venerdì 30 marzo 2012

SMARRIMENTI E LAUTE RICOMPENSE

Nel fare il mio consueto rondò (o giro rotatorio) del mio Rione mi soffermo spesso a leggere alcuni piccoli manifesti scritti al pc e poi stampati, che trovo attaccati soprattutto nei portici e nelle

mura esterne dei fabbricati intorno al parco di Piazza Vittorio Emanuele II.

Alcuni sono scritti da studentesse alla ricerca di appartamenti data la vicinanza dell'Università La Sapienza e della facoltà d'ingegneria nei pressi del Parco Colle Oppio, altri invece da persone che hanno smarrito qualcosa.

Ma la maggior parte sono di gente che smarrisce i propri amici a quattro zampe e che a me sembra contengano gli appelli più accorati.

Mentre leggo tutto ciò a volte mi torna in mente l'episodio del monsignore del Vaticano al quale io e un mio amico, sedicenni o quasi, portammo il suo portafoglio che aveva smarrito e ricevemmo in cambio un ringraziamento, il saluto "andate con l'animo in pace", ma niente ricompensa.

Invece nei manifestini "smarrimento cani" si legge di offerte di laute ricompense.

Sono persino commoventi perché indicano il nome del cane, il suo carattere e come comportarsi nel caso del loro ritrovamento.

Ad esempio questa mattina ne ho letto uno dove si diceva che la cagnolina era molto timorosa e si indicavano tre diversi numeri di telefonini intestati a tre donne diverse. Come in altri simili manifestini, c'era anche la foto della cagnolina scomparsa, il suo nome e la frase sulla ricompensa.

C'è anche chi scrive di aver smarrito il proprio telefonino, la propria agenda, il portafoglio ecc.

Tanto per non farmi mancare niente anc'io circa quarant'anni fa smarrii la mia auto che sempre parcheggiavo sotto casa e ne andai a denunciare la scomparsa dai carabinieri. Solo che recandomi allo studio dove all'epoca lavoravo vidi la "mascalzona" parcheggiata nei pressi dove ero solito lasciarla. La sera prima avevo dimenticato di tornare a casa in macchina! Che figura penosa avevo fatto con il maresciallo dei carabinieri il quale, quando avevo fatto la denuncia, mi aveva detto che aveva dei dubbi sul presunto furto della mia Fiat 1100/R dicendomi "chi vuoi che la rubi un'auto di quel tipo". Credo di essermi anche offeso non per me ma per la mia Celestina 1100/R.

Da un paio di giorni proprio sul muro estermo della scuola vicinissima alla casa dove abito c'è uno di quei manifestini dove si legge l'appello di una persona che ha smarrito il proprio "iPad2" con tanto di contenitore in pelle.

Ma che robba è? Boh!

Meno male che io non so che vuol dire e sono certo che ove lo dovessi trovare non lo sfiorerei neppure con un dito per il timore che possa esplodere.

lunedì 26 marzo 2012

QUALCHE VOLTA MI COSTRUISCO UNO O PIU' SOGNI

Lo faccio sempre di pomeriggio. Mi accomodo bene, ad occhi completamente chiusi, senza dormire. Credo di fare questo perché mi sono accorto negli ultimi tempi che parlando con chiunque altro, di persona però, ogni volta che ciò accade mi sento leggermente meglio fisicamente. Sarà forse una questione psicologica? Non lo so, in materia sono un formidabile ignorante.

Inizio la "costruzione" con l'allestimento della scena, di solito un salotto, due comode poltrone una di fronte all'altra e, seduta, una donna che mi sta parlando.

Lo strano è che io non mi raffiguro. Forse è meglio.

La donna non ha un volto, il resto sì. Cioè non so mai chi sia e neppure a chi potrebbe somigliare perchè porta sul volto una specie di grande velo bianco non trasparente.

Per me una perfetta sconosciuta. Però mi parla, mi dice tante cose ed io ascolto intervenendo raramente.

Credo mi affascini, oltre la sua voce, anche quello che racconta e come lo racconta, con una intensità che quasi mi travolge.

Tutto ciò è molto strano poiché sono io che costruisco le frasi che dice e pertanto le conosco bene ma nonostante ciò l'ascolto.

Vorrei proseguire ma preferisco non farlo.

Però ieri ho voluto costruirmi un sogno completamente diverso da quello di cui ho appena scritto. Infatti si tratta di qualcosa che forse può considerarsi un desiderio, una necessità, una voglia pazza di colloquiare con qualche "personaggio" di quelli cioé che occupano le stanze del potere.

Mi immagino quindi di stare seduto in uno di quei salotti pseudo politici che si vedono quasi ogni giorno in una qualsiasi TV pubblica o privata con la differenza però che a parte il conduttore o la conduttrice, ci siamo soltanto io e il "personaggio" col quale vorrei tanto dialogare.

Niente pubblico osannante o ululante, bastano ed avanzano i telespettatori che, incuriositi, forse vorranno assistervi da casa.

Immagino di venir contattato dalla segretaria di redazione e le preciso che intervengo soltanto se domande e risposte non vengono annunciate e concordate in precedenza. C'è un po' di titubanza da parte sua ma poi si persuade e accetta.

Chi conduce presenta il "personaggio" e quale carica riveste, poi presenta me dicendo che sono un cittadino qualsiasi, estratto a sorte dagli autori di quel programma così diverso dal solito.

Come prima cosa chiedo di parlare e chiedo poi che, contrariamente a quello che succede in altre trasmissioni simili o quasi, venga osservato da entrambi un comportamento opportuno e utile per non accavallarsi quando uno di noi sta parlando, senza interrompere ed evitando di ripetere, a propria scusante, che deve interrompere perchè l'altro sta dicendo falsità. Questa è una grossissima baggianata, un modo di comportarsi ineducato e scorretto teso a confutare con ogni mezzo quanto viene detto dall'altro. Ognuno deve poter esprimere liberamente la propria opinione, qualunque essa sia, senza alcun condizionamento e soprattutto, ripeto, senza interruzioni.

E spiego anche il perché. A me sembra che coloro che partecipano a questi "incontri-scontri" abbiano frequentato, prima di entrare in politica, dei specifici corsi di addestramento per sapere come interrompere l'altro. Ecco quindi il vero teatrino della politica. Abbiamo assistito troppe volte a spettacoli del genere. Secondo me indecorosi.

Dopo questa premessa il "personaggio" si alza e se ne va senza nemmeno salutare.

È meglio far finire qui la costruzione di questo sogno.

Infine me ne costruisco uno un po' strano perchè lo accompagno con il risuonare di una musica nelle mie orecchie che nasce dalle corde di una chitarra che io suono cantando una serenata sotto una finestra. Di chi? Non lo so poiché non inserisco nel sogno la persona alla quale sto dedicandola.

Ad un tratto squilla il telefono e allora svanisce il sogno più breve che abbia mai costruito.

Meglio così.



giovedì 22 marzo 2012

PREGO...ENTRA ENTRA

A volte mi chiedo se c'è qualcosa in me – non riesco però a definire cosa – che mi fa stringere amicizia con alcuni caratteristici personaggi.

Potrà sembrare persino inventato ma lunedi scorso è venuto a trovarmi un amico poco più grande di me che sembra essere il fratello gemello dell'altro mio amico, quello di "pe' fatte breve er discorso" del quale ho scritto un po' di tempo fa. Intendiamoci non per i tratti somatici o per l'aspetto fisico, ma per il modo di dialogare. Lo stesso, identico modo. Sarà forse perché ci siamo frequentati tutti abbastanza a lungo e abbiamo quindi assimilato l'uno qualcosa dell'altro? Sta di fatto che quando c'incontriamo, io e questo quasi-gemello del precedente amico, ci ritroviamo a parlare delle stesse cose, come se le avessimo imparate a memoria e ormai stampate nella nostra capoccia. Sembriamo dei replicanti e penso che dobbiamo tutto ciò al nostro progressivo rimbambimento derivante dall'essere giunti alle soglie della quinta età.

Nei primi venti-trenta minuti dei nostri incontri ci mettiamo a parlare di questo, di quello e di quell'altro ancora. Poi passiamo inevitabilmente alla conta dei superstiti ancora in vita con frasi del tipo "ahò, lo sai chi è che è morto?" - "no" – "coso, come se chiama? Me sfugge er nome adesso" – "vabbe' me lo dichi quanno te lo ricordi" – "eppure ce l'avevo su la punta della lingua. Lo conosci pure te, coso, me sembra Albe', Umbe'...quarche cosa der genere" - "nun fa gnente, ne parlamo la prossima vorta".Così ogni volta che ci vediamo mi parla anche di questo, tanto c'è sempre un "coso" che ci lascia. Quindi arriva il momento di parlare degli acciacchi nostri e delle nostre rispettive consorti: un elenco lungo quanto mezza enciclopedia medica. Infine passiamo al suo argomento preferito. A dire la verità è anche il mio ma per lui è come un'ossessione. Non può fare a meno di tirare fuori dal suo armadio dei ricordi tutto quello che riguarda gli spettacoli teatrali.

Lui è nato a Roma come me però cinque o sei anni prima e ha quindi potuto frequentare con un certo anticipo i teatri di questa nostra città. Afferma convinto di averli visti tutti e io ci credo poichè in molti ci sono entrato anch'io, ma lui riesce a precisare le loro ubicazioni, i loro nomi e le successive trasformazioni prima in sale cinematografiche poi, purtroppo, in centri commerciali o destinati a tutt'altro uso. Quindi attacca con le compagnie teatrali iniziando da quelle di sessanta anni prima ed elenca di ciascuna di esse nome e cognome del comico, della spalla, della soubrette, del cantante, del presentatore, etc. Soltanto però del cosiddetto teatro leggero: avanspettacolo, commedie musicali, riviste. Ne parla estasiato ed io, ricordando il precedente amico, ascolto in silenzio tanto è perfettamente inutile che dica qualcosa. Sono certo che in quei momenti non sta parlando con me, ma forse si rivede nei palcoscenici e nelle platee di quei teatri e gli brillano anche gli occhi. Ciò che mi meraviglia, ma col passare del tempo non me ne sono meravigliato più poichè si dice che sia abbastanza normale, è che lui si rammenti perfettamente di quei tempi trascorsi in teatro, ma se gli chiedo cosa ha mangiato a pranzo seraficamente mi risponde che non se lo ricorda. Uguale a me, preciso. Poichè ho assistito anch'io a non pochi spettacoli teatrali di quell'epoca i nomi di coloro che partecipavano tornano in mente anche a me e pertanto cerco di dirgli questo o quel nominativo, ma lui non si accorge neppure che io sia lì e che siamo seduti in quella stanza l'uno accanto all'altro.

A volte cerco di approfittare dei momenti in cui deve tirare un po' il fiato per dire anch'io qualcosa sullo stesso tema di cui si sta dialogando, per modo di dire poiché è soltanto un suo monologo, ma lui mi blocca subito con queste parole: "aspetta, aspetta se no me ne scordo" e riattacca imperterrito.

Dice sempre "nun vorrei esse ripetitivo" e invece lo è, al 100x100. È molto curioso che tutto ciò non m'infastidisca per niente, anzi mentre lui continua il suo monologo o soliloquio io torno a riflettere sui fatti miei.

Una coppia di amici un poco strana la nostra.





domenica 18 marzo 2012

PASQUALE MIO MA CHE T'HA PRESO?

Da poco più di un mese Pasquale non è più il solito. Affettuoso, buono, cortese, gentile ecc, no, non è che lo sia stato, ma adesso è peggiorato.
Al mattino sono in piedì già pronto per mettermi seduto davanti a lui, lo faccio qualche volta alle sette, qualche altra mezz'ora dopo ma è proprio in quei momenti che cominciano i dolori di Pasquale.
Come lo metto in funzione inizia un rumore che sembra quello di una moto di piccola cilindrata che gira per la mia stanza. Forse il paragone è un po' esagerato ma il rumore si sente, altroché se si sente.
Quello che mi preoccupa è che non si era mai verificata una cosa del genere.
Questa è la cronologia dei fatti in questione: mi metto seduto alla scrivania, accendo il pc-Pasquale, lo connetto alla rete, appare il desktop con tutte le icone al loro posto, come sempre, e subito succede il quarantotto.
Sì perché qualche volta capita che oltre al rumore fastidioso Pasquale decide di prendersi una pausa, breve o lunga, a seconda di quale umore è quel giorno.
Due giorni fa si è fermato troppo a lungo e allora io, parodiando Manzoni , gli ho chiesto
"Stai siccome immobile
hai dato il mortal sospiro?"

e lui, che evidentemente si è reso conto che aspettarlo non è cosa, mi ha suggerito di occuparmi d'altro, dicendomi
prendi l'automobile
e fatti un'altro giro .
Ma io l'automobile non l'ho più da oltre vent'anni.
Non me l'aspettavo questo da lui anche perché da gennaio dello scorso anno, ogni tre giorni gli faccio l'aggiornamento della scansione antivirus (me l'hanno insegnato altrimenti se lo sognava).
Il tecnico non lo chiamo, Pasquale si potrebbe offendere.
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Qualcuno chiederà e anche se non lo fa lo dico lo stesso anzi lo ripeto, perché il nome Pasquale?
Perché così quanno che lo devo da apostofra’ je posso di’: "Pasqua’ ma che sta’ a combina'? Pasqua’ ma che sta’ a fa'? Pasqua’ ma chi te capisce?" Me pare più amichevole no? Er fatto è che lui s'incacchia. Me ne dice de tutti li colori o me lo manna a di'. E io allora lo tratto a pesci in faccia sissignore, quanno ce vo' ce vo'. Na vorta m'ha detto: "e a me che me n'importa, tanto mica so' Pasquale io" (ha imparato dal grande Totò).
*******
Assodato il fatto che il PC offre numerose possibilità come quelle ad esempio di poter scrivere molte cose, poi rileggerle, eventualmente apportare correzioni ove necessitano, variare il carattere della scrittura in varie forme, grassettare, sottolineare o mettere in corsivo parole e frasi alle quali si vuole dare un più marcato ed intenso risalto, ritengo, personalmente, che sorgono però vari problemi. Per uno come me che è una specie di scribacchino e per di più dilettante, naif e istintivo, che fine fanno l'immediatezza nel tradurre in scrittura ciò che rimugina in mente per poco o tanto tempo, la spontaneità, il permettere che la mano segua il suo istinto di correre sul foglio bianco senza mai rivolgere lo sguardo indietro e quindi evitare la rilettura? Pura utopia, d’accordo, ma sarebbe il non plus ultra della libertà della fantasia, il suo completo realizzarsi.

giovedì 15 marzo 2012

LA CROSTATA

Purtroppo da un po' di tempo – a dire la verità un bel po' di più di quel po' – (forse mi sono un tantinello incartato) mì è arrivato un gran desiderio di dolci, dolciumi e dolcetti che in realtà prima non avevo.
Fortunatamente dai risultati delle analisi che faccio con una certa frequenza non appaiono segnali di pericolo circa le conseguenze che potrebbero nascere dal consumo di tali leccornie e simili.
Ieri mattina mi sono svegliato con una voglia di dolce che non finiva mai. La colazione con latte e fette biscottate – senza caffè e zucchero – non mi ha soddisfatto per niente. Colazione sana,non dico
di no, ma anonima, senza personalità. Si dirà, ma che c'entra? Niente però mi piace la frase.
Ricordando di avere scritto tempo fa una ricetta per fare in casa la crostata con marmellata di albicocche copiata da internet e arricchita con i preziosi suggerimenti di alcune amiche blogger, ho preso una decisione: oggi la voglio a tutti i costi.
Di solito la signora che assiste mia moglie ci pensa lei a farla ed anche bene ma poichè ieri era una giornata piuttosto impegnativa per entrambe, ho preso un'altra decisione: la crostata me la faccio da solo.
Vedendomi armeggiare in cucina – di solito là ci vado soltanto quando è ora di colazione, pranzo o cena – lei mi chiede
= cerchi qualcosa, dimmelo ti posso aiutare
= no, no, tranquilla, guardo soltanto se abbiamo tutto...
= tutto di che?
= poi te lo spiego, adesso esco...tra un'oretta ritorno.
In casa infatti c'è tutto il necessario per lo scopo prefissomi: farina, burro, zucchero, uova, sale, limone per grattuggiarne la buccia, marmellata proprio di albicocche, pane degli angeli vanigliato per dolci e anche un flaconcino di aroma di vanigla. Meglio di così non potrebbe andare.
Rientro a casa che è già ora di pranzo e, seduti a tavola, l'una di fronte all'altro, io le comunico la novità
= verso il primo pomeriggio faccio la crostata d'albicocche...
Lei mi guarda con uno strano sguardo negli occhi e poi dice
= ah, bene, non vedo l'ora di vedere il risultato, hai bisogno d'aiuto?
= non preoccuparti, ho tutto sotto controllo.
Alle 15.00 passate lei viene nella mia stanza non ricordo per quale motivo, si accorge che sto leggendo la "ricetta" della crostata, me la chiede in prestito per un momento – molto probabilmente perché forse prima l'aveva cercata tra le molte altre – la legge e me la restituisce. Non pronuncia una parola però mi sembra stia sorridendo un po' beffardamente. Dopo che è uscita mi rileggo la ricetta, vedo se c'è scritto qualcosa di comico da me riportato tempo prima ma non mi sembra.
Mi accorgo che sta in cucina,dò una sbirciatina e vedo che sta preparando chissà cosa. Forse forse?
Proprio così, faccio finta di niente ma osservo le mosse, sento dei rumori che indicano movimenti vari e capisco che ha preso lei la decisione di fare quella tanto desiderata crostata.
Quando poi inizio a sentire un profumo provenire dalla cucina, con la mia solita faccia tosta mi alzo, vado in cucina e le dico
= che stai facendo? Ma come, ho detto che la facevo io?..
= tu stai meglio seduto davanti a Pasquale, per il resto lascia fare a me.
In breve. È quasi ora di cena, e sul tavolo oltre alla crostata anche una torta quadrata di cioccolato coperta ancora di cioccolato. Credo si chiami glassatura.
Mi viene in mente una frase tratta dalla canzone napoletana "a cammesella" che ancheTotò cantava e quindi canticchio "sia benedetta mammeta quanno te..."

lunedì 12 marzo 2012

UN AMICO CHE NON SAPEVO DI AVERE

Almeno fino a questa mattina.
Il tempo me lo permette e allora alle 10.00 esco di casa e inizio il mio quotidiano giro per il Rione dove abito, non interamente certo sarebbe troppo, però abbastanza per completare l'ora della mia "libera uscita" solitaria.
Benché non abbia con me orologi né da polso e neppure da tasca – ho preso questa decisione a dir
poco circa trent'anni fa perché? non lo so e non me lo domando – puntualmente alle 11.00 sto già rientrando alla base.
Attraverso la strada passando sulle strisce pedonali senza problemi grazie a tre auto che si fermano cortesemente tanto che io, come al solito, ringrazio togliendomi la coppola. Ho il timore che qualche volta ci sarà un/una automobilista che magari mi prenderà pure in giro, ma non importa.
Per arrivare al portone di casa mancano ormai non più di cinquanta metri quando m'imbatto in uno
stormo di piccioni che, sul marciapiede, stanno banchettando con numerose briciole forse di pane o
di chissà cosa.
Dal gruppo se ne stacca uno che, per nulla impaurito, si mette a zampettare accanto a me come un cucciolo. Mentre cammino lo osservo per un po' ma lui imperterrito continua a camminarmi a fianco. Penso fra me e me -adesso se ne andrà- ma lui niente, ogni tanto volge lo sguardo a destra e a sinistra sempre proseguendo la sua passeggiata in mia compagnia.
Giunto sotto casa, mi fermo, si ferma anche lui e allora, rischiando di essere preso per scemo da chi transita facendo il mio stesso percorso, gli dico: "amico mio cerchiamo di capirci, io non sono San Francesco e, per quanto ami gli animali – i bipedi no, mi dispiace, soltanto i quattro zampe-
passeggiare con un piccione accanto non è che mi faccia molto piacere".
Lui, l'amico piccione, resta fermo lì, ovviamente non parla però tuba e, forse sarà perchè inizio a dare i numeri, mi sembra che lo faccia dandomi l'impressione che si sia persino incavolato.
Questa è la volta che mi rinchiudono perché gli rivolgo ancora la parola usando un tono di voce il più amichevole possibile e sottovoce gli dico: "facciamo così, io domattina alla stessa ora passerò su questa stessa strada, se non hai altri impegni ci vediamo domani va bene? Ciao caro".
Senza voltarmi, raggiungo il mio portone, apro e volo – per modo di dire – a prendere l'ascensore.
L'amico-piccione avrà capito? Spero di sì.
E se fosse la reincarnazione di qualche amico che non c'è più?
Ho capito...Mi sa che devo chiamare il 112, il 113 o il 118.

mercoledì 7 marzo 2012

MI RICORDO DI BEGIN THE BEGUINE perché...

...é una canzone americana ben nota a molti ma io ne ho una rimembranza particolare.
Iniziai a conoscerla nel 1944, al tempo della liberazione di Roma da parte degli americani e soci – inglesi, polacchi ecc – ma non era il solo motivo musicale in voga a quell'epoca. Ricordo "In the mood", "Rosamunda", "Strangers in the night" ed anche "Lilì Marleen" che era stata adottata dai soldati tedeschi ma gli americani non se la lasciarono sfuggire. Amici e nemici su quella canzone erano d'accordo! Misteri della musica.
Ritornando a "Begin the beguine" il motivo per cui non riesco a dimenticarla è legato ad un fatto ben preciso e cioé che all'età di 19 anni la mia ragazza volle ostinatamente insegnarmi a ballare seguendo il ritmo di quel motivo che non compresi cosa fosse se un tango, una rumba, o chissà quale altro ritmo.
Lei lavorava come sarta-maglierista in un laboratorio privato di Via Frattina, vicino Piazza di Spagna, unitamente alle due sorelle proprietarie del locale e ad altre due ragazze.
Una sera che andai a prenderla al lavoro mi disse che per il giorno seguente, di pomeriggio, le due proprietarie avevano organizzato una festicciola con tanto di rinfresco per festeggiare non ricordo più chi o cosa.
Quando arrivai la festa aveva avuto già inizio e avevano messo anche un po' di musica per tale occasione.
Notai che di "maschietti" c'ero solo io e mi sentii un po' a disagio tanto che me ne volevo andare via ma non ci fu nulla da fare.
Si misero a ballare tra di loro mentre la mia ragazza insisteva perché partecipassi anch'io ballando almeno con lei ma ero e sono uno di "coccio" nel senso che non sono mai riuscito a farlo.
Ad ogni modo misero il disco di "Begin the..." e la mia ragazza iniziò la sua "fatica" con me che non ne volevo sapere. Lei tentava di farmi muovere a tempo di musica ma io "resistevo" e non mi smuovevo da una mattonella o, al massimo, da quattro mattonelle ben unite tra loro formanti un quadrato. Naturalmente tutte le "femmine" a prendermi in giro ma io cercavo solo di svincolarmi dalla mia ragazza e "svicolare" via da lì.
Da quella volta io e il ballo abbiamo sempre litigato.
Ricordo che una ventina d'anni fa mi trovavo seduto all'interno di una sala dove si stava ballando: era un pomeriggio danzante organizzato da certi amici tra i quali molti "spiroloni". Così li chiamiamo da queste parti, cioè quelli che, malgrado l'età piuttosto avanzata ancora riescono a piroettare come trottole.
Una signora mia coetanea seduta accanto mi apostrofò dicendo
= ti va di ballare questo valzer con me?
= spiacente cara ma non ne sono capace...
= va bene allora cha cha cha...
= già vai via? Allora ciao ciao ciao...
= ma che dici? È un ballo...
= lo so, sto scherzando.
Insomma quando c'è da ballare mi si intrecciano le gambe però, come una scimmia ammaestrata, almeno con BEGIN THE BEGUINE ci riesco.

domenica 4 marzo 2012

AMERICAN MOVIES...

...soprattutto gialli, polizieschi e thriller somigliano molto ai films muti in bianco e nero di Charlot di tanti anni fa. Certi personaggi e certe scene vengono proposti a velocità vertiginosa.
Ho detto più volte che a me piace quel genere di film ed anche i libri: gialli, legal-thriller, thriller, servizi segreti-spionaggio, però c'è un limite. Comunque un no deciso per biografici, fantascienza, guerra, horror. Da poco più di un anno mi hanno indicato un sito dove posso vedere parecchi film qui sul mio pc-Pasquale. Allora ,come faccio per i film in TV, scelgo soltanto quelli di mio gusto.
Quando li vedo alcune domande, forse molto ingenue, mi sorgono spontanee e cioé:
-possibile che i due protagonisti principali, lei e lui, anche se si sono conosciuti soltanto da qualche ora quando arriva la sera già si scambiano baci piuttosto voraci? Non passa neppure un minuto e, appena dentro casa, si strappano i vestiti di dosso e finiscono l'incontro a letto. Dimenticavo...prima però si fanno un antipasto in piedi, appena chiusa la porta di casa. E che diamine...mettetevi comodi e poi iniziate le danze.
-Tutti si fanno grandi bevute di birra ad ogni ora del giorno attaccandosi alla bottiglia o al barattolo. E non solo a casa ma anche al bar. Forse non ci sono più bicchieri negli U.S.A. ?
-In molte scene scorrono fiumi di whisky che i personaggi tracannano in continuazione. Devono forse riprendersi dal proibizionismo degli anni passati? E poi diventano appena più ebbri soltanto dopo averne scolato un'intera bottiglia. Mistero non risolto.
-Io non è che sono esente dal dire "parolacce" specialmente quando m'incavolo ma in certe scene ne
dicono talmente tante da dover vietare la visione del film ai minori di anni 70. Attirano di più?
-Gli inseguimenti con le auto durano un'eternità. Ma non restano mai senza carburante? Non parliamo poi di quando il film si gira a San Francisco, le salite e le discese sono montagne russe. E gli ammortizzatori? E, a proposito di auto, immancabilmente in ogni film una macchina salta per aria e fa un bel botto. A volte con comando a distanza.
-Le pistole sparano pallottole senza sosta, circa una trentina. Ma che sono mitragliatrici?
-Come mai quasi in ogni film c'è una discreto numero di poliziotti corrotti che smerciano la droga sequestrata, per non parlare degli infiltrati nelle varie organizzazioni?
-I "buoni" anche se prendono un sacco di botte, legnate, sprangate, pallottole ecc, al termine dello scontro con i "cattivi" rimangono vivi, al massimo con qualche ferita al torace, mai al cuore, qualche volta alle gambe. Dopo alcune sequenze del film, il "buono" circola per le strade accanto alla "bambola" tanto amata con al massimo un braccio al collo. Chiedo perché visto che a quel braccio non ha beccato nemmeno un colpo?
-Capita spesso che uno degli attori venga apostrofato non proprio dolcemente da un altro che gli passa accanto e questi, rivolto verso il primo, gli fa sempre questa stessa domanda "hai qualche problema?". Sceneggiatori qualche volta cambiatela questa domanda, vi prego. Per non parlare dell'usatissimo saluto con il dito medio alzato di una delle mani, moda bossi-daniela santanché. Un bel "te saluto core" non sarebbe più gentile?
-Perché di solito il serial killer è il più attraente degli interpreti come pure nel più raro caso di serial killer femmina?
-Ho fatto caso che un gran numero di personaggi in troppi film agisce, firma, scrive con la mano sinistra. Strano, troppi mancini, non che mi dia fastidio però ci dev'essere un motivo ma qual'è? Forse perhé hanno il tremore "essenziale" alla mano destra o, come credo, per questioni d'inquadrare meglio il tutto?
-La mia curiosità a volte mi ha spinto a voler conosere i nomi e gli incarichi di coloro i quali hanno collaborato alla lavorazione del film. Ho cercato di farlo leggendo nei titoli di coda chi e in cosa consisteva la loro opera. Non mi è mai riuscito, fanno scorrere quei titoli troppo velocemente. Ma perché quelli che hanno collaborato sono minimo un centinaio, quasi il doppio degli interpreti?
Per tacere di altre amenità del genere come la presenza in molti film di un "Quarterback", uno di quei giocatori del football americano, grande e grosso come un armadio.
Certo io sono l'unico sulla terra che dovrei starmene zitto perchè sono il primo a dover essere criticato ed a ragione, quindi non credo che ci sarà mai qualcuno che m'interpellerà per fare una recensione di quel tipo di film. Manderei fallite le case di produzione e di distribuzione.

giovedì 1 marzo 2012

INNOCENZA, INCOSCIENZA O CHE?

Avevo tra i 16 e i 17 anni e un pomeriggio io e un amico, mio coetaneo, stavamo tornando a casa percorrendo il breve tratto in salita di Via Nicola Salvi che da Piazza del Colosseo passando per via del Fagutale arriva fino a Via della Polveriera dove entrambi abitavamo.
La strada era deserta perché in quell'epoca le auto erano quasi inesistenti, circolavano soltanto alcuni tram e noi stavamo camminando sul marciapiede che costeggiava le rotaie di uno di quei tram che faceva capolinea in una piazza al quartiere San Lorenzo, ancora con tante macerie dei bombardamenti e arrivava, se non ricordo male, alla Stazione Termini.
Giunti a metà di quella salita mi accorsi che in terra c'era un portafoglio di pelle color marrone che
sembrava rigonfio. Lo raccolsi, insieme al mio amico, ne scrutammo il contenuto e notammo che non conteneva banconote ma soltanto documenti di vario tipo e alcuni foglietti rettangolari con sopra scritte delle cifre – in seguito apprendemmo che erano assegni – oltre ad alcuni santini sacri.
Ci guardammo intorno ma non passava anima viva. La gente era al lavoro oppure occupata a casa.
Non sapevamo quale decisione prendere se gettarlo via o consegnarlo alla polizia. Guardando più attentamente ci accorgemmo che c'era una documento d'identità con tanto di fotografia raffigurante un sacerdote. Aveva cinquant'anni, così dicevano i suoi dati anagrafici e, come professione la parola "prelato". Cercando ancora ci capitò in mano un foglio piegato in quattro e aprendolo vedemmo che era carta da lettera nel quale si poteva leggere che era indirizzata ad un certo monsignore – nome e cognome della carta d'identità – e un indirizzo "Città del Vaticano – Roma, via.......". A quel punto decidemmo di andare a quell'indirizzo, chiedere del monsignore e consegnargli il tutto con la speranza di ricevere qualcosa come premio.
Ci facemmo prestare i soldi per prendere il tram che allora erano due "circolare rossa e circolare nera", ma non ricordo su quale salimmo.
Tutto andò a gonfie vele nel senso che il monsignore, chiamato dalle guardie svizzere che lo avevano informato di due ragazzotti che parlavano di un portafoglio, si presentò sorridendo tutto soddisfatto, lo prese , si accertò se il suo contenuto era a posto, poi fece un sorriso di sollievo e disse:
"Grazie cari l'avevo smarrito...
È il Signore che vi ha mandato qui da me e io pregherò per voi...
Grazie ancora, andate con l'animo in pace".
Non ci dette niente e niente chiedemmo anche se le cose si erano svolte in maniera diversa giacché nessuno ci aveva mandato ma c'eravamo andati da soli sperando di tornarsene a casa con qualche liretta insieme all'animo in pace.