lunedì 26 gennaio 2015

QUEL SIMPATICONE...

...del cane dei miei vicini. Per la verità io sto al primo piano e loro, mi sembra, al terzo o quarto piano del fabbricato dove abitiamo. Sono l'abitante che vive qui sin dal 1969 (il più antiquato) mentre loro, genitori e tre figli, forse, se non ricordo male, soltanto da una quindicina di anni. Ottime persone, cordiali e corrette.
Circa quattro anni fa aggiunsero al loro nucleo familiare un simpaticissimo cagnolino che, con il trascorrere del tempo è diventato un bel canone. Il suo nome è GIGGI e lo hanno volutamente chiamato così perché qui a Roma Giggi sta per "Giggi er bullo", il soprannome di un personaggio caratteristico romanesco noto per i modi in cui si atteggia in alcuni frangenti. Per tutta la durata della giornata Giggi non si vede e non si sente, come se non vivesse nel nostro edificio. Ma "due volte al dì invece sì". Il bullo si fa sentire, altroché se si fa sentire e in due orari precisi: 13,30 e 20,00. Abbaia così forte che credo lo sentano a chilometri di distanza ma, qui sta la cosa strana, il suo comportamento è, a dir poco, singolare. Tra me e me mi sono ripromesso di volerne comprendere bene il perché.
Un giorno, verso le 13,30, sto rientrando a casa e, dopo aver aperto la vetrata posta dopo il portone d'ingresso, la richiudo senza accorgermi che nello stesso momento l'ascensore è arrivato al pianoterra e la giovane figliola dei vicini, con Giggi al guinzaglio, sta preparandosi per uscire in strada.
Ci salutiamo e ci scambiamo alcune frasi di circostanza mentre Giggi, il canone, fremente, è tutto proteso verso la vetrata muovendo le zampe come se stesse ballando il tip tap. Ogni tanto si ferma e volge il muso verso la giovinetta che lo tiene al guinzaglio, quasi implorandola con gli occhi. In parole povere, non vede l'ora di uscire in strada. Mi rivolgo alla giovane per invitarla a dare ascolto
al desiderio del suo canone e pertanto svanisce il mio di desiderio di volerne sapere di più su Giggi.
Sì perché appena esce dal portone e messo le zampe in strada comincia ad abbaiare furiosamente. E seguita a farlo per tutto il tratto di strada fino a quando non gira l'angolo, dopo di che silenzio, ma un silenzio talmente assoluto che quasi preoccupa. Dopo di che il bis alle 20,00. E così tutti i giorni dell'anno.
Sono arrivato a due conclusioni, la prima: Giggi ha le sue esigenze e quindi ha mille ragioni di voler uscire in strada per le due rituali passeggiate. La seconda: a Giggi stanno sulle scatole i due TG DI RAI UNO, QUELLO DELLE 13,30 E QUELLO DELLE 20,00. Ergo preferisce passare il tempo altrove e non a casa.

lunedì 19 gennaio 2015

COSE CHE ACCADONO, VA BENE, PERO'...

...qualche domandina è opportuno che me la ponga e cioè:
-perche?
-Come?
-Ha qualche significato?
Io sono un abitudinario testardo a volte persino paranoico ma il motivo è che così agendo evito di dimenticare almeno le cose più indispensabili per non chiedere aiuto al prossimo. Ed ecco soltanto tre piccoli esempi di cose che mi sono accadute di recente.
Vado per ordine:
1) il fazzoletto. Il mio abbigliamento casalingo consiste in un paio di calzoni leggeri o pesanti a seconda delle stagioni e da un sopra che a volte è una maglietta altre un tipo di giacchetta con tre o quattro bottoni, senza colletto. Il fatto dolente è che non ci sono tasche. La fabbrica di tali indumenti ha voluto risparmiare nella confezione oppure ha pensato che chi usa l'indumento non si raffredda mai e quindi non ha bisogno di un asciuganaso? Per porvi rimedio inserisco un fazzoletto nei pantaloni che per mia fortuna hanno un elastico invece che bottoni o laccetti e pertanto lui resta lì fermo. Quando mi spaparanzo la sera per vedermi qualcosa di decente e interessante in TV allora poggio l'asciuganaso alla mia destra, a portata di mano. Un paio di sere fa, spenta la TV, mi preparo per infilarmi nel letto, vado per prendere il fazzoletto e non lo trovo. Cerco a destra, a manca, sopra, sotto, davanti, dietro, nulla. Sparito. Lo cerco per buoni dieci minuti, niente. Sto per rassegnarmi quando all'improvviso vedo il ricercato sempre accanto dove ero seduto prima ma a sinistra invece che a destra. Naturalmente lo rimprovero ma tace, preferisce adottare la tattica del silenzio e avvalersi della facoltà di non rispondere;
2) gli occhiali. Quando me li tolgo la sera prima di spogliarmi per mettermi a dormire o la mattina per rivestirmi, li poggio sempre sul ripiano di una libreria.
Ieri mattina mi sono alzato, rivestito e pronto a mettermi gli occhiali ma dove sono? Scomparsi. Li cerco disperatamente per tutta casa, niente. Mi rassegno, prendo un paio di occhiali di riserva adatti solo per leggere quando mi accorgo che gli occhiali titolari sono lì dove li poggio sempre. Ehi dico, mascalzoncelli, dove siete andati? A fare un giretto? Silenzio di tomba.
3) il miele. La mia colazione mattutina consiste in una tazza di TeAti con dentro un cucchiaino di miele millefiori e qualche fetta biscottata. Niente caffè e neppure zucchero. Il barattolo del miele è poggiato sul ripiano di un mobile da cucina e ciò da saecola e saeculorum tanto che anche a luci spente o ad occhi chiusi basta che allunghi la mano e lo faccio mio. Questa mattina però non è andata così in quanto il barattolo con il miele non era al solito posto. E dove sarà? Qualcuno gli ha cambiato posto? Mi metto alla sua ricerca nei pensili, nei sottopensili, per controllare meglio apro e chiudo complessivamente quattordici sportelli ma senza ottenere alcun risultato. Saranno venute le api con in testa l'ape regina a riprendersi il frutto del loro lavoro? Mi rassegno, siedo, metto il te nella tazza e, dando un ultimo sguardo alla ricerca del miele perduto ecco che lui è là, dove sempre è stato e che, beffardamente, mi saluta.
Insomma: coincidenze? Illusioni ottiche? Rimbambimento? Forse le tre insieme? Chissà.

lunedì 12 gennaio 2015

TI VOLEVO SCRIVERE...

...per dirti bentornata nella tua casa, dai tuoi cari, fra le tue cose.
Penso che era ciò che più desideravi, ma anch'io credimi perché questo mi avrebbe tranquillizzato molto. Quando poco prima della tua partenza mi chiedesti di astenermi dal contattarti sia per telefono che per iscritto non mi sono adombrato giacché mi affermasti che in questo modo avresti meglio affrontato il problema. Io ho compreso benissimo e mi sono attenuto scrupolosamente a quello che mi dicesti di fare o meglio di non fare. Sapessi però quante volte mi è venuto l'impulso di farlo. Ho commesso oggi l'errore di rispondere al cellulare credendo che eri te che chiamavi ed invece mi sono sbagliato. Nel frattempo mi contento di vedere il tuo viso ovunque io giri lo sguardo. Arrivo al punto di "vederti" scrutando il volto di alcune protagoniste di film o filmati, oppure incrociando giovani e meno giovani donne mentre cammino o mi reco in qualsiasi luogo. Insomma una specie di ossessione la mia in quanto le espressioni del tuo volto mi si affacciano continuamente dinanzi gli occhi. Come i tuoi di occhi scuri, le tue labbra carnose con quella superiore perfettamente delineata, le tue fossette sulle guance quando sorridi, i tuoi lunghi capelli castani che coprono il tuo bellissimo collo. Mi ha molto aiutato per l'attesa ciò che mi promettesti. Mi dicesti con tono affettuoso che dopo saresti venuta a trovarmi e che, avvertendomi qualche giorno prima, mi avresti precisato giorno ed ora in cui saresti arrivata in treno alla stazione centrale poiché ti avrebbe fatto piacere trovarmi al tuo arrivo.
Ed ecco allora immaginarmi come sarà quel giorno.
"""Sono lì in stazione, sulla pensilina accanto al binario destinato al tuo treno. Non appena si ferma vedo la tua mano sporgere dal finestrino del vagone a farmi un cenno di saluto perché tu mi hai riconosciuto tra la gente che si accalca lì vicino. Tu scendi dal treno, poi ci veniamo incontro e ci abbracciamo, di slancio senza dire una parola. Non è necessario chiederti com'è andato il viaggio o come stai. Il nostro corpo parla, il nostro cuore batte forte e questo significa tutto. Ti allontano un attimo il viso e ti guardo negli occhi: sono leggermente velati di lacrime ma il tuo forte carattere ha il sopravvento e sorridi quasi a voler prendere in giro te stessa per questo breve cedimento. Ci abbracciamo ancora più forte fino a farci male e ci baciamo. Poi ci stacchiamo, ci avviamo verso l'uscita e verso la tua temporanea residenza. Mi spieghi ancora una volta che sei qui per lavoro, che il tuo soggiorno sarà molto breve purtroppo e che coglierai l'occasione per trascorrere tutto il tuo tempo libero con me. Adesso però conta come sfruttare queste ore, da soli, noi due. Certamente ci abbracceremo, ci baceremo, ci ameremo insomma, prima, durante e dopo. Sono certo che tu sarai dolce e tenera mia affascinante creatura."""
COSI' SARA'.

mercoledì 7 gennaio 2015

ANALISI (e una voce di dentro)

A volte mi fermo ma non perché stia camminando e mi occorre fare una sosta, ma la faccio pur stando in casa e concedo uno stop a ciò che faccio: leggere, scribacchiare, vedere film sul pc o TG in TV. E allora mi ritornano in mente ricordi specialmente quelli di più antica data. Mi domando,ed ovviamente mi rispondo da solo, ma come ho potuto compiere un certo gesto o mettermi in certe situazioni? Oppure ricordare alcune piacevolezze giacché anch'io ho potuto vivere momenti che potrei senza dubbio definire favorevoli, positivi, qualcuno anche con rimpianti che in realtà non bisognerebbe averne pur avendo commesso errori che avrei dovuto evitare di fare. Dentro di me mi dico che sono tutte esperienze utili, direi necessarie perché servono a farti sempre di più apprezzare la vita sia quella passata che quella presente e, per chi può, anche quella futura. Adesso però mi chiedo ma perché sto facendo tutte queste elucubrazioni? Ad essere sinceri non lo so il perché mentre invece, questo lo so, dovrei starmene quieto e tranquillo anche con la mente, i ricordi, la fantasia e tutto il resto. Chissà forse sto tirando delle somme e capire, io per primo, che diavolo ho combinato nella mia vita e per la mia vita. E se mi chiedessi se sono soddisfatto oppure no?Mi sa che è meglio tornare a qualche mia attività e non pormi ulteriori domande.Punto e accapo.
"Nel mio piccolo" probabilmente è una piccola frase piuttosto banale, detta e ridetta...(E ALLORA NON LA DIRE) = sì, forse sarebbe meglio...(APPUNTO) = però non riesco a fare a meno...(DI COSA?) = del fatto che questa piccola frase sveli in realtà una volontà ben precisa....(QUALE?) = quella di voler dimostrare il contrario...(SAREBBE A DIRE?) = quando qualcuno racconta di sé quale persona è oppure quello che fa o ha fatto...(CHE SUCCEDE?) = cerca sempre di far sapere di essere o di essere stato invece qualcosa di diverso, magari migliore...(NON CAPISCO) = mi spiego meglio... (BUONA IDEA) = è come se ci si volesse autostimare..(CHE C'E' DI MALE?) = c'è perché dovrebbero essere gli altri a dire chi sei e come sei... (QUESTO NON E' POSSIBILE) = perché mai? (PERCHE' SOLO SE STESSI POSSONO CAPIRE IN REALTA' CHI SONO E COME SONO) = certo, ma devono dirsi la verità e conoscersi a fondo...(NON LO FARANNO MAI, NON AMMETTERANNO MAI I PROPRI DIFETTI MENTRE FARANNO DEL TUTTO PER FAR MOSTRA DI QUALCHE PREGIO) = mi viene da ridere...(CHE C'E' DI COMICO?) = è che sto pensando alla frase "nel mio piccolo" la quale, f isicamente parlando, non solo è adatta a me data la mia statura ma lo è anche riguardo al mio quoziente d'intelligenza e di cultura... (VA BEBE, PIANTAMOLA QUI) = perché? (SEMPLICE, PERCHE' SPERI COSI' DI SENTIRTI SVIOLINARE CON LE VARIE FRASI CHE SI E' SOLITI USARE IN QUESTI CASI: " MA CHE STAI DICENDO"...TU SEI BEN ALTRO"..."TU SEI QUESTO"..."TU SEI QUELLO"...E VIA COSI'. POSSO ANCHE AMMETTERE, E LO FACCIO, CHE SONO FRASI DETTE SINCERAMENTE E SPONTANEAMENTE, PERO' APPAIONO COME SOLLECITATE DA TE ANCHE SE INVOLONTARIAMENTE. CERCA DI ESSRE TE STESSO, COME SEI E NON COME VORRESTI ESSERE O APPARIRE CHE E' TUTT'ALTRA COSA).

venerdì 2 gennaio 2015

EPPURE NON SO DISEGNARE

Invece mi è riuscito di farlo - alla meglio - in un momento molto particolare della mia vita passata. Intendiamoci, non un quadro o qualcosa del genere, ma uno scarabocchio per dire la verità.
Verso la fine del 1998 a causa del mio terzo o quarto infarto mi trovavo ricoverato in ospedale, in una stanza a quattro letti del reparto di terapia intensiva ed ero in attesa di essere trasferito in un altro ospedale universitario presso il quale, dopo la coronografia già effettuata,dovevano sistemarmi con il triplice bypass e l'impianto, a sinistra del torace, di un pacemaker-defibrillatore.
La notte prima del mio "trasloco", come al solito non mi riusciva di dormire ed allora cercavo di far trascorrere il tempo girando lo sguardo dal mio letto a quello degli altri miei "compagni di sventura". Noi quattro eravamo tutti attaccati alle flebo e monitorati. Il "compagno" di fronte a me al disopra del suo letto aveva un monitor nel quale brillavano ad intermittenza alcune lucine di vario colore, credo uguale a quello che avevo io. Era notte inoltrata, buio pesto dappertutto tranne il brillare delle lucine dei nostri monitor e, in particolare, di quel monitor sopra il letto di fronte a me distante sette od otto metri. Mi balenò in testa un non so che. Cercai tra le mie cose che ad ogni ricovero ospedaliero mi porto da casa e riuscii a trovare una bic ed un foglietto non più grande di 10 centimetri sul quale erano già scritti i recapiti telefonici del mio medico di famiglia, di mio figlio e di casa mia. Mi accinsi a disegnare! Che idea folle. Ad ogni modo quello che venne fuori lo tengo ancora conservato, sebbene siano trascorsi oltre quindici anni,  e raffigura un uomo di spalle (un obbrobrio) e vicino ai suoi piedi un piccolo cane (altro obbrobrio), entrambi su un balcone munito di ringhiera a mezza altezza che si affaccia su di un lungomare (?) al di là del quale si nota la parte posteriore di otto cabine di uno stabilimento balneare. Il nostro sguardo, il mio e quello del piccolo cane, era rivolto verso il mare al di là delle cabine. Fantasticavamo entrambi.
Ma cosa m'è venuto in testa in quei momenti? Ancora oggi non mi riesce trovare una spiegazione.
QUI SOTTO L'OBBROBRIO ORIGINALE COMPLETO OVVIAMENTE SCANNERIZZATO