giovedì 29 gennaio 2009

COME ANTICIPATO IN PRECEDENZA

L’ORARIO
Da circa due mesi non incontro più né il “silente” (al quale avevo tolto il saluto), né il “buontempone” (con il quale ricambiavo il saluto), né il “logorroico” (che avevo deciso di evitare e quindi niente saluto) e neppure il “prelevatore” (al quale rivolsi il mio cordiale saluto una sola volta …e meno male!). Quest’ultimo spero sinceramente che si stia godendo le sue “meritate vacanze” in quell’ameno luogo denominato Rebibbia (andrebbe bene anche Regina Coeli ma non importa un penitenziario vale l’altro). Per gli altri tre invece credo sia per una questione d’orario. Voglio dire mentre in precedenza circolavo nelle vicinanze della mia abitazione dalle 10 a.m. fino verso le 11, adesso ho anticipato “l’ora d’aria” (a proposito di luoghi ameni!) dalle 8,30 alle 9,30 sempre a.m. Mi auguro di cuore che non sia accaduto qualcosa di spiacevole perché, lo ammetto, sono preoccupato. Chissà se anche loro si staranno chiedendo come mai non mi hanno più incontrato. Staranno in pensiero? Non mi farebbe piacere se solo pensassero che io…….(è d’uopo il gesto scaramantico).
Per fortuna (?) non sono mancate altre persone con le quali scambiare un “saluto”. E’ stata solo questione d’orario.
Soltanto tre di queste persone sono novità: per le prime due si è trattato di una cosa episodica mentre la terza…bè!…questa invece prosegue…forse fino al nuovo cambio d’orario!
PRIMA NOVITA’:
-una mattina mi son svegliato…”o bella ciao, bella ciao, ciao, ciao”… ed ho incrociato durante il
tragitto una ragazza…una ventina d’anni, bellina, alta (?) quanto me, tutta affannata, la quale appena mi ha visto mi ha fermato dicendomi
=Scusi…è più di mezz’ora che sto girando in cerca dell’ufficio postale e…non mi riesce a trovarlo…mi dice per favore da quale parte devo andare?…mi avevano detto che era qui vicino…
Io sorrido beffardamente e le fo, forse con un tono troppo perentorio
=Volti le spalle…=
Lei, quasi spaventata
=Ma perché?…=
=Così vedrà l’isola del tesoro…=
=Senta…io non ho mica voglia di scherzare…=
=Oh!…ma io non scherzo…basta che lei giri lo sguardo e potrà leggere un bellissimo grosso cartello…=
La bellina si volta e rimane di stucco…proprio di fronte a lei c’è il suo desiderato ufficio postale
=Porca…mi scusi…ci sono passata davanti perlomeno tre volte…ma come ho fatto a non vedere quel cartello?…=
=Questo non lo so, però le assicuro che ci sta da oltre 30 anni…io abito qui nei pressi e ci vengo molto spesso…sarà stata un po’ distratta…=
=Lei è troppo gentile…altro che un po’…ho l’impressione che mi sto rimbambendo…=
=Considerata la nostra rispettiva età ritengo che questa sensazione appartenga più a me che a lei… ora la saluto e le auguro buona fortuna…=
=Peccato che vado di fretta, devo andare in ufficio, mi avrebbe fatto piacere prendere un caffè insieme…=
=La ringrazio… basta il saluto…arrivederci e…occhio ai cartelli…=
=Non me ne lascerò scappare nemmeno uno da oggi in poi…grazie e…ciao…= (un saluto confidenziale molto gradito)
=Ciao…=
SECONDA NOVITA’:
-circa due settimane dopo mi ferma un uomo di una certa età abbigliato con la caratteristica tenuta da turista…infatti, è straniero (ho come l’impressione di avere una sorta di calamita incollata addosso perché mi capita spesso di essere interpellato da turisti.…specialmente “esteri”) e qui arrivano i dolori…Riesco a capire che è un olandese, non parla neppure mezza parola d’italiano e mi mostra in continuazione una carta stradale indicando con le dita il “disegnino” del Colosseo. Fin qui ci siamo: vorrebbe visitarlo. Il problema è come farcelo arrivare perché da dove ci troviamo al luogo dove lui vuole andare ci saranno almeno due o tre chilometri di distanza. Provo a chiedergli se parla inglese (come se io lo parlassi!…) e meno male che scuote la testa, sorride e con un movimento delle spalle mi fa capire che magari gli dispiace ma non sa neppure che “roba” sia. Ho evitato una brutta figura. Mi faccio coraggio e, a gesti come si fa per le ombre cinesi, cerco di spiegargli la strada da percorrere indicandogliela sulla sua carta stradale facendo inoltre volteggiare le mie mani a destra e a manca (sembro un vigile urbano sulla pedana agli incroci). L’”orange” (mi sembra che gli olandesi, almeno nel gergo calcistico, sono così soprannominati) mi fa ripetuti cenni di aver capito: beato lui…Io penso proprio che, almeno per 24 ore, non riuscirà a visitarlo il Colosseo. Mi ringrazia ripetutamente e, salutandomi calorosamente, da quel colosso che è (ecco perché vorrebbe vedere il “monumentone”!) mi stringe la mano così forte che ne ho sentito il “ricordo” per tre giorni.
TERZA NOVITA’
Ormai è una settimana, credo, che al mio rientro a casa incrocio tutte le mattine una signora (o signorina?), poco più che quarantenne, piccolina, cicciottella, bionda ossigenata, vestita sempre uguale: pantaloni neri aderentissimi, maglietta nera senza colletto né maniche anch’essa aderente, scarpe aperte, nere. Al guinzaglio un magnifico e atletico cane lupo (pastore tedesco?) a passeggio per le sue “necessità”. Lei ci gioca, corre con lui, si vede che si diverte. Per un paio di giorni ci siamo incrociati senza fare alcun cenno. Tre giorni fa mi saluta, lei, con un breve cenno della testa abbozzando un lieve sorriso. Ieri mi ha detto =buongiorno!= Questa mattina ci ha aggiunto un =come va?=. Al che io ho risposto =bene, grazie e …il “bimbo” (riferendomi al cane) che fa?=…e lei =E’ vivacissimo…ha appena 14 mesi…vuole sempre giocare…= e io =complimenti…buona giornata….= Ci allontaniamo salutandoci cordialmente mentre lui, il “lupo”, ci osserva, incuriosito e con un’aria interrogativa. Forse si sta domandando =ma questi due quando si sono conosciuti?=. Se avesse fatto a me questa domanda avrei risposto =mai!= (oddìo non è che mi sarebbe dispiaciuto).
Da queste novità ho appreso che incontrare o no alcune persone è soltanto una questione d’orario.

domenica 25 gennaio 2009

LA PROSSIMA VOLTA QUALCOSA DI PERTINENTE

IL SALUTO
Buongiorno, buonasera, buonanotte che sono usati normalmente come saluti augurali o di commiato a volte possono anche non essere tali. Oppure essere male interpretati sia da chi li rivolge sia da chi li riceve. Allora come ci si deve comportare?…non lo so…posso soltanto cercare di comprenderne gli intendimenti. Io personalmente saluto, per esempio, amici, conoscenti, negozianti, commessi, commesse e cassiere dei supermercati e dei negozi dove abitualmente mi reco, gli operatori ecologici (ex netturbini – ex scopini) che cercano di mantenere pulite le strade che vengono percorse, gli abitanti del fabbricato in cui risiedo anche se li vedo raramente. A questo proposito mi rammento di un fatto accadutomi circa 20 anni or sono: rientravo a casa con mia moglie verso le 19 quando appena entrato nell’androne vedo scendere dalle scale un tale, che non avevo mai notato prima d’allora, dall’aspetto giovanile, ben vestito, sorridente e che saluto con un cortese e sonoro “buonasera!”. Lui, sempre sorridendo, mi ringrazia, saluta e se ne va. Apro la porta di casa e che vedo? …sparsi nel corridoio, già preparati per “volar via”: il mio stereo completo di giradischi, radio, registratore e due casse acustiche; una pianola elettrica, una macchina da scrivere elettrica ed ancora una piccola radio-transistor. Per non parlare poi della casa sottosopra, degli abiti e della biancheria gettata in terra calpestata, nonché del furto di tanti piccoli oggetti d’oro, ricordi di mia moglie, oltre ad una bottiglia dal collo largo colma fino all’orlo di monete da 500 lire che a lei faceva piacere mettere da parte. Passato lo shock mi è tornato in mente il tale che avevo visto scendere le scale poco prima il quale, sotto la giacca, aveva un rigonfiamento che copriva con le sue mani…probabilmente la bottiglia delle 500 lire era là e nelle sue capaci tasche c’era tutto quello che aveva potuto sottrarre. Naturalmente ho sperato che non se la sia presa troppo per essere stato interrotto da noi durante la sua “operazione di prelevamento” e che comunque abbia gradito il mio… cordiale saluto.
Parte prima
Gli incontri quasi quotidiani
sono quelli che faccio casualmente da circa 40 anni nelle strade intorno alla zona dove risiedo con la mia famiglia. Il fabbricato che comprende la mia abitazione, suddiviso in quattro scale, è composto da circa 92 unità immobiliari (case, magazzini, negozi ed uffici) ed i proprietari si riuniscono ogni due o tre mesi nelle rituali assemblee condominiali alle quali partecipano però soltanto quella minima parte necessaria per arrivare alla maggioranza dei millesimi di proprietà. Io, pur non essendo un condomino ho partecipato, quale delegato del proprietario dell’abitazione che occupo, a numerose di queste assemblee in occasione delle quali ho avuto la possibilità di conoscere alcuni di questi condomini. Tra loro,uno di cui non sto a dilungarmi per descriverlo e di cui non ne ricordo né il nome né il cognome, che partecipa sempre alle assemblee e che incontro spesso per strada. Ci incrociamo, mi guarda, lo saluto e lui non risponde neppure con un cenno. Sarà muto?, sordo?… No!…perché una mattina l’ho visto che chiacchierava animatamente con un mio amico che conosco da oltre 15 anni, della stessa mia età e delle mie stesse idee politiche. Sono passato proprio vicino a loro, ho salutato: il mio amico che ha risposto molto cordialmente e abbiamo parlato un po’ di politica. Il condomino invece zitto…un pesce! Mi sono detto: vuoi vedere che lui, benché non ne sia a conoscenza, ha idee politiche completamente opposte alle mie? Neanche per sogno perché un giorno ha acquistato dallo stesso mio edicolante un quotidiano che è perfettamente uguale al mio. Da me interpellato il medesimo edicolante mi ha informato che il “silente” acquista da anni sempre quello stesso giornale. E allora? Mah!…Gli devo stare molto sulle …cosiddette e non ne conosco il motivo.
A volte percorro una strada dove affacciano numerosi fabbricati: uno solo di questi ha sempre il portone aperto davanti al quale sostano due miei coetanei, o giù di lì, i quali sono frequentemente immersi in animate ma pacifiche conversazioni. Quando sto per superarli uno dei due, il meno alto, il più rotondo, capelli e pizzetto brizzolati, con gli occhi che brillano e con un ampio sorriso…mi saluta cordialmente. Io nell’allontanarmi ricambio il saluto e mi chiedo…ma chi è?…Non riesco a ricordarmi chi sia. Eppure ogni volta che c’incontriamo, capita spesso perché anche lui dovrebbe abitare in zona, mi saluta ed io faccio altrettanto senza però riuscire a capire di chi si tratta. Perfino due giorni addietro nel salutarmi al “buongiorno” ha aggiunto “caro dottore”! Mai stato dottore. Chissà per chi mi scambia. Io, posso quasi giurarlo, non lo conosco! Sarà qualcuno che si vuole divertire?
Sempre durante il percorso di quelle strade vicino la mia abitazione (è una zona particolarmente frequentata considerata la vicinanza di San Giovanni, di Piazza Vittorio, dell’omonimo mercato, di Santa Maria Maggiore e della Stazione Termini) incontro un altro amico, (credo abbia circa 80 anni) il quale, unitamente alla moglie, viene spesso da queste parti per andare al mercato. Non appena mi vede, anche se è lontano (almeno la vista deve averla ottima mentre per il resto…bèh…dovremmo fare un controllo per sapere chi è primo in classifica) si ferma, blocca la moglie accanto a sé, con fare autoritario mi fa cenno con la mano di avvicinarmi e appena mi trovo a portata d’orecchie mi “ammolla” un monologo impetuoso cianciando tra i più svariati argomenti: dove ha lavorato, le opere(???) che ha compiuto, la politica (il suo punto di vista opposto al mio), le sue altissime(???) e molteplici(???) conoscenze in ogni campo…insomma un pozzo senza fine di scienza e conoscenza. Ho provato sempre ad interromperlo ma non ci sono mai riuscito: le mie opinioni, il mio parere non gli interessano minimamente. Anche la moglie che evidentemente lo conosce bene, cerca di fermarlo ma lui, dopo averle lanciato un’occhiata “fulminante”, la “stoppa” perentoriamente e…prosegue nel suo soliloquio. Ad un certo punto, evidentemente per mancanza di fiato, si ferma e, con un filo di voce mi dice che: “ proseguiremo in un successivo incontro il nostro dialogo”. Ma se non mi ha mai fatto aprire bocca io vorrei sapere: quando abbiamo “dialogato”?. Adesso però, quando esco da casa e quindi dal portone, mi guardo bene intorno, mi munisco di un binocolo per poterlo scorgere anche a chilometri di distanza e, appena ne intravedo la sagoma, mi dirigo nella direzione opposta.
Parte seconda
Ecco quindi i motivi per cui
-al “silente” gli tolgo il saluto;
-al “buontempone” gli ricambio il saluto;
-al “logorroico”, poiché lo evito, nente saluto.

giovedì 22 gennaio 2009

QUEL VENERDI' D'AGOSTO, DI PRIMO MATTINO, MENTRE ANDAVO AL MERCATO PER COMPRARE OTTO ETTI DI ALICI DA FARE GRATINATE

Premessa
Mi piacerebbe parlare a quattr’occhi con chi ha inventato proverbi quali, ad esempio: “il buon dì si vede dal mattino” ed anche “le ore del mattino hanno l’oro in bocca”.
Antefatto
Il giorno prima, giovedì, avevo letto sul PC una ricetta di cucina sulle alici gratinate e, parlandone in casa, avevamo deciso che l’indomani l’avremmo sperimentata giacchè trattavasi di faccenda semplice e sbrigativa.
Avevamo tutti gli ingredienti salvo appunto le alici delle quali io ero e sono rimasto sempre molto ghiotto.
Il fatto vero e proprio
Esco di casa bello fresco e pimpante (quanto può esserlo uno che è vicino agli 80, che spera di arrivarci e magari di superarli), giro l’angolo della via che mi avvicina al mercato quando noto un gran trambusto dettato dalla presenza di numerosi autocarri bianchi, un gruppo piuttosto consistente di persone tutte molto affaccendate intorno sia agli autocarri che ad attrezzature necessarie per riprese cinematografiche, questo è ciò che ne deduco io. Mi domando come mai lavorano così di buon mattino ma, evidentemente, avranno dei buoni motivi. Non mi fermo a guardare così come invece si attardano a fare alcuni curiosi quando, fatti alcuni passi, vengo fermato da una giovane signora la quale mi fa
=Scusi…può attendere qui un attimino?…=
A me già sentire la parola “attimino” mi fa rabbrividire ma decido comunque di accontentare la giovane signora che in quel momento sta parlottando con un tale seduto in una poltroncina pieghevole, entrambi con i loro occhi rivolti verso la mia direzione. Mi giro un paio di volte per capire se i loro sguardi vanno verso qualcun altro ma né addietro, né avanti, né accanto a me esistono altri esseri viventi (sia umani che non). Pochi secondi appena e la giovin signora ritorna sui suoi passi e mi chiede
=Lei ha un po’ di tempo a disposizione?=
=Be’ veramente stavo andando a comprare delle alici per poi portarle a casa e…=
=Sa perché glielo chiedo?=
=No ma…se indovino c’è un premio?=
=Le piace scherzare vero?=
=Ogni tanto…specialmente in presenza di belle signore…=
=Grazie…vede io sono l’assistente del regista…=
=State girando un film?=
=Veramente è una soap, sa cos’è?…=
=Quando nel ’44 sono arrivati i “ liberatori anglo-americani” mi sembra di ricordare che voleva dire “saponetta” o “sapone”=
=No…sto parlando delle soap-opera a puntate…quelle che trasmette la TV …=
=Quale TV?…la RAI?=
=No, la stiamo girando per quel grosso gruppo di tv private che si chiama…=
=Ho capito…ma non le vedo…=
=Ha delle remore al riguardo?=
=Remore no…ho dei reumatismi vanno bene?…chissà forse sono parenti…=
=Sa che lei è un bel tipo?…=
=Sa che direi di non essere proprio un bel niente?…Però sono ancora capace d’intendere…=
=Mi ascolti…purtroppo qui si va piuttosto di fretta altrimenti mi farebbe piacere dialogare ancora con lei ma veda…io l’ho trattenuta qui perché…e ne ho avuto conferma dal regista…lei ha una figura che incarna perfettamente uno dei personaggi della soap che stiamo girando e…=
=E allora?…=
=Allora le dispiace se le faccio alcune domande?=
=Direi di no…sperando però di fare in fretta altrimenti le mie alici non m’aspettano e se ne tornano in mare…=
=Lei è partita IVA?…=
=No sono per MINA, mi piace di più come canta…=
=Intendevo dire se è titolare di una partita IVA…=
=Sono un po’ sordo dall’orecchio sinistro…però avevo capito…scherzavo…Essendo un vecchio pensionato a riposo non lavoro ma so rendermi utile specialmente quando devo andare a comprare le alici ma …per il momento… mi pare che…=
=Non c’è problema…le chiedevo questo perché avremmo bisogno di lei per farle interpretare una piccola particina in questo lavoro che stiamo girando, naturalmente con un compenso non vistoso ma soddisfacente…basterà che lei, al termine della sua prestazione, firmi una ricevuta e…=
=Prima di firmare sarebbe opportuno che io riscuota non crede?…=
=Senza dubbio…ci mancherebbe altro…=
=L’ho voluto precisare perché una sessantina di anni fa mi è capitata una cosa del genere…in teatro però…e, al termine della tournee, l’impresario della compagnia teatrale si “dette alla fuga” lasciandomi con un pugno di mosche in mano…=
=Ah! meglio ancora!…quindi lei se ne intende di spettacolo!…bene, bene…=
=Mica tanto…di spettacolo no ma di come vanno certe faccende nella vita sì…=
=Stia tranquillo…noi adesso le facciamo indossare un costume adatto, la trucchiamo giusto per esigenze della ripresa perché per il resto lei ha le physique du ròle…=
=Veramente io ho soltanto molta fretta per via delle alici…=
=E’ tutto a posto…giriamo la scena alla quale deve partecipare e poi potrà andare libero dove crede…d’accordo?=
=Va bene…lei che ne dice? è meglio che telefoni a casa per avvisare che le alici tarderanno un po’…=
=Certo, certo…venga con me che le consegno un telefonino e le presento anche il regista. Dopo che avrà telefonato la farò parlare anche con i due famosi protagonisti principali…li vede?…li conosce eh?…=
=Non ho avuto il piacere…=
=Ma come?…stanno sempre in TV…hanno preso parte a centinaia di puntate di varie soap…=
=E dalle!…le ho detto prima che non ho mai visto, non vedo e non vedrò mai quel genere di…=
=Mi dispiace…lei è uno dei pochi…=
=…fortunati!…sì è il termine esatto…=
=Che burlone…venga appresso a me…ecco, questo è il telefonino e…questo è il copione…quando legge il nome GUGLIELMO, che sarebbe lei…=
=Non possiamo usare il mio di nome?…=
=Lei come si chiama?…=
=PASQUALE!…=
=No…non va bene con l’ambientazione della soap…ma possiamo procedere anche senza il copione…quando sarà sul set, inquadrato dalla camera, lei potrà parlare al cenno del regista...è tutto molto semplice…adesso vada…si cambi, si faccia truccare e poi torni da me…ci vediamo…=
Dopo oltre un’ora cominciano a girare una scena dove compare la coppia dei due famosi protagonisti principali: lei una bella stangona tipo pivot nella pallacanestro, con tutti gli attributi che le competono (veri o rifatti non compete a me l’accertamento); lui un fustone biondo che per quanto mi pare di capire ha altri interessi…Affari suoi…ognuno prende la via che più desidera…solo io non riesco ancora a prendere la via del mercato per comprare le alici. La faccenda però si fa sempre più complicata perché le ore passano, il regista si sbraccia, sbraita, strepita, urla tante di quelle male parole verso i due “famosi protagonisti principali”, così assortite e pittoresche che io non ho mai sentito, eppure ne conosco…No, non sono quelle tradizionali…deve averle inventate lui per l’occasione. Sono quasi le tredici quando passa nei pressi una mia coetanea che vedendomi conciato in modo un po’ particolare (vecchio costume inizio ‘800), per di più truccato, mi chiede che cosa sto facendo. L’incontro spesso nei negozi da me frequentati quasi quotidianamente e quindi le rispondo scherzando che sto “dandomi al cinema, al teatro e alla TV” scegliere! Le chiedo se vuole un autografo…lei sorridendo mi chiede se sono impazzito! Allora ne approfitto e le dico se va al mercato e se mi può comprare otto etti di alici che le voglio fare gratinate. Mi dice di sì e si avvia. Dopo tre quarti d’ora ritorna e m’informa, con mio sommo gradimento(!), che pur avendo chiesto a circa una ventina di banchi del pesce…di alici neppure l’odore. Alle dieci erano già finite. Se volevo potevo acquistare qualcosa scegliendo nella famiglia dei cetacei: balena, capidoglio, pesce martello, squalo ecc. Ma solo fino alle quindici perché il mercato a quell’ora chiudeva i battenti. Non l’ho neppure degnata di una risposta…l’ho ringraziata, l’ho salutata e sono tornato nei pressi del caos. Cerco inutilmente di farmi notare dalla “giovin signora assistente del regista” facendo gesti disperati…ma è tutto inutile. Verso le 16,30 (otto ore dal mio passaggio mattutino…forse sarebbe stato meglio starsene in casa) furtivamente e di corsa si avvicina l’assistente e mi sussurra nelle orecchie che la scena nella quale i due “famosi ecc.ecc.” stavano esibendosi (da oltre sette ore e circa 48 ciak) era “nel momento culminante”…sì, aggiunsi, ”del finale travolgente…si fumarono zazà”…ma io sto ancora quà… e che cavolo!…Finalmente alle cinque “de la tarda” tocca a me! Il regista, senza più un filo di voce, riesce a farmi capire che devo entrare, fare un inchino verso i due “famosi ecc.ecc.” e dire con voce altisonante: “IL PRANZO E’ SERVITO”! Eseguo, per mia e sua fortuna, una sola volta (non credo perché l’abbia detto molto bene piuttosto lui non ne poteva più e altrettanto dicasi di me). Mi ha fatto cenno di andarmene ma prima di togliermi il costume di scena ho cercato l’assistente, l’ho trovata, mi ha dato il “conquibus” che mi spettava, ci siamo scambiati i saluti (al regista soltanto facendo ciao, ciao con la manina) e me ne sono tornato a casa senza dire “arrivederci”. Appena rientrato i miei mi hanno chiesto com’era andata la pesca di alici a Fiumicino (da Roma Km.30)!
FU COSI’ CHE QUEL GIORNO NON MANGIAI ALICI GRATINATE

domenica 18 gennaio 2009

TERZA (ed ultima)PARTE della 3^Puntata (finale) - "H come Hospital"

003 DALL’HOSPITAL CON FURORE – (terza parte)
Martedì 11 marzo 2008 – ore 12,30 a.m.
Lettera/C-Buster viene dimesso. Nessun parente si è fatto vedere. E’ venuto a prenderlo l’autista del pulmino che trasporta i dializzati a casa propria. Accenna un saluto forzato ed esce dalla stanza sulla sedia a rotelle. Dal giorno in cui io sono entrato a quello odierno in cui Buster esce non l’ho mai visto né ridere o perloméno sorridere e neppure fare conversazione con nessuno di noi. Penso che si maceri dentro per le sue condizioni di salute.
Appena il tempo di cambiare il letto e fare un po’ di pulizia a lettera/C che piomba veloce in stanza un nuovo arrivato sulla solita sedia a rotelle. Con lui ci sono moglie e figlia. Seduto in una delle poltroncine comincia a chiedere alle due donne, che nel frattempo stanno sistemando nell’armadietto numerosi suoi effetti personali,…”che sono venuto a fare qui?”…”che ore sono?”…”quando si mangia?”…
Né moglie né figlia per ora gli rispondono e lui continua…”perché mi avete portato qui”…”che ore sono”…”quando si mangia”…”di chi sono queste pantofole”…
La figlia Laura, cicciottella, 33 anni, sposata, un figlioletto Marco di sei anni (ne siamo venuti a conoscenza subito dopo), vedendo la perplessità sui volti mio e del Colosso, mi si avvicina e mi fa
“vi prego di scusare mio padre…sta in dialisi, ha il diabete e dopo quattro ischemìe cerebrali non ci sta più con la testa…e purtroppo ha perso anche la vista”
E’ un comportamento educato e molto intelligente che noi abbiamo apprezzato.
Mi si avvicina anche la moglie (ma perché a me?) e dice:
“a volte non si ricorda manco di noi…e ripete sempre le stesse cose…ha 74 anni ma fino a pochi anni fa stava bene…lui è un buon napoletano…era un sarto prima di ammalarsi…ci vedeva bene una volta, adesso sembra che ci riconosce solo dalla voce…si chiama Federico…gli dia un’occhiata ogni tanto…ah!…ecco, è un fan di Mario Merola, delle sue canzoni, dei suoi film e delle sue sceneggiate a teatro e in TV…conosce tutto di lui ma mò non si ricorda più niente…solo di suo nipote Marco si ricorda...”
Io lancio uno sguardo al Colosso e allargo le braccia.
Federico…cioé Merola lettera/C …chiede l’orologio e le scarpe perché tra poco, lui dice, che deve andare a prendere Marco a scuola.
Il suo aspetto mi ricorda molto quel bravo caratterista americano che nel film del 1946 “LA VITA E’ MERAVIGLIOSA” accanto a James Stewart interpreta magistralmente la parte dell’angelo sotto le spoglie di un uomo.
Lettera/C-Merola ha un fisico asciutto, piccolo di statura, capelli e sopraccigli folti candidi come neve, occhi nerissimi e attentissimi non so a che cosa perché volge lo sguardo a destra ed a manca.
Prima della cena la moglie, Antonietta, 70 anni, mi ha raccontato una buona parte della propria vita…faceva la portinaia (ma guarda che combinazione) a Piazza Bologna poi è andata in pensione. Le ho detto che stavo leggendo appunto un libro dove risaltava la figura di una portinaia ma non ha mostrato molto interesse per la cosa.
Fino alle 20,00 domande e risposte si sono ripetute varie volte: lui a chiedere i perché e le due donne a cercare di convincerlo e tranquillizzarlo.
Terminato l’orario delle visite io, Colosso e Merola siamo rimasti soli ad aspettare il sonno.
Mercoledì 12 marzo 2008 – ore 1,30 (prima dell’alba)
Le voci alterate di Merola e di un’infermiera del turno di notte mi svegliano di soprassalto. E’ in corso una discussione tra loro due perché lettera/C chiede con insistenza vestiti e scarpe in quanto…
“deve andare a casa”…Da parte sua lei cerca di farlo ragionare ma non c’è verso di fargli cambiare idea anzi più vanno avanti nella discussione più i loro atteggiamenti e le loro voci si alterano.
Io e il Colosso stiamo a guardare ma non credo che possiamo fare nulla.
Ad un certo punto l’infermiera esausta prende vestiti e scarpe di lettera/C-Merola e glieli mette con forza sul letto. Poi va a chiedere delucidazioni al medico di guardia. Trascorsi alcuni minuti torna con una siringa in mano e dice a Merola che gli deve fare un’iniezione. Peggio che “andar di notte”.
Prima che tutto degeneri lui si convince in cambio della promessa che poi si potrà vestire. Quando l’infermiera se ne torna in medicheria mi alzo dal mio letto, mi avvicino e con la voce più calma e suadènte di questo mondo riesco, non so come, a calmarlo, a farlo ritornare nel suo letto, a dirgli che l’indomani sarebbe tornato da suo nipote Marco e rimetto i suoi vestiti e le sue scarpe nel suo armadietto. Manca poco che io gli sussurri una ninna nanna. Sembra però che, grazie all’iniezione, la cosa funzioni. Dopo un po’ l’infermiera, giustamente ancora incavolata, si affaccia nel piccolo ingresso della nostra stanza…io le faccio cenno di non farsi vedere e le faccio capire di stare tranquilla…lei si ritrae e mi guarda con un sorriso che non riesco a decifrare e che somiglia molto a quello affascinante ed enigmatico della Gioconda-Monna Lisa di Leonardo da Vinci. Avrò sbagliato?…non ho notizie al riguardo.
Alle 11,30 a.m. ora d’inizio per l’ingresso dei parenti attendo in corridoio la moglie e la figlia di lettera/C-Merola e le metto al corrente della situazione invitandole a prendere provvedimenti in proposito dato che Merola dovrebbe avere vicino qualcuno 24 ore su 24, almeno secondo me. Entrambe si dichiarano completamente d’accordo e si recano a parlare con la capo-sala. Ottengono il permesso e la moglie decide di rimanere anche per la notte facendosi prestare una sdraia da una delle operatrici sanitarie. Quando la figlia di Merola se ne va mi abbraccia ringraziandomi! Perché?
Apprendo con piacere dai cardiochirurghi in visita che l’indomani posso tornarmene a casa e seguitare per 15 giorni una potentissima cura antibiotica. Evviva!
La giornata prosegue fino a tarda serata quando ad uno ad uno ci addormentiamo. Il primo è stato naturalmente Colosso seguito da Merola tranquillizzato dalla presenza della moglie, poi lei ed infine io, per ultimo, giacchè mi metto un po’a leggere.
Alle 23,00 p.m. mi accorgo, aprendo gli occhi, che Merola, senza che la moglie profondamente addormentata se ne sia accorta, si è alzato dal letto e sta recandosi verso la porta per uscire. Sottovoce gli chiedo dove va e lui, guardando l’orologio, mi dice che vuole fare colazione poiché deve andare a prendere suo nipote Marco a scuola!…Sveglio la moglie la quale appena si rende conto della situazione si precipita a prendersi cura del marito, lo calma, riesce a farlo ritornare a letto dopo un bel po’ di discussione anche animata.
Giovedì 13 marzo 2008 – ore 9,00 a.m.
Dopo la “bella nottata” gli inquilini di questa stanza lettere A, B e C si addormentano placidi tutti quanti.
Veniamo svegliati dalle solite incombenze quotidiane.
Fatte le medicazioni mi viene rilasciato il foglio di dimissioni dall’Hospi ed attendo l’arrivo della mia ombra celeste per ritornarmene a casa.
La capo-sala (sempre la stessa dal 2007) mi aveva chiesto se prima di andarmene potevo passare da lei per salutarla cosa che vado a fare…ma, nel salutarmi, vedendo in lontananza uno dei cardiochirurghi gli chiede ad alta voce perché “dimette uno dei pazienti migliori sotto ogni aspetto?”. Io arrossisco e mi auguro che lo stia dicendo scherzando. Non ne sono molto lieto.
Verso le 16,00 dopo aver fatto un po’ di conversazione tra me, il Colosso e la moglie di Merola mi accingo a riprendere a leggere quando mi accorgo che sul retro del segnalibro è stampata una ricetta culinaria per una zuppa di cipolle che mi fa un po’ sorridere. Chiedo ai due se gli va di conoscere tale brevissima ricetta ed io gliela leggo. Arrivato a metà alzo gli occhi e vedo che entrambi se la dormono placidi e tranquilli. Beh!…devo avere proprio una voce soporifera.
Arriva l’ombra-celeste (mio figlio), mi aiuta a vestirmi e a riporre le mie cose nel borsone . In tutta fretta saluto quella parte del personale che riesco ad incontrare; abbraccio Colosso, Merola e la moglie. Non vado via molto allegro…al contrario… per vari motivi.

mercoledì 14 gennaio 2009

SECONDA PARTE della 3^Puntata - "H come Hospital"

003 DALL’HOSPITAL CON FURORE – (seconda parte)
Il punto è che lo fa in continuazione anche per cose inutili e se qualcuno tarda a venire snocciola a voce alta una sfilza di bestemmie talmente forti da spaventare qualsiasi “toscanaccio”; poi ci aggiunge anche delle imprecazioni così pesanti da far inorridire anche il più violento dei “scaricatori di porto” (con tutto il rispetto per i due citati ad esempio).
Lettera/C – Buster adotta sempre una tattica: dice (al muro perché nessuno lo ascolta) peste e corna di tutto il personale, poi quando un’infermiera o un’operatrice sanitaria si presenta allora piagnucola, si lamenta, fa la vittima e, ringraziando a modo suo la persona che è intervenuta per aiutarlo, chiede scusa in maniera sfacciatamente ipocrita.
Ogni tanto si vede sua figlia o suo genero che si limitano a fare appena l’indispensabile.
Giovedì 6 marzo 2008 –ore 3,10 (prima dell’alba)
Mi sveglio di soprassalto a causa di un gran vociare.
E’ la televisione accesa nella stanza “privata” singola (200 euro il giorno), posta di fronte la nostra di tre letti, occupata da un cittadino polacco che non capisce una parola d’italiano. Prima di convincerlo a spegnere la TV c’é voluto l’intervento di non so quante persone. Ottenuto un po’ di silenzio alle 3,50 (sempre prima dell’alba), nel corridoio si alza chiara e forte la voce di uno dei ricoverati in un’altra stanza vicino la nostra che chiama a lungo: Alvaroooo, Francescaaaa, Giuseppeeee, Mariaaaa, bambinelloooo, bueeee, asinelloooo, (tutto il presepe con l’aggiunta dell’eco) senza interrompersi mai.
Il fatto è durato fino alle 5,00 (vicino all’alba) quando hanno avuto inizio gli esami clinici di rito (Ecg, prelievi, temperatura, etc) a digiuno.
In mattinata faccio un’altra domanda a Pisolo (giorno e notte con quel buffo copricapo in testa):
“oggi è giovedì…sai dirmi se per caso a pranzo passano gnocchi?”
“Nooo…magari…perché?”
“perché non mi sono mai piaciuti”
Arriva mezzodì, l’ausiliaria porta i vassoi con il pranzo: primo “gnocchi”, secondo “pollo”!…Aiutooo!…
Chiedo gentilmente se posso cambiare quei due “piatti” e ottengo una risposta positiva con l’avvertenza però che nei “rigatoni al sugo di pomodoro” e nella “fettina alla pizzaiola” c’è un “po’ di sale”…Non importa, mi dico, affronterò coraggiosamente qualsiasi evento, anche luttuoso!
Alle 15,00 p.m. Pisolo ha salutato tutti e ha lasciato vuoto il letto lettera/A augurando buona permanenza. Dopo circa due ore è venuta accanto a me una gentile infermiera la quale mi ha depilato accuratamente tutta la parte sinistra del petto pronta per l’intervento chirurgico fissato per l’indomani nella mattinata.
Lentamente cala la sera, arriva la notte e Buster del lettera/C ogni tanto si sveglia e, tanto per cambiare, suona il campanello.
Venerdì 7 marzo 2008 – ore 9,00 a.m.
Niente colazione oggi…è “Il giorno dell’invasione Il D-Day” (pardon…dell’intervento). Dopo un po’ viene la mia personale ombra celeste - mio figlio - il quale mi segue passo passo fino alla sala operatoria dove mi ci porta in lettiga Caronte, ovvero Gaetano, il 1° ferrista di sala, ormai un giovane-vecchio amico sin dal primo intervento dell’aprile 2007 (anche perché ho scoperto che è un “laziale ultrabollente” vedendogli appeso al collo un ciondolo raffigurante l’Aquila!). Ovviamente, durante il tragitto dalla mia stanza alla “stanza dei ferri”, si è solo parlato di calcio. Sono le 10,20 a.m. ed inizia la “fiesta” nel corso della quale si divertono tutti: i due cardio-chirurghi, l’assistente, il 1°ferrista i quali continuano a scambiarsi battute piene d’ironia per tutta la durata dell’intervento che termina alle 12,10 circa. L’unico a non divertirsi sono stato io, anestetizzato solo localmente e pertanto poco disposto a partecipare se non marginalmente.
Dopo che Caronte, sempre seguito dalla mia ombra-celeste, mi ha riportato in lettiga al mio letto lettera/B, tiro un bel respiro di sollievo.
Strano…il letto lettera/A è ancora libero. Non c’è stata alcuna nuova entrée. L’inquilino di lettera/C – Buster invece è lì che, a bocca aperta, se la dorme.
Faccio appena in tempo ad ultimare il pensiero che fa il suo ingresso, accompagnato da moglie ed un figlio, seduto sulla solita sedia a rotelle, il “Colosso di Rodi” (secondo i dati appresi col trascorrere delle ore tra me e lui spiccano le seguenti differenze: 84 anni d’età -6 più di me, 190 cm.circa di altezza -25 più di me, 106 Kg di peso -40 più di me).
Entriamo in confidenza abbastanza presto anche se certe volte faccio fatica a capirlo perché deve portare quasi sempre il boccaglio dell’ossigeno.
Romano e romanista lui con tutta la sua famiglia, nato nel quartiere Trionfale (mi é balzato subito in mente il ricordo di mio padre il quale amava questo quartiere che frequentava spesso per lavoro e dove molti dei suoi abitanti lo chiamavano anziché Gaetano, Aurelio Massimo!…i perché sono stati sempre un mistero almeno per me). Io e il Colosso abbiamo simpatizzato per tutta la durata del mio “soggiorno” all’Hospi. Anche se, specialmente di notte, quando gli viene voglia di cambiare posizione (capita spesso) il letto ed anche il resto trema tutto (scosse pari ad un terremoto d’intensità magnitudo 7 secondo le scale dei sismologi Mercalli e Richter). Lui ha sempre e soltanto due grossi desideri: dormire (anche lui a bocca aperta) e mangiare.
Le giornate, lente a passare, procedono tra flebo, compresse, prelievi e cose del genere, sia per me che per Colosso di lettera/A e Buster di lettera/C.
Sabato 8 marzo 2008 – ore 21,00 p.m.
Me ne sto seduto a leggere in attesa del sopraggiungere del sonno quando mi pare di sentire un continuo mormorìo. Mi guardo intorno per capire da dove proviene, protèndo l’orecchio destro perché da quello sinistro non sento un “tubo” e…sono io a restare a bocca aperta!…Il mormorìo proviene dal letto lettera/C occupato da Buster il quale sta recitando pater noster, avemaria e gloria patri nientepopodimenoche in…”latino”!… e come se non bastasse anche il rosario!
Ma come, dico io, se tiri giù bestemmie e moccoli giorno e notte e poi che fai?…ti metti a pregare?… credi così di fare penitenza?… Boh!…Tanto vale non stupirci più di nulla.
Domenica 9 marzo 2008 – dall’alba al tramonto (ed anche oltre)
Lunedì 10 marzo 2008 – “ “ “
Nulla da segnalare su tutto il “fronte” se non le solite “lagne” di Buster-lettera/C e le “scosse telluriche” di Colosso-lettera/A.
(segue)

domenica 11 gennaio 2009

3^Puntata - "H come Hospital" - PRIMA PARTE

003 DALL’HOSPITAL CON FURORE – (prima parte)
Mercoledì 5 marzo 2008 – ore 10,15 a.m.
Per la terza volta in un anno (aprile 2007- ottobre 2007 - marzo 2008) faccio il mio ingresso in “H come Hospital” con la richiesta di ricovero urgente prescrittami dal cardiologo.
Dopo le formalità di rito per la registrazione d’entrata mi fanno accomodare in sala d’attesa mentre informano del mio arrivo il reparto dove dovrei essere ricoverato (se c’è posto!).
Nella sala (?) d’attesa si trovano quattro lettighe e alcune poltroncine parzialmente occupate da alcuni pazienti che attendono.
L’andirivieni è continuo, il tempo passa (e come passa!) finché alle 15,10 p.m.pacatamente, serenamente, ma anche incazz…mente, vado da due operatori sanitari presenti in una stanza attigua e gli espongo i fatti.
Loro mi assicurano che hanno già fatto quello che c’era da fare (?) e che stanno aspettando risposte dal reparto per sapere quando si renderà disponibile un posto per me.
Alle 15,30 p.m. sono invitato da un’infermiera a seguirla per i primi accertamenti: prelievo ematico, elettrocardiogramma, lastre a due proiezioni, ago infilato su mano mancina pronto per eventuali emergenze.
Non credo alle mie orecchie né alla mia vista quando in sala d’attesa (infinita!) fa il suo ingresso un operatore sanitario che pronuncia il mio nome e mi fa sedere in una sedia a rotelle…sono le 16,20 p.m.!
Qualche minuto dopo, percorso un breve tragitto, sedia sempre sospinta dal giovane operatore, faccio il mio ingresso nel reparto 1-B (lo stesso delle due volte precedenti) e mi si fa incontro un’operatrice sanitaria che appena mi vede, con un gran sorriso, esclama:
“bentornato…bentornato!”
Mi assale la voglia di risponderle in malo modo ma riesco a trattenermi e, riconoscendola, le dico:
“grazie…bentrovata…sempre qui?”
Dopo alcuni convenevoli anche con altri operatori del reparto che si ricordano di me ed io altrettanto, entro nella camera assegnatami e prendo possesso del posto-letto libero (lettera B) al centro tra i due posti-letto contigui A e C.
Sistemo le mie cose, mi metto il pigiama (a quadri bianco-blu – sembra una tovaglia di cucina campagnola) ed inizia la mia “indagine” sul contenuto della stanza…cose e persone.
Quando sono entrato nessuno dei due occupanti sussurra alcunché dato che giacciono entrambi profondamente addormentati con la bocca aperta come aquilotti appena nati nell’attesa del cibo da mamma Aquila!
Mi sdraio anch’io sul letto ed inizio a leggere “L’eleganza del riccio” di Muriel Barbery – 39 anni, nata in Francia, docente di filosofia. Un libro che, intelligentemente tradotto da una francese e da un’italiana, occupa stabilmente i primi posti nelle classifiche e che ha vinto tre primi premi francesi. Protagoniste principali una portinaia di oltre 55 anni e, parallelamente, una ragazzina di tredici anni.
Ambientato a Parigi in un palazzo di persone ricche e snob. Molto gradevole (il mio apprezzamento è avvenuto di pari passo con la lettura).
Ogni tanto “esamino” i miei vicini: quello alla mia destra, quasi mio coetaneo (appreso dopo dallo stesso interessato) porta in testa un buffo copricapo di lana che mi ricorda tanto il cappello dei sette nani di Biancaneve. La conferma arriva quando lui si alza e mostra il suo aspetto fisico: più basso di me (il che è tutto dire), cicciottello, ventre calante e prominente. Per me lui si chiama “Pisolo”!
Di quello alla mia sinistra riesco a scorgere soltanto il viso e allora mi torna in mente Buster Keaton (deve essere il suo clone), famoso comico americano che non parlava né rideva mai, molto apprezzato nel film del 1952 “Luci della ribalta” interpretato e diretto da Charlie Chaplin.
Da oggi in poi loro saranno per me Pisolo e Buster!
Entra la dottoressa di guardia (deve essere nuova dell’ambiente perché non l’avevo mai vista nei miei due soggiorni precedenti) e mi pone le domande rituali per la compilazione dell’anamnési.
Per abbreviare la formalità le porgo la copia della mia cartella clinica relativa al mio precedente ricovero e la terapia farmacologica che sto seguendo in questo periodo.
La (quasi) giovane dottoressa sorridendo compiaciuta si complimenta con me e mi confida che “magari fossero tutti così precisi” (e pignoli aggiungo io); poi mi chiede se sono allergico a qualcosa ed io, d’impulso, “sì, ai medici!”…mi pare di scorgere il suo sorriso spegnersi lentamente. Poi mi visita, annota qualcosa sulla cartella, mi saluta e se ne va…Beh!… credo di aver detto qualcosa che non ha gradito.
Appena uscita la dottoressa (che in seguito vedrò molto raramente), Pisolo si alza dal letto, si siede sulla sua dura poltroncina di plastica “ammorbidita” da una sorta di cuscino di soffice tessuto bianco-neve a grossi pois neri (non avrà mica scuoiàto uno dei cani dàlmata de “La carica dei 101” ?) e per prima cosa m’informa sull’inquilino del letto accanto al mio, la lettera/C, cioè Buster. Il quadro che ne fa non è molto piacevole ma io spero, fiducioso, che la situazione sia meno fosca. Passa a parlarmi di sé, dei suoi acciacchi, della sua età e di quella del vicino (io attualmente sono il meno vecchio). Quindi mi dice che l’indomani se ne torna a casa. Beato lui!
Mi sono preoccupato subito di fargli la seguente domanda:
“a zanzare come stiamo?”
“ come mosche”
“ cioè?”
“un esercito!”
Vabbé lui è stato un militare di carriera, sempre seduto al Ministero Difesa e si può anche capire…(Mi è tornata in mente una battuta del film “La grande guerra”: all’inizio Gassman, il militare milanese, dice ironicamente a Sordi, il militare romano: “l’italiano in fanteria e il romano in fureria”…Ed io allora? quando nel 1950 ho fatto il soldato in fanteria, stavo in fureria, sono romano, sarò pure italiano, no?).
Alle amiche zanzare, alle quali non ho dato appuntamento neppure stavolta, penseremo stasera. Per fortuna ho portato da casa una batteria (antiaerea) di prodotti adatti allo scopo.
Con il trascorrere delle ore (e dei giorni) ho avuto modo di verificare quanto spifferatomi da Pisolo su Buster.
Purtroppo lui (Buster) non si può alzare dal letto per seri impedimenti fisici ed è quindi costretto ad usare il campanello per chiedere aiuto a qualcuno del personale in maniera però troppo arrogante che indispettisce.
(segue)

martedì 6 gennaio 2009

H come Hospital - 2^puntata

IL RITORNO
E venne il giorno!…proprio così. E’ venuto il giorno del mio ritorno in quel luogo ameno dove ho soggiornato dal 10 al 19 aprile di quest’anno e dove NON ho avuto il piacere di conoscere lo SCONOSCIUTO.
Tralascio volutamente i dettagli del perché del mio ritorno. Almeno uno dei risultati che dovevo raggiungere è stato in ogni caso raggiunto…per il secondo se ne parlerà alla prossima puntata.
Questa volta 50 ore appena sono state necessarie tra entrare ed uscire ma sono bastate per “conoscere” un paio di compagni-soggiornanti. Può sembrare il mio un atteggiamento di superiorità e di critica verso il prossimo ma in realtà mi limito ad ascoltare ed osservare, sin dove è possibile, senza permettermi alcun giudizio malevolo nei confronti degli altri. Sono certo che anche loro mi avranno “giudicato”.
Dopo oltre tre ore d’attesa tra disbrigo pratiche per l’accettazione e il reperimento di un letto disponibile faccio il mio ingresso nella stanza dove mi hanno installato la quale non è, ovviamente, la stessa dell’aprile scorso ma l’arredamento è identico: sempre tre posti letto, dei quali due già occupati ed il terzo, vicino la vetrata che dà sulla veranda, preceduto da un numero e quindi con la lettera “c” (come la volta precedente), è quello assegnato a me.
Calma piatta su tutto il fronte. E’ l’ora della pennichella post pranzo.
Nel primo letto a destra, entrando, - lettera “a” – dorme placidamente un uomo del quale non sono distinguibili le sembianze ma soltanto il luminoso pigiama di seta, azzurro, maniche corte.
In quello centrale, sostenuto da quattro cuscini e fornito di tubicini per aerosol, ossigeno e catetere, si trova seduto un uomo piuttosto su con gli anni, assistito da un paio d’infermieri filippini e circondato da due o tre congiunti uno dei quali sembra darmi il benvenuto dicendomi “arriva la gioventù”(?).
Dopo le rituali operazioni per la mia sistemazione comincio con calma ad osservare tutto ciò che mi circonda. La veranda o meglio la terrazza a livello della stanza è davvero enorme credo più di 60 metri quadrati ed è accessibile da altre quattro stanze oltre la nostra. Col trascorrere del tempo ho potuto notare con quanto piacere essa è usata da pazienti (maggioranza femminile) e congiunti soprattutto come “fumoir”.
Trascorsa un’ora “pigiama azzurro” si sveglia e si avvicina al mio letto. E’ un settantenne non molto alto, robustello, barba mefistofelica e radi capelli, entrambi grigi. M’informa che è un colonnello dei carabinieri naturalmente in pensione, che casa sua è situata ad una ventina di chilometri dall’ospedale, località di mare, che si trova lì “tra noi” perché ha circa 200 di pressione, circa 200 di glicemia (diabete), che ha le braccia, mostrandomele, piene di buchi e lividi giacchè per i prelievi di sangue necessari per le analisi non gli trovano mai le vene. IO NON GLI HO FATTO NEPPURE UNA MICROSCOPICA DOMANDINA! Evidentemente non vedeva l’ora di parlare con qualcuno disposto ad ascoltarlo. Durante l’intera nostra permanenza in ospedale (usciti entrambi lo stesso giorno ed alla medesima ora), sia chiamando che ricevendo tramite il suo“marchingegno” (cellulare) ha reso partecipi anche altri, amici, conoscenti e parenti, di quello che stava passando informando tutti minuziosamente sul suo stato. A VOCE ALTA… Mah! Non ho contato quante altre volte mi ha ripetuto queste sue vicende…sempre le stesse…Evidentemente credeva di non avermene mai parlato. Prima di uscire ha fatto una chiamata, a voce alta, dicendo di essere il “colonnello tal dei tali” e che desiderava parlare con l’alto funzionario “tal dei tali”. (Se è in pensione sempre “colonnello” si presenta?). Mi è sorto un dubbio ma me lo sono tenuto. Una brava persona in fin dei conti…sempre desideroso di conversare usando un linguaggio pittoresco, in dialetto autenticamente romanesco intercalato da parole notevolmente “colorite”. In pratica come tra “compagni di camerata” dello stesso distretto militare romano.
Il “soggiornante lettera b” del letto di centro si è limitato a proferire pochissime parole peraltro con una flebile voce udibile soltanto da chi gli accosta l’orecchio. Ma si fa capire benissimo con i gesti.
La sera del mio primo giorno di degenza,verso le 20, come se avessimo preso un appuntamento la volta precedente, sono venute a salutarmi un paio delle mie affezionate amiche “zanzare-iena/ridens nottambule”. Munito di uno spray adatto allo scopo ho spruzzato la vetrata con un po’ di liquido protettivo. Qualche minuto dopo, al sopraggiungere di due parenti di “lettera b” sono stato invitato a non usare più quello spray perché il loro congiunto ne avrebbe sofferto. VA BEENE!…L’indomani mattina, rientrato dalla sala operatoria, mi sento osservato da “lettera b” il quale non appena si accorge che gli rivolgo il mio sguardo congiunge le mani come se volesse pregare, mi fa un cenno per mimare lo spruzzatore, scuote la testa in senso negativo facendomi capire abbastanza facilmente di evitare l’uso dello spray. Io chino la testa affermativamente, lo tranquillizzo gestualmente e lui, sempre soltanto con la testa e abbozzando un sorriso, mi ringrazia. Sembra la sequenza di un film muto. Quando cala la sera una gentile infermiera ci chiede se può provare il telecomando che ha in mano verso il televisore, disattivato, che si trova nella nostra stanza. La invito a farlo anzi le chiedo se una volta acceso lo può lasciare in funzione su Rai Tre poichè io e “pigiama azzurro” vorremmo vedere un certo programma. Lei acconsente e se ne va.
Due congiunti di “lettera b” naturalmente informati a gesti, ci chiedono se possiamo spegnere il televisore facendoci capire che il “dominus” non gradisce il suo funzionamento. Io e “pigiama azzurro” ci guardiamo e acconsentiamo evitando, a denti stretti, qualsiasi commento. VA BEEENE!
Trascorro la seconda nottata tranquillamente anche perché le “zanzare-iena/ridens” non si sono fatte né sentire né vedere. Anche loro devono aver capito l’antifona.
Il giorno dopo, appena pranzato, io e “pigiama azzurro” ci salutiamo perché siamo in uscita, salutiamo anche “lettera b” e i suoi congiunti i quali cortesemente, gentilmente e sinceramente ci ringraziano per la nostra pazienza. Va bene, ne valeva la pena.
Sono riuscito, prima di andarmene, a strappare qualche informazione circa il mio vecchio SCONOSCIUTO di qualche mese prima: dopo qualche giorno dalla mia dimissione è stato trasferito in una vicina clinica convenzionata, per persone che hanno quel tipo di problema. Il nome? VILLA ARMONIA!

venerdì 2 gennaio 2009

H come Hospital

LO SCONOSCIUTO
Il sesto giorno della mia degenza in ospedale ebbe inizio di notte, alle ore 1.53. Posso precisare
l’ora ed i minuti con esattezza perché intravisti su quel tale aggeggio tanto in voga di questi tempi ma da me sempre ignorato: il cellulare! (Una volta era definito così il furgone che trasportava i detenuti da un carcere all’altro e, non capisco il perché, ma ci vedo un nesso). Inizio il racconto dal “sesto giorno”… e il motivo c’è.
E’ opportuno che faccia un passo indietro per descrivere la stanza dove mi hanno “installato” il
primo giorno del mio ricovero: tre letti, tre mobiletti muniti di cassetto e sportello, tre poltroncine (di una plastica talmente dura da costringerti ad alzarti dopo neppure dieci minuti di “seduta”),
tre armadietti a muro, un bagno, un’ampia vetrata che dà su una terrazza a livello di due o tre metri quadrati dalla quale ha libero accesso un “nutrito battaglione di zanzare-iena/ridens nottambule”.
Di quei tre letti il terzo a sinistra è stato da me occupato per dieci giorni esatti mentre negli altri
due si sono avvicendati ben sette “compagni-soggiornanti” (in appresso per brevità “co-so”):quattro nel primo letto a destra e tre in quello al centro (tra questi ultimi LO SCONOSCIUTO!).
Formulare critiche o giudizi sui miei amici “co-so” non mi compete né voglio farlo ma raccontare qualcosa di loro mi alletta molto.
1°GIORNO: il “co-so” occupante il letto a destra è un giovane romeno tra i 25 e i 30 anni, sposato
con una quasi coetanea sua connazionale e papà di una bella bambina. Un numero imprecisato di sorelle ed amiche, anch’esse romene, lo circondano, lo coccolano e lo coprono di attenzioni…molto
alimentari, quasi ininterrottamente. Per due notti di seguito e da nessuno disturbati, i due sposini hanno dormito beatamente e teneramente abbracciati in quel “loro” primo letto a destra cullati dal sottofondo del televisore acceso, senza soste, dalle 7 del mattino fino alle 23 inoltrate della sera (o notte?). Il proprietario del televisore in realtà è il “co-so” occupante il letto al centro il quale ha delegato il compito dello “zapping” al vicino romeno che si diverte persino con la pubblicità che imperversa sulle TV private e con l’audio discretamente elevato.
Il “co-so” del letto centrale, un omone alto 1 metro e 90, peso 125 chili, pancione da partoriente quadrigemellare, somigliante incredibilmente al famoso attore americano Ernest Borgnine, se
ne sta a letto, dormendo e russando, quasi tutto il giorno alla ricerca continua del modo migliore
per respirare più facilmente. Il medico gli ha detto che per ottenere quello che desidera è “calare
almeno di 40 chili”. Il “co-so” sghignazza e torna a dormire. Due cose mi hanno incuriosito di lui:
la prima è quella che, malgrado in letargo, appena sente la pubblicità di quel gestore telefonico ove
sono protagonisti i tre comici Aldo, Giovanni e Giacomo, apre occhi e bocca e copre di insulti feroci l’Aldo (gli sarà antipatico anche il nome?). Il fatto è che quella pubblicità è ossessivamente
tambureggiante, anche per me. La seconda che lui, malgrado il pancione partoriente, afferma di dormire molto meglio “a pancia sotto”. Infatti, dormendo, emette col respiro un suono talmente rumoroso che sembra spari cannonate. Ecco perché le “zanzare-iena/ridens” a lui non lo pensano proprio.
2°GIORNO: idem c.s.
3°GIORNO: il “co-so” romeno viene dimesso, ci saluta e ci informa,in un italiano stentato, che lascerà l’Italia per tornarsene in Austria dove ha numerosi parenti (non avevo dubbi) ed un lavoro.
Subito dopo anche E. Borgnine lascia la compagnia portandosi via il TV (un grazie di cuore!).
Non passa neppure un’ora che entrambi i letti vengono rioccupati: in quello a destra un ometto di circa 85 anni, piccolo, magro, occhialetti incollati sul naso (mi sembra di averglieli visti anche di notte), quasi sempre con una “coppola” sul capo,abruzzese capa-tosta, ex alpino, ex prigioniero di guerra in Polonia sotto i nazisti, “beccato” in Russia. Da qualche anno “commercialista(?) in nero”.
Possiede alcune virtù: ad ogni passaggio di ausiliarie, di infermiere e di medici non dimentica di
informarli, mattina, pomeriggio e sera, che a casa prendeva cinque pillole al mattino e sei prima di
andare a letto: il disco si è incantato! Poi, ogni quattro e cinque ore, ripete il racconto di quando in Russia è stato internato dai nazisti in un campo di concentramento: altro disco incantato. Un vero spasso.
Il letto al centro viene concesso ad un pensionato, ingegnere (laureatosi alla Facoltà d’Ingegneria vicino San Pietro in Vincoli, figlio di un abitante di Via della Polveriera per circa venti anni – però
guarda che combinazione – chissà se noi lo abbiamo conosciuto avendo lì abitato sin dal 1930),
molto ciarliero ed abbastanza cordiale, esperto di computer e di telefonini (io ne ho subito profittato).
4°GIORNO: di primo mattino, dopo il rito del giro di controllo dei medici, l’ex-alpino viene
“congedato” e il reduce…finalmente…torna a casa.
Il tempo per le ausiliarie di sistemare il letto di destra per un nuovo arrivo ed ecco che, in una sedia a rotelle, fa il suo ingresso un fresco “co-so”: alto, non troppo in forma, 75 anni, ex muratore
ora in pensione, anche lui ex alpino ma per sbaglio poiché al momento della leva era stato destinato
ai bersaglieri ma ci fu un equivoco (niente Porta Pia ma le Dolomiti). Lo accudisce, quasi dall’alba e sino al tramonto la moglie, un po’più giovane di lui, che lo ricopre di baci, carezze e parole dolci
come amore, caro, tesoro. Non hanno potuto avere figli: questa la ragione di tante tenerezze? Tratta
il marito come un bebè e lui non ne è molto contento. Borbotta in continuazione ma cambia subito atteggiamento non appena riesce a farsi ascoltare dagli astanti raccontando innumerevoli episodi della sua vita in ciò confortato e sostenuto dalla propria moglie la quale, evidentemente, dopo 40 anni di matrimonio ha compreso benissimo il punto debole del consorte.
5°GIORNO: idem c.s.
6°GIORNO: il fatidico sesto giorno inizia con le dimissioni mattutine del “co-so” del letto di destra seguito nel pomeriggio da quello del letto di centro. Tanti saluti ed in bocca al lupo o in c… alla balena. Dal pronto soccorso portano in barella un uomo di circa 50 anni, conciato non troppo
bene con un paio di flebo e catetere attaccati al corpo ma che lui, adagiato semi-immobile nel letto di destra, non appena allontanati medico ed infermiere, se li stacca alzandosi per andare a bere al bagno in un continuo avanti e indietro per sei o sette volte.
Arriva il personale medico e…apriti cielo. A sera inoltrata la situazione lentamente si normalizza.
Potenza di certa terapia.
Mi addormento abbastanza facilmente rivolto verso il letto centrale vuoto.
All’1 e 53 apro casualmente gli occhi e noto che nel letto accanto al mio, quello di centro, dorme placidamente un “co-so”. Quando è arrivato?…come mai non me ne sono accorto?. Con l’ausilio del chiarore di una luce d’emergenza riesco a capire che si tratta di un uomo piuttosto robusto,
scarsi capelli bianchissimi, senza pigiama con indosso soltanto un paio di slip dal disegno simile alla pelle di leopardo. Lascio perdere l’esame e mi rimetto a dormire.
Il mattino dopo, alla luce del giorno, riesco ad esaminare meglio il mio vicino di letto.
E’ un distinto signore, piuttosto in carne, tratti gentili del viso, occhiali da lettura e da vista attraverso i quali guarda spesso intorno a sé. Dopo qualche minuto si alza e, a piedi scalzi, si dirige verso la porta d’ingresso della nostra stanza tornando subito al letto non appena entrano medico ed infermiera. Gli chiedono come si chiama e lui risponde che non lo sa!, poi passano all’età, allo stato
civile, al luogo di nascita e di residenza ma lui continua a dire che non lo sa e non ricorda neppure
il motivo per il quale si trova in ospedale. Gli spiegano che sono stati due carabinieri di pattuglia a condurlo lì e che è stato rintracciato vagante per la Via Aurelia, nei pressi di Civitavecchia, conciato piuttosto male, senza portafoglio, né documenti, né orologio,né altri oggetti all’infuori di due mazzi
di chiavi: uno di una abitazione (ma quale?) e l’altro di due auto, una Lancia ed un’Audi,e i due paia di occhiali. Gli dicono che al pronto soccorso gli sono state riscontrate due ecchimosi una in testa e l’altra alla schiena in corrispondenza del rene destro conseguenze evidenti dovute ad una caduta. Lui non riesce a ricordare il perché di quelle “botte”. Deve quindi trattenersi in ospedale per i necessari accertamenti. Lo informano che anche la P.S. si è data da fare cercando di sapere qualcosa di lui: lo hanno persino fotografato con e senza un cappello, con e senza occhiali e hanno inviato le foto alla trasmissione TV di RAI TRE “Chi l’ha visto?”…ma finora senza alcun risultato. Nessuno ha chiesto o chiede notizie di una persona che è scomparsa ormai da qualche giorno.
Credendo di capire la sua voglia di parlare con qualcuno lo sollecito un po’ cercando di metterlo a
suo agio ma ci blocchiamo sempre sul suo stato confusionale. Parla con un accento della Regione Laziale ma lui insiste nel dire che non sa di dove viene né dove era diretto al momento della caduta.
A volte gli sembra di ricordare di essersi fermato con la sua auto (ma quale?) ad un capolinea della
Metropolitana, ma quale? La A o la B?…ed a quale capolinea?. Sollecitato da medici ed infermiere
a dire il proprio nome sorridendo risponde sempre che lo dirà l’indomani mattina (e questo ogni giorno almeno fino a quando sono restato io in ospedale). A volte indossa l’unico paio di calzoni con i quali è stato ricoverato: tipo jeans, moderni, di colore verde-bottiglia e così pure una bella maglietta, una camicia scozzese ed un paio di calzini che il giorno precedente la mia dimissione ha lavato da solo perché insudiciatisi nella caduta ed ha steso il tutto alla terrazza fuori la stanza L’unica nota un po’stonata, rispetto all’età dimostrata, un paio di scarpe da ginnastica di ottima marca ma di una misura che non deve essere la sua e che il primo giorno si è tolto lo sfizio di lavare accuratamente. Abbiamo stretto quasi un rapporto amichevole e conversa volentieri con me sempre senza la memoria del suo passato ma anche con la consapevolezza che vuole affrontare il presente e con il desiderio di uscire al più presto dall’ospedale. Ma per andare dove?. Non lo sa ma spera nell’aiuto delle forze dell’ordine. Qualche volta lo vedo prendere un quotidiano o una rivista lasciati dal precedente “co-so” e osservo che legge avidamente quasi sorridendo muovendo lievemente le labbra senza emettere alcun suono. Poi mi dice che sfogliando le pagine gli viene in mente qualcosa
ed aggiunge, mostrandomi una foto pubblicitaria che mostra il bellissimo volto di una giovane miss, che gli ricorda qualcuno anzi che l’ha persino conosciuta personalmente!…Mah?!?!
E’ giunto il giorno delle mie temporanee dimissioni dall’ospedale sapendo già che dovrò ritornarci tra non molto. Che ne sarà dello SCONOSCIUTO? . Dopo quattro giorni dal suo arrivo nessuno si è fatto né sentire né vedere. L’augurio che gli faccio è che presto qualcuno si ricordi di lui anche se si tratta di uno SCONOSCIUTO che probabilmente vive o ama vivere da solo.
Ci salutiamo cordialmente stringendoci le mani: lui senza nome ma io non gli ho mai detto il mio, così siamo uguali