martedì 29 dicembre 2009

ANCHE QUESTO ACCADE - Una storia vera

Ho letto da qualche parte che, quando si è vecchi la vita dei sensi e dei sentimenti è morta e sepolta, consumata fino in fondo, MA PUO’ NON ESSERE COSI’.
Circa trenta anni fa Nino, il fratello di Teresa, una signora di mia conoscenza, alto ufficiale dell’esercito, sposato e padre di due figli, partecipò con i suoi uomini, come accadeva ogni anno, ad un’esercitazione militare in una zona dell’alta Italia. Solitamente queste esercitazioni duravano circa un mese.
Capitò che quella volta, alloggiando per l’occasione in un albergo fece la conoscenza con Velia la cassiera del bar dell’albergo medesimo, una giovane donna sposata . Tra loro nacque una tale simpatia che si trasformò dopo breve tempo in passione travolgente.
Il marito della giovane cassiera, Pietro, era un operaio il quale un certo giorno si accorse di questa storia e allora minacciò la moglie dicendole che se non avesse interrotto quella relazione avrebbe fatto una strage uccidendoli entrambi.
La storia tra i due amanti finì bruscamente.
Passavano gli anni e nel frattempo Pietro aveva migliorato la propria posizione tanto da diventare ricco e godere, lui e la propria moglie Velia, di un benessere mai sognato. Purtroppo non durò molto, giacché a causa di una malattia Pietro morì lasciando sola la moglie Velia.
Veniamo ai giorni nostri.
Non si sa bene come, ma i due, Velia l’ex cassiera e Nino, l’alto ufficiale, entrambi sulla soglia degli 80 anni, s’incontrano quasi per caso e iniziano a vedersi di nascosto.
Per un po’ di tempo tutto procede bene per i due colombi ma Pina la moglie di Nino inizia ad accorgersi della storia anche perché quando lui parla al telefono con l’ex cassiera lo fa a voce alta e quindi si sente chiaramente quello che il colombo dice alla sua bella: “Amore mio come stai…sì ci vediamo oggi”…e così via.
La consorte esasperata chiama Teresa, quella signora di mia conoscenza e le racconta ciò che sta combinando suo fratello Nino. Allora a sua volta Teresa chiama il proprio fratello, il colombo e lui, mortificato, si difende dicendo: “Noi non facciamo nulla di male… non andiamo a letto insieme, quando c’incontriamo parliamo e ci carezziamo soltanto ” .
E così per ben due anni.
Pina, la moglie di Nino, l’anno scorso è stata male e lui le è stato sempre accanto, per un intero anno. L’estate scorsa, per riprendersi, lei va per dieci giorni in una bella località della Liguria ospite di un’amica.
Nino allora approfittando dell’occasione programma qualcosa per il periodo di assenza della moglie. Rimane in casa buono buono solo per quattro giorni poi decide di trascorrere gli altri sei giorni insieme al suo amore, ma la moglie, furba, prima di partire ha calcolato tutto e si è premurata di avvisare i conoscenti del suo palazzo pregandoli, quando vedono la colombella d’ottanta anni di fermarla e di dirle che l’ex ufficiale non è in casa in quanto per suo espresso desiderio lui è dovuto andare in un’altra località.
Infatti è proprio ciò che avviene: la moglie ha visto giusto.
La colomba è fermata per le scale da un’amica e avvisata dall’assenza del colombo.
Lui invece sta in casa e aspetta il suo amore poi, vedendo che non arriva, dopo un po’ le telefona ma lei non vuole sentire ragioni e riattacca il telefono. Nino riprova tante di quelle volte fino a che finalmente Velia risponde ma per dirgli soltanto che non vuole più vederlo. Gli racconta che un’amica della moglie l’ha fermata mentre era in procinto di salire da lui e quindi ha capito che sua moglie sa tutto. Aggiunge inoltre che vuole essere lasciata in pace. Nino chiama sua sorella Teresa le racconta tutto e poi, avvilito, si mette a piangere e dice: “Non so quello che arrivo a fare se Velia mi lascia. Io l’amo tanto e vorrei che Pina capisse che il nostro amore non fa male a nessuno” Teresa gli risponde: “Nino, non puoi pretendere che tua moglie ti capisca, vuoi o non vuoi siete ancora sposati e certamente non ti darà la sua benedizione anche se non fate nulla di male. Ma ti rendi conto che tu giri per casa parlando a telefono con questa Velia chiamandola amore, luce dei miei occhi, tesoro…Questo non si fa”.
Qualche tempo dopo, una sera, Nino tutto felice richiama Teresa sua sorella e le dice che si trova
in un ristorante con la sua Velia giacché era riuscita a convincerla a tornare insieme poi, come se niente fosse gliela passa al telefono. Teresa colta alla sprovvista riesce a mantenere la calma e con molta gentilezza ma imbarazzata le augura la buonasera e avverte che anche lei è in imbarazzo. Nino aggiunge che una storia d’amore a questa età è molto bella e che vorrebbe l’approvazione della propria moglie e della famiglia in quanto Velia gli riempie la vita di luce mentre sua moglie è stata ed è una bisbetica. Lui, alto ufficiale dell’esercito in casa è trattato come se fosse un soldato semplice, tenuto inoltre a stecchetto anche sui soldi. Non dice però che essendo stato sempre un bell’uomo, di corna alla moglie ne ha messe a bizzeffe
Nino e Velia continuano la loro innocente storia d’amore mentre Pina sembra essersi rassegnata.
Quanto raccontato dimostra che l’età incide sul fisico ma non sui cuori.
*****
FELICE ANNO NUOVO PER TUTTI

sabato 26 dicembre 2009

SE NATALE DURASSE DI PIU'

Da un fatto vero
Nel tratto di strada dove abito c’è una grossa scuola comunale e statale che parte dal nido d’infanzia
e arriva alla scuola media, multi-etnica, frequentatissima, confinante con il condominio di cui fa parte la mia abitazione. Al lato opposto di questa strada che è a senso unico, c’è il muro esterno di un Istituto statale tecnico industriale. All’infuori di un piccolo locale a piano terra, un’enoteca che vende vini pregiati molto costosi, e di tre vetrine di un negozio d’abbigliamento ed accessori in angolo con una via più grande e trafficata, non esiste alcun altro esercizio commerciale. Ho voluto precisare questi dettagli giacché al contrario di quello che succede in moltissime strade di questa città che è Roma la capitale d’Italia, qui di shopping se ne vede poco pur trovandoci nelle immediate vicinanze del centro. Ecco quindi spiegata la mia meraviglia nell’assistere ad un fatto piuttosto particolare che mi ha incuriosito.
Alle 11.00 di mattina di lunedì 21 dicembre 2009, tornavo a casa dopo aver percorso un paio di chilometri a piedi, piuttosto infreddolito data la bassa temperatura di questo periodo quando all’angolo della strada vedo quattro uomini vestiti e truccati da Babbo Natale che sostavano chiacchierando tra loro. Alti di statura, ben piazzati fisicamente, di un’età presumibile intorno ai cinquanta anni, avevano in mano uno strumento musicale diverso per ciascuno di loro: una tromba, una chitarra, un mandolino e un tamburo un po’ artigianale. Mi ero allontanato e stavo cercando la chiave per aprire il portone quando i quattro Babbo attaccano a suonare un ben noto motivo musicale natalizio. Però, per quanto io capisca poco di musica, mi sembravano piuttosto stonati se
questa definizione si può usare anche per gli strumenti oltre che per i cantanti. Sembrava che ognuno andasse per conto proprio. Mi sono trattenuto quasi accanto a loro fino a quando hanno terminato di suonare, poi mi sono avvicinato per offrire qualche spicciolo ma non ho visto né piattini, né cartoni, né cappelli insomma nulla d’adattabile per la raccolta di offerte. Ho interpellato
il meno grosso dei quattro, a scanso d’equivoci, e gli ho chiesto dove potevo posare la mia modesta offerta di cinque euro precisando che, in considerazione della mia pensione la quale neppure in due anni avrebbe mai superato lo stipendio mensile di uno dei “nostri” deputati, non potevo permettermi di più. Il più piccolo dei quattro mi guarda e mi dice:
= Senti capo, tu non ci devi dare nulla
= Capisco che è poco, ma credo che voi state qui per guadagnare qualcosa
= Tranquillo, i soldi ce li danno i negozianti di questa zona. Veniamo pagati per fare loro un po’ di
pubblicità, attirare i passanti e farli diventare clienti
= Si ma vi siete fermati all’angolo di queste due strade e non mi pare che ci sia un gran passaggio di persone
= E’ vero, il fatto è che da qualche minuto in quest’angolo ci batte un po’ di sole così ci riscaldiamo almeno qualche minuto
= Potevate mettervi qualcosa di più pesante
= Quando il proprietario del magazzino che ci dato questi costumi e ci ha consentito di lasciare da lui i nostri vestiti non pensavamo che facesse così freddo
= Scusa, capisco che dovrei farmi i fatti miei, ma da quanto tempo fate questo lavoro?
= Da circa dieci giorni.
= Fate parte di una banda musicale?
= No di una banda di disoccupati
= Come?
= Già. Quindici giorni fa ci hanno licenziato da una fabbrica di mobili che si trova poco fuori Roma e da quattro mesi non abbiamo preso più uno straccio di stipendio. Ognuno di noi ha famiglia più o meno grande e ci vogliono soldi per andare avanti. Abbiamo chiesto in giro se ci fosse qualcosa che ci potesse permettere di guadagnare un po’ di soldi in maniera onesta e abbiamo trovato questo magazzino che ci ha proposto questa attività. Volenti o nolenti abbiamo detto di sì, abbiamo rimediato questi strumenti da qualche amico, ci hanno detto come andavano adoperati e dopo un po’ di giorni ci siamo messi all’opera
= E va bene, però scusami se faccio dello spirito, ma è un’opera da quattro soldi
= Vero, non c’è da stare tanto allegri però ci contentiamo di portare a casa quello che rimediamo, si deve mangiare non credi? Sempre sperando di riuscire a trovare qualcosa di meglio.
Durante questa breve conversazione mentre gli altri tre ascoltavano sostenevano con un cenno della testa le affermazioni del loro amico.
Il tutto con una dignità da ammirare, senza urla né strepiti e neppure una parola fuori posto.
Ci siamo salutati con un’energica stretta di mano. Quella mia quasi per confortarli. Il mio interlocutore mi disse:
= CERTO SE NATALE DURASSE DI PIU’…

domenica 20 dicembre 2009

HO VENDUTO LA SLITTA…

…le renne le ho mandate a ruminare nella tundra su al nord, molto al nord, e io me ne sto in casa per AUGURARE BUONE FESTE A TUTTI

aldo il monticiano alias Nonno Natale




mercoledì 16 dicembre 2009

IL MARCHINGEGNO - Seconda edizione

Dicesi marchingegno un arnese di complessa struttura, complicato ma anche munito dei requisiti necessari per il suo indispensabile utilizzo.
Ma chi ha detto che è indispensabile? E’ stata promulgata una legge al riguardo? No e allora?
Io, infatti, fino a cinque mesi fa, mi sono sempre opposto a volerne maneggiare uno e ho resistito fino all’estremo. Mi sono sentito come quel soldato giapponese che - unico al mondo - per moltissimi anni ha ignorato, penso volutamente, che la guerra nel ’45 fosse finita e continuava a restare nascosto nella giungla durante l’attesa del nemico.
Dietro una forte insistenza di mio figlio il quale già mi suppliziava da qualche tempo, ho alzato bandiera bianca e mi sono arreso. Causa: un momentaneo ricovero ospedaliero. Ecco per quale motivo dovevo essere continuamente in condizione di essere contattato e di poter contattare. Addio pace e tranquillità.
Come milioni di cittadini sono entrato anch’io, purtroppo, a far parte della “famiglia dei cellularisti”.
E non finisce qui: sempre per ordini ricevuti devo portarmelo appresso anche quando sono fuori casa.
Mi sento ridicolo e capisco il perché. Prima che mi fosse appioppato il mio marchingegno - io non ne volevo sapere - mi divertiva molto il fatto di incontrare persone che, camminando per strada, sembravano parlare ad alta voce con se stessi. Ai primi impatti, quando li incrociavo sul mio cammino vedendo che addirittura gesticolavano, cambiavo marciapiede e svicolavo poi, col passare del tempo mi accorgevo che, camminando, parlavano anche ad alta voce, con uno o due fili che fuoriuscivano dalle loro orecchie e allora capii che non erano pericolosi.
Per non parlare poi dello spettacolo che era offerto soprattutto da persone di una certa età anche superiore alla mia - e sì che io ne ho circa 80 - le quali allo squillare del loro apparecchio prima si guardavano intorno per capire se lo squillo li riguardava oppure no e poi iniziavano una “importantissima ed inderogabile” conversazione a base di… “come stai? – che mangi a pranzo? – ieri sera che hai visto in TV? – che dici me lo compro quel vestito? – tu adesso dove stai? – io sto sul bus e fra poco scendo – sì, va bene, ci sentiamo più tardi – un bacione”…
Si spiega così perché quando esco da casa lo porto con me a passeggio, nascosto in tasca e, ove mai dovesse vibrare - mi hanno persino messo in funzione il “vibratore” - e poi mettersi a suonare io non faccio altro che girare lo sguardo intorno con aria interrogativa e vedere “l’effetto che fa”. Risponderò a tempo debito, sempre se riuscirò a capire chi mi ha chiamato. Mi hanno istruito su come fare per sapere questo, quello e altro ancora ma evidentemente qualcosa dentro di me si rifiuta di collaborare.
Esiste, è vero, la cellulare-dipendenza (da Neologismi Quotidiani di Adamo e Della Valle). Sms, telefonate, pettegolezzi da rivelare il prima possibile senza aspettare di tornare a casa; la “cellulare-dipendenza” non abbandona gli italiani neanche quando sono al volante (Sicilia, 25 ottobre 2001, p.9, In Italia – Nel Mondo).
Mi si dice “è il progresso, bellezza”. Già, devo prenderne atto, occorre rassegnarmi come ho già fatto per altri marchingegni.
Giorni fa mi sono intenerito e quasi commosso nel vedere un uomo, avrà avuto circa sessanta anni, che stava facendo una telefonata ad uno di quegli apparecchi di nuova generazione ancora installati in alcune zone della città, coperti da una piccola cupola in plexiglas.
Non so se funzionano ancora a gettone oppure occorre usare qualche altra cosa - forse una parola magica? - ma io ritengo che siano ancora utili.
Stavo quasi per fermarmi accanto a quel signore, congratularmi con lui e stringergli la mano. Avevo incontrato un “compagno di sventura”!
Se e quando ne incontrerò qualcun altro gli chiederò se vorrà far parte di una costituenda “Associazione per il ripristino e la valorizzazione del telefono fisso” tanto che male può fare un’associazione in più o in meno.

domenica 13 dicembre 2009

L'EREDITA' DELLA ZIA BUONANIMA

Trenta anni fa, esattamente nel 1979, mentre ero tranquillamente a villeggiare in una casa di uno dei deliziosi Castelli Romani, fui informato telefonicamente da uno zio, fratello di mia madre e di altri quattro tra fratelli e sorelle tutti nati in Sicilia, che una delle sorelle lì residente, piuttosto in là con gli anni, vedova e senza figli, era deceduta da qualche giorno, senza lasciare alcuna disposizione di ultima volontà. In questo caso chi ereditava erano i genitori, tre fratelli e due sorelle germani, naturalmente quelli tra loro ancora in vita. Avevano già provveduto a tutte le incombenze del caso, ma occorreva adesso pensare all’obbligatoria denunzia di successione in quanto la zia Maria, questo il nome della defunta, aveva lasciato un’eredità che consisteva in una casa inagibile perchè terremotata – terremoto del Belice 15 gennaio 1968 – in una cittadina in provincia di Trapani, nonché un appartamento, un negozio e tre microscopici locali magazzino a Palermo. Io, che non avevo mai ereditato qualcosa in vita mia, dissi: finalmente si vede un po’ di luce. E invece non avrei mai immaginato a che cosa stavo andando incontro. Poiché ero dipendente di uno studio notarile a Roma – sin dal 1948 – i miei parenti mi chiesero se potevo collaborare con un notaio del luogo che aveva iniziato ad occuparsi della faccenda. Ero ancora in ferie dal lavoro e quindi decisi di andare. Invitai mio figlio, allora ventenne, ed insieme partimmo per la Sicilia. Guidavo ancora una Fiat 1100R celestina, protagonista di altri lunghi viaggi, quindi pensai di percorrere l’autostrada da Roma fino a Napoli, imbarcarci su una nave che ci avrebbe condotto a Palermo – arrivo previsto l’indomani mattina verso le 9.00 a.m. e quindi proseguire per l’autostrada Palermo-Trapani. Tutto andò così come avevamo organizzato salvo una strana sensazione che provai quando inziò a calare la notte. Infatti, entrati nella nostra cabina di tre persone ci accorgemmo che l’altro occupante di cui non riuscimmo a sapere né chi era, né cosa faceva e neppure dove andava, stava nella sua cuccetta che dormiva come un ghiro e russava. Io e mio figlio avevamo preso entrambi una pillola contro il mal di mare e appena questa cominciò a fare effetto provai la netta sensazione – durante il leggero becchéggio della nave – di trovarmi come immerso in un brodo che stava leggermente sobbollendo: questo per quanto mi riguarda, giacché mio figlio dormiva placidamente. Quando l’indomani mattina ci svegliammo non c’era alcuna traccia del nostro coinquilino. Preoccupati controllammo quel poco di bagaglio che avevamo con noi, il resto stava nel portabagagli della macchina, ma non mancava nulla. Eravamo stati troppo sospettosi. Gli chiedemmo scusa anche se non era presente. Dopo essere sbarcati ci dirigemmo con la nostra auto verso l’uscita del porto e notammo che c’era una discreta fila d’auto nell’attesa di poter varcare il cancello. Tre agenti e tre carabinieri, debitamente armati, erano fermi ai lati del cancello medesimo. Un paio di loro davano un fugace sguardo alla persona seduta al posto di guida e con gesti rapidi li facevano proseguire . Quando venne il nostro turno ci furono sventolate davanti gli occhi un paio di palette di quelle in dotazione alle forze dell’ordine e, mitra in mano, due agenti c’imposero di fermarsi e di uscire dalla macchina. Cosa che facemmo immediatamente. Dovemmo esibire tutti i documenti richiesti mentre qualcuno degli agenti leggeva la targa dell’auto e parlava non so con chi dall’altro lato di un apparecchio radio o telefonico, non ricordo bene. Ci dissero di aprire il portabagagli dove tra le altre cose c’era anche “e quella cos’è?”- “ una macchina per scrivere” – “la deve aprire” – “subito, è una olivetti elettrica” – “che ci fa” – “ci scrivo solamente, non posso farci altro” – “va bene, chiuda”. Chiuso anche il portabagagli ci restituirono tutti i documenti, ci dettero una lunga occhiata e “va bene, potete andare”. Dietro di noi s’era formata una fila ancora più lunga della precedente con un bel numero di occhi che ci stavano osservando. Ripartimmo abbastanza velocemente e dopo un paio di chilometri “papà?” – “sì?” – “tu l’hai capito perché ci hanno fermato a noi?” – “no!” – “abbiamo entrambi la barba folta e nera e io ho anche i capelli piuttosto lunghi” – “e allora?” – “ci hanno preso per brigatisti, sai dopo quella faccenda di Aldo Moro…” – “ma è passato un anno e mezzo” – “sì ma non hanno preso nessuno delle BR” – “e noi che c’entriamo?” – “non si sa mai” – “ma fammi il piacere va…”. Silenzio da parte del figlio meditabondo. Dopo un paio d’ore, stavamo per giungere a destinazione, quando decidemmo di fermarsi per una visita turistico - archeologica sia ad Agrigento, sia a Selinunte e scattare qualche foto alle ben note antichità di quei luoghi. Riprendemmo a viaggiare, ma dopo neppure un’ora entrammo nella cittadina che interessava noi all’ingresso della quale trovammo, seduto su una panchina, uno degli zii, fratello di mia madre, proprio quello che ci avrebbe ospitato durante il nostro soggiorno. Abbracci e baci giacché da tanto tempo non avevamo avuto più occasione d’incontrarci. Queste effusioni durarono perlomeno tre giorni dato che tra zii e cugini paterni, zii e cugini materni abbiamo salutato e abbracciato un esercito di parenti. Al terzo giorno mio figlio doveva rientrare a Roma per gli studi universitari quindi lo accompagnai all’aeroporto di Palermo - Punta Raisi, quello dove si verificò il grave incidente aereo nel dicembre dell’anno precedente. Per questo fatto né io né lui eravamo tanto tranquilli soprattutto perché lui era al primo viaggio aereo. In realtà tutto andò benissimo con una non lieve differenza che lui in un’ora era già a Roma, mentre io per fare circa cento Km. ero ancora in strada. Tornato a casa, non la mia ma quella di mio zio, mi misi subito all’opera. Mi recai dal notaio che si stava occupando della successione, con un altro zio, sempre fratello di mia madre e della defunta zia e qui iniziarono i primi dolori. Io e gli altri tre miei fratelli, figli di una delle sorelle della defunta, deceduta anche lei, non eravamo ovviamente gli unici eredi, ma il fatto è che tra sorelle e fratelli della de cuius o - per quelli deceduti - i loro figli, eravamo oltre una dozzina sparsi tra la Sicilia, il Lazio, l’Emilia e la Lombardia. Per fortuna tutti in Italia. I coeredi erano appunto due fratelli ancora viventi e i figli di un fratello e di due sorelle premorte. C’era anche un altro punto da tenere presente: qualcuno di noi, per esempio io, trattandosi di un’eredita modesta e da dividere in troppi tra l’altro residenti lontano dai siti ove si trovavano i beni immobiliari ereditati, avrebbero voluto rinunciare all’eredità ma non si poteva perché ognuno di noi aveva figli, in maggioranza minorenni, e quindi sarebbero entrati loro al posto di quelli che rinunciavano. Cominciarono a sorgere diversità di vedute tra tutti: chi voleva vendere, chi voleva affittare, chi voleva fare donazione, chi voleva sapere la persona che doveva stabilire i singoli valori, chi si doveva delegare infine per fare tutte le operazioni necessarie in loco. Per non parlare poi di tasse, imposte, spese condominiali e varie da suddividere percentualmente tra tutti gli eredi. Insomma un pozzo senza fondo di spese ed un vero guazzabuglio di opinioni e pensieri uno diverso dall’altro. Non solo, ad un certo punto cominciarono a spuntare anche malcelati segnali di mancanza di fiducia verso uno zio che si era proposto come una specie di curatore di tutte le questioni sorte e che potevano sorgere lì in Sicilia. Alla fine però noi sette di Roma nominammo nostro procuratore proprio quello zio materno, gli altri invece un estraneo. Per farla breve dovetti tornare in Sicilia altre due volte, poi organizzai una riunione a Roma con i cugini emiliani e lombardi per cercare di smussare qualche angolino. In definitiva ci sono voluti dieci anni di colloqui, corrispondenza, telefonate e cose varie per poter liquidare quei beni a valori talmente irrisori da rimanere con il classico pugno di mosche in mano. Meglio così.
Chissà come si è divertita la zia buonanima assistendo alle dispute parentali sulla sua eredità.


Postilla n.1 – Il mio primo soggiorno in Sicilia durò circa un mese e quando stavo per riprendere il viaggio di ritorno a Roma, prudentemente mi feci tagliare la barba. Volevo evitare eventuali stop.

Postilla n.2 – I soggiorni in Sicilia sono stati sempre occasione di inviti a pranzo o a cena un giorno da uno e un giorno da un altro dei miei numerosi parenti. Queste sono le usanze affettuose di quei luoghi. Ancora tanti ringraziamenti per la pasta al sugo formaggio e mennule (mandorle) tritate oppure pasta con le sarde, cuscus di pesce, sarde a beccafico, caponata, arancini, pane con la giuggiulena (sesamo), cannoli, cassata, vino di una gradazione direi piuttosto elevata. Chissà se è per questo che sono ingrassato di quattro chili.

giovedì 10 dicembre 2009

IO CE L'HO CON GIOVE PLUVIO

Vorrei spiegare il perché se ci riesco.
Ho letto da qualche parte, non ricordo dove, che lui è il dio dell’acqua, del fiume, del mare e della pioggia dalla quale derivano appunto il suo nome Giove e il suo cognome Pluvio.
Il mio disaccordo con lui nasce dal fatto che non rispetta mai le previsioni meteo dei mass-media che sono fatte sia sulla carta stampata sia in TV. Questo significa mancare di rispetto a chi si prodiga per fornire notizie “certe” ai cittadini. E che diamine, un po’ di serietà perbacco.
Quando è previsto bel tempo così ha da essere. Anche per il contrario certo.
Io abito a Roma, vicino le coste tirreniche – circa 25-30 km – e quando desidero conoscere cosa prevede il tempo per l’odierna giornata o per l’indomani m’informo leggendo o vedendo TV.
Più di una volta mi è capitato di sentire che per il giorno successivo, nell’Italia centrale, quindi comprese le famose coste tirreniche, il tempo previsto variava dal parzialmente al molto nuvoloso, da leggera pioggia a temporale, dal maremoto allo tsunami per arrivare al diluvio universale. Unica assente giustificata la nebbia in Val Padana.
Lo ribadisco, la colpa non è dei meteorologi.
Affermo convinto che Giove Pluvio l’ha con me, giacché qui non si tratta della nuvoletta fantozziana, c’è ben altro.
Per quello che ricordo fin dalla più mia tenera età lui è stato molto dispettoso.
A riprova di ciò basta citare soltanto alcuni esempi.
Quando piove a dirotto, io non esco da casa. Naturalmente lo posso fare dato che lo “stipendio” mi arriva dall’INPS il quale mi restituisce i contributi da me versati durante la mia vita lavorativa.
Con la pioggerellina provo ad uscire, lo faccio portandomi regolarmente l’ombrello, ma fatti pochi passi Giove Pluvio decide di allontanarsi portandosi appresso la nuvolaglia. Continuo a camminare con l’inutile ombrello che mi penzola dalle braccia.
Non sto qui a contare le numerosissime volte che questo è accaduto.
A Roma e non solo circola una specie di motto: “cielo a pecorelle, acqua a catinelle”. Allora guardo il cielo, lo vedo a pecorelle e mi aspetto il seguito, ma sembra che nel Rione dove io circolo le pecorelle si siano allontanate per andare a cercare qualche presèpe in altri rioni o quartieri di questa città. Succede infatti che mentre dalle mie parti non piove, a pochissimi chilometri di distanza le catinelle decidono di liberarsi dell’acqua in esse contenuta e la scaricano giù in terra.
Qualche mese fa, i primi giorni d’aprile, sono dovuto uscire per un impegno improrogabile. Le previsioni della sera prima avvisavano pioggia in arrivo e bassa temperatura. Verso la 11.00 a.m. di pioggia neppure l’ombra e assenza della stessa giacché mi trovavo all’aperto in una zona senza alcun riparo di qualsiasi genere e con un sole bollente da fare invidia all’estate. Naturalmente più trascorreva il tempo e più mi toglievo indumenti di dosso.
Ma quello che mi è capitato lunedì scorso ha dell’incredibile.
Dalla sera prima un furioso temporale aveva allagato tutti i rioni e i quartieri dell’intera città incluso il circondario agricolo. Vento fortissimo, trombe d’aria, lampi, saette, tuoni come cannonate, caduta d’alberi, insomma Giove Pluvio stava proprio incavolato nero. Fatti suoi, ma purtroppo anche nostri. Tutto ciò fino alle 9.00 a.m. di lunedì. Pian pianino l’infuriare si stava placando ed era rimasta soltanto una pioggerellina tipo quelle d’aprile mentre invece è fine novembre. Aspetto ancora un po’, mentre guardo dalla finestra mi viene in mente una canzoncina del secolo scorso “le gocce cadono ma che fa se ci bagniamo un po’” per quanto le medesime sono piccole e quindi decido di uscire con tanto d’ombrello per sicurezza. Scendo appena due rampe di scale, sorpasso l’androne, apro l’ombrello ed esco dal portone e…neanche una microscopica goccia d’acqua cade più! Avanti e indietro camminano passanti, ombrelli debitamente chiusi io, invece, con l’ombrello che non intende richiudersi – si tratta di uno di quelli corti a scatto e sfido chiunque a riuscirci – m’incammino verso non ricordo più dove giacché ad ogni passo alzo gli occhi e impreco contro Giove Pluvio e la sua combriccola.

lunedì 7 dicembre 2009

Ottava ed ultima puntata di A U T O S T O P

=Ne ho ancora non temere quindi se ti serve qualcosa rivolgiti a me e ricordati poi che quando vuoi farti una bella doccia devi venire a casa mia in qualunque momento senza bisogno di alzare segnali rossi: ci siamo capiti?
=Scusate signore, non vorrei intromettermi ma dovreste spiegarmi perché non andava bene il catino che ho di là per
=Per fare cosa? Nino, ti rendi conto di quello che stai dicendo? Fiorella nelle sue condizioni si sarebbe dovuta fare il bagno in quel catino antidiluviano di stagno infilato in quel minuscolo cesso che hai di là? Andrà bene per te che sei ritornato ad essere il selvaggio che eri settanta anni fa
=Non offendere il mio bagno
=Amici calma, calma, mi state facendo morire dal ridere con i vostri buffi litigi, vi state prendendo troppi disturbi per me
=Lo facciamo volentieri. Guarda Nino: questo è un paravento Lo conosci vero? Ha tre pannelli vedi? Così è abbastanza lungo da essere usato sia come divisorio tra la parte di questa “caverna” in cui dovrà dormire Fiorella e quella dove hai il tuo giaciglio, sia anche come protezione dalla vista altrui!
=Ooh Carmelì! La vuoi smettere o no con queste battute! Tanto ho capito che avresti voluto che Fiorella venisse a stare da te e invece lei ha tanto da studiare…vogliamo chiudere la faccenda? Piuttosto datemi una mano a portare giù dalla soffitta sia il letto che la culla
=A proposito di culla: ho già fatto una visita ostetrica scrupolosa a Fiorella e va tutto bene. Vedrai che sarà un parto tranquillo ed al minimo disturbo Nino, mi raccomando, gira quella manovella e fai alzare quel segnale rosso più in alto che puoi
Lei ed io abbiamo seguitato a litigare come cane e gatto mentre Fiorella ha assistito divertendosi molto: tutto però è finito bene…mi sono lasciato convincere e abbiamo cenato a casa di Carmelina. Le giornate hanno cominciato a scorrere tranquillamente ma sempre troppo in fretta, almeno secondo me; il grande giorno della nascita si sta avvicinando sempre più rapidamente ed usando la versione concordata con la mia “ospite”, ho telefonato a mio figlio anche più volte informandolo della presenza di Fiorella qui in casa mia. Durante il mese d’agosto lui e la sua famiglia hanno trascorso una settimana con noi, naturalmente ospiti di Carmelina e così si sono conosciuti: da quello che ho visto è andato tutto liscio, sembra che hanno simpatizzato abbastanza. I due gemelli sono stati sempre a giocare con Fiorella e lei si è molto divertita; quando sono ripartiti si sono scambiati promesse di nuovi incontri. Ormai stiamo quasi contando le ore che mancano all’evento, tutto è stato preparato a puntino, Carmelina sta di sentinella notte e giorno: ma non dorme mai quella benedetta donna? Si è persino comprato un binocolo per vedere meglio se e quando alzo il segnale: di giorno va bene ma la notte come fa? E’ capace di mettersi seduta qui davanti la porta per essere pronta ad intervenire; anche in paese tutti quelli che ci conoscono sono in fervida attesa. Siamo diventati il caso del secolo, va a finire che vengono giornalisti e TV locali. Alle 0,25 del 7 settembre Fiorella si sveglia improvvisamente e comincia a lamentarsi, mi chiama e mi dice di alzare il segnale per Carmelina; subito dopo ecco che entra tutta trafelata ma, energicamente, prende in mano la situazione e mi detta ordini a più non posso; Fiorella grida ma resiste, io mi metto dietro un armadio e mi tappo le orecchie…Che vigliacco! Poi improvvisamente riesco a sentire il pianto di un neonato e Fiorella, stanca ma felice, che ride e piange nello stesso tempo mentre Carmelina che nel frattempo accudisce il pupo canticchia una canzone e si mette pure a ballare. Poi Fiorella mi chiama accanto a sé e mi dice che Antonio è nato ma lei lo chiamerà Ninetto: ci abbracciamo commossi…in fondo posso considerarmi uno dei suoi nonni: il bambino è veramente bello. La mamma lo è, ed il padre? Forse anche lui…Finalmente tiriamo tutti un sospiro di sollievo e la vita riprende a scorrere lenta; verso i primi di dicembre Fiorella, dopo aver messo a dormire Ninetto, mi dice che mi deve parlare…
=Dimmi tutto
=Nino ascoltami bene: due giorni fa ho telefonato a Milano,ho parlato con i miei genitori e li ho messi al corrente di tutto. Non gli ho nascosto niente, vengono a prendermi domenica pomeriggio a Palermo in aereo
=Questo vuol dire che…
=Sì, ritorno a casa mia, hai avuto ragione tu: i miei mi hanno capito e perdonato e non vedono l’ora di riabbracciarmi e soprattutto di accogliere il loro nipotino. Io ti devo molto, grazie a te mi sento come rinata…Sono veramente diventata un’altra Fiorella
=Da una parte sono contento che tu…ma - credimi - sono, sono, non so cosa dirti, non trovo le parole che vorrei dire ma…e Carmelina?
=Ieri sera, quando sono stata a casa sua perché ha voluto invitarmi a cena, l’ho informata:non ti dico quanto ha pianto, penso di averle dato un grosso dolore
=Come quello che sto provando io adesso
=Ti capisco, tu però lo sai che questa storia non poteva avere una conclusione diversa
=E’ vero, lo dico con amarezza, in fondo tutto è nato a seguito di un banale AUTOSTOP.

domenica 6 dicembre 2009

Settima e penultima puntata di A U T O S T O P

=Punto secondo: io sono una tua ex studentessa d’università fino il giorno in cui tu sei andato in pensione ma abbiamo mantenuto sempre ottimi rapporti e poiché prossimamente devo presentare la tesi per laurearmi ho deciso di chiedere il tuo aiuto e contemporaneamente attendere la nascita del bambino: ecco perché tu me lo hai chiesto ed io ho accettato d’essere tua ospite per tutto il tempo necessario dato che non volevi muoverti da casa tua; mi pare superfluo aggiungere che pur essendo io residente a Milano, per ragioni personali, ho voluto frequentare la facoltà di lettere all’università di Roma ma in ogni caso questi sono piccoli dettagli che nessuno chiederà di conoscere…Che ne pensi?
=Secondo te questa tua versione è o non è un’enorme grossa bugia?
=Certo che lo è
=E pensi che se la berranno? Specialmente Carmelina e mio figlio?
=A Carmelina ci penso io, anzi vado subito a parlare con lei: vedrai che per come le racconto la storia lei si schiera dalla mia parte
=Conoscendo sia lei che te probabilmente andrà a finire così ma mio figlio, non lo so, l’osso è più duro, e poi aspetta un momento, non correre, fammi riprendere dallo sconcerto, abbi bontà!
=Nino, ascoltami bene:capisco benissimo che sto turbando la tua tranquillità e che ti puoi anche sentire disorientato ma non sei tenuto a dire di sì, nessuno ti obbliga e se non puoi aiutarmi pazienza, cercherò un’altra soluzione
=Nelle tue attuali condizioni pensi sia facile?
=No ma ci devo provare
=Per non parlare poi di alcune formalità burocratiche alle quali non ci si può sottrarre
=Che sono?
=Tu non sei residente qui ed io se ospito qualcuno devo darne comunicazione all’autorità competente; inoltre quando nascerà il bambino bisognerà pure dichiararlo anagraficamente, non è che nasce su Marte
=Sfrutta le tue amicizie: mi hai detto che sei amico del maresciallo dei carabinieri, del sindaco che è anche medico…
=Accidenti che memoria, non ti batte nessuno a te!
=Me la cavo
=Però, aspetta un momento, credo di stare facendo la figura di un ingenuo
=Perché?
=Sembra che quando io ti ho raccontato tutte quelle cose di me, il mio paese, la mia famiglia, i miei amici, la mia vita, insomma tutto o quasi, tu è come se avessi avuto un registratore in mano e quando ti sei messa nei guai hai pensato di risolvere la cosa venendo qua: ti stai servendo di me vero?
=No, no, non è così, credimi Nino! Credimi, ti prego!
=Adesso non piangere perché non lo sopporto
=E allora devi credermi, ho rammentato tutto, certo, ma ho sempre tenuto in mente quanto sei stato buono, corretto e gentile con me e quindi torno a ripetertelo: non hai nessun obbligo e puoi anche non aiutarmi, dammi soltanto qualche minuto per pensare se esiste qualche altra possibilità utile a risolvere i miei problemi
=Lascia perdere
=Non capisco
=Aspetta un attimo, lasciami riflettere =
In fondo che cosa ho da perdere se dice la verità? E lei che ci guadagna se mente?No, no, credo di aver preso una cantonata; certo, almeno per un po’ di tempo lei trova un riparo, un modo per tirare avanti fino a quando potrà prendere una decisione definitiva. Non è che viene a stare in un posto di lusso e sfruttare chissà quale situazione: ritiene di aver ritrovato un amico che può aiutarla…Va bene, mettiamo da parte tutte le supposizioni che potrebbero essere ingiustificate e fidiamoci
=Voglio crederti, dimentica tutto quello che ti ho detto, probabilmente sei sincera
=Lo sono ed è semplice esserlo con te: è impossibile volerti fare del male approfittando della tua bontà d’animo
=Grazie. Ora però dobbiamo prendere una decisione
=Dipende tutto da te
=Facciamo così: vediamo come va con Carmelina…Lei può anche credere a tutta la storia ma sta in guardia, mi raccomando; nel frattempo io vado a dare un’occhiata in soffitta, ci deve essere un letto adatto per te e pure una culla che fece fare mio padre quando nacqui io, pensa un po’
=Visto che troviamo la soluzione per tutto?
=Però sappi che qui non ci sono le comodità di una casa normale, queste cose le ho già raccontate, ricordi?
=Sì, non preoccuparti, mi adatterò, fammi andare adesso
Spero tanto di non andare a cacciarmi in qualche guaio: Fiorella mi ha convinto, non è una cattiva ragazza e sembra proprio che il periodo trascorso in comunità le abbia fatto bene a parte la questione del “fraticello”. Mi chiedo se la responsabilità di diventare madre non le faccia mettere definitivamente la testa a posto, chissà! Vediamo che c’è qui sopra: eccolo il letto, è quello che usavo io quando venivo in vacanza da Palermo ed eccola là la culla, tutto ancora in buono stato; mi devo far aiutare da qualcuno per portare tutto di sotto. Quando i miei amici sapranno di questa storia sai che commenti - per non parlare di mio figlio e di mia nuora - dovrò essere molto convincente anche se mi secca dire bugie. Adesso che ci penso questa è una bugia, certo, ma così riusciremo con una fava a prendere tre piccioni anziché i classici due: la reputazione circa la castità del frate non subirà danni, Fiorella comincerà a trovare un po’ di serenità e una nuova vita verrà ad allietare questo piccolo paese! Però! Ci può essere qualcosa di meglio? Vado a mettermi vicino la finestra per vedere quando arrivano le due signore; è già passato un bel po’ di tempo, chissà che staranno combinando: ecco che escono di casa ma… Cosa portano? Sembra una barella con qualcosa sopra,spero tanto che Carmelina non si sia inventato di traslocare qui da me, lei ne è capace
=Prego, accomodatevi
=Professò mi vuoi spiegare perché non avresti tirato su il segnale quando è venuta Fiorella?
=Perché pensavo di potermela cavare da solo
=Tu non cambierai mai te lo assicuro: questa ragazza ha bisogno di una donna che le sta vicina non di un eremita come te
=Intanto vorrei sapere, se possibile, che cosa avete trasportato in casa mia
=Casa mia, casa mia: Ninù, tu questa continui a chiamarla casa? Questa ormai va bene solo se ci facciamo il presepio a Natale!
=A me sta benissimo così, ci vivo nella maniera che volevo
=Da solo può anche darsi ma adesso che è venuta lei…
=Scusatemi se intervengo: Carmelina cara io lo sapevo come e dove viveva Nino e sono qui di mia spontanea volontà
=Com’è che lo chiami solo Nino?
=Le ho detto io di non usare più “professore” perché sono in pensione e non solo: l’ho pregata anche di non darmi del lei. C’è qualcosa che non ti garba?
=No, no, se va bene a te profes…ehm…Nino…Non ho niente in contrario
=Superato questo scoglio si può andare avanti? Cos’è tutta questa roba che avete portato?
=Te lo spiego subito Nino! Sono asciugamani, coperte, lenzuola, federe, biancheria che avevo in casa ed è tutta in ottimo stato
=Ed io ti devo ringraziare di cuore, questo che mi hai dato è più di un corredo
DOMANI OTTAVA ED ULTIMA PUNTATA

sabato 5 dicembre 2009

Sesta puntata di A U T O S T O P

=Oh! Finalmente una bellissima notizia, tu non puoi capire quanto io sia felice di quello che hai appena detto: vuol dire che hai fatto funzionare la testa
=Avrei voluto farla funzionare meglio un certo giorno
=Che giorno?
=Vuoi sapere uno dei motivi, se non il principale, per cui sono così diciamo prosperosa?
=Immagino perché ti è ritornato l’appetito
=Il punto è un altro:lo diventerò ancora di più nel prossimo futuro
=E perché?
=Nino sono incinta di quattro mesi, aspetto un figlio
=Capperi! Sono contento per te ed anche per il papà…E chi è? Uno dei giovani che hai conosciuto in quella comunità?
=No, si tratta di un’altra persona…
=Fiorella, scusa, io non mi posso permettere di entrare nella tua vita privata e quindi non sei tenuta a dirmelo, la tua riservatezza va rispettata
=Invece io te lo voglio dire
=Credo che prima di me ci sono i tuoi genitori:li hai informati?
=Ancora no, forse lo farò a tempo debito
=Non sono d’accordo, penso che tu abbia il dovere di dirglielo
=Ci penserò. Intanto, se ti va di darmi ascolto, vorrei dire a te com’è andata la faccenda
=Come vuoi, mettiamoci più comodi: ti va un caffè?
=No, grazie. E’ successo la notte di Natale:dopo la messa di mezzanotte anziché andarcene a letto abbiamo pensato, tutti noi della comunità, di stare ancora un po’ insieme per fare quattro chiacchiere ed abbiamo mandato giù qualche bicchierino di troppo…Bourbon, brandy, gin e poi, verso le due del mattino, direi piuttosto brilli ci siamo ritirati ognuno nella sua cameretta. Io nella mia non ci sono andata da sola, ho “ospitato” con me una persona e abbiamo fatto sesso senza alcuna precauzione
=E’ comprensibile,in quella situazione certo che…
=Il fatto però è che io l’ho fatto con una persona particolare
=Particolare in che senso?
=Aggiungo che ero consapevole di ciò che stava succedendo, almeno io, lui non credo
=Senti Fiorella, non ci tengo a sapere chi è questa persona quindi non è necessario che tu mi dica di chi si tratta
=Invece voglio dirtelo: ricordi quando, in quel motel sull’autostrada, ti raccontai del periodo più disastroso della mia vita? Quando mi facevo d’eroina ed ho rischiato di brutto tanto da finire ricoverata in ospedale cavandomela per il rotto della cuffia?
=Vagamente, ho cercato di cancellarlo dalla mia mente
=Ti parlai anche di un frate che veniva a trovarmi spesso in ospedale e che fu lui che mi raccomandò presso la comunità dove tu poi mi hai accompagnato
=Sì, sì, qualcosa comincio a ricordare: ma che c’entra il frate adesso?
=Il padre è lui!
=Cosa? Ma ne sei sicura?
=Lui, come aveva sempre fatto in precedenza, si recava in quella comunità in occasione delle festività religiose più importanti tra le quali appunto la notte di Natale, confessava, celebrava messa, confortava i giovani che, come me, erano lì ospitati ed è stato la notte del 24 dicembre scorso che noi due…diciamo …abbiamo mollato i nostri freni inibitori: era nato il “bambinello” e noi ne abbiamo messo in cantiere un altro
=Potrebbe non voler dire nulla il fatto che tu abbia trascorso la notte di Natale con…va bene, insomma, con questo frate
=Che vorresti dire? Forse che sono stata a letto con qualcun altro? Toglitelo dalla mente, non c’è stato nessun altro da quando ho messo piede in quella comunità, né prima né dopo
=D’accordo, adesso calmati, cerchiamo di riordinare un po’ le idee: posso farti qualche domanda?
=Avanti…
=Il frate è a conoscenza di questa chiamiamola natività?
=No e neppure lo dovrà sapere , sarebbe la sua rovina; nessuno, oltre a me e te sa di questa cosa ed è meglio così…, l’errore più grosso l’ho fatto io e ne pagherò le conseguenze. Finchè ho potuto sono rimasta in comunità poi, appena ho visto che non potevo continuare a stare lì perché sarebbero cominciate le domande ho mollato tutto e sono venuta via
=Perché sei venuta qua?
=Per chiederti se mi puoi aiutare
=In che modo?
=Non voglio perdere mio figlio e non me la sento di farlo nascere chissà dove
=Potresti tornare a casa dai tuoi
=Ancora non sono pronta
=Allora dimmi cosa posso fare per te
=Vorrei rimanere qui almeno fino a quando nascerà il bambino. Sì, perché già lo so che è un maschio e che sta bene, ho fatto le ricerche necessarie
=Mi prendi alla sprovvista e vorrei magari cercare qualche altra soluzione
=Non mi dire di andare a stare da Carmelina perché non ci vado
=Ma lo sai che non ci avevo pensato ed invece chi lo dice che non sia la cosa migliore da fare? Lei, se glielo chiedo, è certo che…
=Non ne parliamo nemmeno: mi hai detto che lei è ostetrica, vero? Le chiederemo aiuto soltanto quando verrà il momento, non voglio andare a partorire in ospedale
=Qui poi di ospedali non ce ne sono…Dovremmo ragionare un po’ e trovare il modo di risolvere la questione senza creare…
=Io avrei in mente un piano
=Ah! Però! E secondo te è attuabile, se mi è permesso un piccolo dubbio?
=Penso proprio di sì, naturalmente se sei d’accordo
=Sentiamo di che si tratta
=Appena ho saputo con certezza che ero in stato interessante ho cominciato a pensare come sistemare le cose senza complicare la vita a nessuno
=Saggia decisione
=Noi due però dobbiamo raccontare la stessa versione dei fatti e non commettere errori
=Cercherò di fare attenzione
=Punto primo: io sono legata ad un ragazzo di circa 30 anni
=Questo non lo sapevo
=Ma non è vero, è per finta! Fa parte della storia che mi sono inventata, diamo un nome a questo ragazzo: Pierluigi va bene?
=Vada per Pierluigi tanto se non esiste
=Giusto! Lui fino a circa un mese fa lavorava saltuariamente ma, essendo operaio specializzato e avendo fatto tante domande di assunzione, stava aspettando risposte da qualche impresa o grosso ente…finalmente un giorno gli è arrivata l’offerta da parte dell’Eni per andare a lavorare su una di quelle piattaforme petrolifere nei mari del nord che logicamente non ha potuto rifiutare: questa è la scusa per dire che non ci siamo sposati pur sapendo che aspettavamo un figlio ed infatti ha avuto appena il tempo di prepararsi perchè è dovuto partire in tutta fretta tanto il matrimonio lo faremo in occasione della sua prima licenza o vacanza
=Il che avverrà nel mese del poi e nell’anno del mai, in ogni modo vai avanti, sono curioso di sapere il seguito
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venerdì 4 dicembre 2009

Quinta puntata di A U T O S T O P

-Perché non vieni a stare a casa mia?- che è enorme per lei sola…-E allora se vuoi vivere da solo penso io a fare tutto, ti posso aiutare a fare questo, ti sistemo quell’altro, di quali cose hai bisogno- Insomma una sollecitudine nei miei confronti piuttosto ingombrante. Io però con lei ho messo subito le cose in chiaro: se ho necessità di qualcosa la informerò il che spero - da parte mia - il meno possibile. Lei se ne sta tutto il santo giorno seduta dietro la vetrata di una veranda che si è fatta costruire praticamente intorno a casa sua al pianterreno e da lì controlla la situazione, specialmente la mia. Credo che in questa faccenda ci sia lo zampino di mio figlio: io però ho escogitato un piccolo espediente in modo da non averla sempre intorno ad offrirmi i suoi servigi. Intanto lei possiede un telefono che, sono certo, ha un filo diretto con mio figlio e mia nuora e che, mi ripete molte volte, ha messo totalmente a mia disposizione ma io mi guarderò bene dal mettere piede in casa sua…Cerca di capirmi Fiorella e non sbuffare…io vado al mio paese per starmene calmo e tranquillo non cerco altro. Ho pensato comunque che può sempre capitare qualcosa d’imprevisto…che so un malore, una qualsiasi urgenza, insomma non si sa mai ed allora ho pensato ad un sistema che ritengo semplice ed ingegnoso:no, no, niente segnali di fumo come gli indiani, non fare l’ ironica. Con il valido aiuto di mio figlio, che “sa far parlare” le mani, abbiamo costruito due aggeggi molto semplici: uno per me ed uno per Carmelina, li abbiamo installati sulle facciate esterne d’entrambe le nostre case - quelle che in pratica si fronteggiano seppure a distanza -, in modo che ciascuno di noi pur stando seduto in poltrona, lei dalla sua vetrata ed io dalla mia finestra, può benissimo vedere i due “cosi”. In che cosa consistono? Semplice: se a Carmelina succede qualcosa e quindi ha bisogno d’aiuto deve solo premere un pulsante dall’interno della sua veranda ed un robusto filo d’acciaio con in cima un rettangolo di lamiera verniciato rosso vermiglio sale talmente in alto lungo il muro esterno che diventa ben visibile da casa mia. Se invece sta fermo in basso vuol dire che tutto è a posto e tranquillo. Lo stesso abbiamo fatto per casa mia e giacché io non ho l’elettricità l’unica differenza per me consiste nel far girare agevolmente una manovella…Ecco quindi che anche noi ci scambiamo i “segnali” non di “fumo” ma di “acciaio”. Elementare, economico e pratico! Guarda Fiorella! A forza di parlare non mi sono neppure accorto che siamo giunti a questo punto del nostro viaggio E tu? Sì? Vedi quel cartello stradale? Tra cinque chilometri saremo a Villa San Giovanni, al porto da dove partono i traghetti, i famosi “ferry-boat” per la Sicilia che fanno scalo a Messina: da lì, bastano un paio d’ore per arrivare alla tua comunità. Ti accompagno volentieri tanto al massimo dopo un’ora arriverò anch’io a destinazione. Adesso facciamo una piccola sosta a questo autogrill, mangiamo qualcosa e metto un po’ di benzina.
=Nino?
=Un attimo solo che vado alla cassa per pagare e poi ripartiamo…ecco fatto, dimmi
=Ti volevo ringraziare di tutto, sei stato molto gentile
=Non preoccuparti, mi hai fatto compagnia anche se ho parlato sempre io…>
Stiamo attraversando il canale di Sicilia e vedo un cielo e un mare meravigliosi: penso al mio futuro ed anche a quello di Nino Mi ha colpito la sua affabilità ed anche il suo modo di informarmi circa la sua vita o almeno di una sua parte; mi ha trattato come una figlia…Beh no, veramente come un nonno con la sua nipotina: mi dispiacerà quando ci saluteremo perché dovremo dirci addio, non ci vedremo più.
=Eccoci arrivati, questa è la tua comunità…Aspetta, aspetta, adesso mi ricordo! Ne hanno parlato a lungo giornali e TV: una magnifica costruzione circondata da un’enorme superficie di terreno che è frutto di un sequestro da parte della magistratura, era tutto di proprietà di un boss della mafia e guarda quanti giovani che lavorano la terra; da lì ricaveranno frutta, ortaggi e verdure: sono certo che ti troverai bene tra tanti tuoi coetanei…Io non entro con te, non occorre, adesso vai pure e fai la brava, cerca di fare buone amicizie…Ciao Fiorella!
=Nino aspetta, voglio abbracciarti
=Anch’io, vieni, ti abbraccio forte e ti auguro tanta fortuna…Ciao =
Ormai sono trascorsi oltre sei mesi da quando ho rimesso piede stabilmente nel mio paese e devo dire che posso ritenermi soddisfatto di come sono andate le cose sin dal giorno del mio arrivo. Tutto è andato secondo le previsioni: la casa dove trascorro la maggior parte del mio tempo, le passeggiate, gli incontri con gli amici, Carmelina che mi controlla sempre e che ogni due giorni mi dice delle telefonate di mio figlio il quale vuole sentire la mia voce. Io allora lo richiamo…ma dal telefono pubblico del bar in piazza. Lui e la sua famiglia hanno trascorso la Pasqua qui con me, ospitati naturalmente dalla Carmelina che sono certo avrà fatto salti di gioia.
Ho approfittato della loro venuta per regalare la macchina a mia nuora. Non è in grande salute ma mio figlio conosce un ottimo meccanico che riuscirà a metterla in sèsto. Adesso è primavera ed il tempo sta migliorando giorno per giorno…si sente un profumo di fiori nell’aria che mi ritempra i polmoni. L’inverno passato è stato piuttosto rigido ma io ho limitato le mie sortite da casa e, con il caminetto acceso tutto il giorno grazie alla grossa provvista di legna che mi ha preparato mio figlio, l’ho superato agevolmente. Oggi è sabato e devo andare a prendere qualcosa da mangiare anche per domani…eccomi pronto…E adesso chi è? Carmelina non può essere perché il segnale non è alzato, io non aspetto nessuno, mah!
=
Ciao Nino
=E tu che ci fai qui?
=Non ti fa piacere vedermi?
=Altrochè! Entra, entra
=Questo sarebbe il tuo rifugio solitario?
=Già, non è di lusso ma mi ci trovo bene. Tu piuttosto, quasi non ti riconoscevo: sei bellissima, ti sei fatta crescere i capelli e ti sei anche ingrassata…Era ora, sembravi un grissino quando ci siamo conosciuti…racconta, racconta, voglio sapere tutto ma, piuttosto, dimmi una cosa:come hai fatto a trovarmi? Quando ci siamo salutati non ti ho dato né indirizzo e neppure il mio cognome e…
=Se mi fai sedere ti dirò tutto
=E’ vero, scusami, ma è stata una tale sorpresa - piacevole naturalmente - che non ho pensato nemmeno a…ecco siedi qui
=Grazie, trovarti è stato facilissimo:ti ricordi che in macchina sulla tua cartina automobilistica mi facesti vedere dove si trovava il tuo paese e come si chiamava? Mi è rimasto impresso nella mente e quindi...
=Quindi che?
=Che stamattina alle 7 ho preso l’autobus che fa il giro di questi paesi, ho chiesto all’autista di dirmi quando dovevo scendere per arrivare qua, sono andata da quel farmacista di cui mi avevi parlato, uno dei tuoi amici…Appena ho pronunciato il tuo nome subito -Nino si trova in cima a quella salitella, non si può sbagliare, si accomodi, se vuole l’accompagno io - Ci mancava poco che mi prendeva in braccio e mi ci portava lui
=Si, si, è una persona gentile
=Anche troppo…Ho visto pure la casa di Carmelina:come hai raccontato tu era seduta in veranda ed attraverso la vetrata ha subito rivolto il suo sguardo verso di me e ha seguitato a guardarmi fino a quando ho bussato alla tua porta, così mi sono voltata e le ho fatto ciao, ciao con la mano Ho fatto bene?
=Ti sei ricordata di tutto! E sono impressionato!
=Non mi sono neppure sforzata tanto
=Bene ma adesso devi dirmi come mai sei venuta a trovarmi
=Si tratta di questo:poco fa quando mi hai fatto entrare mi hai fatto dei complimenti circa il mio aspetto ed in effetti è vero, sono molto cambiata rispetto il giorno in cui ci siamo conosciuti ma non solo esteriormente. Io sono cambiata anche dentro, ormai ho superato definitivamente quel periodo di “sballo” che mi stava uccidendo
DOMANI SESTA PUNTATA

giovedì 3 dicembre 2009

Quarta puntata di A U T O S T O P

=Ma di te mi hai detto pochissimo
=Domani, domani ti metterò al corrente di qualche altro dettaglio, la strada per la Sicilia è ancora lunga, buena noche senorita
=Buena noche ombre
=Speriamo solo che qualche spagnolo non abbia sentito scambiarci la buonanotte nella sua lingua e non decida di spararci. =
Ho trascorso un’ottima nottata riposando tranquillamente ed anche Nino perché non si è mosso di un millimetro e non ha neppure russato; mi ha svegliato dolcemente invitandomi ad usare il bagno prima di lui e poi, dopo aver fatto un’abbondante colazione e sistemato il conto del motel, ci siamo rimessi in macchina. Gli ho fatto leggere il nome del paese dove si trova la comunità in cui dovrò andare e lui, che lo conosce bene, dice che si trova a circa 50 chilometri dal paese in cui andrà ad abitare da oggi in poi: allora gli ho rinnovato la richiesta di sapere anch’io qualcosa della sua vita.
=
Quando ieri ci siamo messi in viaggio partendo da quell’area di sosta nei pressi di Roma hai promesso che mi avresti detto in seguito alcune cose di te
=Hai ragione,tu hai avuto il coraggio di raccontarmi aspetti della tua vita fin troppo personali ed è giusto che anch’io faccia altrettanto ma non aspettarti clamorosi accadimenti =.
Ci rimettiamo in cammino e constato che abbiamo superato Napoli da una quindicina di chilometri; anche ad andatura tranquilla con la quale sto guidando la mia vetusta auto e osservando i limiti di velocità consentiti in autostrada, penso che stasera saremo in Sicilia. Chiedo a Fiorella seduta accanto a me, di prendere la carta automobilistica e le indico dove si trova il paese nei pressi del quale si trova la comunità raccomandatale dal frate e le faccio vedere anche il mio paese, quello dove andrò ad abitare da stasera in poi. Non sono molto distanti l’uno dall’altro e sono inoltre ben collegati tra loro per mezzo di un servizio d’ autobus che, nel raggio di circa 300 Km, forma come una corona, unendo altri piccoli paesi, al centro della quale c’é la città: Palermo. Mi chiede se andrò a stare da qualche parente ed allora credo sia giunto il momento di raccontarle qualcosa della mia vita, che non è poi nulla di speciale, evitandole i dettagli poco indicativi. Le confermo che quello oltre ad essere il paese in cui sono nato e cresciuto fino a quando ho terminato di frequentare le scuole inferiori, è anche il paese dei miei genitori, dei miei nonni e credo anche dei miei bisnonni che sono tutti sepolti nel locale piccolo cimitero dove abbiamo la tomba di famiglia: è rimasto un solo posto libero, ovviamente il mio. Non ho fratelli né sorelle e neppure altri parenti se non alla lontana ma che abitano in tutt’altre località. Quando si è trattato di andare alle superiori e poi all’università sono stato ospitato a Palermo da uno zio paterno. Appena laureato ho partecipato ad un concorso per insegnanti elementari e da lì ha avuto inizio la mia carriera scolastica che è terminata da docente universitario circa sette anni prima, quando sono andato in pensione. Neanche due anni dopo mia moglie, anche lei insegnante, è morta. Mio figlio e mia nuora hanno insistito perché io andassi a stare da loro: entrambi mi vogliono bene, lo so, ed altrettanto gliene voglio anch’io così come stravedo per quei due gemellini ma ho finito di accettare un po’ controvoglia sia perché ho dovuto lasciare la mia casa dove ho vissuto con mia moglie per oltre 50 anni e poi anche perché in considerazione del mio carattere e della mia età non è tutto “rose e fiori”. C’è stato poi un altro aspetto della questione: mio figlio e mia nuora hanno fatto l’impossibile per farmi sentire a mio agio ma più passava il tempo e più mi convincevo, forse sbagliando, che in più di un’occasione rappresentavo un ostacolo al loro modo di vivere. E’ pure vero che ho cercato di rendermi utile in molti modi facendo persino da baby-sitter ai due piccoli aquilotti ma circa un anno fa ho preso la decisione di tornarmene al paese natio e vivere lì fino a quando il mio destino verrà deciso. Ho dovuto lottare perché mio figlio e mia nuora non ne volevano nemmeno sentir parlare; poi, di fronte alla mia cocciutaggine, hanno dovuto cedere. Non mi sono mai disfatto di un casolare, proprietà della mia famiglia d’origine da oltre 150 anni se non di più, posto alla periferia del paese, in collina, distante circa un chilometro dal centro abitato. Certo ci sono voluti dei lavori di risanamento ma io ho preteso che rimanesse quasi tutto com’era ai tempi dei miei genitori. Nonostante le rimostranze di mio figlio non ho voluto far allacciare né la corrente elettrica né il telefono…niente impianto di riscaldamento perché c’è un gigantesco camino a legna che funziona a meraviglia; per bere e lavare, un pozzo di mia proprietà in cui la pressione della vena d’acqua è sufficiente a farla arrivare al livello del suolo; per cucinare, gas in bombole.
Frigorifero, lavatrice, televisore, computer e telefonino…fuori dalle…scatole. Soltanto una piccola radio con registratore incluso per le care musicassette di una volta, a batteria. Fiorella mi dice: “per i contatti con il mondo civile come farai?” ed io le rispondo che ci ho pensato per tempo. Intanto comincio col dire che vivono ancora lì molti vecchi amici, più o meno coetanei: ad esempio il farmacista; il parroco della chiesa più importante detta “la matrice”; l’unico medico che è poi anche il sindaco da circa trent’anni giacchè quando ci sono le elezioni amministrative nessuno si vuole candidare e si presenta soltanto lui con la sua lista civica; poi il proprietario e gestore dell’unico piccolo supermercato che vende di tutto: se ti serve una bara per il funerale lui te la procura senza alcuna difficoltà basta dirgli le misure ed il maresciallo dei carabinieri che comanda la locale stazione e che ho conosciuto di recente. Ah dimenticavo il notaio, anche lui nativo di quelle parti, che viene soltanto nei fine settimana per prendersi cura delle esigenze legali dei miei compaesani e infine i direttori degli unici ufficio postale e agenzia di banca che sono gli “acquisti più recenti” nel novero delle nostre amicizie. Con un pizzico di malizia lei soggiunge:”soltanto le persone che contano eh?” “No, soltanto gli amici”. “Il numero degli abitanti?” mi chiede “Qualche migliaio, non di più”. Ogni volta che ci torno, oltre a respirare un’ottima aria pulita, mi pare quasi di rinascere poiché io e gli amici cogliamo l’occasione per rivederci, discutere e giocare qualche partita a carte. C’è però una nota stonata, una sola per carità, ma che mi dà qualche fastidio. Un piccolo problema che risolverò adesso che tornerò nel mio paese per restarvi. “Di che si tratta?” “Lo vuoi proprio sapere? Va bene ti accontento. Posso solo dirti che si tratta di una donna: no, no, non scaldarti tanto, non dirmi che l’avevi immaginato perché non si tratta di quello che ti è venuto in mente e credi che qui vive la donna della mia vita…e non sghignazzare! Ti dico tutto. Lei si chiama Carmelina ed ha abitato a circa 500 metri da casa mia sin da quando è nata, vale a dire un paio di mesi dopo di me quindi abbiamo entrambi la stessa veneranda età: oltre 72 anni. Le nostre famiglie si frequentavano e noi abbiamo sempre giocato insieme…anche con altri naturalmente; abbiamo frequentato le stesse scuole fino al termine delle medie: ci volevamo bene come possono volersene due bambini di quelle età, provavamo simpatia l’uno per l’altra ma niente di più. Una bambina carina, piuttosto florida già da piccola ed ha seguitato ad esserlo ancora. Quando sono andato a Palermo per continuare gli studi anche lei ha compiuto lo stesso passo perché voleva diventare ostetrica. Lei era ospite di non so quale parente ma ci s’ incontrava spesso senza però mai aver superato i più semplici rapporti di fraterna amicizia: io mi limitavo a ritenerla una sorella niente di più ma di lei invece ho sempre saputo che avrebbe desiderato qualcosa di diverso. Ti prego, non prendermi in giro, non provavo nulla per lei. Col tempo le nostre strade si sono divise: io sono andato a fare l’insegnante a Roma e lei è tornata al nostro paese a fare la levatrice e credo che abbia contribuito a far nascere un’infinità di bimbetti. Lei non è stata da meno: pensa che, nel corso della sua vita si è sposata tre volte ed altrettante è rimasta vedova. Ha avuto undici figli dai tre matrimoni, dei quali sette non ce l’hanno fatta e sono stati portati a far compagnia ai loro padri, mentre i quattro rimasti, presagendo la “mala parata”, sono emigrati chi nelle Americhe, chi in Australia, chi in Arabia Saudita e chi in Sudafrica, beninteso sempre attaccati alla loro madre Carmelina ma per posta e per telefono. E’ una cara donna, diciamo pure donnone perché è diventata molto grossa, scoppia di salute ed è molto buona e generosa con tutti. Non crea problemi a nessuno e non esiste chi non le vuole bene. Possiede un istinto materno e protettivo innato verso il prossimo e, purtroppo, da quando ha saputo che tornerò ad abitare nel mio casolare poco distante da lei…apriti cielo…)
DOMANI QUINTA PUNTATA

mercoledì 2 dicembre 2009

Terza puntata di A U T O S T O P

=Io vado alla macchina per prendere il necessario per la notte,vedo che hai sempre il tuo zainetto con te, se vuoi fare una doccia oppure darti una rinfrescatina lì è il bagno, fai come credi torno tra un quarto d’ora
Ha parlato!…e non l’ho neppure ringraziato…meglio farlo…
=Grazie, ci metto poco
E’ uscito senza dire una parola però la porta non l’ha sbattuta! Io in ogni caso chiudo a chiave se e quando vorrà rientrare dovrà bussare…fatto. Che bella doccia calda! Ci voleva ma per dormire che mi metto? Sempre se mi andrà di dormire un paio di calzoncini e una maglietta vanno bene, ma lui dov’è finito? Non ho l’orologio però credo che il quarto d’ora è bello che passato, sarà andato a bere? Boh non c’è neppure la televisione tanto non l’avrei accesa…E se per caso se n’è andato? La camera chi la paga? La faccenda si mette male, vediamo se c’è la possibilità di squagliarsi senza dare nell’occhio.
=Posso entrare?
=Chi è?
=Nino, se non ti dispiace
=Io ho finito
=Vedo
=Ho lasciato tutto a posto e…
Gelido come un iceberg se ne va tutto impettito verso il bagno e si chiude a chiave: ha paura che voglio andare a trovarlo?La nottata si presenta proprio male, mi siedo su questa poltroncina e aspetto: a lui la prima mossa, mi ha riportato la carta d’identità - l’avevo pure dimenticata - non ho niente da leggere, magari lui avrà qualcosa in quella sua valigetta che ha poggiato lì su quel tavolinetto ma chi si azzarda a metterci le mani Eccolo, ha finito, si è messo un pigiama e…Ma che fa?
=Sogni d’oro, se vuoi puoi anche lasciare la luce accesa, io mi copro la testa
Tranquillo e beato si è infilato nel letto e si è coperto veramente la testa: certo che è un bel soggetto, come un bambino che è stato sgridato dalla mamma l’ha su con me! Non ci posso fare proprio niente sono fatta così però adesso sorge il problema: io che faccio? Non posso passare la notte in piedi e nemmeno seduta. Beh il letto è grandissimo, mi metto da questa parte vicino al bordo ma credo che dormirò con gli occhi aperti al primo movimento strano mi metto ad urlare. Toh, mi sono addormentata ma perché c’è la luce accesa? Sto sognando? No, no, adesso ricordo,guarda guarda il professore sempre con la testa coperta, però non russa, mi pare persino che non respira…
=Nino?
=Si?
=Dormivi?
=Se dormivo non ti avrei risposto
=E’ vero, non ti ho mica svegliato?
=T’ho già detto che non dormivo
=Perché sei sveglio?
=Questa è una domanda alla quale dovresti rispondere tu
=Che vuoi dire?
=Attenta che mi scopro la testa e c’è pericolo che ti guardi
=Non ho paura io
=Falso, stai dicendo una bugia
=E se fosse? Non posso sapere che tipo sei
=Perché io lo so che tipo sei tu?
=No ma che c’entra tu sei un uomo…
=Piuttosto in là con gli anni non credi? E poi io sono - come si dice - un po’ all’antica e porto rispetto a tutti, nessuno escluso, posso provare a dormire adesso visto che ormai sono le…Per la miseria è quasi l’una dopo mezzanotte!
=No
=Come no?>
=Voglio dirti di me ma spegni la luce…
=Va bene però io non sono un confessore: se ci sono cose troppo personali che vuoi tenere per te fallo pure, la vita è tua, soltanto tua, vai, dimmi
=Non farmi prediche perché ne ho piene le…
=Ahi, ahi, quelle sono fuori discussione, avanti
=Ho iniziato a sedici anni a fare la sballata…frequentavo il liceo di malavoglia giusto per evitare di sorbirmi i continui rimbrotti dei miei: certo loro potevano avere anche ragione ma conducevo una vita buia, monotona, senza stimoli. Non avevo né provavo interesse per qualcuno o qualcosa, ogni tanto frequentavo un coetaneo, amoreggiavo poi mi stancavo e mollavo…Le prime canne, la prima erba, le prime sigarette, i primi cicchetti alcolici e cominciai a frequentare persone più grandi di me, ricche, gente altolocata che mi facevano sentire importante: per un verso quelle conoscenze mi galvanizzarono tanto che riuscii a diplomarmi con una votazione piuttosto alta e ad iscrivermi all’università dove scelsi la facoltà di chimica. Non ti dico i miei com’erano contenti ma esisteva il rovescio della medaglia: feci la prima conoscenza dell’eroina: all’inizio con piccolissime dosi che mi erano regalate in cambio di sesso ma queste aumentavano di consistenza finchè un giorno, - un paio di mesi fa - stavo quasi per crepare; fui salvata appena in tempo e mentre ero in ospedale veniva a trovarmi una persona, In seguito seppi che era un frate ma era vestito in abiti civili quindi come facevo a saperlo? Beh, mi sono salvata proprio grazie a lui: non solo mi ha persino raccomandato presso una comunità giù in Sicilia, quella dove appunto sto andando, per un recupero totale e per disintossicarmi in via definitiva; mi ha assicurato che molti ce l’hanno fatta ma…Nino? Non è che ti sei addormentato? Non mi hai mai interrotto e io sono andata avanti a ruota libera…
=Bocca e occhi chiusi ma orecchie spalancate, tranquilla, nessun giudizio da parte mia però una cosa te la voglio dire
=Cosa?
=Non mi sarebbe piaciuto essere nei panni dei tuoi genitori, allora come anche adesso, questo lo capisci vero? Loro possono avere avuto e avranno ancora tutti i difetti di questo mondo ma ti sei mai chiesta che tipo di reazioni hai avuto e hai tuttora di fronte ad una situazione di disagio che forse neppure tu sai da cosa nasce? E ti voglio dire anche che ti è andata bene se sei qui a raccontare quello che hai passato entrando in quel giro infernale, tu pensa ai rischi che hai corso
=Ho cercato sempre di usare tutte le precauzioni, non sono mica scema…però lo ammetto, mi è andata bene: ho fatto una lunghissima serie di analisi e di accertamenti e fortunatamente i risultati sono stati tutti ottimi, spero soltanto che ne sia valsa la pena
=Spiegati meglio
=Io non so cosa mi aspetta…e poi che potrà mai combinare una come me?
=Devo per forza usare il solito frasario: sei giovane, hai tutta la vita davanti a te, la speranza è l’ultima a morire, il futuro sta soltanto nelle tue mani, col trascorrere del tempo tutto ciò non sarà che un semplice ricordo…Vuoi che seguito?
=No, grazie tante, basta e avanza ma con i miei ho rotto definitivamente
=Può anche darsi, tu sei la loro unica figlia?
=Sì
=E allora non lo so se hai scritto la parola FINE con loro, non ci giurerei; ad ogni modo sono cose che non mi riguardano. Ma dove si trova questa comunità? In quale parte della Sicilia?
=Il nome è un po’ buffo ed io non lo ricordo così a memoria però l’ho annotato su un foglietto, domattina te lo faccio leggere
=Bene, allora adesso è meglio che ci mettiamo a dormire, questa volta davvero però
DOMANI QUARTA PUNTATA

martedì 1 dicembre 2009

Seconda puntata di A U T O S T O P

=Sì, andiamo ma proviamo a controllarci noi per favore in considerazione del fatto che abbiamo tanta strada da fare
=Mi chiudo la bocca
=Non ho detto questo,divieti non ce ne sono, sei vuoi parlare fallo, se vuoi stare in silenzio non c’è problema
=Mm…
=Autoradio non ne ho, quindi niente musica di sottofondo
=Meglio
=E non so fischiettare
=Fai lo spiritoso?
=Non lo so fare perciò staremo in silenzio
=Sei sposato?
=Ti va di parlare?
=Adesso ascolto
=Sì lo ero, sposato
=Sì ma nel modo più triste
=Che sarebbe?
=Che è morta cinque anni fa
=Vuoi dirmi come
=Un incidente d’auto
=Mi dispiace. Cambiamo discorso?
=Volentieri
=Hai figli?
=Uno, Carlo, quarant’anni, sposato con Claudia, loro hanno due figli, gemelli di cinque anni pensa un po’: a volte la vita fa certi scherzi, mia moglie è morta e sono nati loro; è stato come se andandosene ha fatto in modo di lasciarci una specie di regalo, due in cambio di uno, cioè di una
=Tu sei rimasto solo?
=No, mio figlio ha voluto che andassi a vivere con lui, con la sua famiglia fino a ieri sera
=E poi?
=Preferisco sorvolare almeno per adesso, sei riuscita a sapere molto di me ma…E’ possibile conoscere qualcosa di te o chiedo troppo?
=Non credo di avere cose interessanti da dire
=Se ti va di parlarne io mi limiterò ad ascoltare, non è mio costume esprimere giudizi, qui non siamo a scuola
=Per fortuna
=Hai qualcosa contro la scuola in genere o contro qualche tipo di scuola in particolare?
=Ho mollato l’università da un paio d’anni
=Per quale motivo?
=Parecchi , uno di questi era che c’era da studiare troppa matematica e a me quella materia mi aveva rotto le pa…
=Alt alt, anche perché tu non ne hai: anch’io da studente l’ho addirittura odiata ecco perché ho finito di laurearmi in lettere;però col passare degli anni invece, quando ho incominciato a capirla, mi è diventata simpatica
=A me è rimasta antipatica
=Non importa, adesso mi pare che sia giunto il momento di sapere qualcosa di te…Vuoi iniziare?>
=Non sono ancora pronta
=Va bene. Però voglio farti notare che manca poco alle 21 e io non guido di notte perciò al prossimo motel, che non dev’essere lontano, ci dobbiamo fermare per dormire: riprenderemo il viaggio domattina
=Ma io non ho soldi
=Te li anticipo io poi un giorno, se c’incontreremo ancora, me li restituirai
=Dormirò in macchina
=Non dire str…stupidaggini, come vedi capitano anche a me i momenti in cui perdo la calma: avanti non mi va che tu resti sola in macchina
=Hai paura che me la squagli? Non temere non ho la patente e non posso guidare
=In verità è un pensiero che non m’aveva neppure sfiorato la mente ma come mai non hai la patente?
=E’ una storia lunga, poi se mi va te la racconterò
=Avrai un documento di riconoscimento spero
=Per farne cosa?
=Ce li chiederanno al motel
=Carta d’identità va bene?
=Sicuro, ecco vedi? Tra cinque chilometri troveremo quello che cerchiamo
=Mm…
=Sbaglio o in quanto a socievolezza tu hai qualche problema? E lo ripeto non sono psicologo
=Problemi miei
=D’accordo, mi tapperò la bocca
=Puoi pure lasciarmi qui in autostrada
=Mi dispiace ho tappato anche le orecchie, gli occhi no perché sto guidando e tra poco devo voltare a destra, scusa tanto
L’ho fatto incavolare, non ci posso fare niente, gli do la carta d’identità così lo faccio calmare un po’ e se non si calma chi se ne frega;piuttosto ho lo stomaco che brontola, vorrei mettere qualcosa sotto i denti, è passato troppo tempo dall’ultimo panino che ho mangiato, io non gli chiedo niente, è possibile che anche lui abbia fame…
=Buonasera, vorremmo due camere singole: ecco i documenti
=Per me va bene anche una matrimoniale
Porca miseria ma perché non chiudo questa boccaccia?
=Nessun problema Fiorella?
Adesso mi prende pure per i fondelli
=Sì, sì Nino, va benissimo…
Eccoti servito: uso il tuo stesso tono ironico così impari
=Allora va bene anche la matrimoniale e - mi scusi - vorremmo mangiare qualcosa
=Il bar è ancora aperto ed ha un servizio di tavola calda ben fornito, appena usciti dal motel basta girare l’angolo a destra e ve lo troverete davanti
=Grazie molto, ci vediamo più tardi; andiamo Fiorella?
=Sono qui Nino e ti seguo
Bene…l’avevo detto che anche lui aveva fame, per fortuna. Però che pedalata veloce, ma dove corre? E non si volta neppure per vedere se lo seguo…mm…Ho l’impressione che faremo scena muta per un bel po’. Ah! eccoci arrivati: guarda quanta bella roba, voglio vedere prima lui che cosa mangia: il primo lo salta, io pure, per secondo prende pesce contornato da patate lesse. No, io prendo un bel piatto d’insalata, carote crude, formaggio e pizza bianca;da bere acqua minerale come lui, si siede in un piccolo tavolo e io allo stesso, seduta di fronte: neppure mi guarda…Devo capire se fa finta di essere indifferente o se questo è il suo vero carattere. Mezz’ora ed ecco che abbiamo finito, si alza e va a pagare, non prende il caffè e non mi chiede se lo voglio anch’io, si è tappata la bocca sul serio! Continuo a stargli dietro, la nostra camera è la 7, al piano terra, e meno male così se devo fuggire lo posso fare velocemente: è ampia, bella in ordine, c’è un solo letto…matrimoniale…Ahi ahi! Ci vorrebbe un divano ma non lo vedo però c’è il bagno.)
DOMANI TERZA PUNTATA

lunedì 30 novembre 2009

A U T O S T O P - Prima puntata

Fin qui ci sono arrivata. E’ stato persino troppo facile. Proprio così: non ho idea dell’ora in ogni caso preferisco restarmene ancora qui sdraiata. Che ottobre magnifico! E guarda che cielo! ‘Sti romani! Beati loro, che fortuna, anche col tempo…e invece lassù piove e fa freddo. Per l’appunto ho fatto bene a squagliarmi… Da sola? Beh, che importa: gli altri hanno tutti il loro bel “dafarino” Buon divertimento amici, compagni e fratelli, di vero cuore. L’accoppiata in realtà non era molto contenta: lei “il guaio è che tuo padre ti ha sempre permesso tutto” e lui “il fatto è che nemmeno a tua madre ho potuto mai dire di no”. Risultato soldi pochi, ma libertà tutta. Il resto non conta un bel tubo. Quando l’accoppiata fa una discussione mamma è “tua madre” e papà “tuo padre” - che risate - riescono persino a non chiamarsi per nome, abilissimi, dribblano e sorvolano in maniera portentosa: ormai neppure volutamente riuscirebbero a cambiare. Però guarda che bel movimento che c’è: eppure non è domenica oppure sì? A proposito ma che giorno è oggi? Vediamo un po’…mercoledì ho preso un tir sulla tangenziale, sì autista meridionale con baffetti…classico! Giovedì casello di Chiusi-Chianciano autotreno frigo…allora è venerdì, sì sì, proprio venerdì…Chissà se domenica sarò in Sicilia? In ogni modo niente tabelle di marcia, devo andare in quella località della quale per ora non rammento neppure il nome, però lo devo aver scritto da qualche parte anche se ci vorranno due, dieci o cento giorni non ha alcuna importanza. Beh diamo un’occhiatina in giro. Ho scelto proprio un bel posto,da qui si può vedere benissimo chi entra e chi esce, ecco vediamo un po’: per esempio questa coppia che sta scendendo adesso dalla macchina, sì, no, non va, mi sembrano troppo…no no …passiamo oltre…Vedo quel grosso articolato che sta facendo manovra per entrare, forse sarà un po’ lento, no aspettiamo ancora, tanto di tempo ne ho quanto ne voglio…Ecco, per esempio questa donna così ben vestita che sta scendendo da una macchina di lusso, ho paura che non appena mi avvicino comincia a strillare…no, no meglio cambiare obiettivo…Per esempio, questo tale che sta parcheggiando la sua punto un po’ vecchiotta, lui invece…Mah, anche lui ha i suoi anni ed è solo, stiamo a vedere che fa: scende dall’auto, si stiracchia e si guarda intorno poi chiude la macchina, si avvia al bar, lo seguo, tutto compito fa la fila alla cassa…va a prendersi un…sì un caffè, poi esce e…Però! Si accende anche una sigaretta…forse vuol dire che non ha alcun complesso, staremo a vedere, chissà dove si dirigerà…decidiamoci: io ci provo…
=Salve
=Salve, ci conosciamo?
=No
=Meno male perché a volte faccio certe gaffe…Sa, la mia memoria ogni tanto mi combina qualche scherzo: posso fare qualcosa per lei?
=Dipende
=Non capisco…
=Devo andare in Sicilia
=Ah! E ci sono problemi con la macchina?Io non credo di poterle essere d’aiuto
=Io sono a piedi, questo è il problema
=E come pensa di risolverlo?
=Con l’autostop
=Beh, un modo come un altro, certo
=Te dove vai?
=Come?
=Ti ho chiesto fin dove arrivi con la tua macchina
=Non credo che la cosa possa interessarla e mi chiedo, anzi le chiedo…
=Perché continui a darmi del lei? Vuoi tenermi a distanza? Hai paura di qualcosa?
=Senta signorina, anzi no, sentimi bene ragazza: io non ti conosco, non so chi sei…
=Mi chiamo Fiorella
=Ah!!!

=Che c’è da ridere?
=Ecco, rido - o meglio sorrido - perché è un nome che m’è sempre piaciuto
=A me invece non è mai andato a genio
=Forse sarà piaciuto ai tuoi genitori
=Non l’ho mai chiesto a loro
=Prova a farlo
=Non m’interessa
=Va bene, sono affari tuoi…allora che…
=Che cosa vuoi fare?
=In che senso?
=Mi puoi dare uno strappo?
=Ascoltami bene ragazzina
=Ho 22 anni
=Sì? E allora te ne mancano cinquanta per arrivare ai miei, quindi è meglio…
=Dimmi soltanto se mi puoi aiutare, per favore
=Ecco, adesso andiamo meglio
=Trovo difficoltà ad essere più cortese
=L’ho notato, hai un caratterino un po’ spigoloso, non credi?
=Non posso farci niente
=Forse la tua è una forma di difesa come se indossassi una corazza
=Chi sei? Uno psicologo?
=No, sono un ex professore di lettere in pensione
=Bene, non mi hai detto come ti chiami e se mi puoi aiutare
=Piano, una cosa per volta; il mio nome è Antonio - o Antonino - però gli amici mi hanno chiamato sempre Nino, e prima che lo dici tu lo dico io: è un nome molto comune ma a me sta bene così
=E per l’altra questione?
=Per quella dovremmo pensarci bene entrambi non credi?
=Cos’è? Vuoi delle referenze?
=Non ricominciare e cerchiamo di smussare qualche angolino
=D’accordo
=Nel nostro reciproco interesse io penso che dovremmo chiarire alcune cose prima di intraprendere questo viaggio insieme dato che anch’io vado in Sicilia
=Allora posso venire con te?
=Calma, calma, non credi che dovendo affrontare insieme un viaggio così lungo dovremmo sapere di più su ciascuno di noi? Chi siamo, che facciamo…
=Questo lo sappiamo già: io sono Fiorella e tu sei Nino
=Devo ringraziarti perché mi consideri tuo amico?
=Ti dirò grazie quando mi farai salire in macchina e andremo via da questo parcheggio di m…
=Alt! Preferirei un modo di parlare meno aspro, ti dispiace? Faccio il pieno e poi si va, sali pure
=Questo zainetto me lo metto sulle gambe
=Tutto lì il tuo bagaglio?
=Non mi serve altro
=Allora andiamo…Il pieno per favore e anche una controllatina alle gomme e all’olio, grazie
=Sei sempre così gentile te?
=No, e quando mi va storto sono guai
=Possiamo andare adesso o devi fare qualche altra controllatina?
DOMANI SECONDA PUNTATA

giovedì 26 novembre 2009

UN CORDIALE RINGRAZIAMENTO

ai blogger amici per il loro interessamento.
il Monticiano e Pasquale (il suo pc), assistiti dai rispettivi avvocati hanno sottoscritto un preliminare d'accordo per sospendere le ostilità.
Almeno per ora.
Speriamo bene.
Salutissimi.

martedì 24 novembre 2009

Per i blogger amici

All'alba di martedì 24 novembre 2009 il Monticiano del blog "Via della Polveriera", ha litigato con Pasquale, il suo pc, il quale si è incavolato e ha messo a tacere il modem Alice adsl e Aladino voip.
No internet.
No telefono.
Si sta provvedendo.
Un saluto.

lunedì 23 novembre 2009

SOLITUDINE - SEDUTO IN UNA PANCHINA NEL PARCO - Seconda edizione

Alcuni morbidi colpi sulla mano destra mi fanno sollevare le palpebre lievemente appesantite dal sonno e vedo il volto sorridente di Lucilla seduta accanto che mi dice a bassa voce
= Scusa se ti ho svegliato ma…
= Tu?…E che ci fai qui?
= Io abito qui vicino, tu piuttosto. Se non hai cambiato residenza, mi sembra che questo parco sia piuttosto lontano di casa tua, o no?
= E’ vero, ma l’ho visto così poco frequentato e riposante che ho pensato di fare una piccola sosta nel corso della mia passeggiata ed invece appena seduto mi sono addormentato e neppure me ne sono accorto
= Dovevi essere molto stanco perché è già un bel po’ di tempo che dormi o forse sarà il caldo incipiente che…
=…unito al post-pranzo e l’ora insolita del primo pomeriggio hanno fatto in modo di farmi cadere quasi in letargo
= Già e sono anche tre o quattro volte che cerco di svegliarti spostandoti il capo ciondoloni che hai di continuo reclinato sulla mia spalla destra, ma evidentemente devi avere il sonno pesante
= Sì, hai proprio ragione, però potevi pure spostarti magari di poco e…
=…così avresti sbattuto la testa sulla panchina ed il tuo risveglio sarebbe stato poco piacevole
= Effettivamente è andata meglio così. Ti ringrazio molto
= Non c’è di che. Ti ho anche chiamato almeno per un po’, Bruno, Bruno, ma tu non mi sentivi
= No, altrimenti ti avrei risposto. Comunque vedo che sei qui con una bella neonata, è tua?
= Si è mia figlia. Sai che l’ho sempre desiderata e lei è il mio unico tesoro
= Veramente sei ancora così giovane che chissà quanti altri tesori potrai avere se lo vorrai
= Forse è una tua dimenticanza, ma ho superato i cinquanta da un paio di mesi
= Sinceramente ti assicuro che non li dimostri per niente
= Ma io non me li sento, credimi
=Neppure io mi sento i miei cinquantacinque anni
= Allora siamo pari
= In ogni caso ti faccio i miei complimenti, anche per tua figlia. Guarda come dorme beata lì nel passeggino
= Questo è uno degli altri motivi per i quali non mi sono allontanata da questa panchina. Ho voluto che riposasse tranquillamente
= Non potevi scegliere luogo e ora migliori
= Infatti. Qui si respira un’aria così pulita. E questo silenzio poi. Ho scelto di proposito questo piccolo viale con poche panchine, siamo i soli frequentatori di questa parte del parco, io, te e la mia bambina
= Sono d’accordo. Come si chiama tua figlia?
= Katrina. E’ un nome di origine russa, come il padre, mio marito, che si chiama Vladimir. Lui è un imprenditore piuttosto importante, si occupa di petrolio
= Chissà come deve essere contento tuo marito
= Ah! Sì lui è senz’altro molto contento, soprattutto in questi ultimi tempi
= Perché?
= Perché vive arcicontento in non so quale paradiso esotico insieme alla sua giovanissima amichetta ed ex-segretaria
= Mi dispiace. Incautamente ho toccato un argomento che dovevo evitare, ti chiedo scusa
= Non lo potevi sapere quindi niente scuse. E poi io non ho nulla da rimproverarmi, lui piuttosto
= Cambiamo discorso che ne dici?
= No, no, anzi, non può che farmi bene parlarne, specialmente con te
= Non sei tenuta a farlo
= Lo so ma preferirei farti sapere come sono andate le cose dopo che ti ho lasciato
= Vorrei che tu non ne parlassi
= Ti è molto dispiaciuto quando è successo?
= Sai benissimo quanto ho sofferto
= Perché non ti sei messo con qualche altra ragazza?
= Paragonavo le altre a te e loro perdevano
= Già ma questo è un tuo errore, lo capisci vero?
= Può darsi, ma è stato difficile per me rassegnarmi. Voglio confessarti una cosa. Non ne ho mai parlato con nessuno. Ormai saranno passati dieci anni, vero?
= Sì, dieci anni esatti
= Credimi - non sto esagerando - tutte le notti o quasi, faccio lo stesso sogno
= Penso di sapere di che sogno si tratta
= Brava. Ricordi quello che mi dicesti?
= Certo, ti dissi che dovevi fartene una ragione e ti dissi anche…
= Non ripeterlo, non lo voglio ascoltare di nuovo. Il giorno che mi lasciasti fu il più brutto della mia vita e come sai non mi sono mai dato pace. Vado avanti, ma sono vuoto dentro. Aspetto con ansia la notte perché so che non appena riesco ad addormentarmi tu arriverai nel mio unico sogno, sempre lo stesso
= Io non so come aiutarti, non posso fare nulla. Non dipende da me
= Capisco, però spero che tu non svanisca dal mio sogno. Mi contento di questo
= Come vuoi. Adesso però devo andare. Neppure io ti ho dimenticato. Addio Bruno
= Arrivederci Lucilla, arrivederci
*******
Sento nuovamente quei morbidi colpi sulla mia mano. Mi guardo intorno e non mi riesce più di vedere Lucilla. Di fronte a me, seduti vicini su una panchina, due vecchietti mi salutano con un cenno e allora gli chiedo
= Scusatemi, avete visto per caso in quale direzione è andata quella signora con la quale stavo conversando un attimo fa?
= Veramente no. Io e mia moglie ci siamo seduti qui da oltre un’ora e non abbiamo visto nessuna signora. Lei era da solo e dormiva placidamente
= Ma come? Sto parlando di una bella signora, bruna, che conduceva anche un passeggino con una bambina dentro
= Mi dispiace deluderla signore, ma devo insistere. Quando noi siamo venuti in questo parco e ci siamo seduti le assicuro che lei era da solo su quella panchina e stava dormendo
= Si, d’accordo, però sono stato svegliato dalla signora con dei brevi colpi sulle mie mani
= Ah! Ma quello è stato il nostro Pilù. Vede quel piccolo bastardino che vive ormai con noi da qualche anno? Quando si accorge che qualcuno dorme - e lei signore lo faceva profondamente - lui batte con molta delicatezza la sua zampetta sul dorso delle mani della persona addormentata, anche se la vede per la prima volta, così soltanto per avere un po’ d’ attenzione. L’ha fatto un’ora fa e l’ha ripetuto adesso, nonostante i nostri richiami
= Possibile che abbia fatto un sogno? Di giorno?
= Credo proprio di si. Probabilmente un bel sogno dato che a volte sembrava che sorridesse, ma è stato soltanto quello
= Già. Scusatemi, deve essere andata proprio così. Grazie lo stesso e arrivederci. Ciao Pilù
Rattristato, m’incammino per fare ritorno al lavoro.
Passano i giorni ed io non riesco ancora a convincermi che è impossibile rivedere Lucilla. Lei ormai non c’è più su questa terra e, se la rivedrò, sarà soltanto nel mio sogno.

giovedì 19 novembre 2009

LA DIFFERENZA NELL'INCEDERE

Certe volte mi capita di osservare l’incedere di coppie di persone di una certa età - ma non solo - che assolutamente non conosco, dividendole in categorie.
Ovviamente le mie sono soltanto supposizioni, ma per qualcuna di queste coppie ho una certezza. E non parlo soltanto di coppie di coniugi ma anche di coppie di persone, uomo e donna, che vivono insieme chissà da quanto tempo pur non essendo sposate tra loro:
1^) LEI cammina tenendo il proprio braccio sotto quello di LUI.
Trattasi di coppia dove “chi porta i pantaloni in casa” è LUI. Apparentemente gli atteggiamenti di LEI denotano quasi una remissività nei confronti di LUI il quale invece mostra quelli da uomo di scarsi complimenti e piuttosto sicuro di sé;
2^) LUI cammina con il braccio avvinghiato a quello di LEI.
Qui le parti sono completamente invertite. I pantaloni in casa li porta LEI e i suoi comportamenti sono decisamente come quelli di una virago. Cammina tutta impettita e con uno sguardo duro negli occhi;
3^) entrambi camminano affiancati. LUI tiene le proprie braccia incrociate dietro la schiena, LEI una borsa fra le mani. Camminano lentamente, non hanno nessuna fretta, forse la loro mèta é lontana. Non scambiano tra loro neppure uno sguardo;
4^) LUI, come assorto nei propri pensieri, cammina davanti a LEI a distanza di circa due metri. Ogni tanto si fermano: LEI per guardare qualche vetrina, LUI per voltarsi e vedere se LEI lo segue.
Purtroppo mio padre ed io abbiamo avuto la stessa cattiva abitudine;
5^) LUI e LEI teneramente abbracciati che si scambiano piacevoli effusioni.
Questa è una categoria onnicomprensiva: adolescenti, giovani, meno giovani, terza e quarta età.
Notato con i miei occhi.
Per la verità ho notato anche altro. Due casi molto diversi tra loro.
Il primo: un LUI e una LEI sicuramente non fratello e sorella ma qualsiasi altro tipo di coppia, entrambi tra i quaranta e i cinquanta anni che, camminando non vicini ma a distanza di sicurezza l’uno dall’altra, si scambiano un vagone di parole non proprio gentili minacciandosi reciprocamente, ogni due o tre minuti, di passare alle vie di fatto. Ciò che impressiona maggiormente è la differenza corporea tra i due: LUI un pezzo d’uomo grande e grosso, per la sua mole forse dipendente di una ditta di trasporti-traslochi, LEI esattamente la metà sia in lungo sia in largo. Incontro questa coppia molte volte, forse perché residenti nella mia stessa zona, e ogni volta assisto a questa sceneggiata fino a quando le nostre strade si dividono io da una parte, loro dall’altra.
Il secondo: abito al primo piano di un vecchio fabbricato e dalla finestra della mia camera si sentono nitidamente molti rumori provenienti dalla strada sottostante per il passaggio d’ogni tipo di mezzo a due o quattro ruote, di bambini e ragazzi con o senza genitori che frequentano le vicinissime scuole, pedoni che camminano per i fatti loro.
Da un po’ di tempo a questa parte si è aggiunto un nuovo rumore. Quello roboante del motore di una moto di grossa cilindrata che da fermo è accelerato e poi rallentato. Dura qualche minuto non di più però è assordante specialmente se tengo le finestre aperte. Cinque o sei giorni fa mi sono affacciato e ho notato che, nel parcheggio per sole moto, proprio sotto le mie finestre, verso le 8.30 del mattino si ferma una grossa moto con a bordo due persone che indossano regolarmente il casco e il guidatore, prima di scendere, dà un’accelerata e lentamente fa spegnere il motore. La coppia super motorizzata è composta di un LUI e di una LEI più che cinquantenni di corporatura normale, capelli biondo cenere e lineamenti o moldavi o polacchi o rumeni o ucraini, non lo so. Una volta che entrambi sono scesi dalla moto, parlano tra loro anche ridendo e scherzando, poi si abbracciano ed iniziano a scambiarsi baci ed altre effusioni, senza curarsi minimamente dei passanti che a quell’ora non mancano. Questa scena dura per circa dieci minuti poi i due si salutano, LEI se ne va a piedi verso non so dove, LUI monta in sella alla moto, dà una forte accelerata e riparte.
Il loro incedere, per quanto ne so io, si limita a questi movimenti motorizzati.

lunedì 16 novembre 2009

L'INDECISO

- Allora? E’ più di un’ora che ci troviamo qui, si può sapere che aspetti?
- Devo pensarci bene
- Camillo dammi retta tu pensi troppo
- Perché tu no?
- Ma che c’entra la mia situazione è diversa dalla tua
- In che senso scusa
- Nel senso che io sono ancora giovane e te invece … insomma…
- Ma che ne sai
- Lo so, lo so. Ad un’età come la tua si pensa ad altre cose…
- No caro mio, se permetti io penso ancora a queste di cose
- D’accordo, come dici tu. Però ce la vogliamo dare una mossa?
- Si, si. Ecco vedi quella?
- Quale?
- Quella piccolina che cammina tutta impettita
- Ah si, non è male...
- Si da’ troppe arie però
- Se lo può permettere non credi?
- Questo è vero. Sai che c’è? Io vado e ci provo
- Vai vai, io aspetto qui…
- Volo…
*******
- Bè, com’è andata?
- Giova’ fiasco completo
- E perché?
- Non sono il suo tipo
- Così stanno le cose?
- Già
- Su non t’avvilire
- Parli bene te che hai solo l’imbarazzo della scelta
- Ma quale imbarazzo, ne conosco due o tre ma ancora non ho deciso con quale…
- L’altro giorno mi hai fatto conoscere quella con il baschetto di capelli neri…
- Marinella, sì fa la cassiera al supermercato
- Si vede che è una brava ragazza e anche molto carina
- Vero, ma vedi, sono combattuto fra lei e Assuntina
- Quale? Quella biondina con quegli occhi grandi, celesti, le ciglia lunghe e…
- Cami’ ma l’hai guardata con la lente d’ingrandimento?
- Mi si è messa seduta vicino e allora l’ho scrutata bene
- Fammi il piacere scruta bene solo le tue…
- Sei geloso per caso?
- Ma che geloso…Piuttosto guarda Cami’…guarda quanto è carina quella…
- Ci vediamo dopo Giova’, io vado…
*******
- Cami’ che t’è successo?
- M’è successo che è arrivata un’amica sua e io…
- E tu?
- Prima ho guardato bene una, poi mi sono messo a guardare l’altra e non sapevo quale…
- Ma quanto tempo ti serve per decidere…
- Il fatto è che l’una valeva l’altra e io…
- Mica stai al mercato. Quando hai messo gli occhi su una quella devi guardare no che cambi…
- Pure loro però non mi degnavano di uno sguardo, anzi, pareva volessero evitarmi
- Ti credo. Tu dimentichi sempre che grande e grosso come sei non puoi innamorarti di una…
- …piccolina, sì. Che ci posso fare se a me piacciono quelle…
- E quelle si mettono paura solo a vederti da lontano
- Eppure t’assicuro che mi comporterei molto delicatamente
- Ne sono certo, ma quelle non lo sanno. Ci vuole tempo perché ti conoscano tu invece corri sempre
- Corro sì. Quanto tempo è passato dall’ultima volta che…
- Nemmeno un mese…
- Ti pare niente a te?
- Mica stanno a tua disposizione. Ci vuole pazienza, tempo e gentilezza…
- Lo so e io ce la metto tutta …
- Cami’, s’è fatto tardi, dobbiamo ritornare a casa. Mi raccomando senza fare baccano
- Hai ragione c’è quel tale a pianterreno che scoccia. Per la miseria quanto scoccia
*******
- Domani mattina veniamo presto. Può darsi che incontriamo quella tua amica del mese scorso. Mi sembra di aver capito che ha degli orari un po’ strani. Cami’ vieni qua, cammina accanto a me. Aspetta è meglio che prima ti metto LA MUSERUOLA E IL GUINZAGLIO.

giovedì 12 novembre 2009

UNA VOCE POCO FA

MO: Moglie – MA: Marito
MO: (entra in casa, contemporaneamente scuote l’ombrello che ha in mano per la pioggia che vi si è accumulata poi si avvia verso la cucina)…e mi raccomando, non bagnarmi la moquette …è da questa mattina alle sei che non ho fatto altro che pulire e spolverare, spolverare e pulire. Ci si può mangiare su questa moquette!…Perché poi? (volgendosi indietro e non vedendo il marito) ma che fai? Entra su e metti i piedi nelle pattine mi raccomando…non bagnarmi tutto (si ritira in cucina)
MA: (entra carico di pacchi e pacchettini in entrambe le mani; sotto l’ ascella sinistra trattiene a stento un ombrello chiuso e sotto quella destra un mattarello confezionato con carta da regali. Inoltre, stretto tra i denti, un manico di corda dal quale pende un oggetto tondo di cristallo anch’esso confezionato con carta idonea. E’ fradicio di pioggia dal cappello che tiene in testa fino alle scarpe con le quali traffica a fatica per togliersele e mettere le pattine. Nel fare questi movimenti inevitabilmente inonda di pioggia la moquette del pavimento. Cerca di poggiare da qualche parte i vari pacchi, pacchettini ecc. ma i movimenti gli sono impediti da tutto quello che porta.)
MO (dalla cucina)…e chiudi la porta di casa, che ce l’hai a fare le mani?...
MA: (cerca di avvicinarsi alla porta di casa ma ne è impedito sia a causa delle pattine sia anche per tutti i pacchi ecc. che ancora non riesce a sistemare da qualche parte. L’oggetto tondo che trattiene con i denti non gli permette di aprire la bocca per chiamare la moglie)
MO: (c.s. dalla cucina) …e come se non bastasse adesso devo anche preparare da mangiare, ma chi me lo fa fare…Meno male che questa festa viene una volta l’anno!...Lo so, lo so, si tratta sempre dei miei parenti: zia Brigida, zia Camilla, zio Cirillo e delle mie sorelle Ninì e Lulù…Pensa che strazio se fossero venuti anche i tuoi di parenti, per amor del cielo! E sì tanto a te che te ne importa. Chi si carica di tutto il peso? Sono io, io e soltanto io. Fa questo,fa quest’altro, lava, pulisci, spazza, compra, esci, entra, porta a casa, tutto,tutto io devo fare. E poi pensa ai regali a questo, a quella…Oh! A proposito, i regali devi metterli a posto in ordine perfetto, lì nei mobiletti. E non sederti sul divano. Ho faticato più di due ore per pulirlo e spolverarlo. Almeno aspetta che arrivino i miei parenti. Allora il pacco per zio Cirillo mettilo nel mobiletto giallo, anzi no in quello verde, sì è meglio; quello per zia Brigida nel mobiletto rosso…no, no in quello marrone insieme con quello per zia Camilla, mentre gli altri due per Lulù e Ninì mettili …mettili…bè lo sai o ti devo dire tutto io? I pacchetti rimasti mettili dove trovi posto, ma non sul divano, mi raccomando e neppure in quello scaffale, devono stare nascosti altrimenti è finita la sorpresa. Però, sta venendo bene l’arrosto…Stammi a sentire, sai che ho pensato? Ad un certo punto, dopo la cena, ti alzi da tavola, spegni la luce e poi, dopo che hai tirato fuori i regali, d’improvviso la riaccendi eh? Che ne dici? Ho avuto una bell’idea? Così faccio loro una sorpresa che non la dimenticheranno mai. Quindi cerca di ricordarti bene dove metti i regali perché poi, al buio, dovrai tirarli fuori nello stesso ordine in cui li hai sistemati adesso, prima quello di zio Cirillo, poi quello di zia Brigida, poi quello di zia Camilla: devi stare molto attento perché zia Camilla ci tiene tanto a quel vaso di cristallo che ha sempre desiderato, usa la massima attenzione. Quelli per Ninì e Lulù lasciali pure lì, la sorpresa a loro la facciamo più tardi….Allora come procede? Avrai finito spero,. Sistema tutto per bene e vieni a darmi una mano in cucina, con l’arrosto voglio fare anche le patatine novelle, ai miei piacciono tanto. Vieni in cucina che devi sbucciarle. Chissà se due chili basteranno? Mah, quasi quasi sarà meglio aggiungerne un altro po’, che ne dici? Mi senti di là? Vabbé io dico di sì. …Ma come? Non ce ne sono più? E chi le ha mangiate? Ehi, dico a te che stai lì, ne sai niente? Ho capito, non mi vuoi rispondere. Però adesso sai che fai? La smetti con la pacchia del riposo, scendi, vai al supermercato e ne compri almeno due chili. Tanto che ci vuole, prendi l’autobus e dopo cinque fermate sei arrivato. Non t’azzardare a comprarle a questa frutteria qui all’angolo. Con quello ho litigato già tre volte. Capirai, con me si vuole mettere; fa il furbo: prenda questo, prenda quest’altro, no non si può scegliere, aspetti che faccio io. Ma per chi mi ha preso? Per una deficiente? Io invece sono una che si accontenta, non ho tante pretese, ma stupida mai! Sei d’accordo anche tu? Eh!? Che ne dici? Ma perché non parli? Dico a te, perché non rispondi? Non sei né sordo né muto. Allora? Ma si può sapere… (viene fuori della cucina e vedendo quello che il marito ha combinato lo apostrofa duramente) …razza di rimbambito! Ma lo vedi che cosa hai combinato? Non hai resistito eh? Non hai fatto in tempo? Non sei riuscito a trattenerti (vedendo in terra la moquette bagnata dalla pioggia che il marito sta ancora cercando di togliersi di dosso) …te la sei fatta sotto come un lattante! Rimbambito!!! (si volta e sta per ritornare in cucina, ma il marito apre la bocca, il vaso di cristallo cade in terra rompendosi in vari pezzi, calpesta tutti gli altri pacchi ecc. e con un urlo che non ha nulla di umano insegue la moglie in cucina brandendo il mattarello fra le mani).
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MA: (in Tribunale, rivolto verso la giuria)e allora signori giurati ho colpito!