La loro convalescenza sarebbe finalmente terminata al massimo entro un paio di mesi. Giovani com’erano Bruno e un gruppo di coetanei con i quali aveva stretto una vera amicizia, non vedevano l’ora di lasciare quel posto. Ultimamente gli era stata concessa ogni più ampia libertà ma alle 22 di ogni sera dovevano rientrare, gli sembrava quasi di vivere in una caserma, ma non lo era. No perché chi li controllava erano due suore, le cosiddette “cappellone” per via di quella specie di cappello di un bianco abbagliante, enorme, inamidato e con due grandi falde che sembravano ali di cigno. La loro testa era completamente coperta tanto che non era possibile sapere se avevano o no i capelli. La più anzianotta delle due, la caposala, aveva un volto marcatamente maschile, forse si radeva anche la peluria che s’intravedeva sopra il labbro superiore. I suoi lineamenti erano talmente duri da sembrare scolpiti con martello e scalpello. E’ vero invece che a volte l’apparenza inganna. Caratterialmente era di una dolcezza e di una tale tenerezza che, agli occhi di Bruno ed amici, lei appariva più gradevole anche perché si mostrava molto comprensiva nei confronti della loro condizione passata ed attuale. Al contrario, la suora più giovane che non doveva avere più di 22 o 23 anni, era piccola, rotonda, con un viso così fresco e colorito che sembrava una pesca matura. Era lei quella alla quale erano rivolti gli sguardi più famelici da parte di tutti ma la stessa si sapeva ben destreggiare anche quando inavvertitamente le giungevano i loro salaci commenti. A quel punto il suo pudico viso diventava ancora più rosso, ma le sue poche rotondità che si intravedevano erano miele per gli occhi, i pensieri e i sogni di tutti. Dopo la cena, verso le 20, entrambe le suore si ritiravano nel loro alloggio che si trovava nell’altra metà dello stesso edificio che attualmente li ospitava: un enorme fabbricato di tre o quattro piani con alte guglie gotiche ornamentali che si dipartivano dal tetto. Il fatto singolare era che l’edificio, suddiviso a metà soltanto da una sottile parete di legno, confinava appunto con l’alloggio delle due suore destinate alla cura e sorveglianza nostra. Lo stesso ospitava anche altre loro consorelle oltre ad un bel gruppo di giovani ragazze-madri. La lunga permanenza in quel luogo aveva permesso a questi giovani di conoscere bene quei particolari che però non consentirono loro di andare mai oltre le proprie aspirazioni.
Il gruppetto di amici di cui faceva parte Bruno era composto da quattro o cinque persone, tutte o quasi della stessa età, ma lui era legato da vincoli più stretti soltanto con due di loro: Luigino “il nasone” e Alberto “il pacioccone”. A distanza di tanti anni li ricordava ancora, per molte ragioni.. Luigino si sposò alcuni anni dopo, ebbe due figli, poi morì investito da un’auto: aveva appena 48 anni. Alberto, il più istruito, era diventato un funzionario del Ministero del Lavoro, si era sposato e aveva messo su famiglia anche lui. Si incontrarono un paio di volte poi si persero di vista e non seppero più niente l’uno dell’altro. Col “nasone” la vita era tutta uno spasso. Allegro, estroverso, generoso e premuroso sebbene, orfano di madre, aveva vissuto l’intera sua infanzia e parte dell’adolescenza in un orfanotrofio. Il “pacioccone” invece aveva tutto un altro carattere: buono sì ma introverso, triste. Bruno il “compagnone” doveva fare dei grossi sforzi per farlo sorridere,ma lui, grande appassionato di musica classica e lirica stava quasi tutto il giorno a seguire i programmi di quel genere che ascoltava da una sua radiolina. La mattinata si passava giocando a carte fino all’ora di pranzo. Questo era servito in un gran salone adibito a mensa,vicino l’androne d’ingresso mentre il pomeriggio e parte della sera erano riservati a lunghe passeggiate e ad altri svaghi. Ma Alberto “il pacioccone” non vi partecipò mai. Rimaneva in “camerata” tutti i giorni seduto vicino al suo letto. Non da solo, però. Infatti Suor Severina, la caposala “cappellona”, gli faceva compagnia come…una madre (o un padre?): erano legatissimi mentre gli altri erano più legati a Suor Adele “la pesca”.
A volte tutti trascorrevano qualche ora a parlare dei loro problemi sia di famiglia che personali e cercavano di immaginarsi il loro futuro. L’unico che non partecipava e che si rintanava vicino il suo letto ad ascoltare musica era “il pacioccone”, senza alcuna scortesia da parte sua e pertanto lo si lasciava in pace. Un giorno Bruno e Alberto lessero su un quotidiano, che era stato indetto da un ente pubblico un concorso per l’assunzione di alcuni giovani. Occorreva fare un’apposita domanda e farsi autenticare la firma da un pubblico ufficiale. Bruno e il “pacioccone” avevano i requisiti richiesti perciò decisero di tentare la sorte. Compilarono la domanda e, per l’autentica delle firme, si recarono in una vicina Delegazione Comunale . Arrivati sul posto si trovarono a dover fare una piccola fila dinanzi ad uno sportello dove erano in attesa, per lo stesso motivo, altri giovani come loro tra i quali una ragazza dalla corporatura minuta ma ben fatta nei punti opportuni, capelli biondo-cenere, occhi celeste-chiaro, molto graziosa e socievole. Entrambi rimasero colpiti dalla sua affabilità e dalla sua piacevolissima cordialità tanto che si intrattennero subito con lei come se fossero amici da chissà quanto tempo. Disse di chiamarsi Luisa e Bruno ed Alberto le dissero i propri nomi. Appena usciti dalla Delegazione si recarono insieme al vicino ufficio postale dove spedirono le raccomandate con le domande di partecipazione a quel concorso. Durante il cammino conversarono amichevolmente con Luisa la quale ad un certo punto si mise sottobraccio ad entrambi e chiese loro se fossero dispiaciuti ad accompagnarla a casa. Aderirono di buon grado e, dopo una breve chiacchierata, si scambiarono i rispettivi recapiti telefonici. Quando le spiegarono il perché, pur non essendo parenti, avevano in comune lo stesso numero di telefono lei disse con molta franchezza che non c’era alcun motivo di cui preoccuparsi in quanto anche lei, qualche anno prima, aveva sofferto della loro stessa malattia dalla quale in seguito era guarita completamente. Luisa abitava in una piccola via all’incrocio con Via Appia e, quando arrivarono davanti il suo portone di casa, si salutarono con molto calore e si scambiarono la reciproca promessa di volersi rivedere ancora. Ogni volta però che a Bruno veniva l’idea di incontrare di nuovo Luisa, Alberto diceva che lui preferiva non muoversi da lì e lo invitava ad andarci da solo. Bruno insisteva ma era inutile: gentile come sempre diceva che non se la sentiva di andare. L’aveva visto così ben disposto verso di lei, contento di aver fatto questa conoscenza come Bruno lo era altrettanto visto l’immediato affiatamento che s’era creato tra loro tre. Il DUBBIO assaliva Bruno: perché Alberto non voleva mai uscire da quel luogo? Che cosa lo tratteneva lì? Eppure era uscito per andare in Delegazione e alla posta; era stato brillantissimo in occasione dell’incontro con Luisa, aveva persino promesso che si sarebbero rivisti loro tre insieme, e allora?
Bruno non voleva insistere perché pensava che Alberto avesse le sue buone ragioni. Continuò da solo nel suo amichevole ed ottimo rapporto con Luisa. Si rividero tre o quattro volte per brevi passeggiate durante le quali anche lei cercava di sapere qualcosa circa lo strano comportamento di Alberto ma lui non sapeva spiegarle il perché.
Un giorno, erano tutti a pranzo nella mensa quando dall’altoparlante si sentì che veniva fatto il nome di Alberto perché era stato chiamato al telefono. Strano…Durante tutto il periodo trascorso in quel luogo non si era mai visto né sentito qualcuno che lo avesse cercato. Lui si alzò dal tavolo che entrambi dividevano anche con altri, andò verso la stanza dove c’era il telefono, fuori dalla mensa, fece ritorno dopo una ventina di minuti e si sedette senza dire una parola. Poiché lui non disse nulla e riprese in silenzio a mangiare, nessuno, discretamente, gli fece domande circa quella telefonata.
Nel primo pomeriggio di quello stesso giorno Alberto, vestito di tutto punto, si diresse verso la porta ed uscì. Da solo e senza dire una parola né alla caposala, né agli altri amici e neppure a Bruno. Non era mai accaduto. Come mai? Bruno si pose questa domanda parecchie volte e come risposta si diceva che Alberto non doveva spiegazioni a nessuno anche perché poteva trattarsi di una seria questione familiare che preferiva tenere per sé. Queste sortite di Alberto si ripeterono per oltre un mese al ritmo di due o tre volte per ogni settimana. Poi improvvisamente cessarono del tutto. Nello stesso periodo Bruno aveva smesso di incontrare Luisa perché ogni volta che le telefonava gli diceva che aveva degli impegni e quindi non potevano vedersi. Allora cominciò a collegare questi episodi ed il DUBBIO iniziò a divenire quasi certezza. Però si chiedeva: se Luisa ed Alberto per quel periodo si erano visti, incontrati ed erano stati insieme perché non dirglielo? Avrebbe compreso benissimo e ne sarebbe stato contentissimo soprattutto per Alberto ma anche per Luisa. Secondo lui formavano una bella coppia. Per qualche giorno non domandò nulla al “pacioccone”, poi una mattina decise di telefonare a Luisa. Voleva sentire da lei che cos’era accaduto. Lei non solo si dimostrò felicissima della telefonata ma gli chiese se potevano vedersi il pomeriggio dell’indomani. Avevano fissato l’appuntamento, di comune accordo, a Largo Brancaccio davanti l’ingresso di un teatro. La stagione già permetteva spettacoli all’aperto perciò, dopo aver preso posto ed in attesa che lo spettacolo di varietà iniziasse conversarono per oltre mezz’ora. Luisa lo mise al corrente di tutto; gli confermò che aveva visto giusto e che lei e Alberto avevano avuto una sorta di flirt che poi però avevano deciso, reciprocamente, di interrompere amichevolmente e serenamente. Bruno non volle sapere alcun dettaglio e lei gliene fu grata. Si gustarono lo spettacolo e al termine gli chiese di accompagnarla a casa anche se per farlo dovevano fare una discreta passeggiata. Avviandosi verso casa sua costeggiarono il Colle Oppio, scesero tramite un’ampia scalinata verso l’incrocio di Via Merulana con Via Labicana. Arrivando nei pressi di una breve strada privata Luisa prese Bruno per mano, fecero qualche passo e giunti a metà della strada privata gli fece capire che voleva fermarsi. Si appoggiò al muro di un edificio, lo fece avvicinare a lei, prese il viso di Bruno fra le sue mani e, guardandolo negli occhi, lo baciò leggermente e castamente sulle labbra. Lui rimase perplesso e lei accorgendosi che la guardava con un’aria interrogativa e sbalordita nello stesso tempo, tornò nuovamente a baciarlo ma questa volta con molta più intensità: lui non fu da meno. Benché protetti dalla solitudine della via e dall’imbrunire che li rendeva quasi invisibili non andarono oltre. Teneramente abbracciati ripresero il cammino verso casa di lei senza parlare stringendosi soltanto l’uno verso l’altra. Bruno si sentiva felice ma allora perché il DUBBIO faceva ancora capolino nella sua mente? I loro incontri si ripeterono per più giorni poi però, quando Bruno iniziò a rendersi conto che le cose stavano prendendo una certa piega, disse a Luisa che da qualche anno era impegnato con un’altra ragazza la quale, malgrado tutto, non aveva mai voluto interrompere il loro rapporto. Era un passo che sentiva di dover fare. Si sarebbe aspettato una reazione sdegnosa e sprezzante di Luisa ed invece lei si mostrò molto comprensiva. Disse che si era calata nei panni dell’altra persona alla quale lui aveva fatto un torto sia pure ingenuamente. Volle comunque ringraziarlo per essere stato onesto e sincero con lei e per essersi comportato sempre più che correttamente. Rimasero amici e per un po’ di tempo seguitarono a telefonarsi. Poi, col tempo, più nulla. Bruno, dopo aver chiarito la situazione con Luisa, volle raccontare tutto ad Alberto il quale si complimentò per l’intera vicenda ma non disse nulla su di lui e su Luisa. Perché?. Anche quella volta il DUBBIO si rifece vivo!
Bruno passò varie volte nei pressi dell’abitazione di Luisa e, magari involontariamente, il suo sguardo andava sempre verso il portone di lei. Una di quelle volte, erano trascorsi oltre dieci anni da allora, gli capitò di vederla uscire dal portone di casa sua, sorridente, sottobraccio ad un uomo di bell’aspetto e con due bambini che davano la loro manina ad entrambi. I ricordi gli riaffiorarono nella mente insieme però al DUBBIO. Non si è mai dissolto.
23 commenti:
Ciao Aldo, buona domenica. Racconto avvincente, come sempre..Certo il dubbio è qualcosa che rode dentro, ci si chiede mille volte il perchè di un evento, ma quando le cose non si chiariscono subito, passa il tempo e diventa difficile...Gli amici avrebbero dovuto parlarsi, ma c'era forse più discrezione. Un'amicizia un pò triste, dato il posto e le circostanze..mi colpiscono sempre i soprannomi "il pacioccone" è bellissimo e mi ricorda un mio amico, noi ragazzini eravamo un pò più cattivelli e quello che mi viene in mente è "panz'è vierme" Traduzione per stranieri : pancia di vermi:-) Era un tipo un ò obeso, con un grosso pancione, molto più vecchio di noi, sui 30 anni..non so perchè, questo nomignolo, che per una volta mi vide innocente, mi dava un pò di tristezza..ma quando passava il panzone tutti a sghignazzare..forse è l'età che a volte rende stupidi. Bravo Aldo, che dirti, leggo con immenso piacere le tue storie di vita vissuta che mi richiamano sempre alla mente ricordi antichi e ti ringrazio. Un abbraccio.
Credo che nella vita di noi tutti ci siamo sempre dubbi che non si potrammo mai, dico mai, chiarire. C'è chi ama fare chiarezza e chi nel dubbio, che suscita in altri, ci sguazzi....
Buona domenica Aldo
Meglio non chiedere.
Io stessa ho dei dubbi (i quattro o cinque misteri della mia vita), che però non so come dissolvere; e allora sai che faccio? Non li dissolvo.
Caro Aldo, poiché chiedo pochi chiarimenti in genere perché pretendo di capire e mi sembra di capire le motivazioni di tanti comportamenti, osservando i comportamenti stessi e attraverso questi risalire al carattere delle persone... a volte mi faccio studi che durano anni...decenni nel caso di mio marito! Nonostante questo un dubbio può sempre permanere... Anche più di uno...
Ho conosciuto anch'io una suora che aveva il viso da uomo, con una barba fitta e nera degna di un vero maschio. Però aveva delle tettone sotto la mantellina dell'abito monacale: quando alzava le braccia, per qualche motivo, la mantellina si spostava e scopriva il corpetto rigonfiato sul petto.
Una di noi ragazzine, chissà?, forse io stessa, le ha chiesto:
"scusi suora, lei è un uomo o una donna?"
"Sono una suora"
"...mah!, allora perché ha la barba?"... Era una ricamatrice insuperabile.
Bel racconto, curato nella narrazione in forma meno teatrale del solito. Mi è piaciuto molto la descrizione dei cappelli bianchi... ho trovato diversi passaggi quasi poetici.
Bacioni, Nou.
Letto in un fiato e che dire?
Non si può commentare e non si può nemmeno spiegare il DUBBIO finale, lo si può dedurre, ma a vasto raggio.
Bravissimo Aldo, buon 25 aprile.
Accidenti i tuoi racconti sono musica per le mie orecchie...le tue parole sono come la nutella sopra al pane appena sfornato. Ho letto il racconto tutto d'un fiato e mi è piaciuto tantissimo. Complimenti!
Prima di arrivare al DUBBIO...
visto, che sono stata in collegio ti assicuro che le suore sotto il cappellone i capelli li hanno.
Fu una scoperta anche per noi ragazze, che all'epoca riuscimmo a vedere di nascosto una delle suore, mentre si toglieva il cappellone, ricordo che restammo tutte sorprese.
Adesso passiamo al Dubbio di questa tua fantastica storia.
Credo che il dubbio sia nato solo per una certa riservatezza da parte di Alberto nei riguardi di Luisa.
Un tempo gli uomini tenevano per loro certe cose o mi sbaglio?
Anche se un amico si sente tradito ma non e cosi, ci sono certe cose talmente personali, ed è giusto che restino tali.
Certo che la Luisa anche lei sapeva mantenere i segreti.
Anche se in ritardo buon 25 Aprile.
fratellone.
Grazie per questi racconti che ci regali, ma ogni tuo racconto, alla fine, diventa motivo di riflessioni.
Ciao
letto tutto di un fiato....e sono ancora con il dubbio. :-)
un abbraccio
CHIEDO SCUSA A TUTTI COLORO CHE HANNO LASCIATO I PROPRI COMMENTI A QUESTO POST MA PER BEN DUE VOLTE DOPO AVER SCRITTO LE MIE RISPOSTE, I MIEI RINGRAZIAMENTI E I MIEI AUGURI E SALUTI, QUESTO ACCIDENTI DI PC-PASQUALE HA CANCELLATO TUTTO.
NON CAPISCO IL PERCHE' MA PENSO CHE SE NON RIGA DRITTO GLI FARO' PASSARE UN BEL PO' DI GUAI.
Un caro saluto,
aldo.
Questo lungo racconto un po' triste ha lasciato un po' di dubbi anche a me Aldo. Forse anche a.... Pasquale. Non prendertela troppo con lui altrimenti ti abbandona davvero. Quello che ti è successo capita a volte anche a me, ma credo che dipenda da google/blogspot: non prendertela troppo con Pasquale. Comunque, per non perdere tutto, prendi l'abitudine di copiare su open office wrigther quello che hai scritto, così quando blogspot riprende a funzionare lo incolli al posto giusto. Un abbraccio e buona giornata
Buon inizio settimana caro Aldo e non prendertela, il mio portatile nn funzionava e poi hanno scoperto che avevo il cavetto staccato, quindi era anche scarica la batteria ahahah, sono una frana e consoliamoci dai...Ti abbraccio
ciao Aldo
bello questo racconto... ed il dubbio è un tarlo che affligge tutti in varie fasi della vita .... dissolverli è sempre un affanno....
buon inizio settimana
^_____________^
Carissimo,
finalmente è giunta la primavera...
Oggi è proprio una bellissima giornata,calda e soleggiata.
E dalle Tue parti!!!
Un racconto formidabile,ma il dubbio rimarrà sempre...
E non si dissolverà MAI (penso).
Buon inizio settimana caro Aldo,un abbraccio forte forte da Anna2.
bello e avvincente come sempre, Aldo....mi sono mancate le tue storie..:)
@Luigina: Se io riuscissi a fare la metà delle operazioni che tu molto gentilmente mi indichi, sarei un informatico di prim'ordine. Forse ci riuscirò quando diventerò più grande.
Grazie e anche a te un abbraccio.
@riri: Come si usa dire? Mal comune mezzo gaudio, vero? E allora va bene
così. Ti abbraccio.
@Pupottina: Sì, dissolvere certi dubbi è ancora più angosciante.
Grazie Pupotti', ciao.
@Anna2:Anche qui a Roma c'è stato il sole e forse è arrivata anche la primavera.
Sui dubbi siamo perfettamente d'accordo.
Anche a te unn abbraccio forte.
@Chica: Grazie Chica per il tuo gentile apprezzamento.
il dubbio, il dubbio, il dubbio... immagino che scioglierlo rovinerebbe il ritmo del racconto. Ma che curiosità, però! Un abbraccio Aldo!
Aldo, lo so che la tua vita non è stata rose e fiori, ma santo dio, ogni tanto un po' di buonumore ti darebbe la spinta per andare avanti. I racconti che scrivi sono sempre pieni di buoni sentimenti, ma i tuoi personaggi, perdenti oltre ogni limite, fanno venire proprio i nervi. Rinunciatari fino allo spasimo. Poveri uomini e donne degli anni cinquanta, immobilizzati in una vita senza futuro e speranze.
Sei proprio un cattivello rassegnato!!!
Ti ho lasciato un commento pure da Bastian Contrari
sono sempre bellissime le tue storie e io trovo sempre più piacere nel leggerle... su questo non ci sono dubbi
un saluto
Ciao aldo io sono stato per mesi in un nosocomio simile sicuramente a quello.... E li ho conosciuto una ragazza ci siamo fidanzati e lasciati poco proima dell'incontro con mia moglie... Anche a me è rimasto un Dubbio per quella relazione e ci sarà sempre... Ciao
@Daniela: E' sembrato così anche a me quando l'ho scritto.
Un abbraccione Daniela.
@Luz: Il punto è cara Luz che la storia è vera e non l'ho edulcorata
per catturare opinioni e commenti favorevoli, l'ho scritta nella sua realtà. A quei tempi quelle cose e quelle persone erano così.
Ho letto il tuo commento da Bastian Cuntrari. Grazie.
@Ernest: Sono contento, almeno una
certezza.
Ti saluto anch'io.
@il cuoco: Grazie, allora sai di cosa si è trattato.
Ciao amico.
Senza nessun dubbio...ti lascio un caro saluto, Nicola
splendido racconto di vita vissuta! bello come sempre, Aldo. e sottilmente inquietante...
eccomi...bellissimo post, davvero intenso.
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