...molto di lui ma alcuni
episodi mi sono rimasti più impressi. Forse sarà per questi episodi
che l'ho sognato. E pensare che non mi era mai accaduto.
Lui ci ha lasciato nel
1970, a settant'anni e, quando accadde, era ricoverato in un ospedale
pubblico per essere operato ma il chirurgo incaricato dell'operazione
non arrivò in tempo. Proprio il pomeriggio del giorno della sua
scomparsa io e uno o due dei miei fratelli eravamo da lui per la
visita quotidiana. Per andare e tornare dal bagno lo dovemmo
sostenere in due. Ho ancora davanti agli occhi quella scena
straziante quando lo riaccompagnammo per rimetterlo a letto. La sera
stessa sul tardi ci telefonarono dal reparto e ci dissero che papà
se ne stava andando. Ci precipitammo ma l'infermiere notturno in
servizio non voleva farci entrare in corsia e si può facilmente
immaginare quale fu la nostra reazione. Assistemmo al suo ultimo
respiro. Il difficile fu stabilire quando dovevamo informare nostra
madre dal momento che lei non era presente quella triste sera. Ci
recammo la mattina dopo alla nostra casa in via della Polveriera ma,
prima di salire da lei, ci fermanno per consultarci e per decidere
chi se la sentiva di darle quel dolore. Se non ricordo male fu il più
grande di noi quattro fratelli a farlo e io appresso a lui. Mi è
difficile descrivere come dolorosamente reagì perciò evito di
farlo. Mio padre era un uomo buono e capisco che questo si dice
quando le persone vengono a mancare però la realtà è questa.
Iniziando da quando aveva intorno ai diciotto anni, fece una infinità
di mestieri anche perché aveva frequentato soltanto le scuole
elementari. Apprendista orologiaio, idem calzolaio, guardiano in una
fabbrica, venditore porta a porta di romanzi a puntate e di prodotti
di profumeria, macchinista di teatro, maschera in un cinema e chissà
che altro. Non occupò mai un posto "pubblico". Durante la
seconda guerra mondiale poteva entrare come fattorino nel servizio
pubblico di trasporto comunale quì a Roma ma doveva avere la tessera
del fascio. Lui non volle iscriversi a quel partito. Il comico fu
apprendere che il portiere del nostro fabbricato, pur essendo
antifascista, si iscrisse al partito e venne assunto regolarmente.
Ricordo che alla fine del fascismo e della guerra quasi beffeggiava
mio padre per non essersi piegato a fare quell'iscrizione ma lui non
se lo filò per niente. Non si era mai ammalato, non conosceva
ospedali se non quelli dove eravamo nati noi quattro suoi figli. Però
soffriva molto ai piedi per aver tanto camminato specialmente negli
ultini trent'anni della sua vita. Era magro come un chiodo ed era non
più alto di un metro e sessantacinque. Aveva un album dove
conservava le foto di molti attori di varietà degli anni quaranta e
cinquanta, tutti con dedica autografa. La sua passione era anche
ascoltare prima alla radio e poi vedere in TV tutti i festival di San
Remo dai primi anni cinquanta in poi. Quando se lo poteva permettere
acquistava qualche disco 45 giri che sono poi diventati l'eredità
per me e che ancora conservo unitamente ai 33 giri e qualcuno
addiritturas a 78 giri. In uno di questi c'è incisa, chissà in
quale anno, una romanza cantata dal famoso tenore Enrico Caruso.
Quando mi sposai durante il modesto pranzo di nozze lui scoppiò a
piangere perchè sapeva che io e mia moglie lavoravamo in nero e con
basse retribuzioni, pertanto pensava che noi non avessimo in vista un
futuro molto radioso. Per fortuna le cose andarono meglio e quando
tre anni dopo il matrimonio nacque il mio unico figlio per mio padre
fu una gioia immensa. Ogni tanto passava a trovarci per vedere il
pupo crescere e portava sempre dei dolcetti. Un ultimo episodio che
ricordo di lui è quando si metteva seduto in camera da pranzo per
scrivere qualcosa su delle carte relative al suo mestiere di
venditore porta a porta. Quello era il momento adatto per la nostra
gatta Mucci, che avevamo in casa, per potersi arrotolare attorno al
collo di mio padre. Nessuno dei due intendeva muoversi dalle
posizioni che occupavano. La nostra casa di via della Polveriera non
aveva riscaldamento perciò quello era il sistema migliore per
entrambi di sentire meno freddo.
Quando combinavo
qualche marachella e purtroppo ne ho combinate anche di grosse, lui
si sedeva, mi chiamava in separata sede, mi faceva bonariamente la
paternale senza mai sfiorarmi con un dito e mi sottraeva dalle
altre "cure" che voleva mollarmi mia madre.
Ciao papà io ti
ricordo sempre lo sai e, mi raccomando, abbraccia mamma, Giorgetto e
Pinuccio per me.