Il
commissario Alberti stava indagando su un caso personale che lo
angosciava. Il fatto era che riguardava qualcosa e soprattutto
qualcuno che lui amava, la sua unica figlia diciottenne. Si trattava
di quello che lei , Sabrina, aveva subito, uno stupro di una
notevole gravità per il quale era tuttora ricoverata in ospedale già
da tre giorni. Soltanto la sera del secondo giorno Sabrina aveva
iniziato a raccontare al padre che la incalzava, alcuni particolari
che lo avevano piuttosto convinto che c'erano almeno tre di questi
particolari che l'avrebbero aiutato a scoprire il colpevole o i
colpevoli di tale misfatto. Quando fu messo a conoscenza dalla
propria moglie Rosa, la mamma di Sabrina, di quanto era avvenuto,
aveva chiesto ai suoi superiori di volersi occupare personalmente
delle indagini cosa che le venne negata in quanto lo ritenevano
troppo coinvolto in questa vicenda così personale. Al che lui
apparentemente non si scompose ma, testardamente prese una decisione:
avrebbe condotto le indagini a modo suo con molta discrezione. Per
prima cosa si mise d'accordo con un vice-commissario suo ottimo amico
e che, esperto d'informatica, lo avrebbe aiutato in alcune ricerche
che voleva fare per capire quali e quanti arresti aveva compiuto
risalendo almeno ai cinque anni precedenti. Soprattuto se, i soggetti
incriminati, si trovavano a scontare la loro pena o se messi in
libertà. Tali informazioni erano per Alberti indispensabili in
quanto sua figlia gli aveva raccontato, tra i singhiozzi, che lo
stupratore non agì da solo ma insieme a due altri soggetti i quali,
dopo l'aggressione compiuta in un vialetto del parco che stava
percorrendo - erano soltanto le venti di sera - l'avevano
immobilizzata a terra e imbavagliata. A quel punto l'altro soggetto
poté compiere lo stupro. Il commissario nel racconto che gli
fece sua figlia mise a fuoco i particolari che lo avevano colpito.
Sabrina percorreva quel tratto di strada che la divideva dalla
propria abitazione a quella di una sua cara amica, diversamente
abile, quasi tutti i giorni feriali e nello stesso orario almeno da
due anni. Quella sera Sabrina, nel far ritorno a casa si accorse che
in un punto del viale due lampioni erano spenti e iniziò a procedere
più velocemente ma, fatti pochi passi, tre individui mascherati
l'avevano malmenata e poi tutto il resto. Soltanto uno di essi, che
poteva essere una sorta di capo in quanto gli altri probabilmente più
giovani si erano limitati a sogghignare, aveva compiuto ferocemente
la violenza carnale. Ma, prima di andarsene , lo stupratore con voce
contraffatta le sussurrò in un orechio soltanto tre parole:
"salutami tuo padre". Il
commissario comprese che doveva trattarsi di un soggetto che voleva
vendicarsi di qualcosa che lui aveva compiuto nell'esercizio dei suoi
doveri. Si fece una domanda chiedendosi come mai il delinquente
sapeva che Sabrina era sua figlia? Gli tornò in mente a quel punto
che lei gli racconto di aver ricevuto un paio di settimane prima una
telefonata e una persona, voce femminile, le aveva detto di
chiamarsi Rosalba e di volerla salutare dichiarando di essere sua
amica. Sabrina rispose che non conosceva alcuna Rosalba. Allora
quest'ultima le chiese se si chiamasse Anna figlia dell'ispettore
Martelli ma lei rispose di chiamarsi Sabrina e di essere figlia
del commissario Alberti. Tutto ciò aveva rafforzato i sospetti del
commissario. Ci volle del tempo prima di raggiungere quelle certezze
indispensabili per essere sicuro di colui che aveva compiuto quel
misfatto. Una sera, era quasi mezzanotte, si appostò nei pressi
dell'abitazione dell'individuo che aveva ormai accertato essere il
colpevole, lo vide scendere da un'auto in quella viuzza piuttosto
buia si avvicinò, lo chiamò apostrofandolo "ciao
stronzo sono venuto a ricambiare il saluto" affrontandolo
a viso aperto. Il
delinquente appena lo vide con estrema velocità impugnò una pistola
ma nello stesso momento una raffica di proiettili lo colpì in pieno
petto. Uno di quei proiettili purtroppo colpì nella nuca il
commissario che stramazzò a terra. I poliziotti che avevano seguito
le stesse tracce, nell'intento di cercare di salvare il loro collega
dai colpi del criminale, sparando, non avevano colpito soltanto il
colpevole ma anche l'Alberti che era disarmato e che morì quasi
istantaneamente.
13 commenti:
Un po' ingenuo il commissario!
Benritrovato, amico Aldo.
Cristià
Un racconto che fa capire molte cose, e che per un po di ingenuità le è costato la vita.
Come sempre caro Aldo i tuoi racconti veri oppure immaginari, sono sempre interessanti.
Ciao e sempre in gamba caro amico.
Tomaso
Ciao,Aldo,mi fa piacere leggerti,tutte le volte ce ti affacci da queste parti.Bel racconto,molto verosimile,purtroppo,ma spero sia di fantasia.una serena settimana.
Credo che sia l'amore per i figli, oltre che la rabbia che a volte può condurre a compiere certe ingenuità. In queste cose si rischia davvero di esser troppo coinvolti emotivamente e allora aveva proprio ragione chi diceva che era meglio indagassero altri agenti. Un salutone, Fabio
Ciao Aldo.
Sembra un racconto reale, può succedere e forse è successo tutto quel che hai minuziosamente raccontato.
Non ti nascondo di aver provato rabbia, purtroppo c'è anche di peggio.
Baci mio caro amico.
bel racconto Aldo
un saluto
Mi dispiace che il commissario non abbia potuto sistemare lo stupratore di persona.
Bel racconto Aldo!
Ciao:-)
Nou
Ciao carissimo,troppo ingenuo l'amico!!!!!!!!!!!!???????
Mamma mia Aldo, un racconto che, indipendentemente dall'ingenuità, fa riflettere sul fatto che si piò morire per qualsiasi cazzata e che la vita è un fulmine, oggi ci siamo e domani non si sa! Sono ansioso di leggere ancora i tuoi racconti grande Aldo, un abbraccio
Bel racconto. Un abbraccio da Bari a Roma.
Mi consola sapere che il commissario Alberti si sia reso conto, anche solo per un attimo prima di morire, che quel pezzo di merda di stupratore era imbottito di proiettili.
Purtroppo la tua fantasia non è molto lontana dalla realtà di questi brutti tempi.
Ciao caro Aldo, buon pomeriggio. robi
Bello! Ma che dispiacere per il commissario!!!
Una vicenda tristissima che sia vera o frutto di fantasia.
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