martedì 18 dicembre 2012

UN RICORDO DEL DICEMBRE 2007

L’antefatto – La vicenda ebbe i suoi inizi circa quindici giorni prima del giorno di Natale.
Si stava paventando, con mio sommo dispiacere, la discesa in campo di tre eserciti in ordine sparso ed in diverse direzioni quando, con mio sommo piacere, fu deciso all’unanimità che il campo di battaglia doveva essere quello del secondo dei tre eserciti, vale a dire il mio andando per ordine d'età.
Per organizzare l’armamento ed il vettovagliamento, sempre all’unanimità, fu conferito il comando supremo a mia nuora la quale, con piglio deciso, prese in mano sia le redini della situazione sia i marchingegni telefonici. Dopo di che le truppe si misero in movimento.
Ognuno dei tre eserciti si era assunto un compito ben definito perché nulla doveva essere lasciato alla ventura.
Poiché io mi trovavo già sul campo, mio compito era quello di compilare un preciso inventario di quanto in mio possesso ed eventualmente denunziarne la penuria nel più breve tempo possibile al centro di comando.
Cosa che feci immediatamente.
Il luogo – In ossequio alle decisioni prese, il “campo” fu predisposto nella mia dimora adatta all’opera.
I partecipanti – Quindici, dagli oltre i 30 ai circa 80 (anni s’intende), più una prossima ai 20 ed una vicina ai 12 (la somma io non la faccio), così suddivisi: il primo esercito, quello del fratello maggiore, composto di sei membri; il secondo, quello del secondo fratello, ugualmente di sei membri ed il terzo, quello del terzo fratello, di cinque membri.
Un vero peccato l’assenza del quarto esercito guidato dal quarto fratello in missione sul suolo germanico.
L’occasione - Era il pranzo di Natale
Qualcosa però non deve aver funzionato troppo bene perché nel momento della discesa in campo dei tre eserciti abbiamo avuto tutti la netta sensazione, considerata l’enorme quantità di armamenti e vettovaglie da ciascun esercito apportata che, anziché una battaglia noi stavamo per affrontare la guerra dei trent’anni.
Al termine dell’incruenta tenzone (ora d’inizio 14 circa – ora finale 17,30 circa) tutti abbastanza satolli e moderatamente euforici abbiamo dato il là a canti e cori d’esultanza per la vittoria da noi riportata su acciacchi, guai, malinconie e tristezze d’ogni sorta.
Abbiamo sopperito alla mancanza di strumenti musicali con l’impensabile potenza delle nostre corde vocali (e della memoria).
Purtroppo per me, visto che la casa dove abito dal 1969 non aveva mai vissuto una tale felice giornata, verso le 21 ha avuto inizio la ritirata dei due eserciti in missione.
Quello mio, è rimasto in loco.
Nonostante le mie sollecitazioni le truppe in ritirata hanno lasciato sul “campo” vettovaglie in quantità tali da satollare tre persone come minimo per un paio di giorni.
Il fatto - La sera del giorno seguente (26/12) e l’intero giorno successivo numerose telefonate si sono rincorse nell’etere alla ricerca di un BATTILARDO (secondo il nuovo dizionario Zingarelli: tagliere in legno di piccole dimensioni su cui si battono carne, lardo, verdure e ortaggi vari)
L’oggetto era scomparso. Apparteneva a mia nuora (sebbene io ne avessi uno in casa lei ha preferito portarsi da casa il suo). D’altra parte lei era al comando e io sono aduso obbedir tacendo.
Due giorni sono durate le mie affannose ricerche per tutto il “campo di battaglia” e, finalmente, la mattina dopo trovo il “fetente” ben acquattato e celato sotto le mentite spoglie di alcune buste del fornaio.
Con mio enorme sollievo ho subito provveduto a tranquillizzare tutti telefonicamente.
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BUONE FESTE A TUTTI


venerdì 14 dicembre 2012

MI CORRE L'OBBLIGO DI CHIEDERE SCUSA...

...a tutti i medici che dal 1953 - circa sessant'anni fa - si son presi cura di me facendomi arrivare fino all'odierno traguardo e che, se non è chiedere troppo, vorrei superare.
La mia gratitudine è enorme per quello che hanno fatto per tenermi ancora in piedi ma, nonostante ciò, sento la necessità di togliermi qualche sassolino dalla scarpa. Direi che basta togliermelo da una sola non da entrambe.
Ma andiamo al punto.
Non ho voglia di tornare troppo indietro nel tempo, un passato ormai lontano, perciò parlo di quando sono entrato l'ultima volta in ospedale e precisamente il 6 ottobre 2010.
Alcuni episodi l'ho già raccontati ma sto tirando le somme e quindi aggiungo anche quelli alla mia odierna resa dei conti.
Appunto oltre due anni fa si verificò l'ultimo mio ricovero ospedaliero a causa del quarto infarto per cui mi feci due o tre giorni al reparto intensivo ed altri cinque in una camera di cinque letti con relativi ospiti. In quella situazione particolare iniziai ad accorgermi di un tremolio alla manodestra e, pensando si trattasse dell'inizio del morbo di Parkinson chiesi al cardiologo che mi seguiva di cosa si trattava. Questi mi disse che avrebbe fatto venire un neurologo il quale appena mi vide affermò che quello era un tremolio essenziale! Al che, volendo fare lo spiritoso, io dissi 'ma essenziale per chi? Io ne farei volentieri a meno'. Non mi precisò altro.
Iniziarono quindi gli accertamenti di rito, sopportai l'ennesima coronografia e iniziai una nuova terapia che ancora adesso devo osservare.
Per fortuna non si tratta di iniezioni e neppure di supposte – e meno male – ma soltanto di tredici compresse al dì, suddivise per tutto il giono dall'alba alle 23 inoltrate.
Ho dovuto stilare una tabella oraria quotidiana poiché dovevo rammentare, di queste compresse, nome, quantità, mg e orari per doverle ingerire. Già perché sono differenti e potrei commettere errori cioè assumere una compressa che magari avevo già ingerito come purtroppo è già accaduto in non poche occasioni..
Ecco allora la tabella:
= ore 6.00 a.m. la prima compressa che, si badi bene, occorre per salvaguardare le pareti dello stomaco dall'ingerimento delle altre compresse. Mi si passi la prima obiezione: ma se io evito di ingoiare le altre dodici giornaliere ed elimino quella dell'alba, non è forse meglio? No, non si può, così mi hanno ordinato. Andiamo avanti:
= ore 8.00 a.m. quattro compresse delle quali due di minori mg rispetto ad un'altra dallo stesso nome ma di mg doppi per la sera;
= ore 12.00, dopo il pranzo – lo faccio alla stesso orario degli ospedali così per affetto, ormai ci sono abituato – due compresse;
= ore 18.30-19.00, dopo la cena – identico orario degli ospedali come detto sopra – due compresse;
= ore 20.00 tre compresse tra le quali quella identica ma di maggiori mg delle ore 8.00;
= ore 23-23.30 la compressa prima di andare a nanna.
Dato che molte volte – anzi ormai troppe – la memoria mi tradisce si comprende benissimo quindi il fatto che ho dovuto mettere tutto per iscritto onde evitare di ingoiare fischi per fiaschi. Non mi è venuta altra definizione ma ciò che volevo dire credo si comprenda bene. A buon intenditor...

domenica 9 dicembre 2012

DUE AL POSTO DI UNO

A VOLTE MI FERMO...
...ma non perché stia camminando e mi occorra fare una sosta ma la faccio pur stando in casa e concedo uno stop alle mie attività casalinghe: leggere, scribacchiare, vedere film sul pc o TG in TV.
E allora mi ritornano in mente ricordi specialmente quelli di più antica data.
Mi domando, ed ovviamente mi rispondo da solo, ma come ho potuto compiere un certo gesto o mettermi in certe situazioni?
Oppure ricordare alcune piacevolezze giacché anch'io ho potuto vivere momenti che potrei senza dubbio definire favorevoli, positivi, qualcuno anche con rimpianti che in realtà non bisognerebbe averne pur avendo commesso errori che avrei dovuto evitare di fare.
Dentro di me mi dico che sono tutte esperienze utili, direi necessarie perché servono a farti sempre di più apprezzare la vita sia quella passata che quella presente e, per chi può, anche quella futura.
Adesso però mi chiedo ma perché sto facendo tutte queste elucubrazioni? Ad essere sinceri non lo so il perché mentre invece, questo lo so, dovrei starmene quieto e tranquillo anche con la mente, i ricordi, la fantasia e tutto il resto.
Chissà forse sto tirando delle somme e capire, io per primo, che diavolo ho combinato nella mia vita e per la mia vita.
E se mi chiedessi se sono soddisfatto oppure no?
Mi sa che è meglio tornare a qualche mia attività e non pormi ulteriori domande.
Punto e accapo.
ANALISI
"NEL MIO PICCOLO" probabilmente è una piccola frase piuttosto banale, detta e ridetta...
(una voce di dentro: "e allora non la dire")
= sì, forse sarebbe meglio...
( "appunto")
= però non riesco a fare a meno...
( "di cosa?")
= del fatto che questa piccola frase sveli in realtà una volontà ben precisa....
( "quale?)
= quella di voler dimostrare il contrario...
( "sarebbe a dire?")
= quando qualcuno racconta di sé quale persona è oppure quello che fa o ha fatto...
("che succede?")
= cerca sempre di far sapere di essere o di essere stato invece qualcosa di diverso, magari migliore...
("non capisco")
= cerco di spiegare meglio...
( "buona idea")
= è come se ci si volesse autostimare...
( "che c'è di male?")
= c'è perché dovrebbero essere gli altri a dire chi sei e come sei...
("questo non è possibile")
= perché mai?
( "perché solo se stessi possono capire in realtà chi sono e come sono")
= certo, ma devono dirsi la verità e conoscersi a fondo...
( "non lo faranno mai, non ammetteranno mai i propri difetti mentre faranno del tutto per far mostra di qualche pregio")
= mi viene da ridere...
( "che c'è di comico?")
= no è che sto pensando alla piccola frase "NEL MIO PICCOLO" la quale, fisicamente parlando, non solo è adattissima a me data la mia bassa statura ma lo è anche riguardo al mio quoziente d'intelligenza e di cultura...
( "va bene. Piantiamola qui")
= perché?
( "semplice, perché speri così di sentirti sviolinare con le varie frasi che si è soliti usare in questi casi: =ma che sta dicendo... lei è ben altro... lei è qui...lei è là...ecc.=. Posso anche ammettere – e lo faccio – che sono frasi dette sinceramente e spontaneamente, però appaiono come sollecitate da te anche se involontariamente. Cerca di essere te stesso, come sei e non come vorresti essere o apparire che è tutt'altra cosa").


giovedì 6 dicembre 2012

ERA DA UN PO' DI TEMPO...

...che non mi sentivo troppo bene ma non fisicamente e questo mi faceva preoccupare ancora di più.
Sì perchè se uno sente un dolore, un eccessivo dimagrimento o il contrario, oppure qualche organo che non funziona si fa vedere dal proprio medico o si ricovera in un ospedale. Io invece capivo che c'era qualcosa che non andava e non sapevo che cosa. Mi decisi, andai dal mio medico di famiglia, gli descrissi meglio che potevo la situazione e lui,dopo aver ascoltato con molta attenzione, mi disse chiaro e tondo "ti devi far vedere da uno psicologo. Se sei d'accordo c'è una persona che conosco, medico-psicologo, molto bravo, anzi brava perché è una donna, della quale mi fido molto in quanto
altri miei pazienti che sono andati da lei a farsi curare, sono rimasti più che soddisfatti". Accettai il suggerimento, telefonai alla psicologa e presi un appuntamento. Quando arrivai allo studio dovetti stare in attesa per circa mezz'ora, poi la segretaria mi fece entrare e mi presentai. La psicologa che era una signora di una cinquantina d'anni piuttosto attraente, mi fece sedere davanti la sua scrivania - in realtà io pensavo di sdraiarmi su un divano ma nella stanza non ne vedevo – e iniziò a farmi domande su domande. I miei dati anagrafici, la mia infanzia, il mio stato civile, la mia precedente attività lavorativa e di cosa mi occupavo attualmente, oltre naturalmente al mio stato fisico. Poi mi disse
= lei frequenta altre persone al di fuori della famiglia e dei parenti?
= veramente no...
= lei non incontra nessuno quando esce di casa per qualsiasi motivo?
= certo, certo e...
= di cosa parla con loro?
= mah, auguro buongiorno o buonasera...
= e basta?
= beh, qualche volta domando come va la salute, come se la passano...
= e poi?
= ehm... che hanno mangiato e se...
= parla più volentieri con uomini o con donne?
= in realtà non è che faccio una cernita però se...
= vuol dire se sono donne è meglio?
= direi proprio di sì...
= ha fatto mai delle proposte particolari a qualcuna di loro?
= beh, no perchè alla mia età che proposte potrei fare...
= invece no caro signore...
= che vuole dire?
= da quello che ho capito a lei occorre qualcosa di più sostanzioso di una semplice conversazione
= e sarebbe?
= lei è a conoscenza che ci sono delle pillole che aiutano a...
= sì, ne ho sentito parlare...
= bene, allora chieda al suo medico se si può permettere l'uso di questa pillola molto efficace
= e se lui mi assicura che ne posso fare uso?
= non perda tempo e proceda...
= d'accordo, eventualmente procederò senza indugiare oltre. Grazie molte, la saluto e...e...e...
= dica pure...
= sempre eventualmente, se la cosa procede in senso positivo, posso invitarla a cena e al dopocena?


domenica 2 dicembre 2012

IL SUGO DI MAMMA

Questa mattina mi trovavo seduto qui davanti al pc-Pasquale quando ho iniziato ad annusare come un cane da tartufi un profumo di sugo proveniente dalla cucina.
Un ricordo lontanissimo si è subito fatto largo nella mia mente.
Da bambino e fino all'adolescenza se non di più, ma sicuramente finchè sono stato a casa con i miei, quando mia madre preparava il sugo di pomodoro il profumo invadeva tutta l'abitazione. E allora si scatenava in me, come credo anche nei miei fratelli, una voglia matta di prendere un pezzo di pane, intingerlo nel sugo mentre stava sul fornello e divorarlo.
Questo ovviamente all'oscuro di mia madre la quale stigmatizzava tale comportamento in quanto poi trovava il sugo pieno di briciole di pane. Fu allora che capii che non ero il solo ad intingere ma, di nascosto, partecipavano anche gli altri tre fratellini.
Sembrava che avessi studiato un piano a tavolino per compiere la "missione" in segreto.
Sapevo che le giornate dedicate al sugo erano la domenica e i giorni festivi. Al contrario dei miei fratelli io non sono mai stato un gran dormiglione e quindi la mattina di tali giornate io ero già sveglio poco dopo l'alba. Rimanevo a letto in attesa dei rumori che provenivano dalla cucina per capire se il sugo era già in lavorazione oppure c'era ancora da attendere. Ovviamente mia madre non è che si trattenesse in cucina a sorvegliare la cottura del sugo. Aveva altre cose da fare nel resto della casa. Cercavo di cogliere il momento propizio per la mia incursione non curandomi del fatto che prima avrei dovuto fare colazione ma quel profumo di sugo mi attirava troppo. Era come se volesse attrarre la mia attenzione e dirmi: 'guarda che sono quasi pronto, puoi assaggiarmi, vieni'.
A piedi scalzi, cercando di evitare ogni più piccolo rumore dalla camera dove io e i miei fratelli dormivamo – loro sì io poco – mi dirigevo in cucina che era a pochi metri di distanza.
Una domenica mattina però accadde qualcosa che non m'aspettavo.
Come per le precedenti domeniche io ero già sveglio quando sentii mia madre uscire dalla camera da letto e, ormai per me era diventato come un vizio, mi misi in stato di allerta. Sapevo a memoria tutti i suoi movimenti e,circa una quarantina di minuti dopo, iniziai a sentire i primi odori gradevoli del sugo. Attesi ancora qualche minuto poi, sempre a piedi nudi malgrado fosse inverno e la casa quasi al buio, arrivai in cucina dove vidi il gas acceso con sopra il tegame del sugo. Mi allungai fino allo sportello centrale del piano superiore della credenza dove si riponeva il pane, ma mi accorsi che era chiuso. E la chiave? Forse era stato cambiato il posto del pane? Dovevo accertarmene e, per farlo, stavo per avvicinarmi all'interruttore della luce per accenderla ma non ce ne fu bisogno. Ci pensò mia madre che, in piedi vicino alla porta della cucina, mi guardava con un lieve sorriso di trionfo.
Con fare ironico mi mostrò un pezzo di sfilatino che aveva in mano e mi disse 'cercavi questo?'
Evidentemente nostra madre si era stancata del fatto che qualcuno dei suoi figli seguitasse ad "intingere" malgrado i suoi continui rimproveri e aveva voluto porvi fine.
La sua trappola aveva funzionato e mi aveva beccato con le mani nella marmellata...anzi nel sugo.