mercoledì 18 febbraio 2015

HO SOGNATO MIO PADRE E MI SONO RICORDATO...

...molto di lui ma alcuni episodi mi sono rimasti più impressi. Forse sarà per questi episodi che l'ho sognato. E pensare che non mi era mai accaduto.
Lui ci ha lasciato nel 1970, a settant'anni e, quando accadde, era ricoverato in un ospedale pubblico per essere operato ma il chirurgo incaricato dell'operazione non arrivò in tempo. Proprio il pomeriggio del giorno della sua scomparsa io e uno o due dei miei fratelli eravamo da lui per la visita quotidiana. Per andare e tornare dal bagno lo dovemmo sostenere in due. Ho ancora davanti agli occhi quella scena straziante quando lo riaccompagnammo per rimetterlo a letto. La sera stessa sul tardi ci telefonarono dal reparto e ci dissero che papà se ne stava andando. Ci precipitammo ma l'infermiere notturno in servizio non voleva farci entrare in corsia e si può facilmente immaginare quale fu la nostra reazione. Assistemmo al suo ultimo respiro. Il difficile fu stabilire quando dovevamo informare nostra madre dal momento che lei non era presente quella triste sera. Ci recammo la mattina dopo alla nostra casa in via della Polveriera ma, prima di salire da lei, ci fermanno per consultarci e per decidere chi se la sentiva di darle quel dolore. Se non ricordo male fu il più grande di noi quattro fratelli a farlo e io appresso a lui. Mi è difficile descrivere come dolorosamente reagì perciò evito di farlo. Mio padre era un uomo buono e capisco che questo si dice quando le persone vengono a mancare però la realtà è questa. Iniziando da quando aveva intorno ai diciotto anni, fece una infinità di mestieri anche perché aveva frequentato soltanto le scuole elementari. Apprendista orologiaio, idem calzolaio, guardiano in una fabbrica, venditore porta a porta di romanzi a puntate e di prodotti di profumeria, macchinista di teatro, maschera in un cinema e chissà che altro. Non occupò mai un posto "pubblico". Durante la seconda guerra mondiale poteva entrare come fattorino nel servizio pubblico di trasporto comunale quì a Roma ma doveva avere la tessera del fascio. Lui non volle iscriversi a quel partito. Il comico fu apprendere che il portiere del nostro fabbricato, pur essendo antifascista, si iscrisse al partito e venne assunto regolarmente. Ricordo che alla fine del fascismo e della guerra quasi beffeggiava mio padre per non essersi piegato a fare quell'iscrizione ma lui non se lo filò per niente. Non si era mai ammalato, non conosceva ospedali se non quelli dove eravamo nati noi quattro suoi figli. Però soffriva molto ai piedi per aver tanto camminato specialmente negli ultini trent'anni della sua vita. Era magro come un chiodo ed era non più alto di un metro e sessantacinque. Aveva un album dove conservava le foto di molti attori di varietà degli anni quaranta e cinquanta, tutti con dedica autografa. La sua passione era anche ascoltare prima alla radio e poi vedere in TV tutti i festival di San Remo dai primi anni cinquanta in poi. Quando se lo poteva permettere acquistava qualche disco 45 giri che sono poi diventati l'eredità per me e che ancora conservo unitamente ai 33 giri e qualcuno addiritturas a 78 giri. In uno di questi c'è incisa, chissà in quale anno, una romanza cantata dal famoso tenore Enrico Caruso. Quando mi sposai durante il modesto pranzo di nozze lui scoppiò a piangere perchè sapeva che io e mia moglie lavoravamo in nero e con basse retribuzioni, pertanto pensava che noi non avessimo in vista un futuro molto radioso. Per fortuna le cose andarono meglio e quando tre anni dopo il matrimonio nacque il mio unico figlio per mio padre fu una gioia immensa. Ogni tanto passava a trovarci per vedere il pupo crescere e portava sempre dei dolcetti. Un ultimo episodio che ricordo di lui è quando si metteva seduto in camera da pranzo per scrivere qualcosa su delle carte relative al suo mestiere di venditore porta a porta. Quello era il momento adatto per la nostra gatta Mucci, che avevamo in casa, per potersi arrotolare attorno al collo di mio padre. Nessuno dei due intendeva muoversi dalle posizioni che occupavano. La nostra casa di via della Polveriera non aveva riscaldamento perciò quello era il sistema migliore per entrambi di sentire meno freddo.
Quando combinavo qualche marachella e purtroppo ne ho combinate anche di grosse, lui si sedeva, mi chiamava in separata sede, mi faceva bonariamente la paternale senza mai sfiorarmi con un dito e mi sottraeva dalle altre "cure" che voleva mollarmi mia madre.
Ciao papà io ti ricordo sempre lo sai e, mi raccomando, abbraccia mamma, Giorgetto e Pinuccio per me.

11 commenti:

Beatris ha detto...

Un racconto malinconico che scalda il cuore!
Un abbraccio e buona giornata da Beatris

robi ciprax ha detto...

Caro Aldo, con questo tuo malinconico racconto sono andato col pensiero ad analoghe situazioni vissute in ospedale prima per mio padre, poi per mio fratello (unico)ed infine con mia madre.
Mentre l'annuncio a mia madre della morte di mio padre è stato un momento di grande tristezza, il viaggio che mi ha portato da mia madre per dirgli della morte di mio fratello è stato un calvario fra i bar di mezza Torino per rimandare il più possibile quell'attimo tremendo.
Mi consola di essere stato sempre vicino a loro negli ultimi attimi della loro vita.
Un abbraccio. robi

La Ballata di Stroszek ha detto...

I ricordi malinconici e sentiti sono sempre i migliori. Tuo padre, se posso permettermi pur non conoscendoci, aveva degli occhi molto profondi e dolci. Si vede che la tua descrizione è molto veritiera. Mi hai fatto pensare al mio caro nonno.

G.

nonno enio ha detto...

un bellissimo ricordo di un padre che è stato sempre presente nella vita della sua famiglia.Una curiosità anche mio padre adorava ascoltare le canzoni di SanRemo e mi ricordo una notte che uscì, noi abitavamo in campagna, per tirare su con delle canne i fili della luce che impesantitisi con la neve toccavano terra e facevano saltare le valvole... ricordo quella notte che vinceva Claudio Villa, il reuccio, con la canzone "corde della mia chitarra" e si classificò anche terzo con la canzone "binario"

Nou ha detto...

Aldo Ciao!
Ho perso il primo commento con l'invio: mi succede spesso dal telefonino.
Il racconto di tuo papà mi ha riportato al ricordo del mio,anche mio papà era un uomo dolce. Rappresentano i migliori genitori del loro tempo. Lavoratori onesti, di limpida moralità e antifascisti convinti.
A mio papà piaceva molto ballare con la mamma. Qualche volta ha ballato anche con me..che emozione!

ELisa ha detto...

Un abbraccio caro amico ... ti leggo sempre anche se, poi non commento, (alla volta non si apre, la colpe e della connessione lenta)... perdonami!
- questo tuo racconto dolce_malinconico mi ha toccato profondamente!

Ricordi dolci, amari,
ma sono i più belli
che ci appartengono!

Buon di ... tutto a te e ai tuoi cari e una carezza da me ...

Pia ha detto...

Ciao Aldo.
Volevo solo dirti che mi hai profondamente commossa.
Il tuo è un dolcissimo ricordo, molto personale.
Grazie per averlo condiviso con noi.
Baci.

Anonimo ha detto...

Debbo dire che tuo padre era un onesto cittadino tutto cuore e famiglia... bellissimo che tu ne ricordi ancora. Io non posso dire altrettanto, il mio era un puttaniere di qualità e non ricordo nemmeno mi avesse mai regalato nulla in vita sua, ma comunque io non gli ho mai serbato rancore... nessuno può cambiare la propria natura se non vuole ^_^
Felice serata
Paolo

cristiana marzocchi ha detto...

Se le cose vanno nel verso giusto, i figli ricordano i genitori, è la catena umana.
Ricordarli stringe il cuore, ma se il ricordo è buono è anche più dolce.
Cristiana

Gio ha detto...

Bellissimo racconto.
Bellissime persone.

paroleperaria ha detto...

E' un post molto bello e commovente. Ti abbraccio