Io
e Maurizio ci sposammo il 10 giugno 1940, avevo 25 anni e lui 31.
Dopo
la cerimonia mattutina del matrimonio, solo a pomeriggio inoltrato
terminammo il pranzo nuziale insieme, naturalmente, a parenti e
amici. Nel rientrare a casa per cambiarsi d'abito e poi recarsi alla
stazione ferroviaria per prendere il treno e iniziare il viaggio di
nozze, apprendemmo con sgomento che l'Italia era entrata in guerra.
La cosa ci sconvolse non poco giacché Maurizio era comandante di una
motovedetta della Capitaneria di Porto a Napoli, aveva poco più di
cinque giorni di licenza e soltanto al termine di questa avrebbe
dovuto riprendere il lavoro.Mentre eravamo intenti a preparare i
bagagli squillò il telefono. Maurizio andò a rispondere e poi
m'informò che aveva ricevuto l'ordine da un ufficiale del Ministero
della Marina di presentarsi immediatamente a Napoli perché era stato
richiamato in servizio. Avevamo progettato di fare il nostro viaggio
di nozze prima a Firenze, poi a Venezia e infine a Trieste e invece
decidemmo di andare a Napoli e di fermarci a dormire in un albergo
per dar modo a Maurizio di presentarsi il mattino dopo alla
Capitaneria. Almeno così avremmo potuto trascorrere insieme la prima
notte di nozze. L'indomani, alle otto in punto, Maurizio era già
pronto e fece per svegliarmi ma io lo ero già da oltre un'ora e
avevo preferito starmene ancora un po' a letto mentre lui si
preparava per uscire. Ci salutammo con passione e non riuscivo a
smettere di piangere per il troppo breve tempo in cui eravamo stati
insieme. Avevamo concordato che io mi sarei dovuta mettere subito in
cerca di un'abitazione possibilmente vicino al porto. Fui fortunata e
la trovai, anche se piccola, con due finestre che davano proprio
sul molo per l'attracco e l'ormeggio delle motovedette. Ogni giorno
facevo in modo di stare affacciata alla finestra per vedere la
partenza ed il rientro della motovedetta sulla quale Maurizio si
trovava imbarcato. Se il rientro veniva differito e la navigazione
doveva durare più a lungo venivo puntualmente avvisata dalla
Capitaneria senza sapere però verso quale destinazione era salpato.
A me, che avevo studiato flauto al Conservatorio ed ero appassionata
di lirica,, onde far trascorrere il tempo libero più velocemente,
sarebbe piaciuto assistere al Teatro San Carlo di Napoli alla
rappresentazione di alcune opere ma, dato il periodo di guerra, il
Teatro era stato chiuso per precauzione e chissà quando sarebbe
stato riaperto. A maggio del 1941 nacque nostra figlia e Maurizio,
che era riuscito ad ottenere una brevissima licenza, volle chiamarla
Azzurra, come il nome della propria motovedetta. La guerra intanto
andava avanti a fasi alterne ma verso la fine del 1942 e l'inizio del
1943 le sorti della guerra andarono sempre peggio per l'Italia e
proprio per questo motivo Maurizio si doveva assentare da casa più
spesso e più a lungo. Intanto a Napoli i bombardamenti non ci davano
tregua. Tutti provammo gran sollievo quando l'8 settembre del 1943
l'Italia chiese ed ottenne l'armistizio e quindi pensavamo che la
guerra fosse finita. In realtà i nazisti cominciarono a farla da
padroni in città, ma quando venti giorni dopo gli stessi fucilarono
alcuni marinai italiani il popolo napoletano scese in strada e si
ribellò riuscendo a liberare Napoli dopo quattro giornate terribili
di scontri con morti e feriti. Sin dalla liberazione di Napoli e
malgrado la guerra non fosse ancora terminata io speravo sempre che
Maurizio tornasse a casa il più presto possibile mentre invece era
già da troppo tempo che io e Azzurra non lo vedevamo e non ricevevo
neppure sue notizie. Era inutile rivolgersi alla Capitaneria perchè
nessuno poteva darmene di precise. Passarono giorni e mesi invano ma
di Maurizio e della sua motovedetta non si riusciva a sapere nulla.
Infine un giorno, lo ricordo ancora poiché avevo cercato di
festeggiare il terzo compleanno della nostra bambina, si
presentarono in casa due ufficiali di Marina i quali, anche se con
molta precauzione, mi comunicarono che Maurizio e l'intero equipaggio
della sua motovedetta erano ormai da considerare dispersi. Fu un
colpo tremendo per me, non riuscivo a rassegnarmi perciò seguitavo a
sperare ancora. Quando possibile mi mettevo in finestra con
Azzurra accanto e allora le canticchiavo sottovoce l'inizio della
romanza dal secondo atto di Madama Butterfly di G.Puccini "E
poi la nave appare. È venuto. Io non gli scendo incontro, io no. Mi
metto qui......e aspetto. Aspetto gran tempo e non mi pesa la lunga
attesa".
Maurizio
non fece più ritorno a casa.
10 commenti:
Quante tragedie di questo genere, in quel periodo!
Ho conosciuto una signora che ha perso il figlio nella campagna di Russia e non ne ha più saputo niente.
Cristiana
Quante tragedie di questo genere, in quel periodo!
Ho conosciuto una signora che ha perso il figlio nella campagna di Russia e non ne ha più saputo niente.
Cristiana
Vedi Aldo?
Solo tu puoi con le tue parole delicate e sensibili, rendere una tragedia passata ancora presente e dolorosa e darci tempo di riflettere su come spesso nella vita passi il tempo ma non cambi poi molto.
Oggi come allora no?
Abbraccio.
Ho le lacrime agli occhi Aldo.
Purtroppo in tanti posti del mondo è ancora così.
Mamme con i propri figli in attesa del ritorno del proprio marito.
Che tristezza, ma quando impareremo?
veramente toccante
Dalla tua descrizione è come si vedesse la giovane donna alla finestra, con la sua bimba.Un quadro di attesa e di speranza davvero toccante, come ha osservato Zefirina.
Un abbraccio Aldo!
Nou
maledette guerre, quanti sfasci hanno fatto e continuano a fare...
Storie che fanno stringere il cuore. Quell'attesa che non sarà ripagata, vite che cambiano. ah!
Aldo mio, questa vita è troppo spesso amara. troppo spesso. Un abbraccio forte forte. Ciao
Storie che fanno stringere il cuore. Quell'attesa che non sarà ripagata, vite che cambiano. ah!
Aldo mio, questa vita è troppo spesso amara. troppo spesso. Un abbraccio forte forte. Ciao
Ci hai trasmesso la tragedia della guerra in una maniera cosi semplice che veramente mi ha toccato.
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