...datosi
che si trattava della settimana Pasquale del 1952 la compagnia
amatoriale di teatro della quale facevo parte era stata invitata a
rappresentare nel proprio teatro una tragedia religiosa con 21
personaggi uno dei quali ero io (avevo 22 anni), ma il fatto era che
non potevamo dire di no all'organizzatore. Il copione di quel lavoro
teatrale c’era stato consegnato appena una quindicina di giorni
prima e noi tutti eravamo impegnati a cercare di imparare ogni
battuta a memoria, anche se, al momento dell’andata in scena,
avremmo avuto l’aiuto di un suggeritore. C’era, però, una
discreta parte di noi che non riusciva a fare questa operazione e
quindi il tutto procedeva troppo a rilento. Il regista, uno di noi ma
pratico di teatro, era piuttosto preoccupato per l’andamento delle
cose. Tra l’altro aveva ricevuto una richiesta da parte della
direzione di un ospedale pediatrico religioso quella, in pratica, di
andare a rappresentare almeno la prova generale di quel lavoro nel
loro piccolo teatro riservato ad un pubblico composto di suore,
personale medico e paramedio e qualche genitore dei piccoli
ricoverati. Il regista ci affermò che non gli era stato possibile
dire di no, giacché in quell’ospedale c’erano ricoverati i suoi
due figli piccoli. Sinceramente eravamo tutti nel panico più
completo: nessuno di noi sapeva la propria parte a memoria e inoltre
c’erano ancora certi meccanismi da mettere completamente a fuoco.
La prova generale era stata fissata lì all’ospedale per il venerdì
mentre lo spettacolo vero e proprio sarebbe andato in scena il giorno
successivo in un teatro rionale. Dopo aver discusso a lungo prendemmo
una decisione. Ci saremmo recati ugualmente al piccolo teatro di
quell’ospedale, ma lì giunti il regista avrebbe comunicato alla
suore responsabili che a causa di un’improvvisa indisposizione dei
due personaggi principali quel lavoro non si sarebbe potuto
rappresentare. Una menzogna delle più spudorate. Avremmo in ogni
caso portato in scena uno spettacolo d’arte varia – cosa che
facevamo abitualmente e che conoscevamo a menadito – e quindi
saremmo andati in scena ugualmente visto che le suore avevano già
tutto organizzato per questa rappresentazione. Da parte nostra
concordammo quali sketch portare in scena, quali e quanti di noi
avrebbero partecipato, con quali incarichi. Della nostra compagnia
facevano parte anche una giovanissima cantante poi diventata
soubrettina con Macario, un ragazzo che suonava benissimo la
fisarmonica e un giovane operaio milanese amante dell’arte circense
che si era fornito di un completo costume da clown. Era bravissimo
quando poteva esibirsi nel suo numero preferito. Felice, questo il
suo nome, s’era creato un piccolo aggeggio: aveva inserito nella
palletta rossa di plastica che i clown si mettono in punta al naso,
una minuscola lampadina collegata ad un filo elettrico, ben nascosto
dal cerone, che si dipartiva dal naso, passava dietro la schiena e
arrivava sulla pancia attaccato al pulsante di una batteria
portatile. Bastava che lui lo premesse col gomito e la lampadina
s’accendeva illuminandogli il naso. Unimmo anche loro nella
spedizione verso quell’avventura. Arrivò il venerdì e noi, giunti
sul posto un’ora prima di quella fissata per lo spettacolo, fummo
accolti da due suore facenti funzioni di direttrici, ma soprattutto
spalancammo tanto d’occhi nel vedere in una stanza adiacente il
palcoscenico del teatro una tavola imbandita di ogni bene
mangereccio: panini imbottiti, pizzette, bevande e dolci d’ogni
genere e altro ancora. Il nostro imbarazzo crebbe a dismisura. Il
regista iniziò subito a recitare la sua commedia e, con fare
contrito, spiegò alle suore il motivo per cui non potevamo mettere
in scena la tragedia promessa. Le due suore, dapprima perplesse poi
convintesi piuttosto a malincuore ci assicurarono che potevamo
rappresentare quello che credevamo dato che ormai il tutto era stato
predisposto. Peraltro stavano già arrivando i primi spettatori i
quali prima di entrare in sala dovevano lasciare all’ingresso
un’offerta per le spese. Scoccata l’ora d’inizio dello
spettacolo a me cominciarono a tremare le gambe come pure agli altri.
Però forse a me più di loro giacché dovevo andare in scena per
primo in quanto dovevo presentare ogni singolo quadro, siparietto o
intermezzo musicale. Mi feci coraggio, presi il microfono in mano e
andai sul palcoscenico. Un bell’applauso d’incoraggiamento mi
accolse ed allora io, con una notevole faccia tosta, accennai
brevemente al cambiamento di programma e presentai il primo numero.
Feci persino lo spiritoso con qualche lieve battutina. Mi guadagnai
però il consenso degli spettatori così come l’ottennero tutti i
partecipanti allo spettacolo, persino con qualche richiesta di bis.
Terminammo dopo circa due ore. Ricevemmo parecchi applausi e
l’unanime consenso delle suore due delle quali, le direttrici,
nell’invitarci al rinfresco ci chiesero se potevamo tornare ancora
qualche altra volta.
Rispondemmo
di sì visto che il tutto era finito …a tarallucci e vino.
Infatti
ritornammo sul luogo del delitto altre due volte.
18 commenti:
Ma tu ne hai vissuta una più del diavolo, come si dice.
Quello che ci hai raccontato vuol quindi dire che da un disastro è nato un successo! Bravissimi. Vi batto anch'io le mani.
Deve essere stato un vero spasso, mai darsi per vinti Aldo, ed infatti è stato un successo!!
Ti ritrovo sempre più bello, di quella bellezza che esce da dentro e si irradia ovunque. Lieta di 'riabbracciarti':)
Ti immagino su quel palco a intrattenere le persone... :) e l'indomani come è andata??
Caro Aldo, pensando a tutto quello che hai raccontato! Ho pensato!!! Che bello sarebbe stato essere un spettatore, per poter applaudire all'infinito...
Buona settimana caro amico.
Tomaso
Mai rinunciare. La vita ci ripaga sempre quando ci mettiamo in gioco.
Ti abbraccio Aldo e grazie per la nuova e bella lezione.
Tentar non nuoce, anzi :))
Chissà che bello spettacolo! Mi sarebbe proprio piaciuto vederlo.
Un abbraccio Aldo
Ciao Nou
tutto è bene quel che finisce bene !
Mai perdersi di coraggio, mai desistere e poi gli attori sono bravissimo in questo Riuscite a mettere su uno spettacolo anche dal niente..Mi sono immaginata la scena e a distanza di anni ancora arriva un applauso.
CLAP CLAP CLAP!
Un bacio a te Alduccio.
Mi unisco ad Ambra e aggiungo che devi averne fatta una di più di Carlo in Francia.
Sfido che sei tanto simpatico, Aldo, hai vissuto pienamente!
Cristiana
Però...un abbraccio
caro Aldo,
avendoti visto in Tv in quella bellissima e scorrevole intervista, mi viene facile pensare al tuo successo personale in quel teatro nel '52. Attori si nasce e tu "lo nacqui"
Complimenti Grande Aldo. Ciao. robi
Improvvisazione?Fa parte del teatro, e certo dovevate essere una bella compagnia.Mi sarebbe piaciuto vederti recitare,ma mi piace ancora di più leggerti,sei una miniera di fatti,avvenimenti ricordi,che sai trasmettere e raccontare in maniera unica per bravura e simpatia.Ciao Sor Aldo.
Eccolo il nostro istrione... ti immagino sul palco a ricevere una marea di applausi... vedi come nasce un successo!!!
Ciao Aldo caro tutto bene???
Un baciottolo :-)
Non credo proprio che tu abbia avuto paura... Bravo come sempre, caro Aldo. Un abbraccio-
Sono colpita da ciò che hai raccontato, ma ancora di più colpita dal fatto che, come raramente mi succede, sono rimasta a leggere tutto quel che hai scritto, fino all'ultima parola.
Riesci a non annoiarmi mai, per me sei superbravo, se non di più.
Recitare per divertirsi e soprattutto per divertire, facendo anche del bene (visto il luogo in cui avete recitato), è una cosa bellissima, davvero grande Aldo.
Un bacio.
Santi numi, rappresentare una tragedia religiosa nella settimana di Pasqua - magari di giovedì o venerdì santo! - in un ospedale pediatrico infarcito di suore davanti a bambini malati è una roba davvero pesante! Poveri piccolini, già sofferenti di loro, si dovevano anche gravare di tanta cupezza? Ma vivaddio che avete avuto la faccia tosta di variare il programma! Avete fatto un'opera sacrosanta, meritoria, e sono sicura che avrete aiutato quei piccolini davvero come Dio comanda, altro che storie! Siete stati gli artefici ante litteram della terapia del sorriso che al giorno d'oggi si pratica in tanti ospedali, dove a fare i clown col naso rosso ci vanno proprio equipe di medici e paramedici, alleviando il dolore di tante creature e contribuendo al rafforzamento delle terapie tradizionali. Bravi, bravi, bravi! Te, soprattutto, ti immagino, col tuo sorriso amabile e la tua grazia disinvolta, impegnato in prima linea a indorare la pillola alle devote monache. Fantastico :)))
(P.S.: hai visto, sì, che rinfresco? Alle suore tutto je poi dì, tranne che si lesinino ogni ben di Dio in certe occasioni... :D )
Bei ricordi, bei tempi...
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