martedì 28 settembre 2010

LO SCONOSCIUTO

APRILE 2007 - Il sesto giorno della mia degenza in ospedale ebbe inizio di notte, alle ore 1.53. Posso precisare l’ora ed i minuti con esattezza perché intravisti su quel tale aggeggio tanto in voga di questi tempi ma da me sempre ignorato: il cellulare! (Una volta era definito così il furgone che trasportava i detenuti da un carcere all’altro e, non capisco il perché, ma ci vedo un nesso).
Inizio il racconto dal “sesto giorno”… e il motivo c’è.
E’ opportuno che faccia un passo indietro per descrivere la stanza dove mi hanno “installato” il
primo giorno del mio ricovero: tre letti, tre mobiletti muniti di cassetto e sportello, tre poltroncine (di una plastica talmente dura da costringerti ad alzarti dopo neppure dieci minuti di “seduta”),tre armadietti a muro, un bagno, un’ampia vetrata che dà su una terrazza a livello di due o tre metri quadrati dalla quale ha libero accesso un “nutrito battaglione di zanzare-iena nottambule”.
Di quei tre letti il terzo a sinistra è stato da me occupato per dieci giorni esatti mentre negli altri
due si sono avvicendati ben sette “compagni-soggiornanti” (in appresso per brevità “co-so”):quattro nel primo letto a destra e tre in quello al centro (tra questi ultimi LO SCONOSCIUTO!).
Formulare critiche o giudizi sui miei amici “co-so” non mi compete né voglio farlo ma raccontare qualcosa di loro mi alletta molto.
1°GIORNO: il “co-so” occupante il letto a destra è un giovane romeno tra i 25 e i 30 anni, sposato
con una quasi coetanea sua connazionale e papà di una bella bambina. Un numero imprecisato di sorelle ed amiche, anch’esse romene, lo circondano, lo coccolano e lo coprono di attenzioni…molto
alimentari, quasi ininterrottamente. Per due notti di seguito e da nessuno disturbati, i due sposini hanno dormito beatamente e teneramente abbracciati in quel “loro” primo letto a destra cullati dal sottofondo del televisore acceso, senza soste, dalle 7 del mattino fino alle 23 inoltrate della sera (o notte?). Il proprietario del televisore in realtà è il “co-so” occupante il letto al centro il quale ha delegato il compito dello “zapping” al vicino romeno che si diverte persino con la pubblicità che imperversa sulle TV private e con l’audio discretamente elevato.
Il “co-so” del letto centrale, un omone alto 1 metro e 90, peso 125 chili, pancione da partoriente quadrigemellare, somigliante incredibilmente al famoso attore americano Ernest Borgnine, se
ne sta a letto, dormendo e russando, quasi tutto il giorno alla ricerca continua del modo migliore
per respirare più facilmente. Il medico gli ha detto che per ottenere quello che desidera è “calare
almeno di 40 chili”. Il “co-so” sghignazza e torna a dormire. Due cose mi hanno incuriosito di lui:
la prima è quella che, malgrado in letargo, appena sente la pubblicità di un gestore telefonico apre occhi e bocca e copre di insulti feroci la TV. La seconda che lui, malgrado il pancione, afferma di dormire molto meglio “a pancia sotto”. Infatti, dormendo, emette col respiro un suono talmente rumoroso che sembra spari cannonate. Ecco perché le “zanzare-iena” a lui non lo pensano proprio.
2°GIORNO: idem c.s.
3°GIORNO: il “co-so” romeno viene dimesso, ci saluta e ci informa,in un italiano stentato, che lascerà l’Italia per tornarsene in Austria dove ha numerosi parenti (non avevo dubbi) ed un lavoro.
Subito dopo anche E. Borgnine lascia la compagnia portandosi via il TV (un grazie di cuore!).
Non passa neppure un’ora che entrambi i letti vengono rioccupati: in quello a destra un ometto di circa 85 anni, piccolo, magro, occhialetti incollati sul naso (mi sembra di averglieli visti anche di notte), quasi sempre con una “coppola” sul capo,abruzzese capa-tosta, ex alpino, ex prigioniero di guerra in Polonia sotto i nazisti, “beccato” in Russia. Da qualche anno “commercialista(?) in nero”.
Possiede alcune virtù: ad ogni passaggio di ausiliarie, di infermiere e di medici non dimentica di
informarli, mattina, pomeriggio e sera, che a casa prendeva cinque pillole al mattino e sei prima di
andare a letto: il disco si è incantato! Poi, ogni quattro e cinque ore, ripete il racconto di quando in Russia è stato internato dai nazisti in un campo di concentramento: altro disco incantato.
Il letto al centro viene concesso ad un pensionato, ingegnere (laureatosi alla Facoltà d’Ingegneria vicino San Pietro in Vincoli, figlio di un abitante di Via della Polveriera per circa venti anni – però
guarda che combinazione – chissà se noi lo abbiamo conosciuto avendo lì abitato sin dal 1930),
molto ciarliero ed abbastanza cordiale, esperto di computer e di telefonini (io ne ho subito profittato).
4°GIORNO: di primo mattino, dopo il rito del giro di controllo dei medici, l’ex-alpino viene
“congedato” e il reduce…finalmente…torna a casa.
Il tempo per le ausiliarie di sistemare il letto di destra per un nuovo arrivo ed ecco che, in una sedia a rotelle, fa il suo ingresso un fresco “co-so”: alto, non troppo in forma, 75 anni, ex muratore
ora in pensione, anche lui ex alpino ma per sbaglio poiché al momento della leva era stato destinato
ai bersaglieri ma ci fu un equivoco (niente Porta Pia ma le Dolomiti). Lo accudisce, quasi dall’alba e sino al tramonto la moglie, un po’più giovane di lui, che lo ricopre di baci, carezze e parole dolci
come: amore, caro, tesoro. Non hanno potuto avere figli: questa la ragione di tante tenerezze? Tratta
il marito come un bebè e lui non ne è molto contento. Borbotta in continuazione ma cambia subito atteggiamento non appena riesce a farsi ascoltare dagli astanti raccontando innumerevoli episodi della sua vita in ciò confortato e sostenuto dalla propria moglie la quale, evidentemente, dopo 40 anni di matrimonio ha compreso benissimo il punto debole del consorte.
5°GIORNO: idem c.s.
6°GIORNO: il fatidico sesto giorno inizia con le dimissioni mattutine del “co-so” del letto di destra seguito nel pomeriggio da quello del letto di centro. Tanti saluti ed in bocca al lupo o in c… alla balena. Dal pronto soccorso portano in barella un uomo di circa 50 anni, conciato non troppo
bene con un paio di flebo e catetere attaccati al corpo ma che lui, adagiato semi-immobile nel letto di destra, non appena allontanati medico ed infermiere, se li stacca alzandosi per andare a bere al bagno in un continuo avanti e indietro per sei o sette volte.
Arriva il personale medico e…apriti cielo. A sera inoltrata la situazione lentamente si normalizza.
Potenza di certa terapia.
Mi addormento abbastanza facilmente rivolto verso il letto centrale vuoto.
All’1 e 53 apro casualmente gli occhi e noto che nel letto accanto al mio, quello di centro, dorme placidamente un “co-so”. Quando è arrivato? Come mai non me ne sono accorto?. Con l’ausilio del chiarore di una luce d’emergenza riesco a capire che si tratta di un uomo piuttosto robusto, scarsi capelli bianchissimi, senza pigiama con indosso soltanto un paio di slip leopardati. Lascio perdere l’esame e mi rimetto a dormire. Il mattino dopo, alla luce del giorno, riesco ad esaminare meglio il mio vicino di letto. E’ un distinto signore, piuttosto in carne, tratti gentili del viso, occhiali da lettura e da vista attraverso i quali guarda spesso intorno a sé. Dopo qualche minuto si alza e, a piedi scalzi, si dirige verso la porta d’ingresso della nostra stanza tornando subito al letto non appena entrano medico ed infermiera. Gli chiedono come si chiama e lui risponde che non lo sa!, poi passano all’età, allo stato civile, al luogo di nascita e di residenza ma lui continua a dire che non lo sa e non ricorda neppure il motivo per il quale si trova in ospedale. Gli spiegano che sono stati due carabinieri di pattuglia a condurlo lì e che è stato rintracciato vagante per la Via Aurelia, conciato piuttosto male, senza portafoglio, né documenti, né orologio,né altri oggetti all’infuori di due mazzi di chiavi: uno di una abitazione (ma quale?) e l’altro di due auto, una Lancia ed un’Audi e di due paia di occhiali. Gli dicono che al pronto soccorso gli sono state riscontrate due ecchimosi una in testa e l’altra alla schiena in corrispondenza del rene destro conseguenze evidenti di una caduta. Lui non riesce a ricordare il perché di quelle “botte”. Deve quindi trattenersi in ospedale per i necessari accertamenti. Lo informano che anche la P.S. si è data da fare cercando di sapere qualcosa di lui: lo hanno persino fotografato con e senza un cappello, con e senza occhiali e hanno inviato le foto alla trasmissione TV di RAI TRE “Chi l’ha visto?”…ma finora senza alcun risultato. Nessuno ha chiesto o chiede notizie di una persona che è scomparsa ormai da qualche giorno. Credendo di capire la sua voglia di parlare con qualcuno lo sollecito un po’ cercando di metterlo a suo agio ma ci blocchiamo sempre sul suo stato confusionale. Parla con un accento romano, non romanesco, ma lui insiste nel dire che non sa di dove viene né dove era diretto al momento della caduta. A volte gli sembra di ricordare di essersi fermato con la sua auto - ma quale? - ad un capolinea della Metropolitana - ma quale? La A o la B? Ed a quale capolinea? Sollecitato da medici ed infermiere a dire il proprio nome sorridendo risponde sempre che lo dirà l’indomani mattina - e questo ogni giorno almeno fino a quando sono restato io in ospedale. A volte indossa l’unico paio di calzoni con i quali è stato ricoverato: tipo jeans, moderni, di colore verde-bottiglia e così pure una bella maglietta, una camicia scozzese ed un paio di calzini che il giorno precedente la mia dimissione ha lavato da solo perché insudiciatisi nella caduta ed ha steso il tutto alla terrazza fuori la stanza L’unica nota un po’stonata, rispetto all’età dimostrata, un paio di scarpe da ginnastica di ottima marca ma di una misura che non deve essere la sua e che il primo giorno si è tolto lo sfizio di lavare accuratamente. Abbiamo stretto quasi un rapporto amichevole e conversa volentieri con me sempre senza la memoria del suo passato ma anche con la consapevolezza che vuole affrontare il presente e con il desiderio di uscire al più presto dall’ospedale. Ma per andare dove?. Non lo sa ma spera nell’aiuto delle forze dell’ordine. Qualche volta lo vedo prendere un quotidiano o una rivista lasciati dal precedente “co-so” e osservo che legge avidamente quasi sorridendo muovendo lievemente le labbra senza emettere alcun suono. Poi mi dice che sfogliando le pagine gli viene in mente qualcosa ed aggiunge, facendomi vedere una foto pubblicitaria che mostra il bellissimo volto di una giovane miss, che gli ricorda qualcuno anzi che l’ha persino conosciuta personalmente. Mah?!?!
E’ giunto il giorno delle mie temporanee dimissioni dall’ospedale sapendo già che dovrò ritornarci tra non molto. Che ne sarà dello SCONOSCIUTO? . Dopo quattro giorni dal suo arrivo nessuno si è fatto né sentire né vedere. L’augurio che gli faccio è che presto qualcuno si ricordi di lui anche se si tratta di uno SCONOSCIUTO che probabilmente vive o ama vivere da solo.
Ci salutiamo cordialmente stringendoci le mani senza sapere quali siano i nostri rispettivi nomi.

32 commenti:

Unknown ha detto...

trovo il co-so oltre che emerito sconosciuto non proprio "rinco" ma un pochetto "disgiunto" si
mi associo a te nella speranza che si sia nel frattempo "ricongiunto" con qualcuno della sua famiglia...carle'

riri ha detto...

In ospedale si fanno quasi sempre esperienze che lasciano dei ricordi. Uno sconosciuto ti ha colpito, mi auguro abbia trovato di nuovo la famiglia che è il bene più prezioso.
ps. auguriamoci di non dover ripetere esperienze ospedaliere:-)oltre ad osservare, appena mi riprendo faccio un pò l'infermiera:-)
Un caro saluto da tutti noi.

Angelo azzurro ha detto...

Certo che in ospedale non ci si annoia, eh? Soprattutto non si annoia un osservatore attento come te! :O) Serena giornata, e buona salute!

Sarah ha detto...

L'ospedale ci rende più "nudi" nei sentimenti e lì si notano e si capiscono cose a cui generalmente non si baderebbe. Tutto sommato, è decisamente meglio non entrarci ;)

Unknown ha detto...

Altro che TV! Tu mi fai venire in mente una cinepresa che filma tutto e poi riproietta nella tua mente,in modo che tu possa raccontarci con dovizia di particolari ciò che hai vissuto.
Certo l'ospedale non è un ambiente sereno,ma il tuo spirito d'osservazione vede oltre un ricovero più o meno veloce.
Vorrei sapere cosa hai pensato del fatto che "coso" abbia lavato le scarpe,di un numero non adatto a lui.Sospetti?
Ciao,buonissima giornata.
Cristiana

Ambra ha detto...

Un quadro divertente e un po' malinconico con questo sconosciuto abbandonato a se stesso.
Quanto al doppio significato della parola cellulare, mi pare proprio un gemellaggio perfetto.

Enrico Bo ha detto...

L'ospedale è un ambiente strano dove nascono rapporti particolari dettati da quella ambigua intimità che sorge tra commilitoni, insomma tra chi è nella stessa barca. Certo che quando la mente umana si perde è un fatto di una tristezza infinita.

giardigno65 ha detto...

che fascino gli sconosciuti ! Specie quelli che non cerca nessuno ...

Susanna ha detto...

Purtroppo ho anch'io, specie ultimamente, esperienza di ospedali: per fortuna, solo come assistente di familiari ed amici. Fino ad ora, ringraziando il Cielo, non ne ho avuto bisogno per me... In effetti, in ospedale se ne vedono di tutti i colori!

Adriano Maini ha detto...

Non starò a ripetere che hai la penna sempre affilata al punto giusto e che ti confermi acuto osservatore della società. Oso, invece, dire che la fortuna aiuta gli audaci: cioé, con le doti che ti ritrovi, ti sei anche attirato, come calamita, storie grandiose come questa. Ripeto anch'io che di maleducati in giro ce ne sono sin troppi e concludo sperando ogni bene per "lo sconosciuto" (che sembra tratto di peso da un film di altri tempi!).

Alberto ha detto...

Visto come tu lo descrivi e gli oggetti che aveva con sé non mi sembra proprio un eremita. Strano che nessuno si sia fatto vivo. Persone che perdono la memoria diventano volentieri personaggi da romanzo.

Tina ha detto...

Perchè leggendoti ho pensato a Pirandello e al suo "L'uomo dal fiore in bocca"

Sei straordinario, ma questo lo sai.
Un abbraccio Aldo

zefirina ha detto...

ho il terrore di perdere la memoria, povero co-so

è vero in ospedale se si è un attento osservtore non ci si annoia e anche se la situazione non è delle migliori qualcosa si impara

Ady ha detto...

gli sconosciuti, silenziosi e anonimi sono davvero affascinanti. baci aldo

Alessandro Cassano ha detto...

la descrizione del tizio alto uno e novanta e con la panza da gravidanza quadrigemellare mi ha colpito. Sto cercando di far mente locale per capire se posso essermi trovato a Roma nel 2007, sai... somiglio molto a quel personaggio!

Sandra M. ha detto...

Il parallelo con il "cellulare" penitenziario E' DA OSCAR!

Cappero che avventura:un bel campionario di varia umanità, ti è capitato.
Mooolto disturbante la tv in camera d'ospedale: qui da me non ci sono più, c'è una saletta apposita, per fortuna. Già si dorme così poco anche quando non si sta troppo male...mannaggia ai "russamenti" !

Hai più saputo nulla dell'ultimo co-so'

amatamari© ha detto...

Dipingi un affresco con le tue parole, caro Aldo.
Un racconto affascinante con quel pizzico di suspance che non guasta mai: grazie, sei davvero un grande narratore!

Nicolanondoc ha detto...

Ciao Aldo, intanto ti mando un caro e cordiale saluto. Certo ne hai fatto di incontri nella tua vita, ti dirò, per fortuna non sono mai stato in ospedale, so, per sentito dire che a volte ci sono situazioni tragi-comiche. Buona serata.

Nou ha detto...

Giorni molto intensi quelli dell'ospedale.
Io ci sono stata diverse volte, molto traumatiche tranne una in cui mi trovavo con altre due co-so che non dormivano che verso le ore del mattino, parlavano sempre tranne quando a una di loro prendeva la "battarella" (fibrillazione cardiaca) e per il resto avevamo sempre voglia di ridere...tutte e tre avevamo da prendere una pastiglietta "rosa" fra le altre,dopo cena.
Notare che io a volte dovevo aiutare la respirazione con la mascherina dell'ossigeno...così chiedevo per favore di risparmiarmi in quei frangenti: ci attaccavamo la "ridariola" a vicenda :)))
Ciao Aldo, un abbraccio!
Nou

il monticiano ha detto...

@carlo: Anch'io ma in quuel periodo la cosa apparuva alquanto improbabile.

@riri: Proprio così, i soggiorni in ospedale lasciano il segno.
L'augurio che mi faccio è proprio quello di frequantarli il meno possibile.
Un salutome a tutti.

@Angelo azzurro: E' un'abitudine la mia, forse per far trascorrere meglio il tempo del ricovero.
Buonanotte e grazie altrettanto.

@Maraptica: Proprio così è proprio meglio non entrarci.

@cristiana: Ho pensato che quelle erano un paio di scarpe che qualcuno delle forse dell'ordine gliele avesse regalate dato che l'avevano trovato a piedi scalzi.
Credo.
Ciao e buonanotte.

@Ambra: Effettivamente c'è stata della malinconia per quell'episodio. Sul "cellulare" siamo d'accordo, l'ho sempre detto.

@enrico: Il particolare dello sconosciuto mi ha molto rattristato.

@giardigno65: Un mistero quasi affascinante.

@Ibadeth: E ti auguro di non averne bisogno, non è proprio una villeggiatura.

@

il monticiano ha detto...

@Adriano Maini: Sì, in effetti a volte mi sento una "calamita". Per lo sconosciuto ci siamo dispiaciuti un po' tutti.

@Alberto: La stessa impressione che ho avuto anch'io. Chissà cosa gli è capitato.

@Tina: Forse perchè il protagonista recita una specie di monologo salvo qualche scambio con la persona che gli è accanto ma non con la moglie che s'intravede appena. Conservo ancora il copione a casa di quell'atto unico di Pirandello credo sin dal 1955-1956.
Un abbraccio anche a vossia.

@zefirina: E non so se quello di osservare sia un pregio o un difetto.

@ady happyborn: Emanano un certo fascino oltre che molta curiosità.
Un abbraccione.

@il Socio: Adesso che ci penso credo proprio di sì, eri tu sotto mentite spoglie, ma perfetto per tutto il resto.

@Sandra Maccaferri: C'è chi russa in modo stereofonico e a me occorre sempre una pillola per addormentarmi.

@amatamari: Grazie sei come al solito una gentile e generosa amica.

@Nicolanondoc: Buon per te caro Nicola e, credimi, se ne vedono di tutti i colori.

@Nounours: Anche a me una situazione simile alla tua mi accadde nel 1975, in occasione del mio primo infarto. Si rideva, in una camera a sei letti, dalla mattina alla sera.
Ciao Nou, un abbraccione anche a te.

Il rospo dalla bocca larga ha detto...

Guarda te quante se ne vedono e quanti se ne incontrano di personaggi in una stanza di ospedale... Altro che discoteche e bar, qua per socializzare quasi è meglio farsi ricoverare! :)

L'importante è non finire al Grassi! :D

Baciamo le mani Don Monticiano.

Gianna ha detto...

Descrivi talmente bene i personaggi e in modo così dettagliato che sembra di vederli in tutte le loro manifestazioni...

Negli ospedali ci accorgiamo di quanta gente è sola o abbandonata...

Rosaria ha detto...

Leggendo è stato come entrare in una corsia di ospedale
dove è possibile vederne e sentirne di tutte.
Personalmente ho affrontato l'ospedale solo per le gravidanze e quando mi fratturai il piede
per le gravidanze occupavo stanza singola e nessuna avventura
Ma per il piede si e cosi ho avuto modo
di vedere tanti Cosi come li chiami tu.

In quell'occasione mi diverti tanto, pensa che stavamo tutti sulle sedie a rotelle o immobili nel letto
in mancanza di movimento cantavamo

L'ospedale, ci da l'occasione di conoscere una bella fetta di umanità

Un bacione al mio fratellone
e buona giornata.

Anonimo ha detto...

Solo tu, caro Aldo, riesci a rendere anche una degenza in ospedale un interessante racconto.
A tratti un pò triste ma pur sempre un piacevolissimo racconto.

Paola ha detto...

Pazzesco!!!
Certo che in ospedale si incontrano tipi di ogni genere... e chissà perchè ognuno si sente in dovere di ragguagliare delle proprie esperienze e pene... (può essere per solidarietà)!!!
Quando capitò a me di "soggiornare" per un certo periodo... tanto era il dolore subito per l'intervento che non avevo nessuna intenzione e volontà di subire un "terzo grado" ed ascoltare vicissitudini di vita vissuta... hehehehehehe!!!
Cmq in circostanze diverse sicuramente essendo una buona ascoltatrice mi prodigo per alleviare le sofferenze!!!
Beh... speriamo che esperienze del genere non si ripropongano per nessuno :-)))
Non mi resta che lasciare un "in bocca al lupo" per tutti coloro che si trovano in ospedale!!!
Carissimo Aldo un abbraccio stritoloso con aggiunta di bacione grosso per addolcirti una felice giornata... ciauuuuuuzzzzzzzzzzz!!!

Anna2 ha detto...

Ciao carissimo Aldo,
che tristezza di quell'uomo che non
ricorda...
spero che qualch'uno lo abbia ritrovato.
Quanti incontri che si fanno in ospedale?...
Tu Hai una bella memoria a ricordarli tutti.
Sei speciale a raccontarli cosi'
bene?...
Ti mando un grosso bacio ed una stretta,mi raccomando mantieniTi
sempre cosi'...

il monticiano ha detto...

@il rospo dalla bocca larga: Meglio sarebbe non avere la necessità di farsi ricoverare.
Anche a Vossia, sa' benedica.

@Stella: E' vero ci sono persone che vengono parcheggiate lì in ospedale.

@rosy: Capitano occasioni in cui il tempo che lì si trascorre sia almeno un poco meno triste, ma è sempre meglio starne alla larga.
Un abbraccione sorellina.

@PEPE: Grazie molte, fin troppo generosa.

@Paola: Speriamo proprio di no e auguri per chi deve varcare quelle soglie.
Un abbraccione cara.

@Anna2: Grazie carissima, io ce la metto tutta per mantenermi con quel po' di mente lucida che mi è rimasta.

@enio ha detto...

bello spaccato di vita con personaggi descritti magistralmente.Bravo!

Unknown ha detto...

ricordo la degenza in ospedale a causa di un incidente stradale. Non potevo mangiare perché ero sotto stretta osservazione. Continuavano a farmi flebo su flebo. La mia vicina di letto, incurante, si rimpinzava di cioccolata ma almeno aveva un fratello simpatico. Peccato che la mattina mi salutasse e la sera mi ignorasse. Ne parlai con mia madre e lei, guardandomi preoccupata, mi chiese ripetutamente "Sicura che non hai battuto la testa?" Al terzo giorno ho preso coraggio e ho chiesto a quel ragazzo perché la mattina fosse tanto ciarliero e la sera fingesse di non conoscermi. Solo allora ho scoperto che avesse un gemello. Non avevo battuto la testa e avevo molta fame. Sì.

Greis ha detto...

Mamma mia Aldo..hai un modo di descrivere talmente realistico che sembra di viverli in prima persona i tuoi racconti!
Mentre leggevo ero anch'io in una stanza di ospedale..riuscivo persino quasi a sentirne l'orribile profumo di disinfettante. Maledetto profumo che mi fa screpolare le labbra ogni volta che vado a trovare qualcuno!
Abbraccione :)

il monticiano ha detto...

@enio: Grazie, gentile e generoso.

@TuristadiMestiere: Spiritosissimo il racconto della tua degenza in ospedale e anche con un ottimo finale.

@Grace(ma nana): Per non far più screpolare le tue preziose labbra, mi permetto di darti un consiglio. Non andare tu negli ospedali ma mandaci il tuo Willy(ma etero) con un bel numero dei tuoi santini da distribuire ai degenti.