Benché lo
faccia raramente ieri mi sono messo a cercare qualcosa nel cassetto
di un mobile del soggiorno ma evidentemente ho aperto quello
sbagliato perché invece dell'oggetto che volevo ho trovato una gran
quantità di fotografie e tre o quattro album che avrebbero dovuto
contenerle. Proprio così, album semivuoti e foto sparse nel
cassetto. Una faccenda che avrei dovuto sbrigare da più di mezzo
secolo e che non ho mai sbrigato. E non perchè non ne avessi mai
avuto il tempo. Il punto è che tra me, le foto e gli apparecchi per
scattarle c'è incompatibilità. Cerco di evitarli il più possibile.
Forse è qualcosa che mi porto dietro sin da quando ero piccolo
perché ricordo di aver avuto uno zio acquisito, marito di una
sorella di mia madre, il quale aveva questa chiamiamola pure
fissazione. Per me e i miei fratelli era un incubo. Una volta però
gli accadde un incidente che a noi fece molto piacere. A lui non
tanto. Stava per scattarci l'ennesima istantanea con una macchinetta
molto antica munita di un lampo al magnesio, credo si chiamasse così,
il quale non appena lo zio fece il clic gli bruciò tutto il naso.
Noi ridemmo a crepapelle mentre lui urlava dal dolore.
Taglio
corto perché dall'apertura di un cassetto guarda un po' dove sono
andato a finire.
Mi è
venuto il ghiribizzo, già che c'ero, di dare un'occhiata a quelle
foto riposte lì alla rinfusa ed ho pure guardato gli album
rammentandomi che mi erano stati regalati da vari parenti, uno anche
da mia madre.
Non posso
nascondere il fatto che ho ritrovato un discreto numero di
fotografie che mi hanno emozionato, altre invece che mi hanno fatto
tornare in mente ricordi poco piacevoli.
Quelle a
colori superano di gran lunga quelle in bianco e nero e proprio tra
queste mi è capitata in mano una piccola foto che ho guardato con
maggiore interesse.
Il perchè
non sono in grado di precisarlo però mi sono soffermato a guardarla
molto a lungo.
E sono
riaffiorati ancora ricordi.
Risalgo
abbastanza facilmente all'anno: è il 1939.
Il luogo è
l'inizio del parco del Colle Oppio qui a Roma, i raffigurati nella
foto tutti nati in via della Polveriera. Un gruppo di ragazzine e
ragazzini. Cinque femmine sorridenti e due maschi: uno con lo
sguardo verso l'alto, impertinente, l'altro con un sorriso a metà.
Come mai questa insolita conposizione? Forse a scattarla dev'essere
stato il fratello di una delle femmine. Penso proprio di sì. Faccio
una specie di appello e noto che appaiono due sorelle gemelle –
forse del fotografo? - poi una molto alta, sorella di due miei
coetanei non presenti nel gruppo. Infine davanti a loro i più bassi:
altre due femmine che si tengono abbracciate e, ai loro lati, i due
maschietti: mio fratello più grande undicenne ed io di nove anni.
Chissà
perché noi due, io l'impertinente e mio fratello col sorriso a metà,
stavamo accanto alla due femmine per le quali, ricordo benissimo,
spasimavamo.