martedì 26 aprile 2011

CAMMIN FACENDO

Come sono solito fare ogni mattina, sempre tempo permettendo, procedo ad andatura serena e tranquilla verso le destinazioni che mi prefiggo di raggiungere prima di uscire da casa.
Non c'è via di scampo, tutti i giorni o quasi, m'imbatto immancabilmente in cose, fatti e/o persone
che m'incuriosiscono ed è più forte di me: mi assale l'impulso incontrollabile di ascoltare, osservare e cercare di ricavarne una qualsiasi spiegazione sempre nei limiti del consentito e del lecito.
Questa mattina, appena girato l'angolo della via dove abito proseguo per la via successiva e sento dietro di me un rumore di tacchi da donna che procedono molto velocemente. Mi volto per lasciare il passaggio libero e noto una coppia di giovani – vicino ai trent'anni - lei molto snella, capelli biondo cenere lunghi ma non troppo curati. Lui alto e grosso, due spalle enormi, completamente rasato a zero, vestito elegantemente. Sembra un armadio.
Lei parla ad un telefonino a voce alta e alterata:
= Mamma non puoi rompermi così, capito???
=........
= No, non posso dirti né dove né come, non devo rendere conto a te, non sono più una ragazzina
=.......
= Nooo, ma come te lo devo dire?
=.......
= Fai quello che ti pare, adesso ti saluto perché sto facendo tardi. E non seguitare a chiamarmi.
Il "grosso" e la "snella", dopo avermi affiancato per brevissimo tempo, mi superano e di lei noto la magrezza, i tacchi altissimi non so quanti centimetri, i jeans molto aderenti e...un Lato B favoloso. Strano, non me l'aspettavo. E non m'aspettavo neppure che lei con la mano sinistra tenesse il telefonino quasi attaccato all'orecchio sinistro mentre la mano destra praticamente incollata in mezzo alle natiche del "grosso" palpeggiando il di lui Lato B.
Fatti pochi metri lei, sempre volgendomi la schiena, il che non mi disturba affatto, si avvicina ad una bianchissima spider BMW due posti parcheggiata nei pressi e, con la chiave che ha in mano, apre uno dei due sportelli, quello del posto-guida, s'introduce, apre l'altro sportello, lascia che il "grosso" si sieda e mette in moto partendo quindi a velocità sostenuta tipo Formula 1.
Faccio appena in tempo a guardare le lettere e i numeri della targa recante la scritta Roma e mi rendo conto che si tratta di un'autovettura nuova di zecca.
Tra me e me mi dico, sospirando: vabbé, addio mia bella addio.
Rivolgendomi all'auto, naturalmente.

lunedì 25 aprile 2011

sabato 23 aprile 2011

CONCORSO

*Concorso di Composizione Narrativa Cyberpunk - 8° edizione*
indetto da Cp2020 PBEM, Gdrtakeaway e Empire of Nod

www.gdrtakeaway.net
www.empireofnod.ning.com


REGOLAMENTO

- I candidati alla partecipazione dovranno chiedere l'iscrizione alla
mailing-list racconti a staff@gdrtakeaway.net.
- I racconti dovranno essere lunghi massimo 20'000 battute spazi inclusi.(una cartella/pagina è composta da circa 1500 battute).
- I racconti dovranno essere inviati alla lista gta-list26@gdrtakeaway.net come
testo di una mail in formato normale con questa struttura:

Oggetto: AUTORE - TITOLO RACCONTO

Body:
BIOGRAFIA AUTORE
=======
RACCONTO


Specifiche:
- I contenuti dei racconti dovranno essere di ambito cyberpunk
- Il tema da affrontare nel racconto è: libero
- Una volta inviato il racconto l'autore non ha piu' diritto di modificarlo o
rettificarlo, fara' testo il primo invio
- L'ultima consegna e' entro e non oltre 30 giugno 2011
- Il vincitore verrà comunicato entro il 31 luglio 2011
- I racconti saranno di proprieta' esclusiva di chi li ha composti.
- Potrà essere inviato un solo elaborato per autore.


GIURIA:
- I racconti verranno giudicati dalla seguente giuria:
Giovanna "Schiele" Manfredini
Neve Laville
Alessandro "Hol" Lazzarini
Giacomo "Sildegard" Gailli


Il giudizio espresso dai giudici e' insindacabile e definitivo.

I giudici si impegnano a non esprimersi con alcuno prima della proclamazione del

vincitore

PREMIO:
Abbonamento di un anno (4 numeri) a NeXT rivista di cultura connettivista al
primo classificato e pubblicazione del racconto vincitore nella rivista NeXT.
Il Comitato dei Giudici augura a tutti buona fortuna, e che vinca il migliore!

domenica 17 aprile 2011

SPIFFERO QUALCOSA DI ALDO IL MONTICIANO


Proprio così.
Lui, Aldo, prima scrive e poi accantona come se volesse far dimenticare qualcosa.
Allora cerco di spiegare cosa combina.
Parte in quarta o in quinta ma salta le prime tre marce e qualche volta ingrana la marcia indietro. Quando gli viene in mente di scrivere prepara una specie di schema e parte a spron battuto senza procedere con la dovuta calma in modo da ragionare bene su quello che vuole scrivere.
Ci sono delle volte che non lo capisco, ma ormai credo di doverci rinunciare.
Questo che voglio raccontare in realtà lo faccio in ritardo perchè quanto gli è accaduto risale a lunedì 11 aprile u.s. e lui ha preferito occuparsi di un altro scritto oppure lo ha dimenticato non so se volutamente o meno. Secondo me è un po' di tempo che perde colpi. Come è naturale che sia Aldo invecchia e la foto qui accanto ne è la dimostrazione.
In più ho la netta impressione che forse non voleva raccontarlo questo fatto ma io, che "navigo" nella sua testa e mi servo del pc-Pasquale, ho deciso che questa volta faccio da sola.
Lo so che lui temeva di rendersi ridicolo e non gli faceva piacere che gli altri ridessero alle sue spalle ma a me che importa, non sono protagonista io.
Riferisco quanto gli è accaduto cercando di farne una descrizione più sintetica possibile.
Alla ricerca di sacchetti per cuocere un branzino al cartoccio, dopo essersi informato raggiunge un supermercato che ha un'entrata a livello strada mentre per gli scaffali del mercato c'è una scala di dodici o tredici scalini al massimo con un corrimano metallico a destra di chi deve scendere.
Aldo memore delle raccomandazioni del figlio che gli suggerisce sempre non di salirle le scale ma almeno di scenderle per fare un po' di movimento si accinge a farlo. Scende i primi otto o nove gradini di pietra ma arrivato al quartultimo cade come se perdesse l'equilibro.
Ora io mi chiedo: ma come si fa a cadere seduti? Avrà creduto che era uno scivolo di una qualche piscina? Pensava forse di rimbalzare come una palla?
Eppure lui riesce a cadere e ad atterrare comicamente sul pavimento.
Appena "planato" non dice né "a" né "b", non chiede aiuto, volge lo sguardo intorno a sé e vede poco lontano un gruppo di giovanissimi turisti stranieri che, udito il botto, lo guardano sbigottiti ma non muovono un dito: restano immobili a guardare la scena.
Un giovane alto un paio di metri che era in fila ad una delle casse insieme alla cassiera della stessa
si avvicinano ad Aldo e gli chiedono = come va?=, =bene= risponde lui, poi aggiunge "solo che non riesco ad alzarmi da solo=. Entrambi lo aiutano e lui, Aldo, senza accusare alcun dolore si avvia al bancone per chiedere dove trovare il sacchetto per il branzino al cartoccio. Non lo trova e quindi se ne torna a casa beatamente e tranquillamente come se non gli fosse accaduto nulla. Ma, appena entrato in casa si fanno vivi prepotentemente vari dolori. In breve: una escoriazione non piccola al ginocchio sinistro, un dolore insopportabile al tallone destro, alla clavicola sinistra e alla parte superiore del braccio sinistro per non parlare del grande spavento che gli viene in mente a scoppio ritardato. Poi commette l'errore di non telefonare al figlio il quale, fisioterapista, potrebbe dargli aiuto e consigli. Quando la sera padre e figlio si sentono telefonicamente, come sempre, arriva la prevista incacchiatura del "pupo" – 52 anni! - il quale suggerisce i primi interventi a base di ghiaccio sotto il tallone e pomata gel Reparil spalmata sotto il tallone stesso.
La mattina dopo il "pupo" arriva, porta con sé due stampelle canadesi, una borsa per il ghiaccio e dei Taping neuro-muscolari per la parte sinistra della clavicola e per il braccio. Prima fa una lavata di capo piuttosto generosa ad Aldo e poi cerca di invogliarlo a camminare con l'ausilio delle canadesi ma senza ottenere alcun risultato. Il dolore più forte che Aldo sente è quello al tallone destro che gli impedisce di cammminare se non sulla punta del piede, come un ballerino classico.
La convalescenza dura un po' ed è seccante ma i dolori lentamente se ne vanno permettendogli così di riprendere a fare le sue pur brevi passeggiate guardando però dove mette i piedi al fine di evitare scale e buche che qui a Roma non mancano davvero.
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Mi chiamo Flo, così ha stabilito Aldo. Sono io la tastiera del suo personal computer Pasquale e oggi mi vendico poiché quando lui scrive anziché poggiare delicatamente le sue dita sui tasti, zappa.

giovedì 14 aprile 2011

METAMORFOSI DI UNA FIGLIA

Oltre una diecina di anni fa feci conoscenza con una signora più anziana di me, vedova, di corporatura abbondante, non vedente e claudicante, la quale essendo venuta a sapere della mia precedente attività lavorativa mi aveva chiesto alcune informazioni alle quali feci in modo di dare una risposta soddisfacente.
Così avvenne e sin da allora, risiedendo nello stesso mio Rione, la incontravo spesso sottobraccio alla sua unica figlia che le faceva da accompagnatrice e le sussurrava il nome delle persone che incontrava.
La figlia era una trentacinquenne anche lei abbastanza robusta, di bassa statura, capelli castani e occhiali da vista. Quando c'incrociavamo entrambe mi salutavano con un dolce sorriso e, quando possibile, facevamo anche un po' di conversazione.
Naturalmente c'erano dei lunghi periodi in cui non ci s'incontrava, soprattutto d'inverno o durante certe giornate d'estate troppo calde.
Da qualche tempo però mi capitava d'incontrare soltanto la figlia con la quale ci scambiavamo il solito sorriso.
Giusto il mese scorso incontrai di nuovo solo la figlia e allora le chiesi notizie di sua madre e lei mi rispose con un sorriso amaro "mamma non c'è più". La scomparsa era avvenuta appena dieci giorni prima. Mi disse allora che si sentiva molto sola e che, ormai quarantacinquenne, alle soglie della mezza età, vedeva il suo futuro molto incerto. Cercai di fare del mio meglio per consolarla e darle coraggio, poi ci salutammo.
Ieri mattina, mi stavo incamminando verso il parco vicino casa quando vidi venirmi incontro una
persona che da una non breve distanza salutava e sorrideva. Mi voltai pensando che stava salutando qualcuno dietro di me ma non c'era neppure un cane.
Quando fummo abbastanza vicini mi accorsi che era la figlia di quella signora più anziana di me che era scomparsa di recente.
Feci fatica a riconoscerla perché era elegantemente abbigliata con un tailleur – giacca e gonna – di colore blu sopra una camicetta bianca merlettata, volto rubizzo, capelli corti biondissimi, occhiali da vista alla moda e un ampio sorriso.
Ricambiai sorriso e saluto e procedetti oltre.
Completamente trasformata tanto che mi sto ancora chiedendo se era la "lei" che conoscevo sia pure di vista.
Poi mi sono detto "Aldo ma a te che te ne frega se è così diversa da prima?".
Mi detti ragione da solo.

domenica 10 aprile 2011

INNAMORATO DI UNA DONNA IN UNA FOTO

Stava per sedersi su di una panchina del parco vicino casa quando si accorse che in terra, proprio sotto la stessa panchina, c'erano i resti di quella che una volta era stata un fotografia, a colori, ed anche piuttosto grande, forse una 12x18.
La cosa che maggiormente lo incuriosì fu che la foto era stata ridotta in quattro pezzi uguali come se chi l'avesse rotta avesse curato che i quattro pezzi fossero della stessa identica misura.
Si guardò intorno poi li raccolse, cercò di unirli tra di loro e restò a fissare a lungo l'immagine contenuta nella foto. Una donna giovane, forse della sua stessa età – intorno ai trent'anni – di una bellezza particolare, non appariscente, capelli e occhi nerissimi, corpo moderatamente in carne, vestita elegantemente ma con sobrietà. Dall'abbigliamento s'intuiva facilmente che la foto era stata scattata durante il periodo estivo, ma in quale anno? Dietro la donna, sullo sfondo, il Colosseo. Lei sorrideva visibilmente contenta, sembrava quasi di vedere gli occhi che le brillavano.
Data l'ora, era il primo pomeriggio, il parco era scarsamente frequentato ma a lui venne l'istinto di alzarsi dalla panchina e andare in giro per vedere se poteva rintracciare la donna della foto ed anche la persona che gliela aveva scattata. Un tentativo inutile lo sapeva però voleva tentare ugualmente. Di tempo ne aveva quel giorno e poi era tutto così splendido, parco e tempo inclusi.
Trascorsero circa due ore ma, all'infuori di una bella e confortevole passeggiata nient'altro era accaduto. Nessuna traccia della donna nella foto né della persona che l'aveva fotografata. Decise che avrebbe ripreso la ricerca l'indomani poichè il suo periodo di ferie dal lavoro aveva avuto inizio
soltanto da due giorni. Presa questa decisione si preoccupò di disdire la prenotazione che aveva fatto presso un albergo della Riviera ligure di ponente, da dove poi avrebbe fatto una puntatina in Francia. Rinunziò a tutto questo poiché ormai si era prefissato l'obiettivo di rintracciare quella donna anche se aveva parecchi dubbi sull'esito finale della ricerca, in quanto non poteva sapere quando si sarebbe conclusa e soprattutto se poteva concludersi nel senso da lui sperato.
Gli venne in mente la solita frase fatta: come cercare un ago nel pagliaio.
Rientrato in casa si mise di buzzo buono per cercare di ricomporre la foto per intero e nel farlo si accorse che a tergo c'era scritta una frase: "al mio adorato Diego, con tutto il mio amore, perché mi tenga sempre con sé, Eleonora". Fu molto colpito da queste parole e si convinse ancora di più di voler cercare quella giovane donna che sapeva amare così, anche soltanto per vederla, sia pure da lontano. In quei venticinque giorni di ferie non fece altro che cercarla in ogni dove ma purtroppo senza alcun risultato. Mostrando sempre la fotografia si era rivolto anche ad altri colleghi, cronisti come lui e persino a funzionari di PS, Carabinieri, Guardie di Finanza, Vigili Urbani, ma senza alcun risultato, al contrario era arrivato al punto che molti finirono col deriderlo.
Riprese la sua vita monotona, casa e redazione di un quotidiano, e ciò produsse in lui l'effetto di farlo desistere da quella sorta di sciocca ossessione.
Ad aiutarlo se ne occupò anche il redattore capo il quale due giorni dopo il rientro lo chiamò e gli riferì che un suo amico commissario PS gli aveva telefonato per dirgli che quella mattina, sul marciapiede davan ti ad un albergo di Piazza Euclide, era stato rinvenuto il corpo di un uomo che si era gettato dal settimo piano dello stesso albergo . Si stavano già svolgendo le indagini e quindi lui andò di corsa in quella piazza. Vide in terra il suicida il quale aveva nella mano destra semiaperta una pistola di grosso calibro. Disse agli agenti in servizio che era stato chiamato dal commissario tal dei tali, riferì la stessa cosa al portiere dell'albergo al quale chiese se il cadavere in terra era quello
di un cliente dell'albergo e si fece dare il numero della stanza. Giunto al piano vide la porta della stanza spalancata e, facendosi notare il meno possibile, si mise alle spalle dei funzionari che stavano facendo il loro lavoro. Sul letto matrimoniale giaceva una donna seminuda con un grosso foro in piena fronte dal quale era uscito molto sangue. Stava quasi per gridare perché quella donna era Eleonora, senza alcun dubbio.
Fuggì da quella stanza imprecando.
Volle seguire le indagini di quell'inchiesta e venne a conoscenza di altri particolari: la conferma che la donna si chiamava Eleonora, che il nome dell'uomo era Diego il quale aveva ucciso prima lei e poi si era gettato dalla finestra morendo sul colpo, che erano sposati ma non tra di loro.
Svanita la speranza gli era rimasta la foto.

mercoledì 6 aprile 2011

Saranno anche ricordi vecchi come il cucco - anni 1920-1930 - ma il noto attore-autore romano (1884/1936) aveva creato questa scenetta satirico-antidittatoriale il cui personaggio da lui interpretato somiglia molto a qualcuno dei nostri tempi.