra insomma; il resto? Pochissimo, meglio niente…Ciao=
Esco di casa, mi incammino verso il mio solito percorso e rifletto! Oh! sì che rifletto…Insisto: c’è tanto da riflettere! Penso che Cesaria sia indubbiamente un’ottima persona soprattutto per arrivare ad uscire indenne dagli esami scrupolosi ai quali è stata senz’altro sottoposta da Mimì e da Padre Ferdinando. E penso anche a quel suo testardo insistere riguardo la sua reputazione, la sua disperata volontà di volerla mantenere integra e pulita il più possibile: di questi tempi poi, dove sembra che non ci sia più alcun limite. Io non sono né bigotto, né puritano e neppure mi scandalizzo di fronte agli attuali modi di essere o di apparire; sono anni ormai che mi sono rassegnato: il “buon tempo antico” è andato ormai e non ritorna più! Stasera in separata sede ne parlerò con Tosca e sentirò il suo parere così come cercherò di sentire cosa ne pensa Luisa: questa notte, prima di addormentarmi, chissà forse lei avrà la possibilità di farmi conoscere uno dei suoi sempre preziosi consigli.Quello che mi rende più perplesso non è tanto il prossimo futuro, cioè il periodo da oggi fino a quando nascerà questa benedetta creatura ma quello che accadrà dal giorno dopo! Che avrà voluto dire Cesaria quando ha fatto riferimento alla “possibile realizzazione di qualche suo progetto”? I giorni e le settimane scorrono inesorabilmente verso il “momento fatidico”: ci penso in continuazione come se fossi io a dover partorire e non Cesaria alla quale l’inverno, la primavera e l’estate che sta quasi terminando sembra le abbiano dato un vigore incredibile e una forza di volontà sbalorditiva. Durante questo periodo né Tosca né io abbiamo modificato di un millimetro la nostra vita talmente metodica che ho il timore stia diventando quasi angosciosa almeno per gli altri. Deve essere la vecchiaia ed io col passare degli anni sono diventato sempre più pignolo e pedante, ha ragione Padre Ferdinando!.Ho convinto Cesaria, giorno per giorno, ossessivamente, ad ascoltare tutte le più famose melodie delle opere di Puccini tanto che durante la giornata sento spesso che le canticchia e, con mia grande meraviglia, abbastanza bene! Con una punta di orgoglio mi sono complimentato con lei anche perché ha avuto la sincera approvazione di Tosca che ha gradito ed ha incrementato le sue dormite con evidente soddisfazione. Per averlo letto da qualche parte ho anche suggerito a Cesaria di adottare una sorta di meloterapia: ogni tanto si siede e le faccio poggiare sul suo pancione un piccolo diffusore così anche il nascituro comincia ad apprezzare la musica: chissà quali arie gradirà di più? Io spero quelle de “La Boheme” la mia preferita, oppure quelle della “Tosca” così le potrà ascoltare, felice e beata, anche la “nostra” Tosca. Scommetto che, sotto i baffi, sorriderà. Naturalmente in questi mesi non sono mancate numerosissime telefonate sia di Mimì sia di Padre Ferdinando. Il motivo era quello ovvio di voler essere tenuti al corrente di come procedevano le cose ed anche quello di voler sapere perché io limitavo le mie telefonate a quelle indispensabili come se non conoscessero la mia idiosincrasìa per il telefono (e per i cellulari in particolare).Avevo catechizzato Cesaria dicendole che in mia assenza non doveva rispondere assolutamente ai telefonini mentre poteva farlo soltanto se squillava quel bel telefono anteguerra appeso vicino l’ingresso, lì nel corridoio. Inoltre cercavo di diradare i contatti telefonici perché avevo il timore di non riuscire a tener fede alla promessa che avevo fatto a Cesaria circa il segreto da mantenere almeno fino al giorno della nascita dell’infante. Ormai doveva mancare pochissimo perché eravamo alla fine del mese di settembre e, secondo i suoi calcoli, Cesaria aveva affermato che si sarebbe trattato di questione di pochi giorni se non di ore: era comunque molto tranquilla così come tranquilla era stata la sua gravidanza, senza grossi disturbi fisici se non quelli che si verificano normalmente durante ogni gestazione. D’altronde lei aveva sempre mostrato una salute di ferro e questo lasciava presagire un parto abbastanza tranquillo: aveva preparato per tempo ogni genere di cose di prima necessità come si usa fare per i bambini appena nati e controllava quasi ogni giorno un grosso borsone contenente biancheria e cose simili per essere pronta,al primo segnale, a correre all’ospedale più vicino a casa nostra. Insomma era stato curato ogni dettaglio e si stava sempre come in stato di allarme; a me sembrava di rivivere i momenti prima della nascita di mia figlia Mimì. Nella notte tra il 28 e il 29 settembre io e naturalmente anche Tosca veniamo improvvisamente svegliati dalle urla forti e prolungate che vengono dalla camera di Cesaria: corro da lei e la vedo ai piedi del suo letto in una pozza di sangue e con le mani che spingono verso il basso ventre…
=Aldo…ti prego aiutami…mi sento malissimo=
Cerco di controllare il panico che mi assale e nello stesso tempo decido che la prima cosa da fare è quella di procurare un qualsiasi mezzo per portare Cesaria all’ospedale. Al telefono parlo quasi urlando con la persona che mi risponde chiedendo urgentemente l’invio di un’ambulanza all’indirizzo di casa che riesco a fornire.Sento il miagolìo disperato di Tosca che cammina avanti e dietro sul ciglio della porta aperta della camera di Cesaria e guarda alternativamente lei e me, capendo che sta succedendo qualcosa di grave.
(fine della sesta puntata)

martedì 7 luglio 2009

quinta puntata de IL SEGRETO

=Ti confiderò ogni minimo dettaglio se mi concederai la tua collaborazione, soprattutto discreta
=Lo prometto, però vorrei prima sapere, molto sinceramente, perché non hai confidato questo tuo segreto anche ad altri oltre che a quel mascalzone che si è dileguato?
=E’ giusto: tu devi essere messo al corrente di tutto ed anche di quello che ho pensato di organizzare perché le cose procedano nel modo più discreto possibile. Voglio però aggiungere che non devi sentirti obbligato riguardo questa situazione; puoi dirmi benissimo che non posso contare su di te ed è più che comprensibile
=Lo deciderò soltanto quando mi avrai fatto partecipe di quello che hai in mente di fare,sempre se lo vorrai perché, tu lo capisci bene, è indispensabile che io conosca dettagliatamente come intenderai regolarti.
=Ti metto subito al corrente di come condurrò la faccenda anche perché non vedo altre soluzioni.
Tre o quattro giorni fa ho fatto visita ad una mia amica, connazionale per nascita ma ormai italiana da oltre trent’anni, sposata e con tre figli grandi. Prima di mettere su famiglia ha fatto per lungo tempo la baby-sitter; oggi vivono in una piccola ma caratteristica cittadina a circa venti chilometri da qui dove il marito e i figli possiedono una piccola impresa di costruzioni che ha ottenuto - proprio in questi giorni - un appalto molto vantaggioso non ricordo per quale opera mentre nello stesso tempo, la mia amica deve tornare alle nostre Isole Capoverde per restare almeno sette od otto mesi accanto alla propria madre vedova e seriamente ammalata. Forse ti stai chiedendo che cosa c’entra questa storia con la mia
=Effettivamente non riesco ancora a vedere che cosa hanno in comune
=In comune nulla ma userò questa situazione della mia amica per mettere un primo tassello nella realizzazione del mio piano
=In che modo?
=Lei mi ha detto che parte in aereo questa sera alle 20 e poiché non l’ho messa a conoscenza di quello che mi sta accadendo ho così eliminato un primo ostacolo per riuscire a mantenere il mio segreto, almeno fino al suo ritorno. In sua assenza non ho l’abitudine di frequentare la sua famiglia e pertanto tutto potrà filare liscio
=Cioè? Scusa se insisto di nuovo ma quale sarebbe il piano di cui parlavi?
=Adesso ti metterò al corrente di tutto ma fino a che non te lo avrò spiegato in ogni particolare ti prego di non interrompermi
=Va bene, vai pure avanti, mi auguro soltanto nel tuo interesse che tu abbia fatto bene i tuoi calcoli
=Lo spero anch’io:la mia preoccupazione principale è stata sempre quella di dimostrare alle persone che mi conoscono, non molte per fortuna, la mia rettitudine e la mia dignità e rendermi quindi meritevole del massimo rispetto. Voglio che questo rispetto continui ad essermi riconosciuto. Capisco benissimo che quanto è accaduto, anche per colpa mia, indebolisce notevolmente i sentimenti che venivano e vengono nutriti nei miei confronti ed ecco quindi la ragione per cui nessuno sa niente, né la mia amica con i suoi, né Padre Ferdinando, né Lucia tua figlia e neppure tutta la famiglia presso cui lavoravo ed alla quale ero particolarmente affezionata.
Ma ho provato e continuo a provare così tanta vergogna che ho deciso di mantenere il segreto sulla mia attuale condizione il più a lungo possibile fino cioè al suo naturale termine:avvenuto il parto ho pronto un altro modo per sistemare la faccenda
=E come farai?
=Con il tuo aiuto, se credi, ecco come faremo: io come puoi vedere sono piuttosto in carne, possiamo pure dire cicciona anche per effetto dell’inizio della gravidanza ma sono forte, robusta, in grado quindi di poter accudire sia te e sia la casa
=Non dimenticare che c’è anche Tosca
=Ci mancherebbe altro! La tua dolcissima gatta è la prima in lista ma…a proposito dov’è?
=Sta sognando chissà cosa nel mio letto, sotto le coperte. E’ inutile preoccuparsi perché quando sentirà fame si degnerà di farsi vedere e reclamerà il suo cibo
=L’hai viziata molto?
=No, no, ci parlo e lei è molto ragionevole. Che c’è? Ti meravigli perché ho detto che parlo con lei e pensi che io sia un po’ tocco?
=Non dire sciocchezze. Comunque non mi permetterò mai di intromettermi nei vostri colloqui
=Non abbiamo alcun segreto. Oh,scusa, ho fatto una gaffe
=Figurati, per così poco
=Però devi spiegarmi che cosa c’entra la tua silhouette con quello che stai architettando?
=C’è un motivo ed è molto semplice: da subito inizierò ad indossare abiti dal tessuto un po’ insolito e molto più larghi del mio fisico in modo da occultare il pancione che verrà; se qualcuno vorrà informarsi del perché diremo che si tratta di una particolare usanza del mio paese d’origine. Quindi occorrerà dire a quella signora, amica di vecchia data di tua moglie che una volta la settimana viene a darti una mano qui in casa che, d’ora in poi, mi occuperò io di tutto: è stata tua figlia Mimì a dirmi di questa signora
=Non credo che Mimì ti abbia detto solo quello, ti avrà riempito la testa di raccomandazioni:”Per
favore tienilo d’occhio, ricordagli che deve prendere le medicine, se accusa qualche dolore sia pure di lieve entità fammelo sapere subito”. Per non parlare poi di quelle supplementari di Padre Ferdinando!
=Questo sta a dimostrare che ti vogliono molto bene
=Non lo metto in dubbio ma adesso capisco come si devono sentire i sorvegliati speciali
=Forse è meglio continuare ad elencare i dettagli del mio piano
=Hai ragione, procediamo e, per quanto riguarda la signora amica di mia moglie, troverò le spiegazioni adatte per cercare di tenerla fuori da questa casa: non sarà molto facile ma farò del mio meglio, anzi vado subito a dirglielo
=Giusto, dobbiamo aggiungere anche lei alla lista di coloro ai quali non desidero far sapere nulla, poiché il mio segreto deve rimanere tale! Possiamo quindi passare alla fase successiva: io uscirò da casa il meno possibile per evitare incontri con gente in vena di fare domande
=Per questo non ci sono problemi perché io voglio seguitare a fare tutte le mattine la mia solita passeggiata, comprarmi il giornale e acquistare i generi alimentari quotidiani di prima necessità mentre, per tutto il resto, una volta la settimana telefono al supermercato qui vicino che mi fornisce quello che mi occorre usufruendo del loro servizio a domicilio
=Ottimamente,mi sembra che le cose stiano andando verso il percorso giusto. Tua figlia Mimì mi ha anche detto che non potrà tornare qui almeno fino a Natale mentre Padre Ferdinando
=Lui non viene mai da me per fortuna! Se dobbiamo dirci qualcosa o telefona oppure sono io che vado a trovarlo in chiesa
=Perfetto! Non resta che far trascorrere il tempo fino al parto il più discretamente possibile e con le massime cautele; dopo di che, quando avverrà la nascita, chiederò a quella mia amica di cui ti ho accennato prima, di occuparsi della mia creatura in modo che io possa seguitare a lavorare e quindi permettermi di poterla retribuire
=Mi hai detto che partiva
=Si ma tornerà proprio in tempo
=Ma non ti farà difficoltà dal momento che - se non ricordo male - mi hai detto che lei non sa nulla del tuo stato di futura madre?
(fine della quinta puntata)

sabato 4 luglio 2009

quarta puntata de IL SEGRETO

=Se riesco a venire a lavorare da te è e giusto che tu sappia. Purtroppo c’è un problema
=Un momento, scusa: oggi si deve essere verificata l’insorgere di qualche epidemia oppure è il giorno da dedicare al compito di matematica
=Perché?
=E perché anche Padre Ferdinando mi ha parlato poco fa di un problema che invece abbiamo subito risolto, quindi se vuoi parlarmi del tuo spero proprio di poterlo risolvere insieme
=Sarò più precisa, in realtà è…un segreto…un grosso segreto!
=Per la miseria! Deve essere proprio una faccenda seria
=Esattamente e aggiungo inoltre - poichè sento il dovere di metterti al corrente di quanto andrò a dirti - che dovrai promettermi di non svelare nulla a qualsiasi altra persona
=Mi auguro che non sia un “segreto di Stato” o di pericoloso per la gente
=No, è soltanto una mia faccenda privata, molto privata,che non è a conoscenza di nessuno, né dei miei precedenti datori di lavoro, né di parenti del mio defunto marito con i quali non ho avuto mai rapporti amichevoli per ragioni non dipendenti dalla mia volontà, né di Mimì e neppure di Padre Ferdinando che è stato anche il mio confessore per parecchio tempo
=Ti assicuro il mio assoluto risèrbo al riguardo e anche quello di Tosca…Però allo stesso tempo mi chiedo e ti chiedo: perché proprio a me e soltanto a me? In fondo mi conosci appena e molto meno delle persone che hai appena citato
=Intanto ti dico che la questione dovrà essere tenuta nascosta soltanto per un po’ di tempo, al massimo fino alla fine di settembre; poi perché devo lavorare per raggranellare un po’ di soldi e infine perché - se le cose procederanno come mi auguro - allora tutto diventerà più semplice e non ci sarà più bisogno di tenere segreto nulla
=Scusami ma devo insistere:perché proprio a me?
=Ti spiego subito…per prima cosa perché Padre Ferdinando mi ha parlato molto bene di te e non una sola volta e poi perché dai colloqui che ho avuto sia con lui che, telefonicamente, anche con Mimì
=Anche con lei? A quanto sembra io sono quello che conta di meno
=Al contrario! Tra poco saprai quanto invece potrà contare la tua decisione
=Decisione riguardo cosa?
=Riguardo il fatto se potrò rimanere a lavorare in questa casa
=Per adesso non vedo difficoltà ma credo sia giunto il momento di svelarmi quel tuo “misterioso” segreto
=E’ giusto! Vado subito al punto: due mesi fa ho saputo di essere incinta! Ho commesso una grossa sciocchezza - soltanto adesso la definisco tale - con una persona che credevo mi volesse bene ed invece sono stata ingenua e credulona… Pensa, alla mia età!
=Io non voglio intromettermi in queste tue privatissime faccende né sono in grado di dare giudizi in proposito ma non si può trovare una soluzione?
=La soluzione c’era, era quella di sposarsi o anche solo convivere con questa persona, ma dopo la reazione che ha avuto quando gli ho detto come stavano le cose ho creduto opportuno troncare tutto. Avresti dovuto vedere l’atteggiamento da lui assunto nell’apprendere la notizia: definirlo disgustoso è il minimo
=Perché? Forse c’è qualche motivo…
=Il motivo principale è il suo egoismo. E ne aggiungo anche un altro: il cinismo! E’ meglio forse che ti dica tutto e sin dall’inizio, poi potrai giudicare e liberamente prendere la decisione che vorrai nei miei riguardi. La persona di cui sto parlando e di cui ho cancellato persino il suo nome dalla mia mente era un carissimo, fraterno amico e collega del mio defunto marito: erano da tutti definiti meglio di due fratelli. Anche dopo il mio matrimonio stavamo insieme come in una famiglia anche perché lui non si era mai voluto sposare: uno scapolo incallito e…attraente! Dopo la prematura e dolorosa morte di mio marito ho dovuto affrontare una vita stentata
=Scusa se ti interrompo ma non hai ottenuto alcun risarcimento? Non so, dall’impresa, dall’assicurazione, da un qualsiasi Ente?
=Lavoro nero! Sai che vuol dire? Ho cercato in tutte le maniere di ottenere un po’ di giustizia ma ho avuto la sensazione come se mio marito non fosse mai esistito: stavo per impazzire! Dopo un certo periodo, l’amico fraterno che nel frattempo per ovvi motivi non si era potuto interessare delle conseguenze dell’accaduto e non aveva potuto darmi l’aiuto che speravo, si fece rivedere e iniziò a starmi vicino, direi troppo vicino! Ha cominciato a volermi frequentare più assiduamente in nome della sua antica “fraterna amicizia”… questo continuava ad affermare lui ed io gli credevo perché anch’io lo consideravo come un fratello…Finchè un giorno cominciò un vero e proprio corteggiamento che, forse scioccamente o perché la solitudine mi stava distruggendo, considerai sincero e lo accettai
=Quindi hai iniziato ad avere con lui una…
=Relazione puoi ben dirlo: una travolgente relazione! All’inizio molto intensa anche perché tra di noi non esistevano impedimenti di alcun genere: entrambi liberi e, come si usa dire, adulti e vaccinati. Facevamo tanti bei progetti per il nostro futuro: insomma tutto andava a gonfie vele fino a quando - con grande meraviglia considerata la mia età - cominciai ad accorgermi di quello che stava succedendo nel mio corpo. Il mio primo pensiero fu quello di far partecipe della mia gioia anche il “fraterno amico” ma quando lo informai …beh! ” Sentirsi crollare il mondo addosso” è soltanto una sciocca frase in confronto a quello che mi toccò ascoltare
=Non riesco ad immaginarlo…
=Prima fece delle spregevoli insinuazioni dicendomi che il padre poteva anche non essere lui ma chissà chi, poi mi “confortò” dicendomi che lui non avrebbe potuto mai pensare a sposarsi in quanto
stava progettando da tempo di andare a lavorare da un suo parente in Australia o Nuova Zelanda e pertanto doveva essere libero da qualsiasi impegno specialmente quello derivante dall’avere un figlio; infine, dulcis in fundo, mi suggerì il più facile dei modi per sistemare la faccenda: abortire! Non ci ho visto più…lo stavo per uccidere!
=E no per la miseria! Ti saresti rovinata e con te anche la creatura che doveva nascere
=La mia reazione più immediata fu proprio quella ma ho avuto la forza di fermarmi
=E lui?
=Lui, vigliaccamente, è sparito dalla circolazione. Ho saputo, per caso, che è già partito per”un altro mondo”. Vorrei farmi capire bene, io non avrei mai e poi mai potuto soltanto pensare ad un aborto: la mia creatura è la cosa più importante che esiste nella mia vita
=Veramente più che una “cosa” è un essere umano anche se potremo conoscerlo soltanto tra qualche mese
=Hai detto “potremo”: vuoi dire che c’è speranza per me di poter rimanere a lavorare qui in questa casa?
=Non è da escludere ma - non definirmi anche te troppo pignolo come mi ripete sempre Padre Ferdinando - ritengo necessario che io sappia con un minimo di precisione come si svilupperanno le cose da oggi in poi. In definitiva come si dovrà procedere?
(fine della quarta puntata)

giovedì 2 luglio 2009

terza puntata de IL SEGRETO

Suona il citofono e Tosca di corsa si va a piazzare davanti la porta d’ingresso …sul chi va là!
=Padre Ferdinà, deve essere , come si chiama, insomma suonano al portone
=Chi è?
=Sono Cesaria…Buon giorno signor Aldo, mi manda Padre Ferdinando
=Ah! Si, va bene
=Se mi apri il portone salgo su, interno 3 primo piano, vero? Prendo l’ascensore perché ho due valige, grazie
=Cara Tosca è finita la pace! Ho l’impressione che questa sa troppo di noi
=(un miào di curiosità)
=Permesso…eccomi…Io sono Cesaria
=Prego, prego, io sono Aldo e…
=Lo so, lo so, e questa è Tosca: hai già avuto da mangiare? Credo proprio di si…>
=(un miào di perplessità)
=Ti volevo comprare il tuo giornale, signor Aldo, ma con le valige non
=No,no, il giornale poi me lo compro da solo; vuoi un caffè, un…
=Grazie no, ho già fatto colazione, io sono molto mattiniera
=Noi pure non scherziamo. Ecco: posa le valige e siediti pure qui così parliamo un po’
=Anche per conoscersi meglio
=Già, credo anch’io che…
=Tosca? Vieni a sederti qui vicino a noi
=(un miào interrogativo)
=No, è inutile, non chiamarla: quello - almeno per oggi - è il suo posto di osservazione; lei ritiene che sia suo preciso dovere partecipare a questa conversazione e poi lo decide sempre da sola dove stare
=Lo so, lo so, sono molto indipendenti
=(un miào di soddisfazione)
=Si, e Tosca lo è in particolar modo…ma torniamo a noi: io sono Aldo e questo tu lo sai;tu sei Cesaria e questo anch’io lo so ma immagino ci sia dell’altro da sapere non credi?
=Certamente, ecco, questi sono i miei documenti, queste altre le mie referenze: avrai certamente saputo da Padre Ferdinando che sono nativa delle Isole di Capo Verde ma sono italiana da molto tempo
=Non avrei avuto niente da obiettare comunque perché a me certe questioni non interessano
=Padre Ferdinando me l’ha detto
=Chissà perché sono sicuro che Padre Ferdinando te ne ha dette molte di cose
=No, soltanto quelle necessarie!
=D’accordo, intanto tieniti le tue carte e complimenti per il tuo italiano che riterrei perfino addolcito dal tuo originario accento portoghese
=Grazie del complimento e spero di non dispiacerti se parlo con te in modo così confidenziale ma se uso un linguaggio più distaccato finisco con lo sbagliarmi
=Anch’io sono per l’uso di questi toni…Pensa che in certi paesi nordici - l’ho letto da qualche parte - l’uso del “lei” è praticamente inesistente perché viene considerato sottolineare una certa distanza verso persone ritenute poco simpatiche o troppo anziane…e io, malgrado l’evidenza, voglio ancora illudermi di non esserlo. Adesso però è arrivato il momento di farti vedere la casa: ecco, vieni. A Tosca è inutile dirglielo, tanto,la vedi? Per un po’ ci seguirà come un’ombra, poi, quando capisce che si tratta di cosa che non la interessa, se ne torna sul mio letto e si fa un’altra dormitina
=Mi sembra di capire che consideri Tosca un personaggio veramente importante per te e per questa casa
=Soprattutto perché lo devo a mia moglie Luisa che non c’è più se questa creatura fa parte integrante della famiglia
=Padre Ferdinando mi ha raccontato anche questo
=Me lo immaginavo!Andiamo, procediamo con la visita della magione anche se non è regale: ecco, questo è l’ingresso che diventa subito breve corridoio per l’accesso agli altri ambienti
=E’ tuo padre questo bel signore in questa grande fotografia?
=Noo, scusa se sono scoppiato a ridere: questo non è mio padre ma è Giacomo Puccini, uno tra i più grandi autori della musica lirica italiana, e queste numerose foto-cartolina simboleggiano quasi tutte le opere da lui musicate: La Boheme, La Fanciulla del West, Madama Butterfly, Turandot, Tosca, ecc. Io ne sono un grande appassionato
=Si, si, Padre Ferdinando me l’ha detto: ecco perché Tosca si chiama Tosca
=E ti pareva se Padre Ferdinando non ti diceva anche questo
=Non c’è nulla di male, credo
=No, no, ma poi con lui dovrò fare un bel discorsetto
=Anche se gli piace molto chiacchierare è una bravissima persona:lo conosco da molto tempo e spesso sono andata nella sua Chiesa ed ho partecipato ad alcune funzioni religiose da lui officiate…ma anche gli altri frati che fanno parte di quella basilica sono molto bravi
=In effetti è ed è stato sempre un buon frate.Bene possiamo seguitare con il giro “turistico”: questo corridoio costeggia la sala pranzo-soggiorno dove eravamo prima che comprende - come forse avrai notato - la cucina un po’ ristretta ma ben equipaggiata; quindi viene il bagno, purtroppo unico per tutta la casa, poi la cameretta già di mia figlia Mimì
=che invece si chiama Lucia , sposata con…
=ecco, appunto, è inutile darti altre informazioni perché ci ha già pensato Padre Ferdinando…comunque da oggi è la cameretta a tua disposizione: infine la camera da letto più grande dove praticamente, come stai vedendo, ci dormiamo io e Tosca . La casa sta tutta qui!
=E’ una bella casa ed anche ben tenuta
=Faccio quello che posso, comunque avrai tempo in seguito per esaminarla più dettagliatamente. Adesso riprendiamo il discorso da dove l’abbiamo interrotto per farti vedere casa:vieni sediamoci c’è altro che vuoi aggiungere a quanto già detto?
=Qualcosa sì…anche se Padre Ferdinando per ciò che sappiamo abbia già fornito ad entrambi molte informazioni;avrai saputo senz’altro che sono stata sposata per poco tempo purtroppo, con un bravo operaio italiano ma non abbiamo avuto il tempo di avere figli mentre - se non ricordo male - tua figlia Lucia …
=Oh! Sì,sì, Mimì ha dato alla luce Andrea da appena due mesi e…
=Complimenti! Sei diventato nonno di un bel maschietto
=No, ti sbagli, è una femminuccia! Devi sapere che dalle parti del marito, il “vichingo” intendo, in generale i maschi si chiamano “Andreas” e le femmine “Andrea”. Ma per me anche se si chiamasse “Cunegonda” poco importerebbe perché sarebbe sempre mia nipote
=Hai ragione: io invece sono sola poiché ho perso entrambi i miei genitori e non esistono né fratelli o sorelle e neppure altri parenti se non alla lontana. Ecco uno dei motivi per cui molti anni fa decisi di partire e venire in questo Paese a cercare fortuna
=Sia pure in una certa misura penso che tu l’abbia trovata
=Invece è successo il contrario, almeno fino ad un certo momento
=Come mai? Se non sono troppo indiscreto e vuoi dirmelo, ti ascolto volentieri
(fine della terza puntata)