venerdì 3 gennaio 2014

LA PIZZA "bona"

Negli anni 1973-1974, le tre sere di ogni settimana in cui mio figlio si allenava a basket per una squadra in una palestra vicino casa, io e mia moglie ci recavamo a mangiare una pizza in una pizzeria sempre nei pressi di casa.
Un giorno, da un amico, venimmo a sapere che in via La Marmora, adiacente il Parco di Piazza Vittorio, c'era da tempo una piccola pizzeria che praticava dei prezzi modici e vi si poteva gustare un'ottima pizza veramente "bona" nonché bere una buona birra bionda.
La prima volta che ci andammo restammo un poco stupiti in quando il locale era piccolo e stretto, con quattro tavoli soltanto intorno ai quali c'erano quattro sedie ciascuno, tovaglia e tovaglioli di carta. In fondo al locale un piccolo bancone di pietra con sopra delle lastre di marmo dove il pizzettaro impastava
le pizze e, debitamente guarnite, con un lungo palettone, le infornava nel forno a legna.
Una sera quando noi arrivammo non c'era un posto libero e allora ci mettemmo in fila dietro quattro persone che erano arrivate prima di noi e aspettammo il nostro turno. Tra i quattro tavoli volteggiava una bella signora piuttosto in carne che portava i piatti con le pizze sopra per tornare un attimo dopo con quattro birre deponendo il tutto sul tavolo con una leggiadria veramente unica e sempre con un bel sorriso. Si rimaneva quasi incantati. Apprendemmo in seguito che era la consorte del pizzettaro.
Quando venne il nostro turno constatammo che la pizza era veramente buona ed infatti decidemmo di tornarci ancora. Da quel giorno diventammo i clienti frequentatori più assidui. A lungo andare facemmo amicizia col pizzettaro e signora tanto che, quando seppero che ero dipendente di uno studio notarile, mi chiesero un parere che io fornii in seguito con la massima precisione possibile.
Lo stesso amico che a suo tempo mi aveva fatto conoscere quella pizzeria mi disse in tutta confidenza che le parole pizza "bona" si riferivano soprattutto alla consorte del pizzettaro che serviva ai tavoli.
Incontravo spesso la signora, loro abitavano nelle vicinanze, ed un giorno mi disse che durante il mese di agosto di quell'anno la pizzeria sarebbe stata chiusa per consentire l'allargamento del locale. Infatti quando a settembre inoltrato ci tornammo era diventato un moderno ristorante-pizzeria a due porte con una persona in più quale cameriere.
Nel settembre del 1975, tornato da un soggiorno agostano fuori Roma, passai davanti quella pizzeria e la trovai chiusa. Ritornai qualche giorno dopo ma continuava ad essere chiusa.
Due mesi dopo incontrai casualmente quella signora, dimagrita, smunta, mi sembrava fosse un'altra persona. Le chiesi come mai il locale non era aperto e lei piangendo mi disse che il marito, il pizzettaro, era deceduto.
Ci rimasi molto male.
Attualmente è un ristorante cinese.

20 commenti:

luly ha detto...

La storia che racconti risale al mio anno di nascita e mi riporta, inevitabilmente alla mia bella Napoli:)
Se ti va, ti porto anch'io in una piccola ma accogliente pizzeria ai Decumani dove fanno una pizza "bona", ma proprio bona bona! :-)
Buon anno, Aldo!

Gianna ha detto...

Chissà che dispiacere pure per te, Aldo...

Chumani ha detto...

Peccato.
Oramai ristoranti cinesi dappertutto e "pizza bona" proprio poca.
Un abbraccio.

Tomaso ha detto...

Cara Aldo, ahimè questo non succede solo in Italia, ma purtroppo anche qui, l'invasione cinese non si potrà più fermare caro amico.
Buon anno e speriamo sempre bene.
Tomaso

Bastian Cuntrari ha detto...

Ci credi, Monty, che mi spiace di più quando passo davanti ad una saracinesca chiusa di una ex pizzeria o di una ex "hostaria" (negli anni '60/'70 molte trattoriole si chiamavano così...) piuttosto che davanti ad altre?
Quegli esercizi commerciali erano - per la maggior parte - a conduzione familiare: ma negli anni dell'inseguimento ad ogni costo del "pezzo di carta", chi ha più voglia di fare l'oste o il pizzettaro?

Forse non è un caso che le parole "ospite" e "oste" abbiano lo stesso etimo ("colui che riceveva in casa i forestieri"). E forse non è un caso che - perdendo quelle figure - si sia perso anche il senso dell'ospitalità.
Qui l'etimologia.

Mariella ha detto...

Che storia bella e triste, Aldo.
Scritta con la tua proverbiale sensibilità.
Per mia fortuna nonostante sia in trasferta da oltre 25 anni in quel di Milano, anche qui si riesce a trovare chi fa una pizza buona che non mi fa rimpiangere quella napoletana.
Abbraccio!

Nou ha detto...

Ciao Aldo, Buon Anno!
Che belle esperienze hai fatto nella tua Roma! Penso con nostalgia alla ristorazione di quei tempi. Io e il consorte andavamo, di domenica sempre di quei tempi, in una trattoria che cucinava la braciola di vitello e le patate al forno che erano una meraviglia! Naturalmente a un prezzo accettabile! Poi per via degl anabolizzanti e cose varie, non abbiamo più consumato quel tipo e taglio di carne per anni. C'è stato un periodo che il vitello aveva un presso esorbitante e anche per questo lo abbiamo evitato. Un giorno, una domenica di dicembre appena trascorso, ne abbiamo cucinate due, ben cotte alla piastra e condite con aglio, rosmarino e olio extra vergine (veramente super-extra per quello che usiamo a crudo), accompagnate da purea di patate. Abbiamo gustato in silenzio per assaporare e ricordare come eravamo da giovani:)
Mi dipiace che il pizzaiolo sia deceduto in giovane età, forse perché lavorava tanto per poter migliorare la sua posizione! Mi dà una stretta al cuore questo pensiero.
Un abbraccio
Nou

Ambra ha detto...

Ahimè chiudiamo i nostri negozi e subentrano i cinesi. Provo delusione e rammarico ogni volta che vedo spuntare un nuovo negozio di cinesi laddove un italiano è stato sopraffatto dalle spese non più sostenibili. Anche Milano ormai ne è piena. Nulla contro i cinesi, ma il problema è che non c'è scambio o forse mi sbaglio. Qunate delle nostre aziende fanno produrre in Cina?!

Cri ha detto...

Ah, io adoro la pizza (sopra ogni cosa), adoro le trattorie, capisco benissimo e apprezzo il tuo post, anche nel suo finale dolceamaro... Però, sarà che ci sono ormai avvezza da decenni, amo anche i cinesi, e segnatamente i ristoranti cinesi: almeno una volta alla settimana non riesco a resistere e vado a pranzo da Sonia, il ristorante davanti al mio ufficio, a Via Principe Eugenio, dove ordino quasi sempre spaghetti di riso alla piastra con gamberi e bacio cinese (un dolce tipico fatto di mollica di pane e riempito di soia) che mi fanno venire l'acquolina in bocca al solo pensarci. In fondo questi piatti per loro sono come la pizza per noi: cucina tradizionale, saporita, "bona"...

chicchina ha detto...

Le trattorie avevano un che di familiare e raccolto,dopo un paio di soste ti ritrovavi a sapere i fatti di tutti,con naturale bonarietà.Ma le cose cambiano e se non impariamo qualche ideogramma cinese,rischiamo di restare esclusi dal nostro mondo.
Le storie come le racconti sono pagine di vita vera,addolcite della nostalgia e dal tempo che rende tutto più ovattato.Un buon inizio d'anno,Aldo.

Fioredimaggio ha detto...

Sai,io lavoro in un locale simile. piccolo intimo senza pretese e meno caro rispetto ad altri, I gestori sono sempre gli stessi e in questi vent'anni le migliorie sono state essenziali. è una trattoria dove ci sono pochi posti a sedere e i piatti ,hai presente quelli bianchi spessi che si usavano una volta? noi cameriere abbiamo sempre il sorriso e una parola gentile ,infatti molti clienti tornano perché si sentono come a casa loro. E poi il cibo è buono salutare e a buon brezzo. Un binomio che ci può stare di questi tempi. Buona giornata;))

Susanna ha detto...

Che tristezza...

Unknown ha detto...

Ciao Aldissimo, che belle storie che sai raccontare, tristi ma belle perchè reali, fatte di storie che, purtroppo, succedono tutti i giorni.
Buona notte, amico mio!
Cristiana

Rosaria ha detto...

Che triste storia ma tu come sempre hai saputo regalarci il meglio di questa storia.
Mi sono ammutolita.
Ti abbraccio e notte serena

riri ha detto...

Ormai va tutto ai cinesi,lo dico affettuosamente perchè Chen il cinese che ha un ristorante sotto casa mia è una persona squisita ed un po' ho imparato a conoscerli..
Un abbraccio caro Aldone, da noi tutti ed un 2014 in salute e migliore per noi tutti.

nina ha detto...

Ciao Aldo,
rieccomi a leggere le tue storie e i tuoi ricordi sempre così vivi ed evocativi.
I posti che frequentavamo, quando cambiano o chiudono, è come se si portassero via un pezzetto di noi stessi.
Un caro abbracci Aldo e a presto!
Nina

Carlo ha detto...

Con la tua bella e, alla fine, triste storia, mi hai fatto ricordare una trattoria dall'aspetto decisamente "rustico" che frequentavo anni fa a Testaccio (non diciamo quanti però!!). Altri tempi, ovviamente! L'unica consolazione è che recentemente ci sono passato e sta sempre lì. La donnona che serviva ai tavoli, da me e da una mia amica soprannominata "Moira" per una certa somiglianza con la Orfei del'omonimo circo, se n'è andata in pensione e la trattoria è gestita dai figli con lo stesso "stile". Cucina povera e romana ma decisamente "bona" e prezzi, tutto sommato, ancora onesti. Sempre piena di vecchietti che si fanno il bicchierino e sempre l'aspetto di un mondo che è quasi scomparso. Lì, per ora, i cinesi non ci sono arrivati e Testaccio, rimane Testaccio!

Ciao Aldo, bentrovato e buona serata a te.

Erika ha detto...

Storia con un finale triste. Buon 2014!!!!

robi ciprax ha detto...

a Torino, fra il dilagare dei ristoranti cinesi ed i kebab, devo dire che si sta diffondendo il gradito ritorno della pizza al padellino.

Come nel tuo racconto, la chiusura di un locale che si frequenta per la morte del proprietario segna la fine di belle tradizioni vissute in compagnia.
Un caro saluto. robi

paroleperaria ha detto...

Che triste... sai che, dopo una settimana, penso ancora a questa tua storia?