Trenta anni fa, esattamente nel 1979, mentre ero tranquillamente a villeggiare in una casa di uno dei deliziosi Castelli Romani, fui informato telefonicamente da uno zio, fratello di mia madre e di altri quattro tra fratelli e sorelle tutti nati in Sicilia, che una delle sorelle lì residente, piuttosto in là con gli anni, vedova e senza figli, era deceduta da qualche giorno, senza lasciare alcuna disposizione di ultima volontà. In questo caso chi ereditava erano i genitori, tre fratelli e due sorelle germani, naturalmente quelli tra loro ancora in vita. Avevano già provveduto a tutte le incombenze del caso, ma occorreva adesso pensare all’obbligatoria denunzia di successione in quanto la zia Maria, questo il nome della defunta, aveva lasciato un’eredità che consisteva in una casa inagibile perchè terremotata – terremoto del Belice 15 gennaio 1968 – in una cittadina in provincia di Trapani, nonché un appartamento, un negozio e tre microscopici locali magazzino a Palermo. Io, che non avevo mai ereditato qualcosa in vita mia, dissi: finalmente si vede un po’ di luce. E invece non avrei mai immaginato a che cosa stavo andando incontro. Poiché ero dipendente di uno studio notarile a Roma – sin dal 1948 – i miei parenti mi chiesero se potevo collaborare con un notaio del luogo che aveva iniziato ad occuparsi della faccenda. Ero ancora in ferie dal lavoro e quindi decisi di andare. Invitai mio figlio, allora ventenne, ed insieme partimmo per la Sicilia. Guidavo ancora una Fiat 1100R celestina, protagonista di altri lunghi viaggi, quindi pensai di percorrere l’autostrada da Roma fino a Napoli, imbarcarci su una nave che ci avrebbe condotto a Palermo – arrivo previsto l’indomani mattina verso le 9.00 a.m. e quindi proseguire per l’autostrada Palermo-Trapani. Tutto andò così come avevamo organizzato salvo una strana sensazione che provai quando inziò a calare la notte. Infatti, entrati nella nostra cabina di tre persone ci accorgemmo che l’altro occupante di cui non riuscimmo a sapere né chi era, né cosa faceva e neppure dove andava, stava nella sua cuccetta che dormiva come un ghiro e russava. Io e mio figlio avevamo preso entrambi una pillola contro il mal di mare e appena questa cominciò a fare effetto provai la netta sensazione – durante il leggero becchéggio della nave – di trovarmi come immerso in un brodo che stava leggermente sobbollendo: questo per quanto mi riguarda, giacché mio figlio dormiva placidamente. Quando l’indomani mattina ci svegliammo non c’era alcuna traccia del nostro coinquilino. Preoccupati controllammo quel poco di bagaglio che avevamo con noi, il resto stava nel portabagagli della macchina, ma non mancava nulla. Eravamo stati troppo sospettosi. Gli chiedemmo scusa anche se non era presente. Dopo essere sbarcati ci dirigemmo con la nostra auto verso l’uscita del porto e notammo che c’era una discreta fila d’auto nell’attesa di poter varcare il cancello. Tre agenti e tre carabinieri, debitamente armati, erano fermi ai lati del cancello medesimo. Un paio di loro davano un fugace sguardo alla persona seduta al posto di guida e con gesti rapidi li facevano proseguire . Quando venne il nostro turno ci furono sventolate davanti gli occhi un paio di palette di quelle in dotazione alle forze dell’ordine e, mitra in mano, due agenti c’imposero di fermarsi e di uscire dalla macchina. Cosa che facemmo immediatamente. Dovemmo esibire tutti i documenti richiesti mentre qualcuno degli agenti leggeva la targa dell’auto e parlava non so con chi dall’altro lato di un apparecchio radio o telefonico, non ricordo bene. Ci dissero di aprire il portabagagli dove tra le altre cose c’era anche “e quella cos’è?”- “ una macchina per scrivere” – “la deve aprire” – “subito, è una olivetti elettrica” – “che ci fa” – “ci scrivo solamente, non posso farci altro” – “va bene, chiuda”. Chiuso anche il portabagagli ci restituirono tutti i documenti, ci dettero una lunga occhiata e “va bene, potete andare”. Dietro di noi s’era formata una fila ancora più lunga della precedente con un bel numero di occhi che ci stavano osservando. Ripartimmo abbastanza velocemente e dopo un paio di chilometri “papà?” – “sì?” – “tu l’hai capito perché ci hanno fermato a noi?” – “no!” – “abbiamo entrambi la barba folta e nera e io ho anche i capelli piuttosto lunghi” – “e allora?” – “ci hanno preso per brigatisti, sai dopo quella faccenda di Aldo Moro…” – “ma è passato un anno e mezzo” – “sì ma non hanno preso nessuno delle BR” – “e noi che c’entriamo?” – “non si sa mai” – “ma fammi il piacere va…”. Silenzio da parte del figlio meditabondo. Dopo un paio d’ore, stavamo per giungere a destinazione, quando decidemmo di fermarsi per una visita turistico - archeologica sia ad Agrigento, sia a Selinunte e scattare qualche foto alle ben note antichità di quei luoghi. Riprendemmo a viaggiare, ma dopo neppure un’ora entrammo nella cittadina che interessava noi all’ingresso della quale trovammo, seduto su una panchina, uno degli zii, fratello di mia madre, proprio quello che ci avrebbe ospitato durante il nostro soggiorno. Abbracci e baci giacché da tanto tempo non avevamo avuto più occasione d’incontrarci. Queste effusioni durarono perlomeno tre giorni dato che tra zii e cugini paterni, zii e cugini materni abbiamo salutato e abbracciato un esercito di parenti. Al terzo giorno mio figlio doveva rientrare a Roma per gli studi universitari quindi lo accompagnai all’aeroporto di Palermo - Punta Raisi, quello dove si verificò il grave incidente aereo nel dicembre dell’anno precedente. Per questo fatto né io né lui eravamo tanto tranquilli soprattutto perché lui era al primo viaggio aereo. In realtà tutto andò benissimo con una non lieve differenza che lui in un’ora era già a Roma, mentre io per fare circa cento Km. ero ancora in strada. Tornato a casa, non la mia ma quella di mio zio, mi misi subito all’opera. Mi recai dal notaio che si stava occupando della successione, con un altro zio, sempre fratello di mia madre e della defunta zia e qui iniziarono i primi dolori. Io e gli altri tre miei fratelli, figli di una delle sorelle della defunta, deceduta anche lei, non eravamo ovviamente gli unici eredi, ma il fatto è che tra sorelle e fratelli della de cuius o - per quelli deceduti - i loro figli, eravamo oltre una dozzina sparsi tra la Sicilia, il Lazio, l’Emilia e la Lombardia. Per fortuna tutti in Italia. I coeredi erano appunto due fratelli ancora viventi e i figli di un fratello e di due sorelle premorte. C’era anche un altro punto da tenere presente: qualcuno di noi, per esempio io, trattandosi di un’eredita modesta e da dividere in troppi tra l’altro residenti lontano dai siti ove si trovavano i beni immobiliari ereditati, avrebbero voluto rinunciare all’eredità ma non si poteva perché ognuno di noi aveva figli, in maggioranza minorenni, e quindi sarebbero entrati loro al posto di quelli che rinunciavano. Cominciarono a sorgere diversità di vedute tra tutti: chi voleva vendere, chi voleva affittare, chi voleva fare donazione, chi voleva sapere la persona che doveva stabilire i singoli valori, chi si doveva delegare infine per fare tutte le operazioni necessarie in loco. Per non parlare poi di tasse, imposte, spese condominiali e varie da suddividere percentualmente tra tutti gli eredi. Insomma un pozzo senza fondo di spese ed un vero guazzabuglio di opinioni e pensieri uno diverso dall’altro. Non solo, ad un certo punto cominciarono a spuntare anche malcelati segnali di mancanza di fiducia verso uno zio che si era proposto come una specie di curatore di tutte le questioni sorte e che potevano sorgere lì in Sicilia. Alla fine però noi sette di Roma nominammo nostro procuratore proprio quello zio materno, gli altri invece un estraneo. Per farla breve dovetti tornare in Sicilia altre due volte, poi organizzai una riunione a Roma con i cugini emiliani e lombardi per cercare di smussare qualche angolino. In definitiva ci sono voluti dieci anni di colloqui, corrispondenza, telefonate e cose varie per poter liquidare quei beni a valori talmente irrisori da rimanere con il classico pugno di mosche in mano. Meglio così.
Chissà come si è divertita la zia buonanima assistendo alle dispute parentali sulla sua eredità.
Postilla n.1 – Il mio primo soggiorno in Sicilia durò circa un mese e quando stavo per riprendere il viaggio di ritorno a Roma, prudentemente mi feci tagliare la barba. Volevo evitare eventuali stop.
Postilla n.2 – I soggiorni in Sicilia sono stati sempre occasione di inviti a pranzo o a cena un giorno da uno e un giorno da un altro dei miei numerosi parenti. Queste sono le usanze affettuose di quei luoghi. Ancora tanti ringraziamenti per la pasta al sugo formaggio e mennule (mandorle) tritate oppure pasta con le sarde, cuscus di pesce, sarde a beccafico, caponata, arancini, pane con la giuggiulena (sesamo), cannoli, cassata, vino di una gradazione direi piuttosto elevata. Chissà se è per questo che sono ingrassato di quattro chili.
34 commenti:
ciao Monticiano, ti ho letto ogni tanto sul Russo o da Gap (non ricordo con esattezza), e ora ti vengo a trovare. bella storia, mi piacciono molto questi frangenti di storia familiare e di passato. buona domenica.
Splendido racconto, ricco di spunti interessanti e divertenti: come sempre hai saputo catturare la mia attenzione regalandomi un tempo di piacevole lettura.
Grazie!
:-)
Non ho mai provato a farmi crescere la barba...forse è arrivato il momento e poi le mandorle...scorrevoli ed interessanti i tuoi scritti in via della polveriera :-)
Un abbraccio :-)
Caro Bardo, questi sono i tuoi racconti che preferisco : tirare fuori momenti pirandelliani da eventi apparentemente quotidiani di normale vita vissuta. Vedi che ne hai di cose ????
Post gustosissimo! E' stato davvero molto piacevole leggerti. Certo che la burocrazia italiana è avvilente....per non parlare dei luoghi comuni per cui, per il solo fatto d'avere la barba e capelli lunghi, si può passare per terroristi!
Aldo, ogni scusa è buona per mangiare un cannolo :)
detto da me, poi..
Ma sai che sei un raffinato narratore?
Complimenti signore!
a presto rileggerti.
Ciao Aldo,
che forte che sei!!!
Fantastico racconto,
Hai subito peripezie non indifferenti...Il viaggio,le spese
in più del previsto,(parenti a parte,visite piacevoli),
la forza dell'ordine,e via discorrendo...E poi quattro chili
in più.E... però...mica male la Tua vita...Per poi cosa.Dieci anni dopo...una manciata in eredità.
Era meglio lasciar perdere.
Oddio Aldo,
Ti lascio un grosso bacio,
un abbraccio stretto stretto
da Anna2
Ciao Aldo, ho letto con piacere e divertimento questo piacevole racconto..spero tanto che nessuno mi lasci nulla perchè dovessi fare tutte queste pratiche emigrerei in Australia, pensiero che accarezzo da tempo...Le tue bellissime pause pranzo-cena, mi hanno fatto venir in mente una vacanza di anni fa, dove per amore della cucina, maròòò avevo sempre fame, arrivai a Torino che non mi sta più niente:-) Buon pomeriggio di questa sonnacchiosa domenica:-) Un abbraccio
E meno male che la zia buonanima non ha lasciato debiti Aldo.Vivace e ricco di dettagli come sempre il tuo racconto autobiografico, comuni a molte persone che hanno vissuto una situazione simile. La mia adolescenza e parte della giovinezza sono state tormentate dalle diatribe sulla piccola eredità del mio nonno paterno( una piccola cascina, dove sono nata anch'io, una vigna e un campo, che doveva essere divisa fra 9 figli, 6 di primo letto e 3 di secondo letto. Credo che gli unici a guadagnarci siano stati il notaio e gli avvocati:))
mamma, quanto hai scritto, sono rimasta un po'indietro e devo recuperare. è sempre un piacere leggerti, i tuoi racconti scorrono che è una meraviglia. un abbraccio
Aldo, come mi sono divertita, sei forte. Abbiamo degli amici di famiglia di origini siciliana e mi hanno fatto assaggiare la pasta con le sarde, con finochietto selvatico, perchè dice Armando, l'amico siciliano che il finocchietto dev'essere selvatico altrimenti prende tutto un altro sapore è vero?
I nostri amici sono di Piazza Armerina
Puff, puff... sono in ritardo causa festeggiamenti vari...
Passo a salutarti e a complimentarmi per le belle righe che ci regali sempre.
buona settimana, caro Aldo!
Bellissimo racconto anche questo...per dimenticare la burocrazia italiana è meglio pensare alle pietanze siciliane che sono certamente da ricordare con un pò di nostalgia, no?
ciao aldo, i tuoi racconti di vita sono sempre una buona lettura.
Ho letto tutto d'un fiato il racconto e mi sono anche divertita;))
Un caro saluto e a presto, roberta.
Oddiooooo quanto mi è piaciuto questo spaccato di vita....avresti voglia che non finisse mai. Che vuoi farci, dopo anni avrai finito per avere poco...ma almeno cinque chili te li sei presi....e cosa vuoi di più?
Ciao grazie del commento alla mia favoletta. Il fatto, che ha dato spunto al racconto, è realmente accaduto, infatti conservo ancora la pecorella. Un abbraccio Bruna
@la Volpe: Contentissimo che tu sia venuto a trovarmi. Passa quando vuoi. Grazie e buona notte.
@amatamari: Il bello è che è vera vita vissuta. Grazie a te cara.
@Nicolanondoc:Le mandorle sono una bontà, soprattutto quelle sicule. Ti abbraccio anch'io.
@aleph: Il guaio è che queste storie stanno esaurendo. Vedremo quello che mi dirà la capoccia.
@Ornella: Benvenuta e grazie dei complimenti. Quando credi ricambierò sultuo blog.
@Punzy: Non solo il cannolo. Che mi dici della cassata?
@sara: Quello che ricordo cerco di scriverlo meglio che posso.
A presto.
@Anna2: Se lo potevo fare l'avrei fatto ma poi le rogne sarebbero passate a mio figlio. Ricambio con affetto i tuoi saluti.
@riri: Quando l'eredità è poca cosa c'è solo da rimetterci. Buona notte e un abbraccio anche da me.
@Luigina:Per fortuna niente debiti, hai ragione. Oltre al notaio anche il fisco si è presa la sua fetta.
@AlessandraLace: Leggi con comodo c'è tempo.Grazie e un abbraccio anche da me.
rosy: Mi ha fatto piacere che tu ti sia divertita. Ha ragione il tuo amico Armando, il finocchietto dev'essere selvatico. Il sapore è ottimo. I miei genitori, i nonni e i bisnonni erano tutti di Castelvetrano (TP).
@Angelo azzurro: Grazie Angelo, buona settimana anche a te.
@Antonella: Eccome se le ricordo con nostalgia. Al solo pensare quelle leccornie sicule mi viene l'acquolina in bocca.
@gnturs: Mi fa piacere che ti sei divertita. Ricambio il tuo caro saluto e a rileggerci presto.
@DIANA B: Infatti mimson dovuto contentare del solo aumento del mio peso che non è più diminuito.
Ti abbraccio anch'io.
Aldo, passo per lasciarti l'augurio di una buona settimana.
Un bacio.
ciao monticiano, scusa l'assenza!!!
questo racconto è veramente bello!!!
buon inizio settimana ^___________^
hola Sor Aldo bello.......
si lo sò vado e vengo mi assento poi ritorno...sò fatta così...ormai l'hai capito......
Racconto quasi Pirandelliano e Sor A' me stupisci sempre de più ;)
ma alla fine i soldi dell'eredità je l'avete dati voi ...ahahah
Barba o nun barba sei una gran figo sor aldo bello!!!
quanti bacetti te lascio oggi???
ma si dai tutto er cucurrazo!!!
P.S. hai visto che pezza che ha preso Silvio......commentamo in privato ;)
hasta siempre!!!
Ciao Aldo.
Mi piace sempre questo tuo stile... sì, pirandelliano come dicono molti tuoi commentatori ma direi, soprattutto siciliano.
Secondo me è tipico dei siciliani questo modo di raccontare fatti se vogliamo anche seccanti come quello da te narrato, con questo divertito distacco.
E con uno stile letterario sobrio ma nello stesso tempo molto ricercato. Si colglie così un'ironia fine, finissima e perciò, tagliente.
Quando poi ho letto “e quella cos’è?”- “ una macchina per scrivere” – “la deve aprire” – “subito, è una olivetti elettrica” – “che ci fa” – “ci scrivo solamente, non posso farci altro” – beh, allora (dalle risate)ho quasi rischiato di strozzarmi col caffè!
Un caro saluto!
@rosy: Grazie cara per il tuo augurio e desidero che valga anche per te. Ti abbraccio.
@Pupottina: Accidenti, mi siete mancati voi due. Dove andate girando?
Grazie anche a voi.
@NADIA: Hola Nadiolita!
T'ho capito pure io e aspetto fiducioso.
Hai capito che fine fanno certe eredità? Meno male che io non ho niente da lasciare.
Mille besitos.
HASTA SIEMPRE!!!
@riccardo uccheddu: In effetti i siciliani hanno quel tipo di ironia
e io mi rifaccio a quel degno maestro che si chiama Camilleri, senza copiarlo però.
Sono contento che tu abbia riso a
quel punto del racconto sullo stop delle forze dell'ordine, cosa che a me non è riuscito di fare quel giorno a Palermo. Si è aggiunto poi mio figlio con quelle sue spiegazioni e quindi...
Ricambio volentieri il tuo caro saluto.
buon martedì ;-)
L'eredità?
Non voglio saperne, rinuncio...
Le eredità sono croci e poca delizia di solito, la mia ultima consisteva in una libreria tarlata e... una moneta da 500 lire! >:/
Almeno la tua comprendeva un viaggio avventuroso e del cibo da Scilla e Cariddi ;)
Mi è piaciuto tantissimo! E mi hai anche fatto venire una fame che non ti dico...
Cosa non dare per un cannolo ora...:)
Sai, ci sono persone che non diventeranno mai ricche. Noi siamo tra quelle. Ma che mangiate!
Mamma mia Aldo, che odissea anche se divertente per chi legge! La seconda postilla mi ha fatto ricordare le diverse mie permanenze a casa di amici siciliani. E' proprio come l'hai raccontata tu: un giorno a casa di uno, un altro giorno a casa di un altro amico per delle allegre e gustosissime libagioni!
Bacioni
annarita
@Pupottina: Grazie e a te auguro buona notte.
@stella: Non puoi rinunciare perchè andrebbe ai tuoi congiunti.
@Alice: Il viaggio è stato veramente pieno di avvenimenti ma anche di buon cibo. Perbacco, almeno quello.
@Nicole: E per la cassata siciliana cosa non daresti?
@emanuela: Quello che dici è poco ma sicuro. Mi dispiace che neppure mio figlio lo diventerà. Si dovrà contentare delle mangiate.
@Annarita: Proprio così, quando da loro arriva un parente ma anche un amico da fuori è l'occasione propizia per un banchetto luculliano.
Ricambio volentieri anche con un
abbraccio.
Quindi nn devo spiegare perchè quando qualcuno mi viene a trovare l'iter principale è quello culinario.....
o perchè anche quando sono invitata io (fuori lo stretto) chissà comme chissà perchè vengo spesso relegata in cucina.
Ah...e nn parliamo di diete che non è il periodo adatto!
Vasuneddi :)
ihihihihi.. simpatiche queste eredità, qui ne capitano tante di queste storie, un teatro fra burocrazia, tavolate e litigi :DD
Pensa che su un terreno lasciato da mio nonno sono sbucati sette eredi che nessuno conosceva. Mio nonno aveva una sorella adottiva ed allora ai figli adottati non si dava il nome del capo famiglia, partita per il Brasile nessuno ne seppe più nullam ma con l'odiernae leggi anche quei figli entrano nell'asse eraditario e rintracciarla è stata un'impresa, senza l'ausilio del cognome. Tre dei figli di questa vennero dal Brasile per l'"eredità" delle mosche, come la soprannominai, undici figli da una parte e sette dall'altra per un terreno agricolo di cinque mila metri.
Però se ne tornarono in Brasile sazi :DDDDD
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