mercoledì 18 dicembre 2013

QUEL GIORNO di cinque anni fa

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Aiutato da una cara amica blogger altrimenti io non avrei saputo dove mettere le mani scrissi:
oggi s'è aperta una porta anzi un portone nel campo dei blog. Ma io saprò diventare un blogger? Avverrà soltanto quando qualcuno me lo farà sapere.
postato da il monticiano alle 10.59 del 18-dic.-2008
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Queste poche parole facevano parte del mio primo post.
Da quel giorno ho avuto la faccia di bronzo di mettere nel mio blog altri post più o meno graditi non lo so ma ho scritto quello che mi passava nella mente: ricordi del passato, fatti e avvenimenti osservati in città e a casa, racconti di fantasia.
BUONE FESTE A TUTTI

giovedì 12 dicembre 2013

ERAVAMO QUATTRO AMICI...

...ma non al bar come recita la nota canzone di Gino Paoli, bensì al Colle Palatino, uno dei sette Colli di Roma, di fronte al Colosseo e a Via dei Fori e mi tornano in mente alcuni ricordi. Come mai? Forse perchè in macchina guidata da mio figlio l'altro giorno sono passato davanti a quel Colle per tornare a casa.
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Il cordless del mio telefono fisso suona, io vado a rispondere e una voce maschile mi fa "Accardo mi riconosci?" ed io "mica tanto, perché non mi dici chi sei?" e la voce "sono Caccia, ti ricordi?", "aspetta... Caccia, Caccia... sìì...come no, e mi ricordo anche di Formi e di Gabri ed eravamo quattro amici inseparabili almeno fino alla terza media", "già, era l'anno scolastico 1943/1944 e tu eri più grande di noi, almeno di un anno", "proprio così perché ero uno che frequentava quella classe per la terza volta", " a proposito ma poi la prendesti la licenza?", " sì, a calci e spintoni perché mi presentai agli esami dopo aver preso un sacco di lezioni private", "non importa, basta che ti sei tolto il pensiero", "e te non dirmi
che ti ricordi quante volte abbiamo fatto sega a scuola andandoci a divertire noi quattro lì al Palatino...", "certo che me ne ricordo ci nascondevamo dentro quella
specie di capanne e di abitazioni antichissime con muri e tetti che potevano crollare da un minuto all'altro", "già, ma dimmi un po' tu abiti sempre al Colle Celio vicino al Cinema Colosseo?", "non mi sono mosso anche perché sai il valore della mia casa è molto alto poiché quando ti affacci quasi quasi sbatti il muso al Colosseo e al Palatino messi insieme. E te non abiti più a Via della Polveriera lì al Colle Oppio vero?", "vero, adesso abito al Colle Esquilino, ma tu come fai a saperlo?", "perché tì ho cercato sull'elenco del telefono e così ho saputo dove abiti e qual'è il numero telefonico di casa tua", "come mai?", "un giorno mi è capitato di sentire un po' di nostalgia per quei lontani tempi e allora ho pensato di fare una cosa", "cioè?", "mi sono messo di buzzo buono a cercare tutti quelli della nostra classe e non è stata una cosa semplice, ma d'altra parte essendo un pensionato ne ho tempo da perdere", "e quali risultati hai ottenuto?", "pensa che te sei il quindicesimo, gli altri purtroppo non sono riuscito a trovarli", " e adesso cosa hai intenzione di fare?", "ho già programmato tutto. Ci vediamo la prossima domenica alle 13 davanti a quel grande ristorante di fronte al Colosseo e, a pranzo, daremo il via ai nostri ricordi e ci racconteremo quello che ricorderemo...", "ma quel ristorante ci costa troppo...", " no perchè il proprietario è un mio vecchio amico d'infanzia e ci farà un fortissimo sconto comitiva", "ma chi sono quelli che hai convocato?", "sarà una sorpresa e non dico i nomi di chi sarà presente", "ma gli altri due Formi e Gabri dei quali, tra l'altro, ricordo i cognomi ma non i nomi, verranno?", "lo saprai soltanto quando li vedrai. Volevo precisarti che ciascuno di noi potrà partecipare con un altra persona, moglie, figlio, parente, amico o conoscente. Se tutto va bene, come penso che andrà, saremo almeno in 30", "d'accordo, verrò anch'io allora, contaci", "Ciao amico mio, a domenica", "Ciao"
Quella domenica, alle 13 in punto siamo arrivati lì, io con un parente, siamo entrati dove c'era una grande tavolata già apparecchiata e pronta, ci siamo seduti in un tavolino vicino ad aspettare. Le 13.30, le 14, le 14.30 niente, non si è fatto vivo nessuno. Ho detto al proprietario se il mio amico Caccia aveva per caso disdetto l'appuntamento ma lui mi disse di non conoscere nessuno con quel cognome e che comunque quel tavolo era già pronto per la sera per una cena. Mi sono chiesto se mi ero rimbambito e forse avevo sbagliato giorno, ora e luogo...
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Ma poi mi sono svegliato ed ho capito che era stato un bel sogno.
Soltanto i cognomi e le avventure dei quattro amici Accardo, Caccia, Formi e Gabri sono la sola realtà di quegli anni trascorsi insieme.
Il resto fa parte del sogno.

lunedì 9 dicembre 2013

RICHIESTE

Ormai da oltre dieci anni tutte le mattine, tempo permettendo, faccio la mia bella ma breve passeggiata come da perentori ordini dei medici. L’orario antimeridiano, e solo quello, varia secondo le stagioni (esistono ancora?), mentre il tragitto è solitamente lo stesso: una sorta di girotondo per le strade vicino la mia abitazione sfiorando alcuni posti turisticamente molto frequentati. Raramente verso altri luoghi.Cammin facendo incontro molte persone alcune conosciute ed altre invece sconosciute com’è logico che sia. Esiste però anche la categoria delle “presunte”, voglio dire persone che io credo di conoscere ed altre che ritengono di conoscere me, per deboli ricordi o per vaghe somiglianze.Mi è capitato più di una volta. Per stare in sintonia con il titolo, nel corso di tali passeggiate avvengono incontri particolarmente curiosi accompagnati da richieste dello stesso tipo. Le richieste normali sono quelle che sono fatte, più frequentemente, da turisti stranieri, anche se usano soltanto la loro lingua, per sapere dov’è la tale strada, il tale luogo, la fermata più vicina di un mezzo di trasporto pubblico. A volte riesco a farmi capire, altre no.Poi ci sono quelle, a dir poco, curiose. Alcuni esempi:
- incrocio qualche giovane che mi chiede “scusa nonno (?) che mi daresti una sigaretta?” ed io rispondo “non fumo” aggiungendo “mi dispiace” da vero ipocrita in quanto se sono dispiaciuto è perchè ho dovuto smettere di fumare da 14 anni, ma appena incrocio una persona che fuma oppure, meglio ancora, lo sta facendo camminandomi davanti, annuso l’aria come un cane da tartufo;
- a volte sono fermato gentilmente da qualche persona la quale mi domanda se conosco via tal dei tali. Io abito in questo rione da 44 anni, so benissimo dove si trova la via richiestami, mi guardo in giro con un sorriso agrodolce e dico “dovrebbe essere da queste parti, ma adesso non ricordo bene…credo che sia la prima o la seconda a destra dopo il semaforo…” poi da perfetto idiota gli do un consiglio “lei faccia una cosa vede quell’edicola di giornali? bene, chieda a loro, sono certo che avrà indicazioni più esatte”. Appena fatti alcuni passi nella direzione contraria a quella presa dalla persona avviatasi verso il semaforo, alzo gli occhi e che ti vedo?La targa della via che mi era stata chiesta;
- ogni due o tre giorni al massimo incontro una ragazza dall’apparente età di 30-35 anni vestita con una mise sempre diversa da quella dei giorni precedenti. Siccome la vedo circolare dalle mie parti ormai da parecchi anni, presumo debba abitare nel mio stesso rione, quindi so benissimo dove si fornisce per l’abbigliamento: con una capace borsa nella mano sinistra non omette di visitare accuratamente neppure il più piccolo dei cassonetti per la spazzatura rifornendo così il suo personale guardaroba. Eppure non è una rom. La faccenda però che mi scombussola non poco è che ogni volta che la incrocio - e capita spessissimo – mi fa la seguente richiesta “mi dai un euro per prendere l’autobus” A parte il fatto che un biglietto per bus, tram o metro forse costa di più, tre cose mi colpiscono di questa richiesta: 1) prima del cambio della lira in euro mi chiedeva mille lire (la cosa va avanti da parecchio); 2) il suo rapido adeguamento della cifra che richiede da lire in euro; 3) possibile che io cambio il mio identikit tutte le volte che l’incontro dal momento che rifiuto di darle soldi ormai da tanto tempo essendomi un po’ scocciato? Ormai m’avrà incontrato mille volte.
- qualche tempo fa dovevo sbrigare una commissione dalle parti di Piazza San Silvestro e, mentre stavo transitando in Via S,Claudio, una piccola stradina che costeggia la Rinascente e che collega Via del Corso alla piazza suddetta, vicino Palazzo Chigi, vengo fermato molto cortesemente da uno “scricciolo” di signora non più giovane, lineamenti ben delineati, capelli biondo-cenere, che mi fa: =ciao, come stai?-=, io leggermente impappinato rispondo =non c’è male e tu?=, lei: =bene, bene, grazie…ma dove stai andando?=, io =all'Ufficio...=, lei =ma pensa un po, io proprio di là sto venendo, adesso però devo correre subito a casa altrimenti…Solo che ho fatto tardissimo e dato che devo prendere mio nipote a scuola ho proprio paura di non arrivare in tempo, Mi è venuta in mente una cosa. Non è che per caso mi puoi prestare 30 euro per prendere un taxi, così è sicuro che arrivo proprio all’ora di uscita,poi appena arrivata a casa te li faccio avere subito, che ne dici?= . Questa valanga di parole che all’inizio mi aveva quasi rimbambito nel momento stesso in cui si è fermata m’ha fatto accendere una lampadina nella testa e allora ho risposto: =ecco cara, l’avrei fatto volentieri ma ho appena il denaro per tornare a casa, altrimenti ben volentieri…=, lei = che peccato. Vedrò di arrangiarmi in qualche altro modo, va bene, fa niente, ciao, ci vediamo eh? =Io, zitto, fra di me “speriamo di no”. A mia memoria, la gentildonna non l’ho mai vista nè conosciuta.
Mi chiedo, mi avrà scambiato per qualcuno di sua conoscenza oppure ci prova con chiunque incontra per la strada?
O avrò la faccia da fesso?



giovedì 5 dicembre 2013

LA CONGIURA DELLE SVEGLIETTE

Due anni fa ho dato il benservito a Guendalina (Guen) il mio più che trentenne orologio-sveglia ormai non più funzionante a dovere ed ho acquistato al suo posto un piccolo orologio da tavolo (sveglietta), quadrato, 5 cm per ciascun lato, color verdolino pallido e l'ho posizionato in cucina. Mentre durante il giorno se ne sta lì buono buono la sera invece, dopo le ventidue, lo porto nella mia stanza, con la sveglia messa a tacere tanto a me non serve, perché capita che alcune volte di notte io mi svegli e controlli l'ora per non alzarmi né troppo presto né troppo tardi. Verdolino però ha un difetto e cioè che i numeri arabi dall'1 al 12 posti sul quadrante sono poco visibili specialmente di notte anche se lascio uno spiraglio di luce esterna che sin dalla sera proviene da un lampione stradale proprio di fronte la finestra della mia stanza. Di conseguenza ho aquistato da poco, presso un negozietto gestito da cinesi vicino casa mia,un altro piccolo orologio da tavolo
(sempre sveglietta),anch'esso quadrato, 5 cm per ogni lato, color grigio fumo di Londra ma con i numeri dall'1al 12 grossi e ben visibili di notte sempre senza sveglia per il motivo già detto. Prezzo euro 2,90. La cosa un po' strana di queste due svegliette è il loro rispettivio ticchettio, silenzioso sì ma, se le accosti all'orecchio il Verdolino offre un tic-tac molto marziale e lento mentre Lum-Liang, la sveglietta acquistata dai cinesi, un tic-tic piuttosto svelto ma in punta di piedi. Un vero peccato che Lum-Liang poco tempo fa mi sia caduta in terra e si sia divisa in due parti però è rimasta sempre funzionante. Fino a questa notte però in quanto ad un certo punto mi sono svegliato ed entrambe (o entrambi, a scelta) le due svegliette segnavano lo stesso orario: 03,15. Poco male, mi dissi, intanto non mi alzo. Infatti mi sono addormentato di nuovo e mi sono svegliato quando dalla finestra filtrava la luce del giorno. Guardo Lum-Ling e Verdolino ed entrambe segnano la stessa ora della notte: 0.3,15 invece di un orario più corrispondente all'inizio della giornata. Come mai?
Alla fine ho capito.
Le due svegliette da ieri sera, quando mi sono infilato a letto, si sono messe a congiurare alle mie spalle contro di me.
Però mi sono accorto più tardi di aver commesso io un errore in quanto la sera prima di infilarmi a letto le ho poggiate entrambe sul loro lato sinistro anziché diritte.
E bravo il congiurato numero tre!



lunedì 2 dicembre 2013

LA NINA...

la Pinta e la Santa Maria. No, no, non è la storia di Colombo e della sua impresa è che quando ho voglia di parlare con Nina e la chiamo, subito mi tornano in mente, come un ritornello, i nomi anche delle altre due delle tre famose caravelle. D’altronde dopo oltre 50 anni di lavoro nella marina mercantile e dopo aver vagato per tutti i continenti di questo nostro mondo credo di avere il diritto di godermi lo spazio di vita che mi rimane. Quando iniziai quel lavoro avevo meno di 18 anni e facevo il mozzo. Poi naturalmente col passare degli anni ho fatto carriera se così si può definire. Adesso sto tranquillamente in pensione. Insieme alla mia dolce e cara Nina. Viviamo in un piccolo locale a livello strada composto di un unico stanzone di circa 60 metri quadrati con annessi due microscopici servizi: angolo cottura e gabinetto. Era un ex bar che non ha avuto molta fortuna ed il proprietario delle mura, mio vecchio ed ottimo amico, lo ha concesso gratuitamente a me e Nina in cambio di piccole faccende che gli sbrigo quotidianamente. Lui d’altra parte è proprietario dell’intero palazzo . Quando non sono impegnato con le faccende, mi siedo su di una comoda sedia a sdraio, leggo qualcosa o ascolto musica di qualsiasi genere e guardo di sottecchi la mia Nina (anche lei non scherza con l’età) che, immancabilmente tutti i giorni, con o senza sole, freddo, pioggia, vento, se ne sta seduta sulla soglia della nostra dimora osservando attentamente tutto ciò che le passa davanti, senza battere ciglio. Mi diverto un mondo a guardarla e mi sono sempre chiesto cosa le passi per la testa perché sembra che nulla la smuove, la stupisce o la interessa. Sembra! Perché invece non è così. La raccolsi in strada che era appena più grande delle mie mani, un ciuffetto di peli bianchi, rossi e marrone. Il risultato di chissà quanti incroci di chi l’ha messa al mondo. Mi è stato detto, da chi se ne intende, che dovrebbe essere un’ottima cacciatrice, ma io, che non amo la caccia, ho sempre pensato che Nina, la mia adorata cagnolina, avesse invece un’altra indole. Lei, sin da piccola, ha avuto il fortissimo desiderio di essere carezzata, di sentire accanto a sé la mia continua presenza tanto che, ormai non posso più evitarlo, quando la sera mi metto a letto per dormire lo trovo già occupato poiché gradisce molto i miei piedi sulla sua pancia e me lo ha fatto capire da sempre, con il suo uggiolio dal tono soddisfatto. D’inverno non che la faccenda mi dispiaccia anche perché in casa non c’è riscaldamento, ma d’estate diventa un problema ed allora abbiamo raggiunto un accordo: lei si sdraia sempre sul mio letto però fuori del lenzuolo ed il più lontano possibile dalle mie estremità. La sua indifferenza a tutto ciò che la circonda è soltanto apparente. Ho avuto numerose prove circa le sue straordinarie doti d’intelligenza, d’intuito, d’udito e di chissà quanto altro ancora perché io, malgrado tutti questi anni trascorsi insieme, non la conosco così bene così come lei conosce me. Si accorge persino di che umore sono in qualsiasi momento della giornata perché non mi perde mai di vista. Salvo quando, due volte il giorno, di primo mattino e all’imbrunire, si alza da dove sta seduta immobile tutto il giorno, mi rivolge uno sguardo d’intesa per farmi capire che starà via soltanto per poco tempo e se ne va trotterellando per il suo giro intorno al palazzo, annusando tutti gli alberelli posti sul marciapiede del viale di casa e di quelli dei palazzi vicini. Non porta museruola e non le ho mai messo il guinzaglio, ha soltanto un collare con una piastrina identificativa. Ho tentato varie volte di farla venire con me nel vicino parco pubblico dove esiste un ampio spazio proprio per i suoi simili, ma lei preferisce starsene in casa e quando io mi allontano sento il suo sguardo sulla mia nuca: non mi perde di vista neppure per un attimo. Nina non è alta, non credo che superi i 50 centimetri da terra. In verità non l’ho mai misurata, è un po’ grassottella e non l’ho mai vista digrignare i denti né sentito il suo abbaiare. L’ho sentita lamentarsi soltanto una volta, credo sette od otto anni fa, quando rimase incinta e partorì tre cuccioletti che io dovetti affidare ad un ente preposto. L’ho fatto però con il suo tacito benestare. Da allora non è più successo: non dà e non desidera alcuna confidenza da parte di nessuno dei suoi simili. Forse si è adeguata al mio carattere. Io non sono sposato non perché non l’abbia voluto, ma il mio mestiere mi ha sempre costretto fuori casa ed anche se è stato bello, divertente ed interessante girovagare in lungo e in largo, ora ne subisco le conseguenze. In certi momenti mi tornano in mente alcuni versi di “Piazza Grande” una canzone di Lucio Dalla, uno dei miei cantanti preferiti, che fa proprio al caso mio: “una famiglia non ce l’ho e la mia casa” (è questa qua) “con me di donne generose non ce né, ho rubato l’amore” (in tutti i porti in cui hanno attraccato le navi dove ho lavorato) ”a modo mio avrei bisogno di carezze anch’io, a modo mio avrei bisogno di sognare anch’io”, (d’altra parte) “quello che sono l’ho voluto io ma la mia vita non la cambierò mai”. Anche perché di tempo non ne è rimasto molto sia per me sia per Nina. Nel caso io dovessi lasciarla per primo, devo pensare ad una soluzione favorevole per lei. Chiederò l’aiuto a qualcuna delle numerose persone che transitano quasi tutti i giorni dinanzi la nostra casa e non ci fanno mai mancare i loro buongiorno-buonasera e le domande sullo stato delle nostre condizioni di salute e di vita (forse siamo considerati dagli altri una sorta d’istituzione se non del rione almeno della strada, tipo San Rocco e il cane). Per fortuna con la mia pensione possiamo andare avanti abbastanza bene e non abbiamo grosse spese da affrontare salvo quelle per il sostentamento giornaliero. Ormai conosco perfettamente i desideri ed i gusti di Nina e lei conosce i miei. Quando qualche volta cambio volutamente il menù del giorno, lo faccio solo per divertirmi osservando la sua espressione interrogativa come se mi chiedesse se può fidarsi di quello che preparo. Siccome però non è stupida prima di mangiare aspetta che lo faccia io e… non credo che sia per una questione d’educazione o di rispetto per la precedenza che secondo lei mi sarebbe dovuta non capisco secondo che cosa. Molto spesso parlo con lei commentando gli articoli che leggo sui quotidiani o quelli che ascolto dalla radio (per fortuna non possiedo televisori, computer, telefoni di nessun tipo). Quello di cui veniamo a conoscenza attraverso quei mezzi, ci basta ed avanza. Mi chiedo come la pensa Nina politicamente. Può sembrare una domanda cretina ma quando noto le sue espressioni nei momenti in cui leggo ad alta voce gli articoli mi viene da pensare che anche lei riflette sul contenuto di quello che riporta la stampa. Deve avere senz’altro la sua personalissima opinione al riguardo. Non la esprime perché potrebbe essere diversa dalla mia e quindi preferisce tenersela per sé. A volte, seguendo il filo di questi ragionamenti mi chiedo se io non stia per dare i numeri, ma poi ci penso bene e mi dico che c’è in giro di molto peggio. Ogni tanto quando provo un po’ di nostalgia, racconto a Nina il mio peregrinare per i mari e gli oceani. Ho avuto sin da bambino la passione per il mare, da qui, credo, mi è balenata l’idea di battezzare Nina col nome di una delle famose tre caravelle. Di episodi ancora ne ricordo parecchi e quando mi viene voglia chiamo Nina, le premetto che sto per raccontargliene qualcuno. Lei si mette a pancia in giù sul pavimento in una strana posizione come se stesse per nuotare, poi mi guarda fisso con quel suo musetto appuntito rivolto verso di me e strizza gli occhi in continuazione. Sembra che mi dica di sbrigarmi a raccontare, non vuole stare troppo nell’attesa che io cominci. Gli episodi che più gradisce sono quelli in cui racconto le vicissitudini mie e di altri degli equipaggi di cui ho fatto parte per riuscire a pescare qualcosa durante la navigazione. Ho tanto l’impressione che anziché da caccia Nina sia un cane da pesca. In fondo io e Nina formiamo una coppia - vecchia e forse un po’ strana dato che io ho due gambe e lei quattro zampe - ma ci vogliamo bene e per i giorni che ci restano ci faremo sempre compagnia. Quando poi lasceremo questa terra chi può dire che non ci si riveda? Nina ne è sicura, io un po’meno.