La patente d’auto ai miei tempi si poteva ottenere a 18 anni compiuti.
Io fino ai 36 non ci pensavo proprio ma accaddero alcuni fatti che mi costrinsero ad aggiungermi al numero dei circolanti a 4 ruote.
Correva l’anno 1966 (secondo me troppo velocemente) ed io ero impiegato in uno studio professionale piuttosto lontano dal posto in cui abitavo però questo fatto non mi creava alcun problema. Mezzi pubblici a profusione e abbastanza celeri dato il traffico di allora . Fino a quando…
Sono felicemente sposato da circa 10 anni ed abbiamo un figlio di 7 anni. Lui ha preso da me e, come si usa dire “tale padre, tale figlio”. Mi somiglia infatti per quanto riguarda le fughe. Lui però è più precoce di me, ma fortunatamente le sue mini-fughe si sono interrotte all’età di 9 anni. La prima mini-fuga la esegue a poco più di 4 anni. Un giorno mia moglie va a prenderlo all’uscita dalla scuola materna quando lui, improvvisamente, si divincola dalla sua mano e corre velocemente incontro a chissà quali avventure. La scena è questa: mamma urlante a perdifiato cerca d’inseguire il pargolo ormai distante. Un brav’uomo, captato l’ SOS, blocca il fuggitivo mentre lo stesso sta scendendo dal lungo marciapiede diretto verso il traffico cittadino. Madre disperata, brav’uomo consolante, bimbetto sghignazzante. Rientrano a casa e che fa la madre? Informa subito il figlio che telefonerà al genitore in ufficio per informarlo di tutto l’accaduto e gli dice queste precise parole: “adesso telefono a papà così viene a casa e vedrai quello che ti succede”. Questa frase, scolpita a chiare lettere sia nella mente della mamma, sia in quella del pargolo, sia infine negli annali della storia, verrà ripetuta credo fino alla maggiore età del bimbo. In definitiva io sono il bau-bau, l’orco nero, il mangiabambini e invece lei che cosè se non la mammina adorata che non ha mai rimproverato o sgridato la sua creatura?. All’età di 7 anni il pargolo frequenta la II^ elementare di una scuola distante oltre un chilometro da casa. Andata e ritorno, all’entrata (ore 8) e all’uscita (ore 16), lui e un suo compagno di scuola abitante nella nostra stessa via - amici per la pelle - vengono accompagnati dalle rispettive mammine. Un giorno alle 15.10 circa ricevo una telefonata in ufficio. E’ la mammina la quale, quasi piangendo, mi dice - “sai che ha fatto TUO FIGLIO?” - A questo proposito io ho sempre saputo che: “la madre è certa, il padre non si sa”. Perché allora in certi casi è mio figlio ed in altri è nostro ed in altri ancora è suo? Misteri della psiche. Comunque il misfatto compiuto dai due amiconi è stato quello di fuggire dalla scuola alle 15 anzichè attendere l’arrivo delle mamme alle 16, di prendere armi e bagagli e, saltellando allegramente, di tornarsene ognuno a casa propria. Anzi no - mio, tuo, suo, insomma nostro figlio ci ha messo il carico da undici. Se ne va a casa dall’amico, fanno prendere anche alla di lui mamma uno spavento che levati e, giocando con la sorellina dell’amico, vedendole sul visetto due guanciotte rosse e molto paffute, esclama "la pesca”! e le dà un morso sulla guancia. Eccolo chi è il mangiabambini!. Fortuna che padre e madre sono nostri amici e, bontà loro, perdonano. Quindi l’ultima mini-fuga. La mammina e il pargoletto sono soliti trascorrere i pomeriggi all’aria aperta, tempo permettendo, nei parchi che distano poco da casa. Questa volta tocca al Parco del Colle Oppio sovrastante la Domus Aurea – Casa di Nerone di fronte al Colosseo. Camminano entrambi, mano nella mano, lungo il vialone che arriva fino al Largo della Polveriera, mia moglie distraendosi nell’ammirare il panorama, mio figlio rovinando le scarpe per prendere a calci i sassolini della ghiàia che copre i vialetti del giardino. Improvvisamente uno di questi sassolini, calciato in aria dal pargolo, nel ricadere va a colpire esattamente un puntino qualsiasi del parabrezza di un’auto che passa proprio nello stesso istante e, scheggiandolo, lo fa diventare una ragnatela. In quest’ulteriore scena, descrittami in seguito, i personaggi si muovono così: l’automobilista infuriato frena bruscamente e scende dall’auto, si avvia verso la mammina che con le mani nei capelli sta quasi per piangere mentre del pargolo-colpevole non c’è traccia alcuna. I due si mettono alla ricerca del fuggitivo, lo scovano nascosto chissà dove – forse a casa Nerone – parlano del fatto che il danno va riparato (e pagato), decidono prima di passare da un meccanico per conoscerne l’entità e poi, dato che la mammina esce da casa sempre con poche lire, di venire da me in ufficio poco distante dal luogo del misfatto. Durante il tragitto il pargolo assilla l’automobilista con la descrizione che fa del proprio genitore, forse gli avrà anche detto che se mi girano posso anche uccidere, chi lo sa. Quello che io vedo quando mi appaiono in ufficio i tre…beh diciamo i due e qualcosa perché il pargolo è completamente nascosto dalla gonna della madre, è una scena da film lacrimevole. Compunti e quasi silènti riescono a stento a dirmi dell’accaduto. Prendo atto, dico poche parole e mollo le lire. I conti con l’automobilista li ho regolati, quelli con i demolitori di macchine altrui lo farò a casa.
Questi furono alcuni degli episodi che mi indùssero a prendere la patente d’auto e fanno parte del “prima” in quanto ogni volta che il bimbo fuggiva, la mamma chiamava e io con la macchina accorrevo. Dovevo dire e fare qualcosa e invece lo guardavo soltanto. L’episodio però più convincente quello cioè della famosa goccia che fece traboccare il famoso vaso fu il seguente
Oggi, 10 luglio 1966, è una caldissima giornata d’estate ed io, il pargolo e la mammina dovremmo iniziare a pranzare ma lei è ancora indaffarata con qualcosa che improvvisamente le cade di mano e si va ad infrangere sulla parte superiore del suo piede destro. Una caraffa di vetro colma d’acqua le produce un brutto taglio. Perde sangue. Non so perché non mi viene in testa di chiamare l’ambulanza. Cerco qualcuno nel palazzo che ha la macchina e che ci possa portare me e mia moglie al più vicino pronto soccorso. Non trovo nessuno. Mi ricordo di quel nostro amico, il padre della “pesca”. Di corsa vado su, loro pure stanno mangiando ma lui smette subito ed esce con me. Lascio lì mio figlio sperando che non si mangi la “pesca”. Di corsa all’ospedale ed in poco tempo tutto sistemato. Prendo l’estrema decisione. L’indomani m’iscrivo ad una vicinissima scuola guida e seguo tutte le lezioni teoriche con molta attenzione. Un istruttore mi fa fare anche ore di pratica e arriva il giorno dell’esame alla presenza, nella macchina da me guidata, di un funzionario credo della Prefettura. Accanto a me siede l’istruttore. Via, si parte, magari a singhiozzo ma si parte. Dopo una buona mezz’ora di varie grattate nel cambiare le marce, di fanali e marciapiedi evitati per puro miracolo, di inutili tentativi di parcheggio - avanti e indrè non ricordo per quante volte – il funzionario, lui sudatissimo, noi pure, esplode e mi ordina di fermarmi. Tre giorni dopo mi telefona l’istruttore e m’informa che posso andare a ritirare il foglio rosa, anteprima della patente. Ancora oggi mi chiedo: se le patenti vengono concesse ad un incapace come me chissà se è meglio non girare tanto per le strade. Il giorno stesso del “rosa” parlo con un cliente dello studio proprietario di una società di vendita d’auto usate e a rate, prendo appuntamento per l’indomani e ci vado accompagnato da mio fratello più piccolo (di 7 anni) lui sì patentato doc. Col “rosa” si può guidare col patentato accanto. Acquisto una 600 che sembra abbastanza in forma e mio fratello mi dice che devo guidare io. Da lì a casa sono circa 10 chilometri e, quando finalmente arriviamo, lui scende mi augura buona fortuna e se ne va credo maledicendo il giorno in cui m’ha detto che m’avrebbe accompagnato. Tutte le sere, verso mezzanotte, quando in giro non circola nessuno, io mi esercito alla guida della 600 con un amico accanto prendendo in pieno alberi, fanali e marciapiedi di un lungo viale vicino casa. Ma il giorno fatidico arriva. Precisamente il 19 agosto 1966 mi viene consegnata dalla Prefettura di Roma la Patente con la P maiuscola, quella vera.. Domenica prossima si va a Genzano, da Pistamentuccia, passando per Albano prima e per Ariccia poi. Le pappardelle al sugo di lepre ci attendono. Partiamo verso le 10 a.m., non si sa mai. Allegri come una Pasqua, mammina e il rampollo, tetro come il 2 novembre io. Sto attentissimo a non superare i 20 Km.l’ora benchè i cartelli indichino un numero maggiore, ma non mi riguarda. Riguarda però chi si azzarda a starmi dietro. Tre ore di viaggio senza alcun incidente. Per un percorso di un’ora e non di più credo sia un record, negativo forse. Tutti felici e contenti, meno io che già sto pensando al ritorno.
Negli anni a seguire non è che la mia guida cambiò di molto. Certo camminavo molto più veloce ma osservavo scrupolosamente il codice della strada come, ad esempio, cedere il passo ai pedoni sulle loro strisce, fermarsi ai semafori quando inizia il giallo e attendere scrupolosamente il riapparire del rosso, non investire animali di qualsiasi tipo e cose del genere. Solo che io frenavo bruscamente tanto che colui o colei che mi seguiva inevitabilmente mi tamponava. Sono stato per un lungo periodo l’incubo degli automobilisti, delle loro case assicuratrici, ma il più apprezzato dai carrozzieri. Almeno una volta ogni 15 giorni ero da loro a rifarmi il paraurti posteriore nuovo o un’altra riparazione qualsiasi. Prima che mandassi la mia cara 600 in pensione, dopo tre anni, nel 1969 ebbi anch’io il mio momento di celebrità tamponando una macchina. Solo che era quella di mio fratello più grande che guidava la sua davanti a me in una strada provinciale. Ci mettemmo tutti a ridere per la stranezza del caso. Lui si era diligentemente fermato allo stop. E gli agenti delle due nostre rispettive società assicuratrici si resero conto della nostra assoluta buona fede e ci rimborsarono il costo delle riparazioni. Sorridendo: chissà perché?
Ne avrei altre da raccontare sulle mie doti da automobilista, ma non le rammento più così dettagliatamente come quelle sopradescritte.
18 commenti:
Caro monticiano...cosa avrà pensato quella mitica 600?
Oggi come te la caveresti nel caotico traffico di Roma? Immagini?
Del come anche le macchine diventano parte della nostra vita e specchio del nostro essere : dimmi come guidi e ti dirò chi sei! ( certo non ne usciresti mica tanto bene Bardo!!!!). E comunque è sempre la PRIMA macchina che resta nel cuore,chissà perchè, di solito è un catorcio di terza mano.
Mamma mia! Intanto mi hai fatto ricordare che mio figlio (3 anni e mezzo) già si è cimentato due volte nel lanciarsi per strada scendendo dal marciapiede, con il risultato di abbreviarmi l'esistenza di almeno 40 anni! Poi è vero: anche io ho il vizio di dire ai miei figli che sono figli del padre quando combinano qualcosa di grosso. Quando sono buoni ovviamente sono figli a me! :)) Non ho la patente e sono quasi certa che se la prendessi me la caverei come te, con l'unica differenza che circolare per le strade oggi come oggi ti renderebbe un'assassina certa! Meglio non rischiare pure 30 anni di galera! :) Non per questo almeno... ihihihihih ;)
Monticiano, sono onnivoro dei tuoi ricordi.
Aldo, ho ancora le lacrime agli occhi per le risate!! M'immagino la scena del piccolo che rompe il vetro con il sasso... E tu, persino un pericolo pubblico sei stato! Ma chi l'avrebbe mai detto!!
Della serie: automobilista per csso, o meglio, per necessità.
Molto godibile il racconto, l'ho letto tutto di un fiato!
Ti abbraccio Aldo
e complimenti per le tue storie!
Un bacio
Ornella
@upupa:Malgrado i tamponamenti mi ero affezionato a quella 600.
Al traffico di oggi non ci penso proprio: sono anni e anni che non ho più rinnovato la patente e pertanto l'umanità è salva.
@aleph: Difatti mi sono tolto dai piedi...pardon...dalle ruote, un bel po' d'anni fa.
In quanto alla mia cara 600 se non ricordo male era perlomeno di 5^ mano e ancora se la cavava benchè fossi io a guidarla.
@ANNA:Oggi non c'è più gusto a guidare. Una volta il traffico era meno caotico di quello attuale e, specialmente in una città come Roma, è consigliabile girare a piedi stando però attenti dove li metti e, se attraversi, girare la testa a 360 gradi. Non è possibile? Meglio provarci.
@fabio: Attento però, dovessi fare indigestione prenditi un caffè e un ammazzacaffè.
@Angelo azzurro: Circa l'episodio del vetro ridotto a ragnatela c'è voluta tutta la mia pazienza per non sbottare di brutto.
Come pericolo pubblico non ero male. Tra me e le macchine non c'è stato mai un grande feeling e quindi ho fatto bene a togliermi di mezzo come automobilista. Il prossimo mi deve essere riconoscente.
@Vincenzo Cucinotta: Esattamente per necessità altrimenti, per conto mio, la patente poteva pure giacere in pace nei cassetti della prefettura. Vero anche che ho approfittato di lei per fare dei lunghissimi viaggi sempre però a rischio, per me e per gli altri.
@Tua madre Ornella: Sempre grato per il pensiero. Se poi riesco a sollevarti solo un attimo da quello che stai passando non posso che esserne contento.
Un bacio a te e a Niki.
Aldo, a me piace tanto guidare e capita che per andare (o tornare) da Napoli o durante qualche viaggio, porti io marito e figlie in giro. Devo dire che quelli come te mi fanno tanta paura!:)
Rispetto anch'io tutte le regole del Codice della Strada cercando, però, di non diventare pericolosa per nessuno, come facevi tu!
Dai, non te la prendere, scherzo!:)
Un forte abbraccio.
questa è bella ho appena scritto a proposito del caos che ora viviamo,senza sapere che tu raccontavi qui le tue prodezze,che vivaDio erano sicuramente migliori e corrette almeno!!!
Bei tempi Aldo mio!
Aldo
ti abbracciamo
Ornella
@luly: Il pericolo di vedermi in giro guidando una macchina non c'è più. Puoi guidare benissimo tutte le volte che vorrai scorrazzando le bimbe e il marito. Sono agli arresti domiciliari.
Un abbraccione da me.
@Aglaia: hai notato che felice combinazione?
Adesso circolare in auto, almeno qui a Roma ma forse un poò dappertutto è diventato pericolo come camminare nella giungla.
Tempi belli d'una volta che non credo torneranno più.
@Tua madre Ornella: E io abbraccio tutti voi, Niki per primo.
Sei fenomenale quando racconti... è proprio vero i figli quando combinano qualcosa non sono mai di nessuno... :-))))))
Salute, Aldo. rispondo anche qui del tuo commento al mio post.
Sicuramente tu non sei nella mia lista nera! Anzi, Ti ho messo tra i miei preferiti, pensa! :-)
Un caro saluto.
E' arrivato il caldo, caldo a Roma?
Aldo, mi illumini sul referendum? Non ci capisco più niente!
Fantastico!!!!
Sto ancora ridendo per queste tue avventure... immagino la tua espressione alle marachelle del pargolo senza contare alla tua guida.... hihihihihi
Pericolo publico numero 1... altro che le donne!!!
Sei un narratore sublime...
Ciao Monticiano grazie di essere passato e dei complimenti mi fa piacere ti abbia trasmesso emozioni... sei gentilissimo
Dolce notte abbraccioni e bacioni
@La Mente Persa: il bello è che quelli che tamponavano me non erano drogati, poveretti!
Meno male che mi sono tolto dalla circolazione altrimenti sai quante volte mi avrebbero dovuto ritirare la patente?
@paoladany: e col vostro piccolo di 4 anni come vi comportate quando combina qualcosa?
@Angelo azzurro: Eureka, ho superato l'esame! A pieni voti o meno non importa.
Il caldo caldo è arrivato anche qui a Roma. Io però lo sopporto meglio del freddo.
Un carissimo saluto anche a te.
@stella: L'illuminazione che posso darti è che io non andrò a votare e, se occorreva andare al seggio per i ballottaggi delle amministrative, non avrei ritirato la scheda del referendum.
@paola: Meno male che ridi, io in quegli anni avevo poco da ridere. Me le ricordo tutte le marachelle del pargolo.
E' stato veramente un piacere passare dal tuo blog.
Anche per te una dolce notte...con tutto il resto molto gradito.
Tranquillo Aldo, anche mio padre guidava una 600 malissimo! Poi è passato ad una 500 , infine, ad una 126. Ha fatto da istruttore a me. Ho preso tutto da lui...non solo nella guida.
Posta un commento