sabato 26 ottobre 2013

IMPEDIMENTO


Grazie agli amici blogger, ma purtroppo non posso accedere ai loro blog come sono solito fare, in quanto dal 23 ottobre sono ricoverato in ospedale per un intervento chirurgico. Debbo ringraziare la mia cara amica Luciana che mi aprì il blog il 18 dicembre del 2008 e che ha pubblicato questo post su mia indicazione. 
Carissimi saluti a tutti.
aldo

mercoledì 23 ottobre 2013

SCUSI, LEI BALLA?

Ho capito che non sarei mai stato capace di ballare sin da quando, sedicenne o poco più, facevo parte di una comitiva di ragazze e ragazzi della mia età che, quasi ogni domenica pomeriggio, si riuniva in casa di qualcuno di noi per fare quattro salti - non in padella anche se per me lo era. Infatti cadevo nella "brace" quando tentavo di muovere i piedi al suono di qualsiasi ritmo musicale sia lento sia veloce. Ero un ciocco di legno. Credo di aver pestato più piedi io che chissà chi. Nessuno riusciva a battermi in questo primato. Un bel giorno, anzi una bella domenica, visto che non riuscivo a fare un passo di danza neppure sotto tortura, la comitiva decise all'unamità, io astenuto, che il mio compito in quei pomeriggi danzanti fosse quello di mettere e togliere sul grammofono i dischi a 78 giri de 'La Voce del Padrone'. A quell'epoca gli stereo ancora non esistevano.All'età di circa diciannove anni la mia ragazza, che sapeva ballare, decise di insegnarmi pena le 'dimissioni'. Un pomeriggio, complici anche le sue datrici di lavoro, venni invitato a casa loro attigua al laboratorio di magliera-sartoria dove appunto lei lavorava , ci chiudemmo in una stanza e lì venni iniziato al ballo. Il fatto è che riuscii ad imparare qualche passo di danza ma soltanto al suono di quella famosa canzone che credo si chiamasse "Beguine to beguine". Non ho mai capito se era un tango, una rumba o qualsiasi altro ritmo. Provarono persino a farmi ballare al suono di un valzer magari lento ma non ci fu verso che io riuscissi a muovermi. Ero negato totalmente. Dopo un paio d'ore di "Beguine", stremati, decidemmo per quel giorno di smettere. Col trascorrere degli anni ci furono altri tentativi, la maggior parte andati a vuoto, ma ormai s'era capito che era inutile cercare di farmi imparare a ballare.Avevo compiuto 55 anni, ancora lo ricordo, e un mio amico che festeggiava il suo di compleanno, m'invitò a casa sua. Era un sabato pomeriggio d'autunno e il suo appartamento, veramente grande e piuttosto di lusso, pullulava di persone d'ambo i sessi sia nostri coetanei sia qualcuno anche più anziano. La maggior parte erano donne.
Ad un certo punto ci fu chi mise in funzione uno stereo ad alto volume e parecchi degli invitati si gettarono nel vortice delle danze. Io, prudentemente, mi sedetti su di una poltrona e cominciai ad ammirarli. Qualche minuto dopo si avvicinò una signora, mia coetanea, la quale mi disse
- Scusi lei balla?
- Ehm... veramente io...le confesso che non so ballare
- Ma questo che sta ascoltando è un tango ed è facile da ballare
- La ringrazio ma non farei altro che pestarle i piedi
- Non si preoccupi, venga, la porto io
- Dove?
- Qui, a ballare, venga su, si faccia coraggio
- Non c'è una Beguine? Mi sentirei più sicuro.
- Poi la cercheremo, adesso prenda il mio braccio e mi segua.
Dopo quel giorno la seguii ancora.

domenica 20 ottobre 2013

CHE SIANO PARENTI?

Di Guendalina intendo, diminutivo Guen, l'orologio-sveglia che da più di trent'anni stava a casa mia. Mi ero affezionato a lei, devo ammetterlo ma purtroppo qualche mese fa ha deciso di lasciarci per niente affranti da alcun dolore in quanto ormai già da tempo aveva perduto ogni dignità riguardo il suo dovere di comportarsi come orologio-sveglia. Al suo posto era subentrato un altro orologio di piccole dimensioni che non adoperavo come sveglia e che non ricordo come abbia fatto il suo ingresso in casa mia. Mi chiedo ancora ma l'avrò acquistato io nel piccolo negozio gestito da cinesi quì nelle vicinanze di casa oppure me lo avrà regalato mio figlio a mia insaputa? Ad ogni modo ha poca importanza il come poichè tanto stava lì al suo posto in cucina. La notte però io me lo portavo vicino al letto per controllare se, svegliandomi, era logico ed opportuno alzarsi oppure se potevo seguitare a dormire tanto non ero e non sono obbligato tuttora a preocuparmi dell'orario in quanto sono in pensione. Verdolino, questo il suo nome perché di questo colore era adornato, si comportava bene ma troppe volte, forse per stanchezza, cadeva dalla sedia dove lo poggiavo rischiando, col tempo, di decretare la sua fine prematura. Decisi allora di acquistarne un altro, sempre di piccole dimensioni e sempre dai cinesi, che pagai 2 euro e 90 centesimi e che anche lui, sempre di notte, siedeva o stava in piedi accanto il mio letto, come il precedente. Da un paio di mesi però MaoTse-tung, così l'ho chiamato io, ha deciso di addormentarsi verso mezzanotte svegliandosi però regolarmente ogni mattina tra le otto e le otto e trenta. D'accordo, a me che la notte riposi anche lui non è che mi dia molto fastidio ma poichè ho il piccolo difetto di svegliarmi più volte prima dell'alba e dare una sbirciatina alle ore che passano, un pochino mi secca. Così la sera, prima di andare a letto, riprendo Verdolino e lo poggio vicino a me mentre MaoTsetung rimane sulla scrivania. Il fatto curioso è che lì sta sveglio sempre, anche di notte. Mistero profondo.
La colpa di tutto però è mia in quanto da anni e anni non uso orologi da polso , da tasca o taschino (la famosa cipolla con la catenella) e non ho neppure la sveglia al collo.

mercoledì 16 ottobre 2013

IL BELLO ADDORMENTATO

Un paio di giorni fa m'è tornato in mente qualcosa che ebbi occasione di leggere nel 1985 e cioè uno dei libri di Luciano De Crescenzo, napoletano verace, ex ingegnere, scrittore, regista, attore e conduttore televisivo. Ammetto di avere una particolare simpatia per lui anche perchè sono innamorato di Napoli e della napoletanità, quindi dei suoi libri e dei suoi film. In quel libro lui, De Crescenzo, scrisse un 'fattariello', così definì uno dei suoi racconti che adesso cercherò di riportare in questo post. La storia è questa: il Cavaliere Sgueglia è una persona precisa, ha 46 anni,è scapolo e, unitamente alla sorella signora Rosa Sgueglia sposata Gallucci, tiene un negozio di colori e ferramenta in Via Torretta 282 a pochi passi dalla Stazione di Mergellina.Come dicevo prima il Cavaliere Sgueglia è una persona precisa; da circa venti anni, ovvero dalla morte del padre buonanima, esce tutte le mattine alle 8.20 da casa, prende un caffè e una brioche al bar da Fontana e alle 9 in punto alza la saracinesca del negozio di Via Torretta. Donna Rosa, la sorella, arriva con comodo per via del fatto che la mattina prima di uscire lei deve avviare un marito al Comune e tre figli, tre scatenati, alla scuola professionale. Lei arriva e si siede alla cassa, un occhio ai clienti e un altro ai guagliuni per evitare che si fottano tutto il negozio. "Mio fratello è troppo buono" dice "e non ha capito che oggi con i prezzi che sono saliti alle stelle perdere una chiave inglese significa dare un saluto a cinquemila lire". All'una il Cavaliere non esce, abbassa solo la saracinesca quasi fino a terra, poi Donna Rosa gli prepara un primo sul fornellino nel retrobottega e subito scappa a casa per sfamare i suoi quattro morti di fame cioè i figli e il marito mentre invece il Cavaliere, poverello, si fa una mezz'oretta di sonno su una brandina in mezzo alle buatte di vernici, rubinetteria e rotoli di rete metallica. La sera, alle otto precise il Cavaliere chiude il negozio e si avvia nel traffico di Via Posillipo dove, dopo una ventina di minuti, appena ha passato Piazza San Luigi si ferma in una traversa scura, un vicolo cieco, parcheggia la macchina, una 1100 Fiat bicolore con i sedili ribaltabili che da quattro anni che la tiene si e no ci avrà fatto diecimila chilometri e si ritira a casa.Una cena semplicissima quasi sempre la stessa e che, ovviamente, si prepara da solo. Poi si mette a letto, padre, figliolo e spirito santo e così sia. Naturalmente a questo punto si potrà dire ma che storia è questa, che importa che il Cavalier Sgueglia è così preciso. E no, e no dico io, la precisione del Cavaliere è determinante per questa storia, già perché bisogna sapere che questa giornata tipo del Cavalier Sgueglia è sempre stata così senza alcuna variazione da quasi vent'anni. Mai una sera al cinema, da un amico, da un parente, non visita e non riceve. Solo la domenica, tutte le domeniche all'una va a pranzo dalla sorella, la messa, le paste da Fontana, due babà, una zuppetta inglese, due sfogliatelle; il giornale Il Mattino, tre scope mano a mano col cognato mentre Donna Rosa prepara in cucina e poi di nuovo a casa. Tutto il calcio minuto per minuto, il secondo tempo della partita, carosello, la domenica sportiva e poi a nanna. Andiamo avanti. Giovedì scorso verso l'una e mezzo di notte, quando stava ancora al primo sonno, il Cavaliere viene svegliato dallo squillo continuo del telefono "Ma chi sarà a quest'ora?"; si alza e va a rispondere con la certezza della brutta notizia. E infatti, apprende dal cognato che la sorella, cioè Donna Rosa, si era sentita male, aveva avuto terribili dolori di pancia e il marito l'aveva portata all'Ospedale Loreto da dove telefonava e dove, con ogni probabilità, appena fosse venuto il professore sarebbe stata operata di appendicite. Il Cavaliere dice solo "quanto mi vesto e vengo". E sempre mezzo stonato dal sonno, si veste alla meglio, esce di casa, scende nel vicolo dove ha lasciato la 1100 e non la trova. Anzi, per essere precisi, proprio al posto dove ha lasciato la sua macchina trova un'altra macchina coperta da un telone scuro. Il Cavaliere che ancora non ha ripreso tutte le sue facoltà logiche, ci gira prima intorno e poi, cautamente, alza un lembo del telone e lì, col massimo stupore, si accorge che:"Gesù, ma stessi sognando".Sotto al telone
c'era proprio la macchina sua e che nella macchina dormiva tranquillamente un uomo: "ma...?". Erano quasi tre anni che Gennaro Esposito, disoccupato, tutte le sere alle undici e mezzo si ritirava nella 1100 del Cavalier Sgueglia e,approfittando della regolarità e precisione delle abitudini del Cavaliere, Gennaro non si limitava a ribaltare i sedili e a riposarsi, no, ma, aperta una grande valigia, che poi custodiva nel bagagliaio, tirava fuori tutto il necessario per prepararsi il letto: cuscino, coperte, lenzuola e la sveglia sul cruscotto. La sveglia veniva messa alle sei e mezza perchè a Gennaro piaceva essere mattiniero; si alzava e iniziava la
messa a punto degli interni della vettura. Aveva con se persino uno scopettino per spazzolare eventuali tracce della sua presenza. Diciamo la verità, qualcosa la
lasciava nella macchina ed era il proprio odore personale ma ormai però, dopo
tanti anni, il Cavaliere a quell'odore di Gennaro Esposito ci si era abituato, anzi fin dall'inizio lui lo aveva preso per un odore Fiat. Ma, torniamo però alla nostra famosa notte. Avevamo lasciato il Cavaliere ammutolito dalla sorpresa in contemplazione di Gennaro Esposito disoccupato e senza fissa dimora,veramente senza fissa dimora si fa per dire perché in effetti Gennaro una fissa dimora ce l'aveva ed era la 1100 Fiat del Cavalier Sgueglia. Comunque, realizzato il fatto il Cavaliere al massimo dello stupore sveglia con un urlo Gennaro che ancora più stupito di lui giustamente gli chiede " ma Cavalie' e voi che fate a quest'ora in mezzo alla strada"..." e ma quella è mia sorella, si è sentita male e l'hanno portata all'Ospedale Loreto"..."ma chi," fa Gennaro "Donna Rosa? E che si è sentita?" "ma voi chi siete, ma che fate nella macchina mia, ma chi diavolo?" "Cavalie', calma,e mo adesso non state a pensare voi chi sono io, piuttosto ditemi che sto in pensiero, Donna Rosa come sta, ma come si sente?"... "ma io non ho capito bene, pare che si tratta di appendicite. Ma voi chi siete, chi vi ha dato il permesso di...?""Cavaliere bello adesso non vi mettete a perdere tempo qua per sapere poi soprattutto chi sono e chi non sono. Voi non vi dovete preoccupare per me, io ho solo approfittato qualche volta della vostra cortesia, piuttosto pensiamo a Donna Rosa che non si sente bene. Dov'è che avete detto dove l'hanno portata?" "All'Ospedale Loreto"..."Benissimo, mo vi accompagno" "Ma come mi accompagnate, io non capisco" "Cavalie', ma voi adesso vi sentite un poco confuso e io vi capisco; lo sbattimento, vi hanno svegliato in mezzo al sonno e poi giustamente state in pensiero lo capisco, ma mo non vi preoccupate che qua ci sta Gennaro vostro che non vi lascia. Io, consentitemi, mi sento di famiglia"... "Come di famiglia?"..."E sì Cavaliere mio, io vi debbo accompagnare". Gennaro e il Cavaliere passarono la notte insieme all'Ospedale Loreto. Gennaro fu di grande conforto in realtà e il Cavaliere lo presentò come un coinquilino, lì di Via Posillipo. Insieme attesero trepidanti la felice conclusione dell'intervento. Salutandosi, poi, alla fine, il Cavaliere si fece giurare sui fantomatici figli dichiarati da Gennaro che mai più avrebbe utilizzato la sua macchina come camera da letto.
Finale del 'fattariello'. Il Cavalier Sgueglia, ad ogni buon conto e malgrado i solenni giuramenti, s'è venduto la macchina e si è comprato il motorino.

domenica 13 ottobre 2013

SAI, HO UNA STORIA

- Veramente?
- sicuro
- e da quanto tempo?
- saranno circa sei mesi
- non mi dire...
- e invece ti dico
- con chi?
- con qualcuno
- io so chi è?
- no...
- ha un nome?
- Annika
- perbacco, un nome singolare
- sì ma a me piace
- giusto e...quanti anni ha?
- tre meno di me
- va bene allora, non c'è molta differenza tra voi e...
- lei è svedese
- non importa
- però parla bene l'italiano, direi meglio di me...
- lo credo, la materia dell'italiano è stata sempre ostica per te
- certe volte poi mi lascio andare col dialetto romanesco...
- e lei ti capisce?
- sì sì, anzi certe battute le dice pure lei in romanesco
- dev'essere simpatica
- molto
- è una storia seria la vostra?
- per ora sì, poi si vedrà
- quando ce la farai conoscere invitandola magari a cena qui a casa nostra?
- una delle prossime domeniche
- vi frequentate molto?
- tutti i giorni
- allora immagino che studiate insieme...
- no mamma perché io sto in terza media e lei in quinta elementare
- ah ecco, hai ragione figlio mio.


giovedì 10 ottobre 2013

E LA PEPPA QUANTA ABBONDANZA

Sì, sì, a differenza dell'altro ieri che ho fatto una passeggiata incolore.
Invece ieri 9 ottobre, ore 9.10:
- sono indeciso se uscire o meno. Mi affaccio alla finestra e vedo che verso San Pietro ci sono poche nuvole, anzi spunta un sole molto pallido ma l'importante è che non ci sia pioggia. Qui a Roma quando si vedono le nuvole sul Vaticano vuol dire che il tempo sarà inclemente. Meglio delle meteo previsioni. Ieri mattina, all'incirca mezz'ora dopo le 9.30, ho fatto appena in tempo ad aprire il portone che è rispuntata Penelope il temporale che da un po' di tempo si scatena su Roma e non solo. Come ho già detto "sta benedetta Penelope non poteva seguitare a tessere la tela per non sposare uno dei Proci aspettando Ulisse, almeno così ci lasiava in pace?".
Ad ogni modo andiamo avanti. Dov'ero rimasto? Ah, sì, mi decido ed esco. Attraverso la strada rigorosamente sulle strisce e, facendomi da parte, cedo il transito ad una giovane mamma che porta nel passeggino un bel bambino al vicinissimo asilo nido. Nell'incrociarmi,con un bellissimo sorriso sulla faccia mi dice "buonasera"(!?!). Rimango un po' perplesso e vado oltre ma poi mi dico: non avrebbe dovuto dire "grazie"? Procedo e passo sotto i portici di Piazza Vittorio per acquistare un farmaco nella farmacia 'amica' nel senso che su alcuni prodotti senza ricetta applica lo sconto. Chiedo al medico se mi può misurare la pressione e lui di buon grado me la misura gratis. Punteggio finale: 119/59. Buona secondo lui a differenza della volta precedente 92/42 tanto che sempre lo stesso medico mi chiese scherzando "ma lei è vivo?".
Ringrazio, saluto e torno a casa sempre passeggiando sotto i portici quando vedo spuntare all'orizzonte una strana coppia: lui un bestione alto un paio di metri, robusto, calzoni bermuda, cappello a larghe tese e telefonino all'orecchio; lei magra ma soprattutto piccola, piccola, ma piccola...così! E non è la figlia poiché ad occhio e croce devono avere la stessa età.
Un numero da circo equestre? Forse, chissà?
Non mi rimane che rientrare a casa anche perchè le nubi stanno diventando nere
e, se arriva Penelope, non vorrei che mi cadesse addosso.

lunedì 7 ottobre 2013

IL DADO E' TRATTO

Queste parole mi ronzavano in testa da un bel po' di tempo vista la decisione presa. Ho quindi deciso di prendere atto definitivamente che sto rimbambendo ogni giorno di più.E non mi si venga a dire che ci sono persone che hanno un'età superiore alla mia - 83 anni - e che non sono rimbambiti affatto. Lo so benissimo e faccio loro tanti auguri perché restino ancora sulla breccia così come sono, ma io non faccio parte di questa categoria. Bando alle parole e andiamo ai fatti. Vediamo se me li rammento. Tutti i giorni faccio sempre gli stessi gesti sin da quando mi sveglio, ma non per paranoia, no, soltanto perché così evito di dimenticare qualcosa anche se non è una cosa importante:
1) mi alzo, apro alcune finestre, sempre e solo quelle, mi preparo e faccio colazione, prendo le pillole del mattino ed entro in bagno dove disbrigo le abituali faccende. Quando ne esco una vocina interna mi fa:
= rientra in bagno
= perché
= hai dimenticato qualcosa
= che cosa
= entra e vedrai.
Gli occhiali! Quando sono entrato me li sono tolti, li ho poggiati sempre nello stesso posto e lì l'ho lasciati. Grazie vocina.
2) mi siedo davanti a Pasquale, inizio a leggere le prime pagine di alcuni quotidiani, vari blog , i programmi TV delle principali reti alla scoperta di qualcosa di interessante da vedere -il più delle volte "non c'è trippa per gatti" – e torna la vocina:
= allora?
= allora che
= non saluti pc-Pasquale?
= ecco, ecco...buongiorno Pasqua'
= non devi dimenticarlo mai.
Ma 'sta vocina qua è amica mia oppure di Pasquale?
3) Esco di casa per il mio consueto giro con in tasca una piccola lista di cose da acquistare, ma non sempre giacché quando si tratta di una sola cosa sono certo di rammentarmelo. Dopo circa un'ora, il ritorno. Sto per aprire il portone quando rispunta la vocina e mi dice:
= dove vai
= dove vuoi che vada, rientro a casa
= e il latte?
= è vero, vado a comprarlo, grazie
= se non ci fossi io.
Si vanta pure la vocina.
4) Acquistato il latte prendo le chiavi dalla tasca e, fino alle prime due per aprire portone e vetrata tutto fila liscio, ma quando mi trovo davanti la porta di casa cominciano i problemi. Le due chiavi sono perfettamente uguali come misura, ma non come intaglio. Dopo due o tre inutili tentativi riecco la vocina:
= la vogliamo aprire o no questa porta?
= sto cercando la chiave
= non è quella
= e qual'è allora
= la prima che hai infilato sopra.
Possibile che la vocina ne sa più di me? Ma allora cara vocina dimmi perché non ti fai sentire quando devo fare cose più importanti?

giovedì 3 ottobre 2013

UNA STORIA VERA...SALVO NOMI, PROFESSIONI E LOCALITA'

Come ogni anno trascorro le vacanze in Sicilia dove sono nati i miei ed ora mi trovo qui alla stazione centrale di Palermo per prendere il treno delle 12:05 che mi consentirà di arrivare a Torino Porta Nuova domattina alle 10:45. Ho prenotato da venti giorni un posto in vagone letto e quindi sono tranquillo per il viaggio. Infatti noto una gran folla di viaggiatori vicini al treno in procinto di salire e trovare un posto libero. Da dodici anni, ora ne ho trentasette, insegno in una scuola elementare di Torino e, non essendo sposato, divido un minuscolo appartamento poco fuori città con un mio collega anche lui celibe. Malgrado le continue sollecitazioni dei miei, soprattutto di mia madre,non ho ancora trovato, ma neppure tanto cercato per la verità, la donna alla quale vada bene il mio carattere, il mio aspetto, il mio lavoro o chissà che. Finora brevi relazioni anche intense con qualche collega o con loro amiche, ma c'è stato sempre qualcosa che ci ha indotto ad interrompere, serenamente e di comune accordo, qualsiasi eventuale futuro panorama di vita. Ho già depositato nel portabagagli del mio scompartimento la borsa da viaggio e attendo che arrivi l'altro passeggero che dividerà con me il letto a castello. Farò scegliere allo stesso quale dei due preferisce, se quello di sopra oppure l'altro. Sento che il treno si sta muovendo lentamente per uscire dalla stazione. Però non è venuto nessun altro passeggero. Forse è meglio, così mi troverò più a mio agio. Ho con me un libro e quindi leggo. Appena trascorso un quarto d'ora si affaccia alla porta scorrevole dello scompartimento l'addetto al vagone il quale:
=Scusi se la disturbo signore, avrei da chiederle un favore...
=Prego, se posso...
=Si tratta di questo. Il passeggero che doveva occupare insieme a lei questo scompartimento ci ha avvisato soltanto poco prima della partenza che, per cause di forza maggiore, doveva rimandare il viaggio e quindi non si sarebbe presentato...
=Infatti ho notato che malgrado il gran numero di passeggeri che si sono affannati per trovare un posto qui ce ne sta uno vuoto...
=Appunto, signore, il treno è stracolmo, non c'è un posto libero, negli altri vagoni stanno seduti persino nei corridoi, però...
=Però cosa?
=Una persona che ha prenotato un posto in questo vagone letto, benché avvisata che non ce n'erano più liberi, per una serie di motivi personali ci ha detto che non poteva prendere il treno successivo in partenza troppe ore dopo. Ci ha chiesto quindi di salire ugualmente perché si sarebbe seduta anche nel corridoio.
=Mi dispiace ma non capisco quale è il favore che dovrei fare io. Qui il posto libero c'è, se vuole può occupare questo...
=Ecco signore, potrebbe esserci un problema ...
=Quale?
=È una signora
=Ah!
=Le crea qualche fastidio se la signora prende posto anche lei in questo scompartimento?
=A me, nessuno, forse alla signora...
=No, ha detto che la cosa non la disturba...
=Allora che venga pure...
Dopo qualche minuto ritorna l'addetto che lascia il passo ad una signora...E che signora!
=Buongiorno. Mi dispiace disturbarla ma domani mattina devo essere assolutamente a Torino per riprendere il lavoro, sa...
=Scusi se la interrompo, abbiano tanto di quel tempo, possiamo parlarne dopo non crede?
=Ha ragione. Allora sistemo le mie cose e...grazie anche a lei per aver convinto questo signore...
=Prego, le auguro buon viaggio anzi lo auguro ad entrambi..
=Ah, sì, grazie, buonasera
Mentre la signora sistema il suo bagaglio di sottecchi la osservo ...ed è un bell'osservare. Non molto alta, capelli castano scuri, lisci e una deliziosa frangetta sulla fronte, volto rotondo, personale ben tornito...il resto lo guarderò dopo con più attenzione. La prima cosa che facciamo è quella di scambiarci i nostri nomi: lei Nora io Mauro. Poi avvicinandosi l'ora di pranzo chiedo a Nora se si va insieme al vagone ristorante e lei accetta ad una sola condizione: il conto deve essere categoricamente diviso tra noi due. È inutile la mia insistenza e quindi 'concludiamo l'accordo'. Durante il pasto, non proprio eccellente per la verità, ci raccontiamo molte cose di noi stessi. Lei ha trentadue anni, cinque meno dei miei, è impiegata presso la sede Rai di Torino, vive in casa di una sorella della propria madre, torinese d'adozione da molti anni, è single ed ha un compagno, anche lui single e coetaneo che vive però a casa dei propri genitori. Aggiunge anche, bontà sua, che si vede col suo compagno in casa sua soltanto dal sabato alla domenica quando i genitori di lui se ne vanno in giro per le vicine montagne. Anch'io le racconto tutto di me finché arriva il momento in cui veniamo avvisati che il vagone ristorante ormai sta chiudendo. Il tempo è volato e noi non ce ne siamo accorti. Prenotiamo un leggero pasto per la cena e torniamo nel nostro scompartimento dopo aver sorseggiato un discreto caffè. Nessuno di noi due fuma. Trascorriamo l'intero pomeriggio fino all'ora di cena un po' leggendo e per il resto continuando a raccontarci alcune cose di noi e qualche aneddoto della nostra vita passata. Consumata la cena torniamo al nostro 'alloggio"verso le 21. Dopo un'ora decidiamo entrambi che è giunto il momento di andare a dormire, Nora sceglie il letto di sotto, io mi reco al bagno per indossare il pigiama. Lei, al mio rientro, si è già sdraiata nella sua cuccetta ed è in pantaloncini corti e maglietta a V senza maniche. Salgo al mio posto e Nora lascia a me la scelta di tenere accesa o spenta la luce. Lei non legge, io qualche pagina, poi spengo. Neppure venti minuti dopo mi sento chiamare
=Mauro dormi?
=Non ancora, perche?
=Ti va di parlare un poco'?
=Certo, aspetta che scendo.
Siamo andati avanti per ore. Abbiamo visto l'alba e poi lo scorrere delle ore, sempre parlandoci ma, come presi da una fretta inspiegabile siamo andati veloci col nostro dialogare, abbiamo parlato in sintonia con la velocità del treno. Come se temessimo di non riuscire a dirci tutto prima del nostro arrivo a destinazione.
Torino Porta Nuova è apparsa troppo presto, il treno è andato troppo veloce. Ci siamo guardati negli occhi e,solo con lo sguardo,abbiamo capito di avere lasciato qualcosa a metà.
Non ci scambiamo numeri telefonici ma, commossi, ci abbracciamo a lungo, affettuosamente, teneramente.