martedì 31 agosto 2010

PILLOLE AGOSTANE

Cartello n.1 incollato sul portone di un convento di frati cappuccini sui gradini del quale a colazione, pranzo e cena siedono sempre barboni ed extracomunitari: DAL 10 AGOSTO LA DISTRIBUZIONE DEI PANINI È SOSPESA – RIPRENDERA' IL 1° SETTEMBRE

Cartello n.2 applicato sulla saracinesca chiusa di un negozio di articoli casalinghi, numero civico 23: CHIUSO PER FERIE DAL 14 AL 31/8/2010 – PER LA CONSEGNA DELLA POSTA RIVOLGERSI AL NEGOZIO DI VETRI E CORNICI NUMERO CIVICO 31

Cartello n.3 applicato sulla saracinesca chiusa del negozio di vetri e cornici numero civico 31:CHIUSO PER FERIE DAL 16 AL 31 AGOSTO 2010 – SI RIAPRE IL 1°SETTEMBRE

Cartello n.4 incollato sul muro a lato di un negozio di ferramenta: NON SONO ANDATO IN FERIE MA APRO SOLTANTO DALLE 9 ALLE 12 DI TUTTI I GIORNI ESCLUSI DOMENICA E FESTIVI

Cartello n.5 applicato sulla saracinesca chiusa di una lavanderia-tintoria: CHIUSO PER FERIE IN QUESTO MESE CI RIPOSIAMO ANCHE NOI

Agosto, bus mio non ti conosco: Toh! Invece stamattina eccolo là che sta arrivando. Però...un momento...come mai sul display in alto dove appare il numero e il luogo di destinazione anziché il nome del capolinea di arrivo mostra quello del capolinea di partenza? Salgo dalla porta anteriore e faccio presente al conducente la cosa che mi appare strana. Lui si scusa, preme un tasto, lo cambia e poi m'informa che stanotte ha fatto tardi e pertanto è ancora insonnolito. Fra di me mi auguro che stia sveglio almeno fino alla fermata dove scenderò io. Da vero egoista.

Anguria - o cocomero che dir si voglia – questo è il mese migliore: Tutte le mattine, verso le dieci, ne mangio volentieri un paio di fette, ma mentre lo faccio mi chiedo – e non da oggi - come mai all'inizio della fetta dove regna la polpa rossa, la parte migliore e la più dolce, ci sono tutti i semi neri che io non gradisco? Il tempo che impiego per toglierli uno ad uno non mi consente di mangiarla fresca di frigo. Il loro posto, dei semi intendo, dovrebbe esssere alla fine della fetta, vicino la buccia o scorza così finire insieme in un contenitore atto allo scopo. Chissà se qualcuno riuscirà a inventare qualcosa di utile per coltivare cocomeri senza semi.

Recinzioni per lavori in corso – in realtà FERMI dai primi d'agosto: La strada dove abito è a senso unico e, accanto ai marciapiedi di entrambi i lati, parcheggiavano fino alla fine di luglio numerose auto di residenti e non solo, ed erano posizionati cinque o sei cassonetti tra i quali quello per la raccolta differenziata e quello per la raccolta di carta e cartoni. Poi sono iniziati alcuni lavori e sono stati fatti degli scavi enormi, debitamente puntellati, sembra per ricerche archeologiche (?) e per altre opere non ben definite. Poco meno della metà della strada è stata recintata con reti metalliche proprio dove parcheggiavano auto e cassonetti. Più di quindici giorni or sono noi residenti ci siamo svegliati e i cassonetti in questione erano stati trasferiti in una strada limitrofa, posizionati proprio davanti un negozio il proprietario del quale – non a torto – li ha tolti da lì trasferendoli, di sua iniziativa e probabilmente di notte, una ventina di metri più lontano. Le recinzioni fanno il loro dovere però non si vede nessun addetto ai lavori. Le "fosse" sono lì a cielo aperto e sono sicuro che non appena arriveranno le piogge avremo la piscina sotto casa. Potrebbe essere una fortuna. Non lo è invece quando si devono gettare i sacchetti con i rifiuti in quanto occorre prima essere certi di ritrovare i cassonetti nello stesso posto del giorno prima.

venerdì 27 agosto 2010

ALTA QUANTO???

Questo è ciò che videro i miei occhi mentre traversavo la strada e mi avvicinavo ad un bar con sette vetrate sul fronte di due strade formanti un angolo.
I tavolini, ben protetti da grandissimi gazebo erano quasi tutti occupati ma il mio sguardo, attirato come da una calamita, andò subito in direzione di una persona non troppo comodamente seduta su di una poltroncina proprio vicino al passaggio dei pedoni.
Il motivo per cui non doveva stare troppo comoda in quella poltronciva nasceva dal fatto che, appunto seduta, le ginocchia le arrivavano quasi al mento benché il busto – e che busto - era eretto fin quasi a lambire il gazebo sovrastante.
Mi dovetti esibire in una delle mie rapide occhiate a velocità supersonica per poter stabilire con una discreta certezza che la persona che vidi era una Valchiria in quanto in quel preciso istante mi risuonò nelle orecchie il brano di Wagner "La cavalcata delle Valchirie " di cui ne sentii le note anche in una famosa scena del film "Apocalipse Now".
Pertanto ella:
A) non aveva più di trenta anni;
B) le gambe – assolutamente non magre – alte circa un metro e venti;
C) il reggiseno – se lo aveva e non ci giurerei – tra la terza e la quarta misura;
D) il volto ad uovo di pasqua capovolto;
E) il vestito, probabilmente per il caldo opprimente, c'era e non c'era e se c'era non doveva essere il proprio ma quello di una sua sorellina molto più piccola;
F) i capelli e gli occhi? Non li ho guardati, forse guardavo altro;
G) era sola e si stava gustando una bibita ghiacciata.
Non so perchè, procedendo di poco oltre quel bar, mi venne lo sfizio di voltarmi e vidi la Valchiria che, alzatasi in piedi per qualche motivo, mi dette la possibilità di valutarla e dissi a me stesso: "ad occhio e croce sicuramente è alta QUANTO UN TRALICCIO PER L'ALTA TENSIONE."

mercoledì 25 agosto 2010

PRONTO CLARA? SONO LUCIO...

= Ciao, sì, ho riconosciuto la tua voce...
= Malgrado sia trascorso così tanto tempo?
= Ci parlavamo ogni giorno, l'hai dimenticato?
= No, non l'ho dimenticato
= Volevi dirmi qualcosa?
= Puoi parlare?
= Certo che posso. Cosa volevi dirmi?
= Qualcosa non va Clara?
= No, dimmi...
= Mi sembra di sentire un po' di freddezza nella tua voce...
= Sto chiedendomi come mai dopo tre anni di silenzio ti fai sentire di nuovo
= Ho sbagliato?
= No però è...come dire...molto curiosa la coincidenza...
= Per favore spiegati meglio...
= Lascia perdere...non è importante...
= Se lo dici tu. Piuttosto i tuoi come stanno?
= Parli di mio marito e di mia figlia? Io e lui abbiamo divorziato da due anni e mia figlia...
= Un momento, un momento...Puoi dirmi il motivo del divorzio?
= Non è molto interessante...
= Un altro uomo se ti va di dirmelo?
= Assolutamente no...
= E allora?
= Dopo di te non ci sono stati altri uomini...
= Insomma non vuoi proprio dirmi nulla al riguardo...
= Te l'ho detto è poco importante...
= Tua figlia?
= Sta a Londra dal padre. Lui, come penso ricorderai, è uno dei dirigenti di una multinazionale italo-inglese, ha una bella casa dove vive anche lei, studentessa della City University...Ho deciso così per evitare loro...
= Cosa?
= Niente...Che vuoi sapere ancora?..
= Tu vivi lì da sola in quella casa così grande?
= La ricordi vero?..
= Certo, ma...
= Non sono sola. Vive qui da me una...beh...diciamo una mia conoscente che...
= Che significa quel "diciamo" ?
= Così, mi è sfuggito...Non mi hai ancora detto il motivo di questa tua telefonata...
= Devo venire a Roma per questioni di lavoro e ci resterò almeno tre giorni...
= Da quando?
= Da lunedì. Vengo in treno. Ho già prenotato l'albergo e quindi pensavo che...
= Vieni oggi, disdici l'albergo perchè starai da me...
= Ma scusa Clara, potrei pure farlo però...
= Fallo e...spero che...che...tu mi riconosca...
= Che vuoi dire Clara?...Clara...Clara...rispondimi...stai piangendo...perché, dimmi perché?...
=...........
= Non vuoi dirmelo. Non importa Clara, sto arrivando. Prendo l'aereo...

domenica 22 agosto 2010

LA SOLITA COMICA ESTIVA

Puntualmente ad agosto, come l'anno scorso ma questa volta il giorno 6 anziché il giorno 12, è accaduto qualcosa di simile a quanto scrissi in proposito il 24 agosto 2009 in "SUPERSTITI METROPOLITANI". Con qualche differenza però.
Antefatto: Tre giorni prima del 6 agosto, verso le 23 suonano alla porta, apro, è il mio vicino che mi consegna le chiavi di casa perché lui e la sua famiglia vanno in ferie e quindi mi chiede se, come al solito, io posso accudire il loro gatto-fantasma Chicco che, pur essendoci, si va a nascondere non so dove tanto di non avere mai avuto il piacere di conoscerlo. Eppure sono parecchi anni che ad ogni estate io sbrigo questo piccolo incarico ma lui niente, c'è e non c'è. Quest'anno siamo in due muniti di quelle chiavi in quanto mi alterno con un comune amico, a seconda di chi è più libero.
Il 5 agosto si rompe il tubo della mia doccia. Io e mio figlio cerchiamo di ripararlo, niente da fare.
Telefono all'idraulico di fiducia però risponde che sta facendo dei lavori in una zona troppo lontana e quindi...Cerco un altro idraulico e qualcuno mi risponde che non si occupa di piccoli interventi; un altro ancora mi dice che si trova in ferie e aggiunge "purtroppo". - Ma per chi? Per me o per lui? - Infine riesco a pescarne uno che mi onorerà della sua presenza il 6 agosto alle ore 11:00 a.m. Ho deciso: da grande farò l'idraulico.
Il fatto anzi i fatti. Ore 7:30 del 6 agosto 2010. Ho terminato le mie personali faccende mattutine e mi siedo dinanzi il mio pcPasquale il quale mi accoglie tra le sue braccia felice e contento. Squilla il telefono. Chi può essere mi chiedo? È la voce del mio vicino di gatto e di chiavi di casa il quale dalla Sicilia, tutto allarmato m'informa che gli ha telefonato qualcuno del condominio avvertendolo che dal pianerottolo dove si affacciano i nostri rispettivi appartamenti piove acqua a dirotto nel vano ascensore proveniente, detta acqua, dalla sua porta di casa. Mi dice anche che l'altro amico che ha le stesse chiavi non è in casa in quanto a quell'ora va a messa in chiesa e poi porta a spasso un grazioso cagnolino, quindi non è rintracciabile almeno per il momento. Prendo 'ste chiavi e mi accingo a vedere di cosa si tratta: effettivamente c'è un mare d'acqua. Apro la porta, vado quasi nuotando in giro per la casa per capire se ci sono rubinetti lasciati aperti. Niente. Tutto a posto tranne il mare d'acqua.. Il gatto? Sono quasi certo che si è rifugiato sopra qualche armadio. Dopo dovrò strizzare scarpe e pantaloni dato che mi sono bagnato fin sopra le caviglie. Mentre sto sguazzando arriva il giovane condomino del piano sottostante e mi chiede cosa sta succedendo. Se ne rende conto e si accinge anche lui a cercare da dove viene tutta quest'acqua che sentiamo scrosciare a più non posso. Poi si accorge che l'acqua scorre da un termosifone del salone. Ah! Dimenticavo: tutto quanto si sta svolgendo con il telefonino in mano in contatto diretto col vicino che sta in ferie a novecento chilometri di distanza. Gli spiego da dove esce l'acqua e lui dice che parlerà con chi di dovere. Mi sembra la scena di uno di quei film in cui due personaggi in divisa parlano tra loro "Pronto base uno, qui aquila...". Vengo sollecitato a chiedere aiuto ad una gentilissima signora che abita al piano superiore il nostro la quale per fortuna non è in vacanza; poi viene anche suo figlio, poi altri condomini si affacciano scendendo le scale in quanto, per sicurezza, abbiamo bloccato l'ascensore. Non si sa mai: acqua e corrente elettrica non vanno molto d'accordo. Mentre la gentile signora si dà un gran da fare con secchio, spazzolone etc, io chiamo gli uffici comunali per chiedere aiuto. Mi rispondono che non esiste un pronto intervento comunale e che i vigili del fuoco, da loro stessi interpellati, non vanno nei posti dove si verificano questi allagamenti se l'acqua non supera i venti centimetri. Si deve superare questa soglia. Forse era meglio far scorrere altra acqua per aumentare il livello. Arriva il comune amico che ha le altre chiavi, si mette all'opera per cercare di togliere più acqua possibile. M'informa che anche lui ha parlato telefonicamente col nostro comune amico proprietario della casa allagata il quale ha chiamato un idraulico che arriverà tra poco. Intanto si occupa di varie cose per chiudere i tubi che raggiungono i termosifoni dell'intero condominio. Viene anche la sorella del proprietario. L'acqua purtroppo ha allagato anche due appartamenti sottostanti i cui proprietari, una dei quali è la figlia del danneggiato, sono anch'essi in ferie. Si lavora alacremente per limitare i danni. Suonano al citofono, è l'idraulico, gli apro il portone, gli dico che si tratta dell'appartamento al primo piano e quello, mentre sale le scale mi fa:
= ahò, Aldo ma che fai nun me riconosci?
Per la miseria miseriaccia si tratta dell'idraulico di mia fiducia al quale avevo chiesto di venire a ripararmi il tubo della doccia. Mi dice:
= famme vede' de che se tratta qui e poi vengo da te a riparatte er tubo.
Mi precipito a telefonare all'altro idraulico che doveva arrivare alle 11:00, m'invento una scusa, gli dico grazie e disdico la chiamata.
Conclusione. I lavori di prosciugamento sono andati avanti con successo fino alle ore 13:00, l'acqua è stata tutta eliminata, rimangono purtroppo i danni procurati a mura, tetti e pavimenti.
Una mattinata troppo movimentata però a me è stato riparato il tubo della doccia...e a gratise.
Sono stato fortunato.

giovedì 19 agosto 2010

WANTED

= Monticia'...
= che d'é?
= ciao, tu nun me conosci a me ma io a te sì...
= e indo' m'hai visto?
= sur blogghe e indove sennò?
= e io che ne so, potrebbe darsi puro che magara quarche manifesto giri co' la foto mia, co' la scritta WANTED e co' 'na taglia sotto come li ricercati nel farewest...
= te va sempre de scherza'. Ormai te conosco perché te leggo sempre sur blogghe tuo...
= ma perché tu chi sei? Te conosco io? Qual'è er blogghe tuo?
= nun me poi conosce perché quanno te commento a te e a quarcun artro ce metto un nicckename quarsiasi. Er blogghe mio l'ho operto solo pe' anna' a legge l'artri blogghe. Io nun ce l'ho la paggina webbe e nemmeno la maille...
= ma perchè de che c'hai paura?
= de gnente solo che nun me va de scrive poste, me piace da legge quelli dell'artri...
= ogniduno è padrone de fa quello che più je sconfinfera
= e poi c'ho poco da di'
= vabbé fa come te pare...
= te invece racconti un sacco de cose...
= me piace da scrive quello che m'aricordo...
= difatti de te so tutto, vita morte e miracoli...
= e no invece, nun poi da sape' tutto...
= cioé?
= beh! Perché de la vita mia ho scritto parecchio, forse pure troppo, ma der resto...
= che voi di'
= vojio di' che pe ' prima cosa li miracoli nun l'ho mai ricevuti, nu li faccio e nemmeno l'ho mai fatti. Forse ce vorrà 'na licenza, n'autorizzazzione de quarcheduno...io nun ce l'ho mai avuta. Me sa che nun me la meritavo, po' pure esse...
= e de la morte?
= tie', intanto famme da' 'na grattata... Beh, de quella invece se vede che nun'é ora quinni te che voi sape' che nun lo so manco io?
= me sa che c'hai raggione...Però me potresti da di' 'na cosa...
= si posso perché no...
= quello c'hai scritto è tutto vero?
= all'ottanta per cento sì, il resto so' cose fantasticate o sogni che nun se so' mai realizzati...
= te devo da fa n'appunto però...
= e dajie...
= ma com'è che nun'aricconti quarche smaronata, quarche sbajio o quarche fregnacciata che avrai pure fatto, come tutti d'artra parte...
= t'assicuro che sì è vero l'ho fatte, ma nun so' gnente di fronte a quelle che hanno combinato chi sta lì, spaparanzato ar montecito...artro che le mie...
= stavorta pure c'hai raggione. Beh, mo te saluto Monticia'
= te saluto pure io anche se nun so chi sei e nemmeno di dove venghi.

domenica 15 agosto 2010

SE NE VEDONO IN GIRO DI COSE CURIOSE

Basta osservare.
Certo poi uno si fa delle domande ma le risposte? Non importa, la vita va avanti ugualmente.

1) La settimana scorsa ero all'ufficio postale e stavo aspettando il mio turno ormai da una buona mezz'ora quando entra uno strano personaggio. Alto, magro, intorno ai quaranta anni, bardato dalla testa ai piedi con una completa tenuta da ciclista: casco regolamentare sulla testa, maglietta, pantalonicini aderenti, scarpette sportive. Senza bicicletta. Forse fuori la porta. Non ritira il numeretto dall'apposito apparecchio e va direttamente ad uno sportello. Qualcuno strepita, lui si guarda intorno, non capisce o fa finta, acquista una ventina di francobolli e viene a posizionarsi proprio vicino dove sono seduto in attesa. Poggia su un ripiano di marmo un bel numero di cartoline di Roma ed inizia ad attaccare francobolli sulle medesime previa leccatina. Poi fa una cosa curiosa: stacca alcuni francobolli precedentemente attaccati su alcune cartoline e poi cerca di riattaccarli su altre. Sgrano un po' gli occhi, ma viene il mio turno, vado allo sportello, compio le operazioni che dovevo fare ed esco dall'ufficio postale. Fuori nessuna traccia di bicicletta.


2) Ieri mattina di buonora stavo camminando verso un bar-latteria quando vengo sorpassato da quattro persone, due uomini e due donne, forse coppie, con tanto di zaini sulle spalle. Di una certa età, sicuramente turisti stranieri considerato il loro discorrere in una lingua a me sconosciuta. Ad un certo punto si fermano, si tolgono le scarpe da ginnastica che calzavano e mettono al loro posto delle infradito di gomma. Tutti e quattro. Incuranti di chi passava loro accanto e della scia di un olezzo che non era certamente di verbena. Hanno poi ripreso il loro peregrinare ciascuno con le proprie scarpe in mano.

3) L'impulso a mettere giù questo scritto mi è arrivato dopo aver assistito in mattinata ad un incontro ravvicinato non so neppure io di quale tipo. Due signore attempatelle, grassottelle e acciaccatelle, sicuramente tedesche dato che ho alcuni parenti germanici e semi-germanici, si sono fermate quasi accanto a me e, nella loro lingua, hanno fatto dei gesti a un giovane cinese di passaggio, occhialuto, magrissimo, alto almeno trenta centimetri più delle due fraulein e gli hanno chiesto, credo, qualche indicazione stradale. Il bello è che il cinese nella sua lingua e le signore nella loro sembra che si siano intesi perfettamente tanto che si sono poi divisi sorridendo ed annuendo tutti in maniera evidente. Le signore si sono dirette dove, presumo, dovevano andare e il cinese nella direzione opposta.




lunedì 9 agosto 2010

LA TERZA MANO

Non credo di aver avuto più di 16 anni quando una volta io e tutta la mia famiglia, fummo invitati a cena a casa di una zia, sorella di nostra madre, la quale abitava con il marito e due figli nel quartiere Appio-Tuscolano di Roma.
L’abitazione consisteva in un minuscolo ingresso che dava direttamente nel piccolo soggiorno, poi una camera da letto, avente funzione anche da sala da pranzo per le occasioni in cui erano presenti degli ospiti, un bagno e una cucina.
Il motivo per l’invito di quel giorno non lo ricordo proprio e comunque le nostre visite erano piuttosto ricorrenti. Ricordo però che in quelle occasioni, lo zio era solito approntare personalmente qualcosa di gustoso della sua terra natia: la Puglia. Infatti anche quel giorno aveva preparato un particolare dessert da consumare al termine della cena. Noi tutti, ed io fra questi, ignoravamo di cosa si sarebbe trattato perché lui voleva farci sempre una sorpresa ma intravidi il “piatto speciale” per pura combinazione. Ero stato incaricato dalla zia di aiutare ad apparecchiare la tavola e, mentre mi accingevo a prendere i piatti da portare in tavola che si trovavano nel piano inferiore della credenza in cucina, non mi feci sfuggire l’occasione di dare una sbirciatina alla “specialità”…ma soltanto un’occhiata, niente di più. Accosciato verso il basso stavo appunto prendendo le stoviglie necessarie per tutti quando vidi quello che avrebbe allietato la nostra cena.
Mi venne l’acquolina in bocca.
Mentre ero intento a compiere questo innocente compitino vidi alla mia sinistra un braccio la cui mano ad esso “attaccata” s’infilava nel “piatto speciale” e prelevava una piccola parte di ciò che esso conteneva. Il movimento fu talmente rapido che non ebbi la possibilità di vedere il proprietario di quella mano: la “terza” oltre naturalmente le mie due che tenevano i piatti.
La cena iniziò regolarmente: primo, pietanza, contorno, bevande il tutto in un’atmosfera abbastanza gradevole. Arrivò il momento del “piatto speciale” e lo zio si alzò dal suo posto a tavola è andò tutto allegro in cucina per prenderlo: lui non volle delegare questa mansione ad altri.
Improvvisamente dalla cucina arrivò un’imprecazione piuttosto irata. Affacciandosi nella stanza dove eravamo seduti tutti lui mi indicò con una mano e mi urlò un ordine imperioso:
=Tu vieni qui!
Lo zio, ex fascista marcia su Roma, in cucina con il “piatto speciale” tra le mani, m’indicava l’evidente parte mancante del suo contenuto.
=Chi ti ha dato l’autorizzazione di mettere le mani qui dentro e prendere quello che non dovevi prendere prima degli altri?
Io, anche un po’ terrorizzato poiché conoscevo il suo carattere autoritario e vessatorio sia nei confronti dei propri figli sia verso noi quattro nipoti, arrossii di vergogna e cominciai a farfugliare frasi sconnesse tra le quali tentavo di dire che avevo preso solo piatti e introducevo parole come “terza mano” che ripetei numerose volte suscitando naturalmente ancora più collera nello zio. Quando qualcuno s’intromise per cercare di calmarlo, lo zio ritornò infuriato a tavola insieme con gli altri ma io, invece, rimasi nel soggiorno, al buio, furibondo, quasi con le lacrime agli occhi sia per l’umiliazione subita sia per la rabbia giacché chi aveva commesso il “reato” non ero io.
Dopo una ventina di minuti mi chiamarono mia madre e la zia dicendomi che avevo ragione e che era stato accertato che non ero io il “colpevole” del “misfatto” ma il mio cuginetto di sette anni il quale, molto candidamente ma prudentemente e sottovoce, aveva confessato alla propria madre di essere stato lui a compiere la “prodezza”.
Il despota non mi disse ne “a” ne “b”. Gli altri mi confortarono consolandomi ma l’episodio è stato ricordato per molti anni, ridendoci sopra…
Soltanto io ridevo un po’ meno.
Come potevo dimenticarmi della “terza mano”?

martedì 3 agosto 2010

LUNGI DA ME...

Nel 1956 avevo ventisei anni compiuti e a metà dicembre di quell'anno riuscii ad essere assunto come impiegato presso uno studio professionale. Ero sposato da un paio di mesi e quel lavoro, non precario, mi avrebbe fatto risolvere parecchi problemi. Il mio datore di lavoro, un omino poco più che sessantenne, elegantissimo, molto energico e strasicuro di sé mi scelse tra una ventina di persone – tutte giovani ragazze, io no – che avevano risposto all'offerta di lavoro pubblicata su un quotidiano. Il colloquio pre-assunzione era andato bene e quindi iniziai il giorno dopo a lavorare. Il personale era composto da quattro giovani impiegate e da un impiegato più grande di me di una dozzina d'anni. Una delle quattro era la segretaria "molto personale" del capo malgrado la notevole differenza d'età fra loro, ma a me tutto questo interessava poco e niente. Lo studio aveva un ampio ingresso che fungeva anche da sala d'attesa e tre stanze, una per il capo, una per noi che ci occupavamo del lavoro da sbrigare e una riservata alla segretaria personale. Lo studio faceva parte dell'abitazione del capo situata allo stesso livello e occupava l'intero primo piano. L'orario dello studio andava rispettato rigorosamente. Quello d'entrata però, mentre per quello d'uscita c'era molta più flessibilità nel senso che molte volte la mole di lavoro ci costringeva ad uscire più tardi. Avevo dei rapporti particolari con i colleghi di lavoro: le colleghe non mi vedevano di buon occhio, soprattutto la segretaria, mentre andavo perfettamente d'accordo con il collega. Lui stava in studio solamente dal tardo pomeriggio in poi dovendosi occupare delle mansioni esterne. Il motivo per il quale c'era molta freddezza nei rapporti con le colleghe credo dipendesse dal fatto che ero stato presentato loro dal capo come un persona già esperta di quel ramo della nostra attività e forse pensavano che ero stato assunto come un istruttore-sorvegliante. La prova la ebbi un giorno quando vidi che una di loro stava scrivendo qualcosa di sbagliato in un documento e allora le feci presente che sarebbe stato meglio agire in altro modo. S'infuriò dicendomi di farmi gli affari mei e andò dalla segretaria la quale, senza darlo a vedere, le suggerì di correggerlo così come le avevo detto io e tutto ritornò come prima dell'accaduto. Quando ritirai la mia prima busta paga il ragioniere che si occupava della contabilità mi chiese come mai esendo sposato con una moglie che non lavorava non mi venivano corrisposti gli assegni familiari per il coniuge. Gli risposi che al momento del colloquio per l'assunzione non ne avevo parlato avendolo dimenticato, ma mi ripromisi di farlo l'indomani parlandone al capo. Così feci il giorno seguente, ma appena iniziai questo discorso il capo s'infuriò come una belva accusandomi che l'avevo ingannato, che lo avevo preso in giro, che lo volevo imbrogliare. Mi venne d'istinto la voglia di urlargli in faccia chissà cosa invece mi calmai e inziai a tentare di spiegarmi con le prime parole di una frase che non so neppure io come mi vennero in mente:
= lungi da me l'dea di...
= ma che lungi, lungi e lungi (urlando, infuriandosi ancora di più).
Rimasi di stucco. Cosa avevo detto mai? Forse un'invettiva, un'offesa...insomma qualcosa di così tremendamente grave da farlo andare in bestia? Non ho mai capito il suo comportamento di fronte a parole che non avevano nulla di offensivo, ma che anzi tentavano di chiarire l'equivoco, se di equivoco si trattava anche perchè gli assegni familiari non li avrebbe sborsati lui ma erano a carico dell'Inps. Discutemmo brevemente, interrompemmo dopo qualche altro scambio di battute poi mi disse di riprendere a lavorare aggiungendo che ne avrebbe parlato col ragioniere. Tutto tacque fino alla seconda busta paga dove trovai quello che mi spettava.
Lo studio andava piuttosto bene, il lavoro s'incrementava ogni giorno di più anche perchè il capo era piuttosto bravo professionalmente. A dieci giorni dalla fine del terzo mese del mio impiego in quello studio, verso le dieci di mattina, sentimmo provenire dalla stanza della segretaria le voci piuttosto alterate di lei e del capo che se ne stavano dicendo di tutti i colori, anche con parole piuttosto pesanti. Dopo qualche minuto vedemmo le segretaria infuriatissima uscire dalla sua stanza sbattendo la porta che era stata chiusa in precedenza e andandosene dallo studio. Subito dopo il capo venne nella nostra stanza, quasi urlò il mio nome e mi disse di prendere il posto della sua ormai ex-segretaria. Io rimasi un po' perplesso dato che non ero preparato per svolgere una mansione piuttosto delicata ed importante, ma lui m'incoraggiò dicendomi che mi avrebbe reso il compito più facile fornendomi tutte le indicazioni e il supporto necessari. Non lo fece mai. Col tempo e con molta fatica divenni un suo prezioso collaboratore – così diceva a tutti i clienti dello studio. Lavorai con lui per circa diciotto anni con reciproci vantaggi, i miei piuttosto modesti in confronto ai suoi davvero sostanziosi. Tutto ciò fino a che il capo andò in pensione e cedette lo studio. Nel corso di quegli anni mi trattò come un figlio. Era sposato ma lui non ne aveva di figli. Nel 1966 venne a trovarmi in ospedale dove ero ricoverato per un intervento chirurgico piuttosto delicato e nel 1970 partecipò al funerale di mio padre. Un giorno mi disse candidamente che queste cose non le aveva mai fatte per nessuno. Mi tornò in mente l'episodio di tanti anni prima. Dov'era andato a finire quel "LUNGI DA ME" che tanto l'aveva fatto infuriare?