lunedì 29 luglio 2013

PICCIONI

**A settembre del 1948 ero da poco fidanzato con una ragazza, poi mia moglie, la quale, nata a Roma, abitava vicinissimo Piazza Navona in un vecchio palazzetto di una stretta via del Rione VI Parione. Di fronte a quello, altro palazzetto d'epoca remota nel quale, all'ultimo piano proprio sotto il tetto a tegole curve o coppi, abitava allora una famiglia composta da padre, madre e quattro figlie femmine delle quali la più piccola era fidanzata con un fratello della mia ragazza. A quei tempi si faceva presto a fare amicizia e a frequentarsi tanto che le due famiglie, anche per ragioni legate ai fidanzatini, stavano spesso insieme. Una domenica venni invitato anch'io a pranzo a casa delle quattro sorelle. La loro madre mi accolse con molta cordialità, mi fece visitare la casa. Si era creata una bella atmosfera. Nel fare il giro delle stanze di quell'abitazione notai che in quella del soggiorno la porta-finestra che dava su un piccolo balcone era completamente spalancata. Non ne comprendevo il motivo nel senso che data la stagione rigida e la totale mancanza di riscaldamento nell'abitazione, da lì entravano folate di vento gelido a non finire. Chiesi alla gentile padrona di casa il perché di ciò e lei mi disse: 'per i piccioni. Io gli metto qualcosa da mangiare non sul balcone ma per un bel tratto della stanza poi, quando cinque o sei di loro sono intenti ad occuparsi del cibo, chiudo la porta-finestra, li catturo, gli torco il collo, li spenno e poi li cucino. Sono ottimi in salmì.' Rimasi di stucco. Poi, molto educatamente, poco prima del pranzo dissi alla cacciatrice che, per alcuni disturbi dello stomaco dovevo mangiare il primo piatto in bianco, poi un poco di contorno e un'arancia. Da quella volta mi sono guardato bene dall'andare a pranzo o a cena da loro.
**Il cortile condominiale del fabbricato dove tuttora abito da oltre quaranta anni un tempo era stato sempre frequentato da una dozzina di piccioni dei due sessi – o anche tre ma non l'ho mai accertato – i quali avevano costruito la loro dimora e nido d'amore sulla rivestitura esterna della canna fumaria che correva in alto, sotto il tetto di un locale una volta adibito a sala biliardi annessa a un grande bar e lungo il perimetro del locale medesimo. Salvo le pausa-pranzo e pausa-cena quei colombi trascorrevano la maggior parte della loro giornata su quella canna fumaria e tubavano tubavano in continuazione proprio di fronte le mie tre finestre. Crescevano e si moltiplicavano praticamente senza soluzione di continuità. La mia abitazione situata al primo piano, specialmente d'estate, risuonava dei loro suoni e talvolta, quando avevo le finestre spalancate, qualche piccione s'infilava dentro casa. Avevano però la brutta abitudine di insudiciare sia le mura esterne del locale, ex sala biliardi, sia i davanzali delle mie finestre e quelle degli altri abitanti del condominio. Qualche volta trovavamo i loro “ricordini” sulla nostra biancheria stesa ad asciugare. Non solo la nostra naturalmente. Dopo anni ed anni finalmente è stata trovata una soluzione a tale problema. In tutti i posti dove i piccioni si accomodavano per costruire i loro nidi, per dormire, per tubare e per far nascere altri loro eredi, sono state collocate delle sottili sbarre di ferro munite di una serie fittissima di punte metalliche acuminate così da impedire loro qualsiasi tipo di sosta su ogni dove. Rimedio perfetto e da allora i picccioni sono emigrati verso altri lidi.
**Alcune volte mi reco presso uno dei supermercati che distano non troppo lontano da casa mia. Quello più vicino mi consente di camminare in uno dei due marciapiede di un tratto non breve di Viale Manzoni quello cioé che costeggia le mura di un Istituto tecnico statale e di una facoltà dell'Università La Sapienza di Roma. Su questo tratto di strada non ci sono negozi di alcun genere e neppure accessi di abitazioni, soltanto mura perimetrali. Verso le 9.30 di ogni mattina io transito di là e noto un mio amico molto anziano che sembra ormai non starci più con la testa in quanto lo saluto, mi guarda e, assorto nei suoi pensieri, passa oltre senza profferire parola. Altre volte invece mi saluta molto cordialmente senza però chiamarmi per nome tanto non credo che lo rammenti. Quest'amico porta sempre con sé una capiente busta di plastica stracolma di chissà quale tipo di briciole, chicchi o semi ecc. che sparge a piene mani sul marciapiede. Circondato da una miriade di piccioni , forse tra loro ci sono anche quelli emigrati dal mio cortile, l'amico non si cura né dei passanti né di me che gli passo accanto e cerco di attaccare discorso. È in tutt'altre faccende affaccendato. Da un bel po' di tempo però su quel tratto di marciapiede vedo solo i piccioni che beccano, girano e svolazzano in cerca di qualcosa, ma del mio amico con c'è traccia alcuna. Aspetto un po', mi guardo intorno, infine proseguo. Preferisco non formulare ipotesi.

18 commenti:

Cri ha detto...

L'usanza della signora di fare i piccioni in salmì mi ha lasciato senza parole :O
Mi immagino lo stridente contrasto tra la sua urbana affabilità e la disinvolta brutalità nell'afferrarli dentro casa sua e torcer loro il collo...
(Vero è che nel dopoguerra mia madre dice che non c'era più un gatto per strada manco a pagarlo... E con i polli, in fondo, si fa più o meno lo stesso da millenni...)
Adesso dar da mangiare ai piccioni è follia, tra poco saranno loro a mangiare noi! Vien quasi da benedire i crudeli e truculenti gabbiani, cannibali aviari che ne fanno strage, lasciando spesso carcasse sanguinanti mezze spolpate sul sagrato di Santa Maria Maggiore, dove le trovo ogni volta che ci passo...

Ernest ha detto...

si direi che qui a Genova ormai si vedono gabbiani ovunque mah...

Tomaso ha detto...

Cara Aldo, Non ho mai sentito nessuno che i piccioni si possono mangiare! prima di tutto io li considero animali da rispettare, poi ognuno è libero di pensare quello che vuole. Parlando delle tue belle storie incomincio direi quasi ad abbonarmi mi piacciono veramente.
Come credo che tu sapessi che io avevo ,l'0intenzione di scrivere un libro, ebbene lo ho già fatto! Lo ho presentato al mio paese in occasione delle mie vacanze.
Questo libro non è in vendita è solo un libro della famiglia e degli amici sono state fatte poche copie, se ti interessa passa da me, c'è il PDF che tutti lo possono scaricare così mi conoscono meglio.
Spero che anche tu passi da me.
Ciao e buona giornata caro amico.
Tomaso

Adriano Maini ha detto...

Altri tempi! Per fare meglio amicizia. Ma, anche, dalle mie parti, come dicevano i vecchi, per mangiare un po' di tutto, specie gatti: penso che piccioni in Riviera ce ne fossero allora pochi.
In compenso oggi tra gabbiani e colombi abbiamo da scialare, come "scialano" tante persone sole che si affannano a dar loro da mangiare. Altre pensano ai gatti. Io preferisco i germani reali... :)))))

Erika ha detto...

Caro Aldo, lo sai che una volta alle puerpere si dava il brodo di colombo?
Il brodo di colombo, ricco di proteine ma povero di grassi, oltre a stimolare la produzione di latte,era nutriente e leggero.
Oggi i colombi imbrattano le città e non sopporto quelli che danno loro da mangiare.Al cimitero, dove ho il loculo dei miei genitori, sono stata costretta a mettere quei puntali di plastica perchè andavano ad appollaiarsi sul davanzale di marmo lasciando dei ricordini poco piacevoli.
Un abbraccio
Erika

Nou ha detto...

Mia mamma non cucinava piccioni perché diceva che avevano carni troppo stoppose. Qualche colombo si è mangiato e anche qualche uccellino. Da quarantanni non ho più mangiato "osei e polenta", da quando ne ebbi una pietà infinita vedendoli spennati, cotti, nell'intingolo sopra la polenta gialla con quell'addome ricurvo e gli arti piccoli quasi da neonato.
Però ancora mangio polli, me ne vergogno, ma è così. Ora, nella nuova abitazione, vediamo le fagianelle, colombi e tortore che vengono a mangiare il grano cresciuto spontaneamente dopo il raccolto dell'anno scorso. Noi li lasciamo vivere in pace, ma le fagianelle è un po' che non si vedono e c'è da sapere che, dall'altra parte del campo, gironzola un contadino che pare non si faccia scrupoli...
Un abbraccio
Nou

Tina ha detto...

Anni fa la stessa cosa faceva Pino, un imbianchino che non aveva bisogno di trovare con cosa nutrirsi, lui diceva che gli piacevano e basta.

Ma con l'aria che tira, mi sa che tra non molto non saranno al sicuro nemmeno i nostri animali domestici, dovremo montare la guardia.

PS
Hai pensato che il tuo amico abbia fatto la stessa fine?;-))
Scherzo.
Buona serata Aldo ;-))

il monticiano ha detto...

@Cri
@Ernest
@Tomaso
@Adriano Maini
@Erika Napoletano
@cipralex1
@Tina

Eerte città tipo Venezia, Bologna, Torino e altre hanno alcune loro piazze stracolme di piccioni.
Forse agli abitanti non piacciono.
Stateve ben e e un caro saluto a tutti,
aldo.

paroleperaria ha detto...

Mamma mia, la storia dei piccioni!!
Per il resto, tu sei un bravissimo racconta storie :)

Carmine ha detto...

un racconto che mi fa molto divertire

Unknown ha detto...

Immagino l'orrore che hai provato, tu che non mangi neanche il pollo!
Mi hai ricordato che, da bambina, un'amichetta mi raccontava che a volte andava col padre in piazza del Duomo, a Milano, e di come lui fosse un giocoliere nel catturare i piccioni.
Sono semi-tornata e ti mando un abbraccio.
Cristiana

Enly ha detto...

Piccioni??? PREFERISCO DI GRAN LUNGA MA DI GRANDISSIMA LUNGA LE TORTORE CHE VIVONO NEI BOSCHI E NELLE PERIFERIE DELLE CITTA' E PAESI.

Rosaria ha detto...

Per la cacciatrice non ho parole, ma l'usanza all'epoca di consumare piccioni c'era..si diceva che il brodo dei piccioni era ottimo per i bambini.

Sui davanzali delle mie finestre, ogni mattina mi tocca lavarli con acqua e ammoniaca per disinfettare bene.

L'anziano amico che non incontri più son sicura che si rifarà vivo
Speriamo in bene.

Ciao Alduccio.

Ti abbraccio!

il monticiano ha detto...

@Fra
@Carmine Volpe
@Cristiana2011-2
@Enly
@Rosy

Per la verità due piccioni frequentatori del mio cortile condominiale si fanno vedere
ma poi scappano via quasi subito
poiché due enormi gabbiani volteggiano in cielo.
Stateve bene e un caro saluto a tutti.
aldo.

Bastian Cuntrari ha detto...

Settembre del '48... Non c'ero, Monty, ma penso non si nuotasse nell'oro. Penso non ci fossero molte botteghe aperte e certamente solo con generi di prima necessità e certo non "ricchi": assurdamente, la carne e il pesce (penso) era più facile l'avessero i contadini e i pescatori perché accessibile "in casa". Ma in città no. Mio nonno mi raccontava che - durante la guerra - avevano mangiato, lui e la nonna, a Genova, i gatti: non mi sono mai scandalizzata. Né mi scandalizzo per la signora che cucinava piccioni.
Primo, di necessità si fa virtù. Secondo, de gustibus...

Mariella ha detto...

Quando sono stata ad Orvieto e ho visitato la città sotterranea ho scoperto che gli abitanti in epoca romana avevano costruito delle camere dove li allevavano per poi mangiarli.
Prima di allora non avevo idea che si facesse in passato.
Ora scopro che anche in epoca recente era abitudine farlo.

A me poi in particolare, fanno schifo.
Ciao caro Aldo.

il monticiano ha detto...

@Bastian Cuntrari
@Mariella

Qui a Roma, intorno al Pantheon c'è un largo fossato sempre pieno di gatti.
Durante la seconda guerra mondiale erano spariti tutti. Mistero!
Stateve bene e un caro saluto,
aldo.

Unknown ha detto...

mi hai fatto saltare dalla sedia con la storia della cacciatrice, ma poteva anche essere giustificata, dati i tempi. un abbraccio